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The speaker is discussing the importance of working with imagination and self-acceptance. They explain how our childhood experiences shape our self-image and how we often hide certain aspects of ourselves that don't align with societal expectations. They suggest exploring these hidden parts with gentle curiosity and integrating them into our conscious awareness. The speaker also guides listeners through an active imagination exercise to explore a specific area of their life that feels blocked or uncomfortable. The exercise involves visualizing two rooms, one representing their current situation and the other representing the hidden aspects. By bringing these aspects into the conscious room, they can facilitate reconciliation and transformation. Ecco, quindi io in questo periodo sto veramente approfondendo il lavoro con l'immaginazione ed è veramente, devo dire, fantastico e vorrei anche condividerlo di più con voi, ma oggi comunque volevo riprendere un po' il lavoro che abbiamo fatto insieme, o meglio, riprendere e continuare sul filo dell'accettazione radicale, quindi quella che si definisce autocompassione ma che in realtà è amore verso se stessi nel senso di accettazione dell'interezza dell'altro, ma a partire da noi stessi, quindi senza condizioni, senza aspettative, o meglio prima delle condizioni e prima delle aspettative, arrivare a quel flusso, a quell'amore che non è costruito da queste successive sedimentazioni. E questo movimento, questo movimento di questa ricerca, chiamiamola ricerca, comporta anche incontrare, poter incontrare, volere anche, e anche sapere le nostre parti più scure, chiamiamole parti scure, quelle che sono un po' nascoste, quelle che Jung definiva l'ombra, insomma tutto ciò che troviamo difficile di noi stessi accettare, tutto ciò che non è in linea, che in fondo non è compatibile con l'immagine che abbiamo di noi stessi. Come per esempio tratti del carattere, o comportamenti, anche credenze, anche desideri, molto emozioni, molto sentimenti. E questo processo di scrematura di queste parti comincia molto presto nella nostra vita, quando siamo piccoli cominciamo ad adattarci, molto in gran parte dovuto a una richiesta di adattamento all'ambiente in cui noi cresciamo. Certi comportamenti, certi pensieri non sono considerati compatibili con quello che noi dovremmo essere. Tutta questa parte che viene nascosta, che viene in qualche modo rimossa, chiamiamola diciamo rimossa, naturalmente ha a che vedere sempre con il giudice interiore, che è come un guardiano di questa parte. E questi contenuti che chiamiamo i scomodi, poi noi lo sappiamo, che in realtà ce ne rendiamo anche conto, non so fino a che punto, ma lo vediamo che si manifestano spesso anche in situazioni reali, emergono in tanti modi. Noi per esempio diventiamo molto reattivi rispetto a certe cose e poi naturalmente ci consideriamo questa reattività negativa, un aspetto negativo nostro. Siamo critici, abbiamo questo aspetto interno, questa figura interna che ci dice ciò che va bene di noi e ciò che non va bene. Ciò che non va bene è ciò che spesso è relegato in una zona di ombra. Ora, questa zona d'ombra può essere esplorata, soprattutto quando noi impariamo a farlo, possiamo farlo con gentilezza e con affetto, perché è una zona, diciamo, un po' potrebbe essere anche inquietante. Nella misura in cui ormai piano piano sappiamo che noi non siamo i nostri pensieri, la misura in cui possiamo creare uno spazio tra noi i nostri pensieri senza farci trascinare e anche nella misura in cui possiamo accogliere, questa esplorazione la possiamo fare. Quindi oggi vi propongo una breve immaginazione che, diciamo, è più vicina a quella che io mi definiva immaginazione attiva, che è sempre un'immaginazione guidata, ma è più attiva. Cos'è? La differenza qual è? D'altra parte noi abbiamo fatto molte volte pratiche di immaginazione attiva. La differenza è che nell'immaginazione attiva c'è un'interazione, c'è un dialogo interiore che può essere in diversi momenti, anche in diverse profondità. Quando cominciamo a parlare con i figli d'uovo interiori quella è immaginazione attiva. Questa più o meno è l'esempio. Quindi proveremo ad avvicinarci a questo luogo proprio per capire come i contenuti di questo luogo chiuso, oscuro, possono agire nella nostra vita, portarli alla luce della nostra consapevolezza, coscienza, chiamiamola come vogliamo, ed accoglierli in un movimento di riconciliazione. Quindi ora vi propongo, questa è una pratica che facciamo su un particolare argomento, vi propongo di scegliere un'area della vostra vita che vi sembra un po' bloccata, dove vi sentite un po' bloccati, che non funziona, o che vi fa pensare sulla quale vorreste impegnarvi di più. Potrebbe essere nell'ambito delle relazioni o anche nell'ambito del lavoro, dell'attività. O nell'ambito della salute. Qualche ambito in cui c'è qualcosa che non va, vi sentite scomodi, c'è qualcosa che in qualche modo vi sentite bloccati, vorreste andare oltre. Sentite che vi manca qualcosa. Potrebbe anche essere un ricordo che ritorna e che non riesce a... è come se non potessi essere lasciato andare. Vi lascio anche un minuto per trovare questo ambito. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org E cominciamo a raccoglierci in ascolto e se l'ambito non è arrivato, arriverà. E quindi, come sempre, troviamo la nostra posizione. Una posizione comoda, la nostra solita che sia distesa. Immaginiamo come se accordassimo la corda di uno strumento, non troppo tesa, non troppo molle, in modo che possa risuonare. Troviamo il respiro. Facciamo qualche respiro, come abbiamo fatto altre volte, inspirando e poi inspirando ancora un po' e rilasciando poi il respiro con un soffio lungo. Immaginiamo che quando l'ispirazione naturale si ferma, noi inspiriamo ancora un po', fino a riempire proprio tutti gli alveoli per poi rilasciare l'aria lentamente. E quando vogliamo possiamo anche tornare a una respirazione naturale, lasciare che il respiro ci accompagni, come se ci tenesse per mano. Verso il basso, respiro dopo respiro. Forse possiamo sentire i nostri punti di contatto con le superfici che toccano il nostro corpo, come se si illuminassero al passaggio della nostra attenzione. E forse notiamo come piano piano stiamo scendendo. E scendendo possiamo immaginare di arrivare a una nostra stanza interiore. Una stanza dove c'è tutto quello di cui siamo coscienti che appartiene all'aria che abbiamo scelto. In questa stanza c'è come noi ci vediamo in quella situazione. E quindi ci guardiamo intorno. E qual'è la nostra prima impressione? Cosa notiamo? Che dimensioni ha questa stanza? Com'è la luce questa stanza? Che colori ci sono? Che oggetti ci sono? Com'è l'arredamento? E ci sono persone? Osserviamo noi stessi in questa stanza. Come ci vediamo in questa stanza? E anche prendiamoci il tempo di osservare come si sta in questa stanza. E come vorremmo che gli altri ci vedessero? Come pensiamo che gli altri vorrebbero che noi stessimo in questa stanza? In che modo? Se vogliamo cambiare qualcosa in questa stanza, dobbiamo sapere qualcosa di più. Perché questa stanza contiene quello che già sappiamo. Ma ora cercheremo di vedere quello che non sappiamo e che ci influenza in quest'area della nostra vita che abbiamo portato alla mente. Quello che sta dietro le quinte. Quello che abbiamo messo nello sgabuzzo. E quindi, in questa stanza, guardandoci intorno, possiamo vedere che c'è un'altra porta che conduce in un'altra stanza. Ci avviciniamo con curiosità. Sappiamo che possiamo anche aprirla. E quando apriamo quella porta, vediamo che entriamo in uno spazio tutto buio. Non riusciamo a vedere niente di quello che sta oltre quella porta. O forse, fino a questo momento, non abbiamo voluto vedere cosa c'è. Ma ora siamo rilassati e possiamo anche vedere più chiaramente. Quindi immaginiamo di prendere una luce, una candela, una torcia, una lanterna, ed esploriamo. Guardiamo intorno, in questa stanza, cosa c'è? Che sono oggetti? Immagini? Forse un simbolo? Forse c'è un'altra cosa? Forse un simbolo? Forse c'è un'altra persona? O un'altra creatura? O anche un altro noi? Lasciamo che appaia qualsiasi cosa voglia apparire. Esploriamo con gentilezza. Guardiamo intorno, in questa stanza, cosa c'è? Che cosa c'è? Che cosa c'è? Che cosa c'è? Forse è apparso qualcosa, forse è apparso qualcosa di non ben definito, qualsiasi cosa. Lì per lì forse non sappiamo cosa fare di quello che appare. Ma poi lo prendiamo e lo portiamo o lo accompagniamo con noi nella prima stanza. Con gentilezza. Lo portiamo nella stanza di prima. E lo introduciamo, lo presentiamo, lo integriamo nella stanza della nostra vita cosciente. E semplicemente lasciamo che la nostra immaginazione cominci a lavorare e a trasformare quella stanza di prima. Come se questa presenza cambiasse le cose, modificasse gli spazi, i colori. Forse la luce anche. Forse qualcosa sparisce di quello che c'era prima. Non c'è nulla. Forse qualcosa sparisce di quello che c'era prima. Non c'è più. Forse appare qualcos'altro in quella stanza. Ecco. E non importa se tutto questo sembra non avere senso, perché la nostra mente comprende il linguaggio simbolico. Il semplice fatto di avere fatto qualcosa, o di aver fatto qualcosa, il semplice fatto di avere fatto questa esperienza, di avere visitato queste due stanze, mette in moto un processo di riconciliazione. Quindi in qualsiasi modo noi abbiamo fatto questa pratica, l'abbiamo fatta in modo corretto. In qualsiasi modo noi abbiamo fatto questa pratica, l'abbiamo fatta in modo corretto. Nel nostro spazio condiviso. E quindi, con qualche respiro, salutiamo la scena in cui ci siamo immersi, il luogo che abbiamo visitato. Ne facciamo qualche movimento, qualche piccolo spostamento del nostro corpo. E piano piano, con i nostri tempi, torniamo. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org