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7 maggio 2024

7 maggio 2024

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The speaker suggests using the imagination to practice with thoughts and learn to observe them without getting caught up in them. They explain that thoughts are like stories the mind tells, often negative and judgmental. They introduce a practice of observing the senses and then imagine being by a stream, observing thoughts as leaves on the water and letting them go. The practice is described in detail, emphasizing the importance of returning to the present moment and observing the surroundings before ending the practice. che mi volevo proporvi oggi, di tornare un po' a praticare con il testimone, quindi con i pensieri, utilizzando un po' lo strumento della nostra immaginazione. Quindi intanto stacco un po' la campana per condannare un inizio. Eccoci, quindi oggi torneremo a lavorare con i nostri pensieri. Considerando che i pensieri, qualcuno li ha definiti storie raccontate alla radio della propria mente, parole in fila e non contenuti di verità sul mondo, storie su cosa dovremmo fare, su come vorremmo essere, su come gli altri dovrebbero essere, su come gli altri ci vedono, ci giudicano, su cosa è andato bene, cosa è andato male, cosa succederà in futuro, cosa è successo in passato, tutte storie. Ed è il modo naturale in cui la mente lavora per risolvere i problemi, visto le citazioni del mondo, insomma. Ma naturalmente noi abbiamo, anche siamo ormai consapevoli, insomma, di avere una tendenza al negativo che ci arriva da lontano e quindi questi pensieri spesso sono scuri, sono giudicanti, paragonanti, valutativi. E questo può essere, può diventare un problema quando poi diventano pensieri che si rivolgono anche, e giudizi che si rivolgono anche a noi stessi, diventano valutativi, tendono a diventare globali. Sono un fallimento, lui è un egoista, loro sono cattivi, sono, come dire, pensieri che prendono tutto il campo, tendono ad andare sul bianco-nero, si cristallizzano, si sostituiscono alla realtà dell'esperienza. Come abbiamo parlato anche recentemente, la realtà dell'esperienza è molto più complessa, ma i pensieri, definendola in qualche modo, la costringono, la impoveriscono, la coprono. E questa si definisce anche quella che si definisce fusione cognitiva, quando noi, diciamo, i nostri pensieri si fondono con l'esperienza, noi abbiamo l'impressione che sia di sperimentare qualcosa, ma in realtà stiamo pensando qualcosa. Quindi oggi vorrei introdurre una pratica che noi abbiamo già fatto, e comunque la rifacciamo perché l'abbiamo fatta un po' di tempo fa, su come osservare i nostri pensieri. Quindi distacco la campana e questa volta proviamo ad entrare dentro uno stato di assorbimento. Quindi prendiamo, ci assistiamo nella nostra posizione e respiriamo, troviamo il nostro respiro, le mani possibilmente appoggiate con i palmi verso il basso sulle nostre gambe, in modo tale che possiamo proprio sentire il contatto dei palmi che sono una delle zone più sensibili del nostro corpo. Restiamo per un momento col nostro respiro, prima di tutto trovandolo, rincontrandolo. E poi lasciando che ci accompagni, come se ci accompagnasse per mano. Verso il basso. Quindi immaginiamo il pensiero, scusate, il respiro come qualcuno, una parte di noi che sa condurre. Ci sa condurre. Che piano piano cominciamo a passare in rassegna i nostri sensi, le porte dei nostri sensi, così come si presentano ora. Cominciamo dalla vista, abbiamo gli occhi chiusi ma possiamo vedere che dietro le nostre palpebre ci sono come dei lampi di luce, dei movimenti. E poi passiamo alla porta dell'udito e vediamo che suoni arrivano. Ci sono suoni vicini, suoni lontani. Ci sono suoni morbidi, secchi. Si arrivano da sinistra, da destra. Tanto ci accorgiamo che piano piano stiamo scendendo perché l'espiro ci sta accompagnando. E quindi proviamo a passare al senso del gusto. Proviamo a sentire se percepiamo qualche sapore, forse anche non percepiamo nessun sapore, comunque proviamo a sentire. Forse c'è una sensazione di gusto alla quale ci siamo talmente abituati che non la sentiamo quasi più. E poi proviamo a passare al senso del tatto, sentiamo i nostri punti di contatto, qui è più facile forse trovare sensazioni che arrivano. Dai palmi delle mani, dai piedi, dalla seduta, dai vestiti. Poi continuando in questa nostra rassegna, passiamo al senso dell'olfatto. Anche qui, come nel gusto, forse non percepiamo in questo momento nessun particolare odore, ma forse qualcosa sì o forse no, comunque restiamo inascolti. E infine proviamo a sentire che c'è qualcosa che arriva dalla nostra mente e cuore, se arriva qualche emozione o qualche pensiero. Ecco, ora che abbiamo fatto questa piccola rassegna iniziale, immaginiamo di che ora lo spazio attorno a noi si apra e di essere, trovarci accanto a un ruscello, un piccolo torrente di montagna, un torrentello che scorre tra due rive, forse in un bosco o forse in un prato. Ora proviamo anche a sentirlo, scorre fra le rocce, ne possiamo osservare i piccoli rivoli che si intrecciano, si accavallano, come l'acqua cristallina. E quindi torniamo alle porte dei nostri sensi e possiamo immaginare il sole, la luce, i colori, i riflessi sull'acqua che scorre, possiamo sentire e ascoltare il suono dell'acqua, possiamo sentire il profumo dell'aria. Quale potrebbe essere il profumo dell'aria, dei fiori, del muschio, della resina? E possiamo anche immaginare di essere seduti su una roccia liscia, accanto al ruscello, di toglierci le scarpe, le calze, rimboccarci i pantaloni e immergere un piede nell'acqua, o anche due piedi. E possiamo vedere i piedi carezzati dall'acqua che scorre. Potremmo anche raccogliere un po' d'acqua con le mani, bagnarci il viso, sentire che sapore ha quest'acqua. E poi notiamo sull'acqua tante foglie che scorrono, scorrono via, trascinate dal ruscello, alcune più verdi, altre più brune. Si rincorrono. E noi ne prendiamo una e la sentiamo tra le dita. La teniamo un momento davanti agli occhi e la guardiamo brillare con le sue venature. Notiamo proprio le caratteristiche di questa foglia, la forma, il peso quasi inesistente. Mentre abbiamo questa foglia in mano, aspettiamo che arrivi un pensiero. Un pensiero qualsiasi, possono essere parole, potrebbe essere un'immagine, il nome di una persona, il ricordo di qualcosa che è successo poco tempo fa. E quando arriva lo immaginiamo apparire sulla foglia, come fosse una bolla d'aria che si adagia sulla foglia, si assesta, e poi rimettiamo la foglia in acqua e la guardiamo andare via col pensiero. E può essere qualsiasi pensiero, per esempio anche che questa pratica è bizzarra o che non riusciamo a visualizzare bene o che vorremmo fare qualcos'altro in questo momento o che questa scena ci fa ricordare qualcosa, ci porta alla mente qualcos'altro, qualsiasi pensiero. Se arriva, quando arriva, lo definiamo anche con un'etichetta come per esempio pensiero, immagine, oppure con una breve frase. E poi lo mettiamo sulla foglia, lo affidiamo al ruscello e la vediamo andare via. E poi prendiamo tra le dita un'altra foglia e non poi arriverà un altro pensiero. E se un pensiero ritorna lo sbarchiamo nuovamente. E se una foglia, col suo pensiero, si incaglia tra le pietre o tra i rami, come spesso succede, aspettiamo che l'acqua la liberi e la guardiamo andare via. E anche se arriva un sentimento, un'emozione, per esempio di impazienza, di fastidio o di piacere, noi lo portiamo su un pensiero e lo mettiamo su una foglia, per poi consegnarlo al ruscello. E ora se vogliamo possiamo fare un passo indietro, sederci su un'altra pietra, un po' più lontano, e osservare noi stessi seduti in riva a ruscello intenti a mandare via i pensieri, una foglia dopo l'altra. E poi possiamo anche tornare a sederci su una pietra accanto al ruscello e continuare a imbarcare i pensieri sulle foglie. Ogni tanto ci rendiamo conto di esserci distratti e mettiamo questo in un pensiero, mi sono distratto, e questo pensiero su una foglia e lo consegniamo al ruscello. Se i pensieri sono tanti, possiamo immaginarli come una pioggia di foglie che cadono sull'acqua e vanno via con l'acqua che scorre. Ora diamo un ultimo sguardo al ruscello. A ciò che gli sta intorno, ai colori, alla luce, ci prepariamo a tornare. E quindi salutiamo questa scena. Forse prima di andare vogliamo consegnare ancora qualche pensiero, e poi piano piano, con i nostri tempi, con qualche respiro profondo, torniamo nel nostro spazio condiviso. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org

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