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Farina Lauretta: Podcast n. 5: " La lampadina"

Farina Lauretta: Podcast n. 5: " La lampadina"

Nadia e GiuseppeNadia e Giuseppe

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Giorgio Torelli "Pagine di un passaporto" Il mondo è degli uomini Cappelli Editore 1969

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This podcast discusses the personality of Lauretta Farina, a woman who helps fishermen in India overcome poverty. Journalist Giorgio Torelli wrote a story about her, highlighting her determination and kindness. Lauretta's work involves addressing the fishermen's basic needs and teaching them self-sufficiency. She also helps establish a village where families can live in proper houses and become independent. Lauretta's efforts to bring electricity to her home inspire others to strive for a better life. The podcast concludes by describing Lauretta as a beacon of hope and a manifestation of God's desire for people to realize their potential. Proprio come Chanel numero 5 è il profumo dei profumi, questo podcast numero 5 è il podcast dei podcast di questa serie su Lauretta Farina, il desiderio di Dio. Basterebbe questo podcast per comprendere la personalità di Lauretta. Ho capito questa cosa leggendo il racconto che Giorgio Torelli, giornalista, ha scritto di Lauretta dopo essere stato con lei circa per 15 giorni. Torelli era un professionista, un grande giornalista e sapeva usare la sua professione per rendere più facile al lettore l'immedesimazione che gli stesso viveva nell'incontro con le persone. Era andato fino all'estrema sud dell'India per incontrare Lauretta e con lei aveva vissuto un pezzo della sua vita per poterne fare un racconto. Chissà come la ascoltava, come la guardava parlare, muoversi, interagire con le altre persone. Certamente aveva in mente di scrivere la sua storia ma lo faceva cercando di captarne gli aspetti della sua personalità, del carattere, dei modi gentili ma determinati, del suo stare tra quelle persone. Bisognerebbe leggere il racconto per capire questo e chi vuole lo può trovare nell'edizione di Cappelli del 1969 nel libro Pagine di un Passaporto. Il mondo è degli uomini di Giorgio Torelli appunto. Riprendo una frase già citata nel podcast precedente con la quale Torelli inizia il racconto perché è il punto d'appoggio per comprendere il cuore di questo podcast numero 5. Cito una giovane donna italiana si prodiga in un villaggio del Kerala per aiutare i pescatori cattolici a vincere la fame e l'inerzia. Questa è la frase. Chissà cosa ha convinto Torelli a scrivere quella parola finale, inerzia. Cioè dopo aver scritto aiutare i pescatori a vincere la fame, cioè a soddisfare il loro bisogno primario, ha aggiunto una parola che ha più il sapore di un giudizio di una mentalità. Aiutare a vincere l'inerzia. Come se la condizione di povertà di quei pescatori non fosse soltanto l'esito di uno sfruttamento ma dell'accettazione passiva di una mentalità che non ammetteva la possibilità di un desiderio personale diverso da ciò che la cultura stessa di quel popolo imponeva. La fame è certamente un bisogno primario da soddisfare e su questo bisognava farsi in quattro per risolverlo, comprese tutte le conseguenze che portava con sé. La malnutrizione ad esempio, le cure sanitarie, organizzare il dispensario farmaceutico, alfabetizzare i bambini, l'igiene, assistere le donne nel parto. Un lavoro enorme da portare avanti. Conquistare la fiducia delle singole persone, ascoltare, spiegare nel dettaglio le conquiste che si potevano ottenere. Insomma, il lavoro di una vita. Eppure Torelli coglie un aspetto fondamentale nel lavoro di Lauretta che sintetizza con la frase vincere l'inerzia ma non come lotta di classe come forse si usava a dire all'epoca nei paesi occidentali ma come educazione ad uno sguardo su di sé per riconoscere quella scintilla di vita che il cristianesimo suscita ancora oggi dentro ad ognuno che vi ci si imbatte. Scintilla come scoperta di essere fatti per la felicità grazie all'incontro con qualcuno che ti vuole bene. Il bescovo di Trivandrum Pereira aveva quindi deciso di fondare un villaggio, Marianad, con l'idea di raccogliere famiglie dai villaggi di pescatori della costa e riunirle in comunità. Insegnare loro come si abita, come si amministra una casa. Prima di allora vivevano in capanne prive di qualunque norma igienica e sociale. Come fare ad acquistare le barche e le attrezzature per la pesca, cioè diventare proprietari degli strumenti di lavoro. Come organizzarsi in una cooperativa per la conservazione e la venta diretta e autonoma del pesce nel mercato della città vicina, Trivandrum. Senza quindi l'intermediazione degli usurai che compravano ad un prezzo irrisorio, il pesce è appena pescato nella notte e portato a riva dei pescatori, per poi rivenderlo ad un prezzo decisamente superiore al mercato della città. Arrivato Marianada Torelli conta 42 case, tutte simili, delle quali 6 sono in costruzione. 40 famiglie li abitavano, per un totale di 206 persone. Le case vengono date in affitto alle famiglie, che dopo 20 anni ne diventano proprietarie. Pensate che rivoluzione, passare da capanne con le pareti e i tetti fatti con le canne di bambù e i rami delle palme, senza divisori interni, senza un bagno, dormire e mangiare per terra sulle stuoie, senza proprietà alcune su quelle abitazioni, possiamo chiamarle così. Passare quindi alle case in muratura, con le stanze, i tavoli, le sedie, le brandine per dormire, e poter dire questa è mia proprietà. Il vescovo, e l'auretta ed è tutto d'accordo, esige che gli indiani si abituino a pagare quello che ricevono e a guadagnarselo. Devono essere guidati in questo, non trasportati a peso morto. I bambini del villaggio non hanno giochi, stanno a gruppi sulle spiagge come uccelli che aspettano da mangiare. Le donne condiscono il cibo con pimenti forti, perché il pimento nasconde al palato il sapore del cibo andato male. I bambini vivono totalmente nudi, fino all'età di quattro anni. La casa di l'auretta è identica alle altre, ha in più solo un recinto e la luce elettrica. Il recinto per difendere un minimo di quiete, immaginiamo che diventare leader in un gruppo comporti anche il venire continuamente cercati per qualunque tipo di necessità, a cui non si era abituati far fronte in modo autonomo. La luce elettrica, e questo merita una particolare attenzione, perché in questo, sembrerà strano, ma scopriamo l'intima personalità di l'auretta. L'auretta è stata tre anni con la luce a petrolio, come tutti gli altri. Vestiva, parlava, non si concedeva di fare il bagno nell'oceano, così come tutte le donne del villaggio, secondo la loro cultura e la loro mentalità. Poi, quando ha giudicato che gli uomini del villaggio potevano risparmiare qualche soldo per ottenere l'allacciamento elettrico alle loro case, decise di inaugurare la nuova illuminazione nella sua abitazione, per convincere gli altri a guadagnarsela. Mi piace immaginare la girauretta, la sera, all'inbrunire, accendere la sua lampadina elettrica, non so se di 40, 60, oppure 25 watt, lampadina che illuminava tutta la casa, e vedere, tra le case buie del villaggio, la sua, che dalle porte senza tipiti, dalle finestre senza vetri, dalle fessure, lasciava uscire raggi di luce che si diffondevano nel villaggio, immerso nel buio della notte. Guardando la sua casa, uguale a tutte le altre, ma tutta illuminata, i pescatori ora iniziavano a sforzarsi per risparmiare. Ora vogliono anche l'oro della luce, capiscono che è un passo avanti. Da Natale in poi, secondo le previsioni di Lauretta, in qualche casa del villaggio ci sarà una lampadina elettrica accesa. Immaginarla compiere il gesto di accendere la lampadina alla sera, convinta in cuor suo che con quel clic non azionava soltanto un contatto elettrico, ma accendeva un pensiero nuovo nelle persone, un gesto che accendeva un desiderio, una speranza. E ci riuscì, scriverà nel testo Giorgio Torelli. Ecco descritto in conclusione il cuore, la personalità, l'anima di Lauretta. Essere l'amiccia della speranza, il desiderio di Dio. Desiderare che gli uomini, le donne e i bambini incontrati a Marianad intuissero e colpivassero il desiderio di essere uomini, donne e bambini. Protagonisti, non inermi. Così come fu la sua esperienza giovanile, la sua scoperta di essere figlia di Dio. Un ultimo episodio prima di chiudere questo podcast numero 5. Un giorno Lauretta, racconta Torelli, si è presa cura di un elefante, Ryan, che durante il lavoro aveva perso una zanna e lo guarì. Presentava, dove era il dente, una cavità infetta. Il cornac di Ryan, il suo custode, lo fece sdraiare. Gli parlava di continuo, mentre Lauretta introduceva nella ferita una canna di bambù, ricoperta dal cotone inviatole dal papà da cravaggio, impreso di sulfamidici. Ora l'elefante si ferma quando incontra Lauretta e alza più volte la provoscite per salutarla, racconta Torelli. Un po' come San Francesco, dico io, che parlava ai lupi e alle colombe. Certo, nessun paragone con la santità di San Francesco, ma posso con certezza affermare che l'elefante Ryan aveva un peso ben maggiore dei due lupi e delle quattro colombe messi assieme. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org

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