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redigio.it/dati2601/QGLO005-Lago-Varese-12.mp3 - Il lago di Varese - 8,57 - audio

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Transcription

The transcription discusses the history and archaeological findings on Isola Virginia, a small island in Lake Varese. The island is famous for its prehistoric settlements and has been the subject of extensive research. The first excavations took place in 1863 and since then, multiple sites have been discovered in the surrounding area. The materials found on the island provide evidence of human habitation from the Neolithic period to the Bronze Age. The discoveries include tools made of flint, ceramic objects, and even obsidian blades from Sardinia, indicating long-distance trade. Ongoing excavations continue to uncover more insights about the island's history. www.redigio.it E la storia continua Il lago di Varese Superata la località di Cassinette di Biandronno o Cassinette a Rizzone, poco prima dell'abitato di Biandronno, si intravede, a pochi metri dalla riva e quasi in continuità con la terraferma, una piccola ma famosissima isola, nota in tutto il mondo per gli scavi e i suoi insediamenti palafiticoli. Nelle carte itinerarie cinquecentesche di cui si è parlato le viene attribuito il nome di Isola Santo Brasio, con evidente riferimento a una chiesetta, chiaramente raffigurata, che vi sorgeva. Il nome di San Biagio viene poi sostituito da quello di Isola Camilla, in onore della duchessa Camilla Litta Visconti a Rese, e successivamente subentrati ai ponti ai Litta, da quello di Isola Virginia, tutt'ora usato a perenne ricordo delle grazie della signora Virginia Ponti Pigna, moglie del cavaliere Andrea Ponti. Fino al 1822 l'isolino era stato proprietà della nobile famiglia dei Besozi, che lo aveva conservato fin dai tempi delle tempestose vicende giudiziarie sotto il governo spagnolo, vendendolo poi ai Litta Visconti a Rese. È un isolotto di appena 9.200 metri quadrati, separato dalla sponda di Biandronno da un braccio di lago largo appena una ventina di metri, una volta chiamato Tensinello. La sua forma triangolare, per uno scherzo alla natura, può ricordare un namigdala, uno dei più caratteristici strumenti dell'industria litica preistorica. E qui, il 27 aprile 1863, sbarcò il famoso Abate Stoppani, autore del Bel Paese, accompagnato da due archeologi svizzeri, il Desore e il De Mortillé, sulla scorta di incoraggianti indicazioni scaturite dalla scoperta di insegnamenti palafetticoli avvenuta qualche anno prima sul lago di Zurigo. Il successo non mancò, perché subito gli studiosi si avvidero della presenza dei resti di palafitte lungo la sponda orientale dell'isola. Da quel momento si iniziò una tumultuosa ricerca, spesso fruttuosa, di nuove stazioni tutto il circondario del lago di Varese, tanto che nel solo autunno 1863 se ne trovarono ben sei. A onore del vero dobbiamo dare la palma al primo ricercatore, sia pure per costituire una raccolta personale ad Angelo Quaglia di Calzaggo-Brabbia, che in poco tempo accumulò una notevole quantità di materiale proveniente dalla vicina palude Torbiera. Sulle rive e sui laghi del lago, a parte quella dell'isolino Virginia, possiamo citare tre stazioni nel comune di Bardello, a nord di Biandronno, rispettivamente chiamate palude Stoppani, Bardello-Ranchè, palude Bardello, nel lago di Biandronno. Sono quattro quella palude Torbiera-Brabbia, chiamate palafitta Ai Quadri, nel comune di Biandronno, Mara, Fosso di Mezzo e Ponti, tre stazioni nel comune di Bogno, chiamate Lesormaresco, Keller-Gaggio e Boglio Centrale. In totale si tratta di undici insediamenti, senza contare le vicine stazioni sui laghi di Comabbio e Monate, nonché quelle più lontane, ma molto importanti, della Lagossa e della Lagossetta di Besnate. Per soppermarci più a lungo sull'insediamento più interessante, quello dell'Isolino-Virginia, siamo costretti a tralesciare gli altri, che pure sono tutt'altro che trascurabili. Vanga per tutti l'enigma presentato dalla stazione chiamata Boglio Centrale o delle Monete, perché, oltre alle consuete cuspidi di freccia e di oggetti di bronzo, furono trovate circa 300 monete d'argento di epoca romana. Ancora oggi ci si chiede come queste monete potessero trovarsi proprio in quel luogo. Tornando invece all'isolino, è importante sottolineare che la sua origine non è come spesso si è affermato artificiale, ipotizzando in sostanza che le palafitte sorgessero sopra un enorme cumulo di detriti prodotti dagli stessi abitanti. Questo può essere vero solo in parte, perché un recente sondaggio geognostico del 1977, effettuato mediante carotaggi, ha definitivamente stabilito che le rocce e i materiali incoerenti ai livelli più bassi, fino a 5 metri, appartengono chiaramente all'epoca graciale o post-graciale. I moderni studi archeologici, fondati sulla tecnica della stratigrafia, mentre purtroppo agli inizi del secolo si cercavano reperti addirittura con la draga, che sconvolgeva e rimescolava tutti gli orizzonti culturali, hanno permesso di trovare materiali riferibili alla presenza umana, fino alla profondità di 4 metri e 70. Poiché fino ad oggi si è scavato solo fino a 2 metri, è immaginabile che le future campagne di scavo, che vengono riprese ogni anno sulla fine dell'estate, possono riservare gradite sorprese. Tra i più importanti ricercatori e archeologi che hanno lavorato sul risuolto di Lino, ricordiamo oltre a Stoppani, De Zorn, De Mortillet e anche il Foster nel 1879, Labate e Ranquet, i Regazzoni e soprattutto il Castelfranco fino al 1913. In tempi più recenti le ricerche furono riprese dal Maviglia 1953 e poi dal Bertolone 1955-1959 e in questi ultimi anni, nel 1977, gli scavi sono effettuati da un gruppo di archeologi di diversi istituti universitari. Allo stato delle conoscenze attuali si pensa che i primi abitatori dell'isola appartenessero al Neolitico Inferiore, 4500 anni avanti Cristo, e che l'insegnamento sostanzialmente comprendesse due strutture abitative, una sulla sponda orientale e una nella zona centrale dell'isola, probabilmente entrambe appartenenti alla stessa epoca. L'uomo rimase sull'isolino per circa 3000 anni, abbandonandolo cioè tra la fine dell'età del bronzo e l'inizio dell'età del ferro. Per questo motivo il materiale ritrovato è abbondantissimo, tanto che ci sembra impossibile stenderne un elenco esauriente. Lame, seghe, coltelli, cuspidi in selce, oggetti di vari in ceramica e persino lamette di ossidiana, una roccia vulcanica proveniente con ogni probabilità dalla Sardegna, il che dimostrerebbe un intenso scambio commerciale con popolazioni anche molto lontane. www.redigio.it E la storia continua...

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