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I giochi dei ragazzini quando eravamo poveri -

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The website www.reydijoe.it continues the story of the games played by children when they were poor. They were fond of candies and used the wrappers for riddles. They would cover the name on the wrapper with their thumbs and challenge their friends to guess it based on the picture of a fruit or plant in the middle. They would also play games like hitting a cartridge with a stone to make a copper coin fall. If they succeeded, they would keep the coin, but if they failed three times, they had to pay. Another game involved throwing a coin against a wall to see who could make it land the farthest. The games were innocent and played by poor people who found joy in simple things. There were also games like spinning a top with a pointed iron tip and making it spin faster by flicking it with a whip. These games were ancient and had different variations in different regions. www.reydijoe.it e la storia continua I giochi dei ragazzini quando eravamo poveri I ragazzini erano golosi di caramelle, non solo perché le mangiavano, ma perché anche l'involucro serviva per gli indovinelli. Tenendo teso con ambo le mani il foglietto di carta e coprendo coi pollici il nome scritto ai lati, lo sfidante invitava i compagni a indovinarlo, offrendo come unico indizio il disegno di un frutto o di un arbusto stampato nel mezzo. Erano nomi esotici o rari che proiettavano le loro fantasie da breve cortile del laboratorio veste in misteriosi orizzonti geografici, ananas, banana, tamarindo, e fiocavano numerose scommesse. Uno azzardava, lampone, quante carte di caramelle scommetti? Tre, bagliato, menta, graciale e artica e il pensiero volava al generale Umberto Nobile in viaggio col dirigibile verso il polo. Un altro modo di passare il tempo libero, vale a dire la metà del tempo, era il colpire a terra con un sasso da 4 o 5 cm una cartuccia di fucile che sorreggeva una moneta di rame, quella da 10 centesimi, raffigurante un ape oppure quella da 5 con la spiga. Chi abbatteva la cartuccia si portava a casa alla posta, se sbagliava per tre volte consecutive pagava l'equivalente. Oppure si ricorreva alla variante del battimuro, lanciare la moneta contro una parete in modo che cadesse a una determinata distanza da quella dell'avversario, posata a terra e viene in mente Leonardo Sinisgalli. La sera incendia le fronti in furie e capelli, sulle selce calda come sangue e il piazzale torna calmo, una moneta battuta si posa vicina all'altra nella misura di un palmo, il franciullo preme sulla terra la mano vittoriosa. Erano giochi innocenti di povera gente che si accontentava del nulla condensando in quel nulla zoni smisurati. Giochi innocenti erano sempre innocui come lo scianco detto Nizza a Roma, il ghiarei in Emilia e la ripa in Toscana fin dal XVI secolo. Esso richiede un bastone e un corto pezzo di legno simile a un pennarello appuntito alle estremità in modo da farlo balzare in aria con un preciso colpo di bastone e poi con un secondo colpo al volo scagliarlo il più lontano possibile. La gara di scianco si concludeva generalmente con un vetro rotto, urla del proprietario danneggiato e fuga dei monelaci che abbandonavano sul campo l'attrezzatura, ma per procurarsi una nuova non occorreva andare da fregname, ci pensava l'astuto vetraio. Assolutamente innocua era invece il gioco del moscolo, ovvero trottola, un pezzo di legno a forma conica con la punta di ferro, fatto girare a colpi di frusta. E' un gioco antichissimo, nel Medioevo lo si usava in Francia per trarre auspici, stringendolo con le dita ad ambo le mani il giocatore imprimeva al moscolo un motoratorio ad avviamento che poi alimentava a colpi di frusta. Tanto più precise e energici quanto meno il terreno era liscio, l'asfalto giaceva ancora nella mente degli dei e lo scarso traffico consentiva ingiusturbate gare a tutta strada e la vittoria rideva a chi col minimo numero di frustate spingeva il più lontano il moscolo.

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