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redigio.it/dati2601/QGLO002-Lago-Varese-09.mp3 - Il lago di Varese - 7,58 -

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Transcription

The transcription discusses the history and features of Lake Varese, focusing on the dense reed beds that surround most of the lake's shoreline. The reeds were used by local farmers and fishermen for various purposes. The transcription also mentions the presence of castles and fortifications in the area, as well as the origins of the names Bodio and Val-Bodia. It describes the tradition of boat processions and the challenges of transportation across the lake, including the freezing of the lake's surface in winter. The transcription also mentions the occurrence of dense fog in the area. www.redigio.it E la storia continua Il lago di Varese La riva del lago, in territorio di Galiate, è invasa quasi completamente dal densissimo canneto che circonda ad anello quasi tutto il bacino del lago, specialmente sulla sponda meridionale. La canna è invadente e prepotente, tanto da venire compresa fra le piante infestanti, ma i nostri contadini e pescatori sapevano utilizzarla in vari modi. Ne ricavavano graticci per l'arrivamento dei bacchi, cannici per i ripari di orti, i paia, le stuoie per il plafond materiale da combustione, lettiere per vestiami, scopini, ecc. Dopo Cascina del Gaggio, attraversato un boschetto di querce, olmi, frassine e pioppi, si entra nel comune di Bodio-Lomnago, al limite dell'antica Valbossa o Valbodia. Sulle colline più elevate in epoca meridionale certamente sorgevano fortificazioni e castelli opportunamente edificati a guardia del territorio. I milanesi, infatti, nel XII secolo, scatenarono spesso le proprie ire contro gli aleati di Barbarossa, che qui contavano non pochi seguaci. Uno di questi castelli doveva trovarsi a Lomnago, l'antica Logo-Nago o Lago-Naco, forse del latino lacuna, fossa d'acqua, mentre oggi possiamo ancora vedere l'alta e rimaneggiata torre di un castello, risalente forse al 300 e trasformata poi in un palazzo della famiglia Bossi di Azzate, oggi detta Ca-Bosa. Il nome di Bodio ha fatto molto discutere gli stuposi di toponomastica e di etimologia. È possibile che esso derivi dal dialettale Boc, buco, da un supposto vocus o vacuus latino che nel XIII secolo e seguenti era italianizzato in boco, bocio, buogio, bodio. È invece molto probabile che il termine Val-Bodia si sia poi trasformato in Val-Bossa, non in forza di leggi fonologiche, ma per compiacere le leggi dei potenti, anche se poi i bossi preferiscono ricercare l'etimo del proprio cognome dal latino bos, bue. A questo proposito è interessante notare che il nostro lago fu a lungo chiamato Lago di Bodio e poi Lago di Cavirate o Ghivira, Lago Rosio o Bodio, Lago di Biandronno, Lago Grande, persino Lago di Bobbiate e in dialetto anche Creus, fino a quando il nome del capoluogo prevase la dimostrazione, come dice Luberti, che il pesce grosso mangia i piccoli. Bodio è anche un piccolo porto dove i bossi possedevano una darsena per le loro barche e dove nel 1908 fu fatta erigere nell'acqua a pochi metri dalla riva una capelletta dedicata alla Madonna con bambino, la cui statua venne trasportata mediante una processione di barche, i rialoni, quelli per il trasporto della sabbia. L'usanza di fare processioni su barche non si è persa del tutto. Ancora oggi, in qualche paese rivierasco, è possibile assistere a queste manifestazioni di fede popolare, il cui significato propiziatorio è trasparente. In fondo anche il lago, come altri elementi naturali, ha un duplice volto, quello benefico da ringraziare e quello ostile da placare. Lasciando alle spalle il porto di Bodio, la sponda lacustre prosegue verso occidente con due promontori consecutivi, il pinzo di Bodio e il pinzo di Cazzago, che si spingono verso il centro del lago come due pontili diretti all'altra sponda. I due promontori tra i quali si allarga la cosiddetta Baia del Re sono orlati da un'ampia fascia di canne, ma è proprio dai due vicini paesi di Bodio e di Cazzago-Vrabbia che i rivieraschi di un tempo, i quali spesso dovevano raggiungere Gavirate o la Schiranna, soprattutto per motivi di lavoro, ovviavano alla mancanza di comode vie di comunicazione su terra, passando direttamente al lago. Sappiamo che per molti anni, anche nel nostro secolo, barcaiori e pescatori traghettarono artigiani, mercanti, maestri di scuola al di là del lago, tanto che sul finire dell'Ottocento si tentò anche, ma senza successo, di istituire un regolare servizio di navigazione vapore. La via d'acqua risultava però spesso impraticabile nella stagione invernale, quando la superficie del lago, nei periodi più freddi, era coperta da uno strato di ghiaccio. Il fenomeno si ripete da tempo, ma sono rimaste famose alcune girate nel passato, specialmente quella del 1829-30, quando lo spessore del ghiaccio raggiunse quasi un metro. Tuttavia bastavano pochi centimetri di ghiaccio per consentire ai più odaci di ennotrarsi a piedi o addirittura su carri trainati da animali. In questo modo il trasporto delle farine dai mulini di oltrona risultava molto più veloce, anche se certamente assai più rischioso. Nel nostro secolo, in anni non troppo lontani, qualcuno si avventurò sulla superficie gelata con motociclette e automobili. Quello delle girate non è l'unico fenomeno naturale che nella conca del lago si presenti in proporzione apparentemente fuori dalla norma. Si pensi anche alle nebbie fittissime che ricoprono il bacino per molti mesi dell'anno, specialmente in autunno, in certe ore della giornata. E il cronista varesino Tullio Tatto in una sua nota del giugno del 1619 ricorda che la notte venente del giorno di San Pietro si è visto la prima la prina, la brina grande nei prati nel lago certo meravigliosa. Sottotitoli e revisione a cura di QTSS

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