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“Qual è la cosa più importante al mondo?”
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The speaker was struck by a phrase heard on the radio about how historically, many great peace advocates have been killed. They question why speaking about peace is dangerous and why achieving peace seems so difficult. They reflect on the importance of peace, especially for those who have never experienced war firsthand. The speaker notes that the cruelty and inhumanity of war no longer seem to affect us as much as they should. They argue that speaking out against atrocities and advocating for peace is seen as a threat by those in power. However, phrases like "I have a dream" and "Give peace a chance" still resonate with young people who are mobilizing and protesting for peace. The speaker believes that the voices of young people speaking out against war are the best way to try and stop it. They mention three quotes that encapsulate the essence of peaceful living, including Italy's rejection of war, the statement by the founder of Emergency, and a quote from Jimi Hendrix. The speaker c Sono rimasto molto colpito da una frase sentita alla radio, dove durante una trasmissione un ospite, parlando di temi importanti e drammatici, come gli attuali conflitti nell'area europea e medio orientale, ha fatto notare che storicamente quasi tutti i più grandi uomini e attivisti in favore della pace sono stati uccisi. E' quindi così pericoloso parlare di pace? Come mai qualcosa a cui tutta l'umanità dovrebbe aspirare è ancora oggi una condizione in apparenza inarrivabile, o ancor peggio, da contrastare fino ad eliminare chi si fa portavoce attivo della pace? Ricordo che da bambini alla domanda qual è la cosa più importante al mondo, si rispondeva sicuramente la pace, senza magari conoscere e capire appieno il significato nel suo concetto fondamentale. Noi che abbiamo avuto la fortuna di nascere in Europa, anzi nella parte ricca e democratica dell'Europa, godiamo da quasi 80 anni di un periodo di pace dopo secoli di guerre costanti, e non sappiamo cosa realmente significhi vivere in un tempo in una nazione in guerra. Guardiamo le immagini e sentiamo le notizie che arrivano dalle zone martoriate dai conflitti, e seppure esse non siano così distanti dalle nostre case, dalle nostre vite, la loro cruda drammaticità non ci impressiona come succedeva durante i primi giorni. Ce ne siamo quasi abituati e sembra che non le percepiamo più come una reale minaccia o pericolo concreto. Pare che la crudeltà e la disumanità della guerra, le migliaia di morti fra i civili, nella maggior parte bambini e anziani, non ci scalfisca più di tanto. Tutto viene vissuto quasi come un fastidio che turba le nostre abitudini e i nostri interessi, ma chi si ribella, chi grida al mondo le atrocità dei conflitti, che sia un giornalista, una studentessa, un rapper o un imprenditore, poco importa, è un pericolo. Un pericolo per il dittatore di turno, un pericolo per le nazioni e le economie che basano i loro profitti sulla povertà e sulla soggiocazione altrui, un pericolo per quelle persone che nella paura per quello che non si conosce trovano il motivo per odiare, un pericolo per chi si fa scudo e portavoce di una religione che viene modellata secondo i propri interessi terreni. Eppure le frasi come «I have a dream» o «Give peace a chance» non sono andate fuori moda, non sono state dimenticate, anzi sono state prese ad esempio dai giovani e dagli studenti. Sono loro che si sono mobilizzati e ribellati anche a chi li governa e che sembra non sappia proprio come usare il dialogo e la diplomazia per fermare tanta stupidità. Certo le parole da sole non bastano, ma le voci di tanti ragazzi e ragazze che dalle loro scuole ed università stanno facendo sentire la loro indignazione, il loro fermo dissenso e il rifiuto delle armi sono la maggiore e migliore cassa di risonanza per tentare di fermare le guerre. Così come altri giovani fecero prima di loro qualche anno fa, quando scessero in piazza per protestare e per dimostrare al mondo l'idiozia e l'inutilità di mandare a morire altri giovani come loro in altre guerre, come in Vietnam per esempio. Spesso si ha quasi un senso di pudore nel dire qualcosa in favore della pace, eppure ci sono delle frasi dette o scritte che in poche parole racchiudono il senso del vivere pacifico, come la specie umana dovrebbe dimostrare di saper e voler fare. Ne vorrei citare tre. La prima rappresenta l'articolo 11 della nostra Costituzione italiana, e già le prime cinque parole basterebbero abbondantemente. L'Italia ripudia la guerra. La seconda è del dottor Gino Strada, fondatore di Emergency. Fra tante affermazioni sulla guerra mi ha sempre colpito questa. Io non sono un pacifista, io sono contro la guerra. Concludo con la frase detta da Jimi Hendrix, e che uno dei giovani cantanti saliti sul palco del concerto del primo maggio a Roma ha ricordato. Quando il potere dell'amore supererà l'amore per il potere, il mondo potrà scoprire la pace. Sono Evaristo Tisci e questo è il mio podcast che si chiama Perché, ma forse lo cambio.