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PODCAST N.24 PURCHÈ SE NE PARLI

PODCAST N.24 PURCHÈ SE NE PARLI

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È la somma che fa il totale

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In this podcast, the speaker discusses how people's behavior can turn offensive, aggressive, and violent in certain situations, often fueled by a sense of anonymity. They talk about how haters attack others online, sometimes joined by others who feel more justified in their actions by the presence of a leader. On the other hand, there are also those who criticize the serial hater. The speaker mentions that they will not comment on extreme situations that involve criminal offenses. They question whether there are people who actually enjoy being targeted with virtual attacks on social media, as it can lead to more visibility and popularity. The speaker introduces the concept of "attractors of haters," individuals who intentionally provoke with their controversial and offensive comments to gain attention and interactions. They provide an example of how a contrary tweet can attract more attention than a positive one. The speaker concludes with a comment suggesting that ignoring these indiv Ho parlato nel precedente podcast di come, in certe situazioni, i comportamenti delle persone possano spociare in veri e propri atti offensivi, aggressivi e violenti, indotti da un muro di apparente anonimato. Assistiamo quindi ad attacchi da parte di haters, ai quali spesso si aggiungono anche altre persone, che probabilmente non avrebbero avuto quel tipo di atteggiamento singolarmente, ma che si sentono ancor più legittimate e protette dalla presenza di una prepista alla guida del branco. Al contrario, ci sarà anche chi si scaglierà contro l'odiator seriale. Quest'ultimo verrà condannato per il suo modo ignobile e maleducato di interfacciarsi, spiegandoglielo magari attraverso insulti e improperi di ogni tipo. Alla fine si perderà di vista il motivo scatenante di tanto baccano e ci si troverà di fronte ad una vera e propria rissa al pari di quelle scene epiche dei film western di tanti anni fa. Come ho già detto in precedenza, non mi permetto di commentare le situazioni più estreme che spociano in veri e propri reati penali. Certo, non è mai piacevole essere oggetto di attacchi per un proprio post o una foto. Fortunatamente, nella maggior parte delle volte, tutto finisce, ripeto, in una chiassosa quanto fastidiosa, come dire, cagnara, ossia tanto abbaiar per nulla. Ma siamo proprio così sicuri? Voglio dire, non ci sarà anche qualcuno che invece non sia affatto dispiaciuto di subire degli attacchi virtuali sui social? Sappiamo, per esempio, che più followers si hanno, più visibilità, popolarità e perché no, possibilità di guadagno si possono avere. E chi l'ha detto che followers e commentatori ai nostri post debbano essere per forza degli ammiratori che ci stimano e che siano d'accordo con le nostre idee? In fondo, come diceva Totò, è la somma che fa il totale. Ecco quindi a palesarsi la figura degli attrattori di haters, occasionali o reiterati che siano. Costoro hanno capito perfettamente che scrivere o commentare in modo irriverente, andando fuori dal buonsenso, dalla logica e obiettiva verità, attira molte più interazioni di normali e tutto sommato ovvie pubblicazioni, da quelli ironici o sarcastici a quelli più marcatamente offensivi, ma pur sempre di commenti, like, mi piace, visualizzazioni stiamo parlando. Facciamo un esempio, se pubblicassi un tweet del tipo la cultura e l'arte sono un tesoro importante per tutta l'umanità, non attirerebbe di sicuro l'attenzione di un messaggio contrario come il tempo dedicato all'arte e alla cultura è tempo sprecato, ed è così che perfetti sconosciuti o comparse del sottobosco della comunicazione ottengono quella popolarità e visibilità grazie proprio alle loro pubblicazioni indubbiamente opinabili e grottesche, ma che inducono ad una reazione di qualunque genere, basta che ci sia. Ho letto un commento che secondo me racchiude il successo di questi, per così dire, stimolatori professionali di polemiche social, che recita, non commentatelo, non dategli visibilità, così fate proprio il suo gioco, per l'appunto. Sono Evaristo Tisci e questo è il mio podcast che si chiama Perché, ma forse lo cambio.

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