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cover of La forza della vulnerabilità
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In un mondo dove volontà, lotta e determinazione sono tra i valori più riconosciuti, che spazio ha la vulnerabilità? Cioè, la nostra vera condizione di esseri umani su questa terra? In questa vita che, illusoriamente, ci sforziamo di rendere prevedibile, controllabile?

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In this podcast, Elena Dragotto discusses the concept of vulnerability and how it is a natural part of being human. She explains that vulnerability can be seen as both a weakness and a strength, and it is important to recognize and accept our vulnerabilities. Elena also discusses how vulnerability manifests in different areas of life, such as work, and compares it to the vulnerability of a newborn baby. She emphasizes the need to approach vulnerability with care and attention, just like we would with a newborn baby. Ciao, sono Elena Dragotto, benvenuta, benvenuto. Se oggi sei qui, vuol dire che stai scegliendo di guardare la tua vita con altri occhi e con altri obiettivi. In questi podcast ti propongo di guardare la tua quotidianità come un insegnante che ti accompagna benevolmente in un percorso evolutivo verso la scoperta della tua vera essenza di essere umano. In ogni episodio rispondo alle domande più comuni sulla crescita personale e sulle relazioni con se stessi e con gli altri, accompagnandoti in un percorso che, in tanti modi diversi, stiamo percorrendo insieme. Buon ascolto! Eccoci, buonasera a tutti, bentrovati. Eccoci qui per 30 minuti di contenuti preziosi con Elena Dragotto all'insegna della dinamica dei sé e del voice dialogue. Buonasera, buonasera a tutti, a chi ci guarda, a chi ci guarderà. E a chi ci ascolterà. Eccoci, con un tema molto, come dire, che veramente io vorrei dire ci unisce tutti, la forza della vulnerabilità. Allora, c'è chi la può chiamare debolezza, c'è chi la può chiamare la propria fragilità, c'è chi può dire di avere un tallone d'Achille, chi un arvo scoperto, una questione risolta. Da qualche parte, ognuno di noi, anche i più potenti, i più in gamba, i più resilienti, i più forti, da qualche parte, in qualche angolino, hanno questa cosa che abbiamo chiamato la vulnerabilità. Allora, questa sera facciamo, come sempre, una chiacchierata con Elena, che è connessa addirittura da Fuerteventura, nel bel mezzo di un seminario molto speciale, il Just Stay, di cui magari dice due paroline prima che ci salutiamo. E voglio ricordare che questa è una serie di interviste che facciamo ad Elena, più o meno con cadenza bisettimanale, su dei temi che sono proposti anche dagli stessi ascoltatori e dagli stessi partecipanti. Quindi Elena Dragotto non ha bisogno di molte presentazioni, ma per chi non l'avesse mai vista, forse stasera c'è qualcuno anche di nuovo collegato, è una persona di grandissima esperienza, laureata in psicologia, formatrice e soprattutto grandissima trainer e facilitatrice del Voice Dialogue, che è un approccio socio-psico-spirituale nato negli anni 70 negli Stati Uniti grazie all'opera di Hall e Sidra Stone. Quindi questa sera, come in tutti gli altri incontri, Elena ci propone qualche riflessione in maniera molto spontanea e molto, come dire, stando in connessione con noi. Con quello che è oggi. Prego Elena. Grazie, grazie Paola per questa introduzione, e sì, sono qui a Fuerteventura, sono nel pieno Just Stay, Just Stay che dura una settimana, e quello che mi viene da dire è che in questi primi tre giorni, oggi era il terzo giorno, abbiamo affrontato molto questa tematica della vulnerabilità, è emersa appunto in maniera naturale, perché il Just Stay ha questa caratteristica. Abbiamo affrontato il tema del critico, quindi è emerso il tema del critico, di cui abbiamo parlato la scorsa intervista insieme a Daniela Cremoni del Regenera Life, e il critico è direttamente connesso ai noi con queste nostre parti vulnerabili, ma intanto che vuol dire vulnerabilità, che cos'è? Perché la grande difficoltà innanzitutto è riconoscerla, perché non siamo abituati a darle questa connotazione, in genere è come ha elencato Paola prima, cioè diamo tanti nomi che in realtà sono tutti sotto questo cappello della vulnerabilità, essere vulnerabili significa essere aperti, e quindi quando siamo aperti qualsiasi accadimento potrebbe ferirci, cioè siamo molli, siamo immaginate qui davanti, abbiamo tutti gli organi interni, cioè è quella situazione in cui siamo feribili, perché siamo aperti, quindi non è solo sono vulnerabile perché sono stato ferito o le ferite, esiste anche questo aspetto, ma in realtà vulnerabilità è quando possiamo esprimere tutte le nostre emozioni, tutto quello che c'è dentro, quindi si è vulnerabili anche quando si è felice, e uno dice ma come sono vulnerabili, certo, proprio oggi se ne parlava al Just Stay, non è così accettata la persona felice, tutti cerchiamo la felicità, però poi quando entriamo in una situazione mostrando felicità, gioia, ecco che chi ci sta intorno magari un po' storcia la bocca, diciamo che cosa c'ha da avere da stare così felice, ma non si rende il conto di come va il mondo, quindi eccola che questa apertura rischia di metterci in una posizione dove potremmo essere feriti, poi insomma sui social questo è talmente evidente, questo aprirsi, dire qualcosa e poi parte immediatamente tutta una serie di giudizi, di attacchi eccetera. Ora questo non significa che siccome esiste questo aspetto, questa condizione, come diceva prima Paola, questa è la condizione umana, noi di default, di natura possiamo dire, siamo esseri vulnerabili, basta un soffio di vento veramente per farci sfrombolare all'altro mondo, quindi questa è la condizione umana, questa è una delle cose che ci accomuna tutti noi esseri umani, l'essere vulnerabili, sempre, costantemente, e infatti quello che facciamo nella vita è cercare il più possibile di costruirci della sicurezza, ma la vulnerabilità rimane, se noi ci andiamo a far caso la vulnerabilità, cioè questo sentirci vulnerabile, è sempre lì, è sempre lì, malgrado noi facciamo programmi, domani farò questo, dopo domani quest'altro, magari mi sposo e allora poi c'ho una famiglia, c'ho un marito, una moglie, tutto questo da un momento all'altro può scomparire per qualsiasi motivo, e quindi noi ecco là che ricontattiamo in questi momenti questa condizione così difficile da gestire, così difficile, cercando questa sicurezza all'esterno. A me viene subito in mente l'ambito della salute, chiaramente, dove è un attimo ed è tangibile questa fragilità nostra, anche l'ambito delle emozioni, tu hai citato addirittura i momenti di felicità e guarda un po', probabilmente sono quelli veramente in cui siamo più esposti, ma in quanti modi noi possiamo accorgerci di questa nostra condizione, che è quella che c'è più naturale, che però per qualche convenzione sociale abbiamo deciso di considerare quasi un difetto, un eccezione, un tabù anche, da aggiustare, si parla sempre di lotta, prima parlavi della malattia, e quindi subito, se sono malato, ha lottato contro il cancro, quindi non sono ammesse la disperazione, la tristezza, bisogna reagire, ci viene sempre detto questo, reagisci, quindi come mi accorgo della mia vulnerabilità? Sono quei momenti, quei momenti che non corrispondono ai nostri momenti in cui ci sentiamo nel potere della nostra vita, ben piantati a terra, sono quei momenti in cui come se abbassassero le frequenze, quindi potrebbe essere appunto una tristezza improvvisa, un ricordo doloroso improvviso, una malinconia che non si sa bene da dove salta fuori, una stanchezza fisica, perché noi lottiamo contro tutto questo, anche la stanchezza fisica, pigliati un caffè, questa è la risposta, ah mi sento assonnato, dai pigliati un caffè, cioè reagisci, reagisci, quindi ignora questa vulnerabilità. Chiaro, ci sono momenti in cui questo è necessario, ma in genere trattiamo questo ambito, questo aspetto di noi, sempre nello stesso modo, cioè dobbiamo reagire, non ci pensare, dai, quindi quando abbiamo questi pensieri, queste tristezze, questi ricordi, ecco lì si apre questo spazio della vulnerabilità, siamo vulnerabili, siamo, in quel momento siamo fragili, abbiamo bisogno di qualcosa di delicato, di attenzione e non di dargli un calcio nel sedere e dirgli basta, qui dobbiamo andare avanti, dobbiamo appunto lottare, reagire, fare, eccetera, eccetera, quindi la vulnerabilità sono questi momenti in cui non siamo, come diciamo, al 100%, cioè non siamo, c'è una zona delicata, c'è una zona più morbida, c'è una zona più dolorante, ecco lì, quella è la vulnerabilità e c'è più dolorante, ma anche più esposta, appunto, dicevamo prima, la felicità, ci espone, comunque siamo aperti, siamo molli, morbidi, non ci sono, cosa vuol dire molli, non ci sono difese, non ci sono contrapposizioni, non ci sono i nostri sé che ci propeggono da questa vulnerabilità per farci sentire sempre forti, ma è quella forza che posso dire zoppa, è una forza zoppa perché non ha colto e non si è presa cura della vulnerabilità, quindi è una forza zoppa, è una forza, come si dice, fallata, non è la vera forza, appunto, perché sembra un po' strano questo titolo, la forza della vulnerabilità, sembra una contraddizione, invece prenderci cura, considerare nella nostra vita questa vulnerabilità ci rende veramente forti, perché non è la forza che vuole contrapporsi, non è la forza che vuole lottare, ma è la forza di una presenza forte che è vulnerabile. Dopo Elena voglio assolutamente chiederti qualche così ispirazione per riuscire a cogliere questa forza di cui tu ci stai parlando, ma prima ti chiedo soprattutto per chi non ha magari mai avuto l'occasione di fare ad esempio una sessione personalmente di Voice Dialog, nei casi che ti sei trovata a incontrare come si manifesta questa vulnerabilità? Ad esempio proprio nel lavoro ci sono queste parti e ce n'è una che si è presa cura di noi in modo particolare, una serie che ci hanno dato il potere, poi ci sono quegli altri che li conosciamo un po' meno, ma in questo tuo lavoro la vulnerabilità come si manifesta? Che cos'è? Un bambino? Che cos'è? Sì, è quel bambino che siamo stati, perché quando nasciamo, più vulnerabili di così, o qualcuno si occupa di noi o moriamo, non c'è altro, è così. Quindi siamo nella totale vulnerabilità e nella totale sensibilità, cioè si percepisce tutto in maniera molto amplificata, perché non abbiamo altri linguaggi, non abbiamo altre possibilità di scambio con l'esterno, quindi siamo molto delicati, cioè la vulnerabilità veramente, guardiamo ai neonati, guardiamo ai neonati, quindi quando ci approcciamo a un neonato non lo facciamo certo come un carro armato, cioè andiamo con la delicatezza, andiamo con la cura, andiamo con l'attenzione, ci avviciniamo per non fargli del male, per non spaventarlo, per non fargli del male, perché magari ha bisogno di qualcosa e glielo diamo, glielo facciamo una copertina se ha freddo, se ha sete lo facciamo bere, quindi questa parte bambina che siamo stati, questa bambina che siamo stati diventa una parte di noi, diventa appunto quel bambino vulnerabile che continua a percepire il mondo in quel modo, continua ad avere gli stessi bisogni appunto di prenderci cura ed è più andiamo avanti ai noi ed è quello che più riceve ferite, le famose ferite che tutti noi abbiamo, perché l'infanzia ai noi è sempre un po' un terreno difficile da attraversare ognuno per le sue storie e quindi il bimbo così vulnerabile ha ricevuto delle ferite e però quello che ci interessa è che continua ad avere quella fragilità, ogni volta che in un gruppo si parla del bimbo vulnerabile soprattutto parlandone io sempre energeticamente lo richiamo e quindi le persone cominciano a sentire questa presenza, cambia completamente l'energia nella stanza, diventa molto più sottile, molto più delicata e noi stessi ci muoviamo e parliamo con più delicatezza, con più attenzione, perché questo è il nostro bambino vulnerabile, al nostro bambino vulnerabile sono questi esserini totalmente esposti e quindi prendersene cura è fondamentale, come facciamo con i bambini quelli esterni, quelli del mondo esterno, ma questo capita di rato che noi ci prendiamo cura dei nostri bambini interiori, però questa è la loro condizione, questa è la loro qualità energetica e loro non devono crescere, i nostri bambini non devono crescere, perché noi le nostre parti adulte le abbiamo e allora uno potrebbe chiedersi allora di questo fagotto che ce ne facciamo di questa cosa che richiede solo attenzione e cura, beh come dire quello che ci rende intimi con gli altri è quella parte di noi che ci rende empatici, che ci rende sensibili, attenti, che ci fa sentire la comunione con gli altri, che ci fa sentire che condividiamo questa vulnerabilità su questa terra e quindi è quella parte che sa il senso anche della vita, cosa siamo venuti a fare qui. Nella mia esperienza, sia attraverso i seminari che attraverso le sessioni, è come se là dentro ci fosse veramente l'essenza di chi siamo, è come se questo bambino poi ci consegnasse il nostro vero vero che ne ha quasi. Ti chiedo Elena, allora questo passaggio, questo viaggio dalla grande grande fragilità sensibilità esposizione a questa forza da scoprire e riscoprire come avviene? Praticamente perché a parole uno dice, non so se hai notato ad esempio adesso si usa molto nei vari circuiti della crescita personale proprio a livello mondiale dire esponete la vostra vulnerabilità, fatevi vedere, proprio tirate le fuori, veramente vengono in qualche modo promossi questi momenti in cui tutti devono darti vedere che pestano. Allora già il mio sistema primario, cioè i miei sei primari ho già sentito rumore di armi, di scudi, l'ho detta apposta però quasi quasi è merce che in qualche modo attira e allora intanto mi viene a dire una cosa, se questa merce attira vuol dire che c'è un gran bisogno da parte delle nostre parti vulnerabili di essere viste. Il problema è che quella direzione fa il contrario, perché può essere che io riesca ad andare a disporre la mia vulnerabilità ma io ve lo do per certo, proprio ve lo posso mettere per iscritto e firmare, quando tornerò a casa saranno cavoli amari perché il mio sistema primario, cioè tutti quei sé che passano la vita a proteggere quella vulnerabilità perché nessuno la ferisca, perché nessuno la veda, perché io non la posso sentire, eccetera eccetera, saranno terrorizzati in allarme rosso, quasi un'allarme nucleare, quindi quando torneremo a casa metteranno questa vulnerabilità nel dimenticatoio, terrorizzati da quello che è successo e dal fatto che potrebbe accadere ancora, quindi c'è sempre questo errore da parte di tutti noi esseri umani di pensare che la soluzione è là fuori, quindi se io la vado a mettere là fuori lei si sentirà acudita, vista e protetta, no, no, succede il contrario, è qua dentro che devo fare qualcosa, perché là fuori che cosa fa, la lascio lì poi, una volta che l'ho messa fuori che ho pianto, che ho raccontato la mia disperazione, poi chi se ne prende cura? Chi è che tornerà a casa con me? Non è che ce ne andiamo tutti insieme a vivere insieme e a tirarla fuori tutti i giorni, no, tornerà a casa con me questa bimba che è stata esposta, è stata esposta, quindi sarà ancora più, come dire, sola, capite? Cioè lì si va per fare il contrario e invece l'effetto sarà proprio il contrario, quindi sarà stata esposta senza protezione, senza acudimento, quindi tutto sistema primario in allarme nucleare, tornerà a casa e sarà cornuta e mazziata questa povera bimba vulnerabile, questo povero bimba vulnerabile, perché dopodiché, finito il teatro, e quindi a chi è servito questo? Cosa cambia? Questa bimba si sentirà quindi ascoltata da me, acudita da me in quel suo dolore, in tutto quello che ha esposto, quindi quando diciamo mostrare la nostra vulnerabilità, quindi non mostrare soltanto il nostro lato forte, non vuol dire a chiunque, non vuol dire sempre, vuol dire anche a nessuno, ma io devo essere consapevole che c'è, questo è importante, e poi scelgo con chi condividere questa vulnerabilità, non mi butto così in uno scannatoio, quello è uno scannatoio, ma per me, io sento la mia bimba adesso terrorizzata a un'idea del genere, di andare tutti là a tirar fuori le vulnerabilità, lei è terrorizzata, è nascosta qui sotto la sede, terrorizzata! Quindi attenzione, non è là fuori la soluzione, sempre nel posto sbagliato dove andiamo a cercare la soluzione, non è là fuori, non è andare in questi gruppi, perché poi quando torno a casa, se non ho cambiato, quindi io non conosco come vengono portati avanti questi gruppi, però se nel gruppo viene anche proposto ok, tiriamola fuori, mostriamo la nostra vulnerabilità e poi ti insegno anche come prendertene cura una volta che te ne torni a casa, ok, ma è questo il tema, non è tanto mostrare la vulnerabilità, il tema è come prendersi cura di quella vulnerabilità, perché la ignoriamo, questa è la questione, come mi prendo cura di quella bambina, come se fosse nella realtà, invece l'incubo che vivono i nostri bambini interiori, qual è? È quello che, come se noi andassimo per strada, vedessimo un bimbo che ha fame, che non se lo fira a nessuno, questo è quello che accade dentro di noi. Magari ci sono le persone intorno a lui che evitano che qualcuno gli faccia del male, semplicemente, ma non gli danno da mangiare, non si rivolgono a lui, di che cosa è bisogno, sta lì che piange, però fanno in modo che nessuno gli vada affare del male, questi sono i nostri sei primari, che per carità fanno una grande, una grande opera, ma non si rivolgono mai direttamente a lui a chiedergli di che cosa, di che cosa è bisogno. Quindi prendersi cura è fondamentale, quando io ho questa tristezza, questa, anche la gioia, prendersi cura vuol dire con chi posso condividerla, con chi mi sento di condividerla veramente, con chi mi sento veramente di condividere questo momento di difficoltà in un gruppo così tutti insieme, sconosciuti, veramente secondo la dinamica dei sessi, cioè tutto ruota intorno alla vulnerabilità, figuriamoci se andiamo direttamente lì, che cosa succede dopo, ma dopo quando torniamo a casa, perché magari lì è tutta una meraviglia, ma uno non pensa mai al dopo, che è, come dire, ancora peggio del prima. Dal momento che mancano pochi minuti, abbiamo ancora un paio di cosine da dire, volevo giusto che ci dessi un sapore, un'idea del sapore che ha questa forza della vulnerabilità, cioè una volta scoperta questa forza, che connotati ha? Ma non è, cioè, la forza è nel senso, perché noi pensiamo sempre alla forza, no, qualcosa, la forza è che sono intera, è l'interezza, è che non mi devo proteggere da niente, perché la vulnerabilità la sto abbracciando io e questa vulnerabilità entra nella mia vita in questo modo, nel modo di entrare in intimità con l'altro, in connessione con l'altro, perché so quello che sta provando, so che cos'è la difficoltà di una certa cosa, questo mi dà la forza. La forza è che non devo sprecare energie per tenerla via, sono intera e l'interezza mi dà forza e libertà. In questo senso, quindi non è la forza, io trasformo questo bambino in un bambino ninja, non è questo. Il bimbo continuerà ad essere così fragile, delicato, ma io l'avrò abbracciato e sarà con me nella mia vita. Quindi, per esempio, non mi metterò mai in una situazione forzata, perché lui mi darà anche la misura di che cosa ho bisogno di accudire intraprendendo qualcosa. Non parto solo in quarta con il guerriero, con l'esploratore, con il curioso della vita, ma ascolto anche questo e questo mi dà la forza di affrontare qualsiasi cosa incontrerò sul cammino. È questa la forza che intendo, perché io saprò misurarmi e allora questo mi dà la forza. La forza intesa in questo senso, non come la intendiamo normalmente la lotta, no, è se qui mi devo fermare perché sono stanca, mi fermo, questa è la forza, perché altrimenti mi sfracello. Rischio di sfracellarmi se non sento la stanchezza, se non ascolto il dubbio, se non ascolto la scomodità. Mi vado a sfracellare. E quella è la forza che intendiamo, cioè parto in quarta e non ascolto il disagio. Se io ascolto il mio disagio, questo mi dà la giusta forza per affrontare qualsiasi cosa. È questo quello che intendo. Wow, allora il nostro tempo si è quasi concluso. Beato chi fa questa esperienza di incontrare la propria vulnerabilità attraverso le molteplici vie del voice dialogue. Prima di lasciarti la parola per concludere con la solita tua domanda potente, voglio innanzitutto ricordare che c'è un nuovo appuntamento tra due settimane, il 6 marzo, sempre alle 8, per parlare di crescita personale, con un titolo un po' provocatorio, crescita personale o smantellamento. Dal momento che sei lì a Forteventura, nel bel mezzo del Just Stay, che è il seminario in assoluto più di successo di tutti questi anni tuoi, volevo che ci dessi qualche idea di come funziona e poi volevo anche ricordare a tutti che oltre a questo seminario Just Stay, che viene continuamente riproposto, ci sono le esperienze delle sessioni direttamente e poi tanti altri seminari tematici come quelli che stai programmando adesso per la prima vera. Una parolina sul Just Stay, perché si vedono forse le immagini, è un viaggio meraviglioso perché veramente, come vi dicevo, in questo gruppo stanno emergendo queste tematiche, critico, vulnerabilità, ogni gruppo è a sé, ogni gruppo porta il suo. Io semplicemente sto con quello che emerge, in più stiamo lavorando una musica di Bach, perché lavoro anche con la musicosofia, l'ascolto cosciente della musica e in questo gruppo ci sta accompagnando Bach con una cantata e quindi c'è l'ascolto la mattina di questa musica e piace molto questo modo di ascoltare la musica perché è un lavoro profondo anche questo, che ci ben dispone poi al lavoro della mattina e poi c'è ovviamente la flow energy dance, quindi si danza, si riflette, si risuona, si lavora con i sogni, è una meraviglia e poi il pomeriggio tutti loro in spiaggia a divertirsi e io qui a fare le sessioni perché nel Just Stay è compresa anche una sessione come individuale di un'ora e mezza e quindi io... Allora buona conclusione, buona conclusione di questa edizione del Just Stay Afferteventura. Elena, te per... Sì, per la domanda prima volevo dire il prossimo Just Stay è in montagna, d'estate lo faccio in montagna, in Piemonte, in Val Germanasca, in luglio, ancora non ho deciso bene la data, ma la domanda direi che in questo caso è proprio molto semplice, tu ascolti le tue vulnerabilità, dai loro spazio, sai quali sono soprattutto, dove ti senti vulnerabile e come tratti queste tue vulnerabilità, semplicemente questo. Wow, grazie Elena, grazie a tutti, alla prossima. Alla prossima, grazie molte Paola, grazie a tutti, alla prossima.

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