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A Parigi si puzza come a Matera nelle alte parti d'Italia, di Alito Marcio, di Pecce Sulati, di Capo Romaggio e di Vanni Manosco. I pesci della terra ci stanno facendo avere. Lui era arrivato a Parigi con l'alba antica, con nove anni prima di me. Non ho visto i piedi e il suo passo travallante, nemmeno ho sentito gli occhi scuri e quella voce scurissima della ragazza o meglio di un uomo. Lei, la sua musica, il fantasma della sua genialità, l'arrivello di una morte prematura, la bellezza contro la peccia dell'ingiustizia, la potenza facciata della composizione di rinnovabilità della prima metà del Settecento. Quelle strane visite sono iniziate pochi giorni fa, nel silenzio della sera, nel buio della mia solitudine, nel riverbero della mia coscienza. Si sono presentati con il suono flegre e tenace di ritardo, come adesso, in questo preciso momento. Io so questa sicurezza, io non sono preparato ancora. Conosco questa tentativa, mi ricordo di quei momenti. Non adesso, io ho le mie cose tutte male, non sono pronto. Nessuno, nessuno mi ha dimenticato. All'adattamento di San Giuselle III, a due parti della mia migrazione, provavano l'ostata tonata e dolorosa. Ieri erano suonate le canzone fino a tarda notte. Ho fatto avviare il recente per ascoltare meglio. Ho pianto, ho pianto dal recente. Non dovreste fermare la tua voce. Non può, è lo stesso che c'è. Non può. Una musica sublime, piccante. Una musica da ferro. Non ha darmi, non ha forza. Ho molte cose. Io, per me, sono un ritardo. Lei era in cine, in questo attacco sono fuori luogo. Gli angeli affrescati nel soffitto, l'intera città va ad erottire. Sono un viaggiatore che ha terminato il suo periclinario. Un comediante, ma si fa di più. Ci si è diviso. Ci si è diviso il giudizio. Grazie a Dio. Non è un buon segno parlare da soli. Lei mi sa. Lei non può sapere. Io non sono basso. Sono un moribondo, un ritardo moribondo. Lui è con me. Seduto sul mio stesso letto sudato, respiro la mia identica buzza di morte, ascolto le mie parole. Un figlio sicuro, ma anche con sensazione. Forse è... rispetto. Sì, rispetto. È la parola nostra. Come tutti i nostri ricordi, non si abbandonano mai. Lo vedi? Lei non è un moribondo, ma solo risicruoso. Forse è geloso del suo passato. Lui mi racconta la sua vita. Di quando viveva il fratello del suo padre, che non era neanche un uomo. Quasi che a questo fosse servito ad aggiungargli resistenza, o farlo morire più leggero e con meno dolore. La conferenza è stata coagulata. Non c'è viaggio.