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Federica Pellegrini, a renowned Italian swimmer, is celebrated for her achievements in the sport. She has excelled in various swimming styles and has competed in multiple Olympic Games, winning a gold medal in the 200m freestyle in Beijing 2008. Pellegrini has faced numerous challenges, including societal prejudices and pressures, but has overcome them to become an icon in Italian sports. The podcast "Inseguendo il sogno" explores inspiring stories of female athletes, discussing topics such as empowerment, inequality in Paralympic sports, and the impact of social media on athletes. The podcast features interviews with athletes Martina Vozza and Luisa Ioannia Pratt, as well as coach Federico Sannelli. The guests share their personal journeys and offer practical advice and perspectives. The discussion also touches on gender stereotypes in sports, highlighting the historical biases against women's participation. The podcast aims to promote the empowerment of women in sports and shed light Federica Pellegrini c'è, Federica Pellegrini ancora in bassuta, Federica Pellegrini ancora sul trono d'Europa e chiude la propria gara in 1.56.76, la fede nazionale non si batte in questo contesto e poi Fiche-Lippo... Quelle che sentite sono le voci dei telecronisti che annunciano uno dei tanti successi di collega conosciuta da tantissimi come la Divina. Considerata, e mi aggregò questa convinzione, la più grande nuotatrice della storia del nuoto italiano, Federica Pellegrini. Ha iniziato a nuotare sin da giovanissima, dimostrando un talento straordinario nel nuoto. Ha gareggiato in una vasta gamma di stili. A spiazzarci però sono stati i suoi tempi e prestazioni nei 200 metri stile libero e nei 400 metri stile libero. Ha partecipato a ben 5 edizioni dei giochi olimpici. Atene 2004, Pechino 2008, Londra 2012, Rio de Janeiro 2016 e Tokyo 2020. Ha vinto la medaglia d'oro nei 200 metri stile libero all'Olimpiadi di Pechino, diventando la prima donna italiana a vincere una medaglia d'oro olimpica nella storia del nuoto. Con questo sicuramente insufficiente elenco, vorrei solo ricordare e riconoscere quanto la Pellegrini sia un'icona dello sport italiano e una delle nuotatrici più decorate nella storia del nuoto. Tutto talento? Forse una caduta dal cielo, forse. E nessuna difficoltà? Beh, non abbiamo qui presente l'atleta a raccontarci personalmente l'emozionante strada che ha percorso verso tutte queste soddisfazioni. Ma rifacendomi interviste dal documentario in cui è l'atleta stessa a raccontarsi, si può senza ombra di dubbio dire che non sia stata una passeggiata. E' stato invece un percorso di crescita, fatto di ostacoli di diverso genere. Tanti anche quelli legati alle pressioni date da pregiudizi sociali su quale debba essere il ruolo delle donne nel mondo dello sport. Competitività a livelli altissimi. Ruolo dell'atleta sui social media. Da una pressione più di tipo personale, data dal fatto di voler trovare un allenatore o un team di supporto adatto. E volto a farla crescere sia come atleta che come persona. Benvenuti a Inseguendo il sogno, il podcast che celebra il coraggio, la determinazione e il successo degli atleti e delle atlete nello sport e oltre. Oggi insieme discuteremo di empowerment femminile nel mondo dello sport, delle disuguaglianze in ambito paralimpico con un focus su ciò che oggi non può più essere ignorato. Ovvero, lo sport legato ai social media. Ciò che viene definito da Venner come Media Sport. Uno sport mediato. Lo sport vissuto a livelli professionali ha un impegno sia fisico che mentale. Oggi però è diventato anche un impegno sociale. Infatti non viene più vissuto solamente sul campo di gioco, in pista e in vasca dagli atleti e nemmeno più solo in tribuna dagli spettatori, ma attraverso canali come tv e social media. E quindi, quanto i media possono influire sul ruolo, sicurezza e crescita professionale di un atleta? C'è chi si sente discriminato? Quanto è importante circondarsi di una squadra a sostegno quando si è atleti di successo? Esploriamo insieme storie ispiratrici per condividere consigli pratici, punti di vista e percezioni. In questo podcast ci immergeremo in storie di atlete straordinarie che affrontano ogni giorno con impegno allenamenti duri, rischi di infortuni, pressioni di vario tipo, di prestazione mediatiche, sociali, ma anche ostacoli riguardanti stereotipi. Ringrazio fin da subito del prezioso contributo datomi dalle atlete Martina Vozza e Luisa Ioannia Pratt, così come dall'allenatore Federico Sannelli. Ripercorriamo innanzitutto le loro storie. Martina è un'asciattrice di classe sportiva visually impaired, specializzata in discesa libera, slalom, slalom gigante, super g, super combinata, che a neanche 18 anni ha partecipato alla sua prima Paralimpiade. Martina è stata l'atleta più giovane dell'intera spedizione azzurra a Pechino, giovane ma già con idee chiare, come dimostrano il bronzo conquistato ai mondiali e i podi di Coppa del Mondo. Per Martina, Albina, che quando scia vede solo delle ombre, lo sci non è stato in realtà amore a prima vista o a prima discesa. I suoi allenatori però decidono di insistere, trasformandola in un atleta di altissimo livello. Con gli anni si è appassionata a questo sport. Fino a bambina mi è sempre piaciuto fare sport e negli anni ho iniziato a sciare prima assieme ai miei genitori e poi assieme a uno sci-club e negli anni questo sci-club mi ha detto provo a fare qualche gara così, io all'inizio volevo solamente sciare per divertimento. Poi negli anni ho conosciuto di più il mondo paralimpico, il mondo delle gare e circa 6-5 anni fa ho iniziato a intraprendere un percorso a livello agonistico con l'obiettivo di arrivare alle Paralimpiadi. E' chiaro che l'ipovisione che le permette di vedere un ventesimo rispetto al normale non le abbia minimamente fermata, anzi ne ha fatto il suo punto di porta. Ora è pronta a prepararsi ad affrontare con grinta le Paralimpiadi di Cortina 2026. Quando ho iniziato questo percorso ho sempre detto che il mio obiettivo sono le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, ho avuto la fortuna di poter gareggiare anche alle Olimpiadi di Pechino 2022, ero giovanissima non avevo neanche 18 anni quindi è stata sicuramente l'esperienza più bella della mia vita per ora almeno che ricordo perché poter gareggiare a un'Olimpiade è il sogno alla fine di qualsiasi atleta. Però la pressione che mi sono messa addosso non mi ha aiutato nelle gare, infatti non ho portato a casa nulla, però è sicuramente stata un'esperienza che mi ha fatto crescere e maturare in vista dei prossimi giochi che sono sempre stato il mio obiettivo. Quindi in prossimi anni a gennaio 2025 ci sarà il mondiale e poi il mio obiettivo è quello di portare a casa una medaglia alle Paralimpiadi di Milano-Cortina. Ci tengo a raccontarvi che la prima volta che ho conosciuto Martina la trova in palestra in equilibrio su una fitball, a fare squat profondissimi, rimasi sbalordita tanto che non potevo lasciarmi scappare l'occasione di presentarmi e complimentarmi, quindi grazie Martina di questo bel ricordo. Luisa, salita in sella forse prima di muovere i primi passi, seguendo i consigli dell'appassionatissimo papà, pratica triathlon sin dall'età di 9 anni. L'esperienza, determinazione e capacità l'hanno portata a grandiosi e numerosi successi ai campionati italiani sia di triathlon che duathlon. Oggi ha 29 anni ed è parte del team di Nini. È pronta a toffarsi in una nuova avventura, quella dei mezzi Ironman e chissà, un giorno magari anche Ironman. E per chi non sapesse di cosa si tratta, sono vere e proprie imprese. Già agli albori ha raccolto risultati in mozzafiato, piazzandosi ottava assoluta tra le professioniste al 70.3 che sta per mezzo Ironman di Mallorca. Lo sport l'ha formata e ne ha insegnato valori che considera fondamentali per la vita. Lo sport mi ha insegnato tutti i valori che ho in questo momento. Dalla lealtà, dall'essere veri alla resilienza, tantissimo. Non fermarsi mai davanti alle sfide, da cadere e rialzarsi, continuare sull'obiettivo. Quei piccoli meme che vedo ogni tanto che mi fanno riflettere, che non è la fiammona di un giorno, ma sono piccole fiammelle di tutti i giorni, che è tutto quello poco che fai ogni giorno che poi ti porta a raggiungere l'obiettivo finale. Federico è stato anche lì corridore in bici, fino all'età di 21 anni, ma poi ha deciso di intraprendere una strada diversa, altrettanto importante e fondamentale nell'ambito dello sport. Quella di diventare un allenatore. Allora, io sono Federico Assonnelli, sono un coach professionista. Ho iniziato la mia carriera nello sport come atleta. Io correvo in bici, facevo ciclismo su strada e l'ho praticato fino all'età di 21 anni, su strada, fino a categoria under 23. Poi ho interrotto la carriera agonistica e ho deciso comunque di rimanere nello sport, cercando di reinserirmi con un nuovo ruolo che ho scelto, essere quello del coach, quello dell'allenatore. Per Assurdo le prime esperienze sono state più verso il triathlon, perché magari all'epoca era uno sport un po' meno in voga, quindi con qualche apertura maggiore rispetto al ciclismo, che magari mi era un po' più difficile trovare degli innesti lavorativi. E' stato dunque allenatore di triathlon, paratriathlon e paraciclismo ed ha ora, da poco, fondato la sua personale società, insieme ad un collega, per poter allenare non solo atleti di altissimo livello, ma anche amatori. Ho iniziato a lavorare con atleti di alto livello nel paratriathlon, che lì assolutamente era una disciplina appena inserita in Italia, quindi con atleti di diverse disabilità. Sono riuscito a entrare in contatto con questo mondo e fare per qualche anno il tecnico della nazionale di paratriathlon. E' stata un'ottima esperienza che mi ha permesso anche di andare ad allenare privatamente degli altri atleti nel paraciclismo, quindi solamente bici. Ringrazio quindi gli intervistati per essere stati molto aperti e volenterosi nel condividere le loro storie e visioni. E, senza ulteriori premesse, iniziamo con la prima tematica di oggi, quella degli stereotipi di genere. Lo sport un tempo veniva collegato ai concetti di forza e fatica, che male si abbinavano alle donne, da sempre legata all'idea di grazia e gentilezza. Se è pur vero che nell'antichità si assiste comunque alla presenza femminile nelle competizioni, è altrettanto vero che con l'avvento del cristianesimo si assiste ad una vera e propria eclissi dell'attività fisico-sportiva femminile. Un pregiudizio talmente radicato nelle teghe della società che anche il barone Pierre de Coubertin, considerato ancora oggi un uomo illuminato, dichiarò Un'Olympiade femelle serait impratique, ininte, tressante, inestetique e incorrecte. Ovviamente il mio francese non è fantastico, ma il significato è Un'Olympiade femminile sarebbe non pratica, non interessante, antiestetica e non corretta. L'emancipazione della donna nello sport è un processo sociale e culturale che mira a garantire alle donne pare opportunità di partecipazione, accesso e riconoscimento nel mondo dello sport. Questo concetto si basa sull'idea che le donne debbano avere gli stessi diritti degli uomini nel praticare lo sport, competere a tutti i livelli e avere le stesse opportunità di sviluppo personale e professionale. I passi compiuti sono stati molteplici, tra questi ricordiamo come linee guida fondamentali accesso all'educazione fisica e allo sport. Nel corso del tempo infatti molte donne sono state escluse dall'educazione fisica e dalle attività sportive a causa di pregiudizi culturali e sociali. Dal XX secolo ci sono stati progressi significativi nell'accesso delle donne all'educazione fisica, con normative legislative e politiche. Partecipazione e visibilità. Le donne hanno dovuto lottare per essere riconosciute come atlete e per avere le stesse opportunità di competere e di eccellere negli sport. La partecipazione delle atlete a eventi sportivi di alto livello come le olimpiadi è aumentata nel corso degli anni, portando a una maggiore visibilità e riconoscimento delle loro capacità atletiche. Ruoli di leadership e gestione. Le donne hanno lavorato per ottenere ruoli di leadership negli organismi sportivi, nelle federazioni sportive nazionali, organizzazioni internazionali. L'accesso delle donne a posizioni decisionali è fondamentale per garantire la promozione dell'uguaglianza di genere. Rappresentazione digitale. Un altro aspetto cruciale è questo. E riguarda l'emancipazione delle donne nello sport. Le donne devono essere rappresentate in modo equo e rispettoso, evitando stereotipi di genere e promuovendo una varietà di discipline sportive praticate dalle donne. Sebbene ci sia stato un progresso, le donne nello sport affrontano ancora discriminazione e disparità in diverse aree, come la retribuzione, l'accesso delle risorse e le opportunità di sponsorizzazione. Qualcosa però sta già cambiando. Vengono stipulate, infatti, normative a protezione delle donne per garantire l'uguaglianza di genere nello sport, la sicurezza, il benessere ed un ambiente sportivo equo, sicuro e inclusivo. Tra queste, leggi sull'uguaglianza di genere nello sport, normative antidoping, leggi sulla parità di retribuzione, leggi sulla salute e sicurezza, normative contro molesti e abusi e iniziative per la promozione dell'equità di genere. Queste sono una serie di aspetti giuridici che hanno contribuito a innovare lo stato delle atlete in Italia, e però è importante continuare a lavorare per affrontare le problematiche ancora presenti e per garantire un ambiente sportivo equo ed inclusivo per tutte le atlete. Passi in avanti di cui icone come Katie Switzer ma anche Undina Valla sarebbero state orgogliose. Le loro storie, che hanno permesso di affrontare la tematica dell'emancipazione femminile e sportiva quando ancora era un tabù, sono vere e proprie storie di resilienza. Emblematica è infatti la storia di Katie Switzer, la statunitense che partecipò con una stratagemma alla maratona di Boston nel 1967. Per colpa del maschilismo post bellico, per anni non è stato permesso alle donne di prendere parte alla competizione, che prevedeva un percorso di 26.042 km, un'impresa considerata troppo ardua per una donna. Nonostante i pregiudizi, Katie si iscrisse alla corsa inserendo solo le iniziali, in modo da non farsi notare. La storia è legata ad un episodio di discriminazione molto serio, che si associò in una violenza. Il direttore della gara, riconosciuta Katie, la raggiunse e la prese per un braccio cercando di allontanarla dal circuito, così da far spazio al passaggio dei veri podisti. Con l'aiuto degli atleti intorno a lei, che ne sostenevano l'impresa, si impedì l'allontanamento e l'atleta riuscì così a concludere la competizione con un ottimo risultato. Indimenticabile è anche la storia di Trebizonda Valla, chiamata Ondina, che sin da piccola si era dimostrata un vero portento dell'atletica. A soli 14 anni entrò nella nazionale italiana, portando i colori della Virtus Atletica di Bologna. Valla è stata la prima donna italiana a conquistare l'oro olimpico nella corsa ad ostacoli durante le Olimpiadi di Berlino, con il primato di 11 secondi e 6 decimi. Prima di raggiungere questo risultato, era stata convocata a soli 16 anni ai giochi olimpici di Los Angeles. Aveva però subito le pressioni del Vaticano, ostile allo sport femminile, e dunque a favore della sua esclusione, oltre che pressioni della madre, che riteneva indecoroso e inaccettabile vedere una ragazza correre, vestita oltreoceano. Tornò ora però a Federica Pellegrini, che ricordiamo essere nota per il suo impegno sociale e la sua presenza sui social media, dove condivide la sua vita quotidiana, la sua passione per il nuoto e il suo sostegno a diverse cause benefiche. Ha dimostrato un impegno sociale nei confronti delle donne in diversi modi nel corso della sua carriera. Promozione dell'empowerment femminile, incoraggiando le donne a perseguire i propri obiettivi e a superare le sfide. Attraverso la sua carriera nel nuoto e la sua visibilità mediatica, ha ispirato molte ragazze a credere nelle proprie capacità e a perseguire i loro sogni. Partecipazione a campagne contro la violenza sulle donne, sostenendo organizzazioni e iniziative che lottano contro questo problema sociale. Ha utilizzato la sua voce e la sua visibilità per sensibilizzare l'opinione pubblica e promuovere la prevenzione e la consapevolezza riguardo a questo tema. Rappresentazione dell'ingerenza femminile nello sport attraverso i suoi successi nel nuoto a livello internazionale, dimostrando che le donne possono raggiungere risultati straordinari in un campo tradizionalmente dominato dagli uomini. Ha contribuito a sfidare gli stereotipi di genere e a promuovere l'uguaglianza nelle opportunità sportive. E anche un advocacy per l'uguaglianza di genere, parlando pubblicamente dell'importanza dell'uguaglianza di genere e delle parità di opportunità per le donne sia nello sport che nella società in generale. Ha sottolineato l'importanza di eliminare le discriminazioni di genere e di creare un ambiente più inclusivo per tutte le persone. Ma cosa ha spinto l'atleta ad essere così attiva in ambito? O meglio, quali sono le difficoltà che ha affrontato durante la sua carriera? Di certo una di queste è la pressione mediatica. Essendo stata una delle atlete più conosciute e seguite in Italia, ha dovuto gestire una grande pressione mediatica. Ogni sua prestazione, sia in piscina che al di fuori, è stata oggetto di intensa attenzione da parte dei media, il che ha influenzato il suo benessere emotivo e la sua privacy. Questo per dire che, nonostante sia da anni che si tenta di fare luce sull'argomento, è chiaro che la strada sia ancora lunga. Oggi però ricordiamo che sono numerosi i nomi femminili tra le eccellenze dello sport italiano. Ad esempio, l'ha già citata Federica Pellegrini, Tania Cagnotto, tuffatrice, Vanessa Ferrari, campionessa del mondo di ginnastica artistica e atleta olimpica, Francesca Piccini, pallavolista, Flavia Pennetta, tennista, Carolina Costner, patrinatrice artistica su ghiaccio e molte altre atlete. Sono personalmente certa che arriverà il giorno in cui riusciremo ad abbattere il muro dei preconcetti, quando ci si renderà conto che le differenze di genere siano un limite enorme e quando invece la condivisione di intenti e la sana competizione saranno un valore assoluto ed imprescindibile. Sia Luisa che Martina ci hanno tenuto a sottolineare che a livello di genere finora non si sono sentite discriminate o non sono mai state protagoniste di situazioni spiacevoli. Sentiamo la testimonianza di Luisa. A livello generale ci sono le differenze nei vari sport. Io fortunatamente, lo dico proprio orgogliosamente, nel triathlon non ci sono disuguaglianze, cioè i prize money sono uguali per uomini e per donne. Questo è molto positivo e c'è da dire anche che noi donne percorriamo le stesse distanze che fanno gli uomini. Martina ci chiarisce che il pregiudizio che ha sentito maggiormente è quello legato alla differenza tra olimpico e paralimpico, ma comunque è consapevole che il fenomeno di disuguaglianza di genere esista ancora, ma è più sentito in altre branche dello sport. Non ho notato tanto questa differenza, ma perché l'ha notato di più tra il mondo paralimpico e l'Olimpico. Tutti gli atleti paralimpici, avendo già questa differenza, comunque è la priorità ed è quella più marcata. Però sicuramente anche guardando un po' in tutta Italia, comunque in tutti gli sport, penso che per ora le donne non siano ancora, almeno nello sport parlando di questo, al pari degli uomini, semplicemente pensando anche al calcio, che è comunque lo sport nazionale, lo sport di cui si parla di più in Italia, si parla solo di calcio maschile, il calcio femminile non esiste. È molto bello sentire voci consapevoli, ma positive. Ciò non esclude che il fenomeno sia scomparso del tutto, quindi è bene continuare a lavorare per farci che ci sia consapevolezza riguardo. Da dove iniziare? Dalla comunicazione. La pratica dell'attività sportiva a tutti i livelli è uno strumento potente di crescita personale e sociale. Giova alla salute, abitua al gioco di squadra, al rispetto delle regole, al superamento delle difficoltà. Per questo è tanto importante che lo sport e la comunicazione che lo riguarda siano in pole position per un cambiamento culturale verso il progresso sociale ed economico di cui abbiamo bisogno. Il linguaggio è fondamentale perché definisce ed indirizza, ed è quindi necessario iniziare ad utilizzarlo in modo corretto in ogni ambito della comunicazione. La stampa e i media, attraverso la pervasività e trasversalità che li contraddistingue, hanno una responsabilità determinante nel cambiamento culturale, in una democrazia che si vuole dire compiuta. Partiamo dalla comunicazione, perché i pregiudizi vivono ancora? Parlarne in un'epoca storica in cui l'informazione è raggiungibile sempre e dovunque, in tempo reale, sembra paradossale. Perché dovrebbero dunque essere facilmente riconoscibili e contrastabili? Allora perché i pregiudizi continuano ad agire indisturbati? Perché profondamente radicati nell'animo umano? Non sono riconoscibili se non attraverso il raggiungimento della consapevolezza della loro esistenza. Affrontarli comporta spesso la messa in discussione di convinzioni, ed è in questo che la comunicazione ha un potere immenso, ovvero sia quello di trasmettere che di contrastare i pregiudizi. Alcune regole per una comunicazione responsabile, consapevole e rispettosa potrebbero essere le seguenti. Evitare l'uso di stereotipi di genere, rispettare la professionalità delle atlete, usare un linguaggio inclusivo, evitare giudizi basati sul genere, consapevolezza del linguaggio sessista, promuovere l'uguaglianza di genere, ascoltare e rispettare le voci delle atlete e riconoscere le prestazioni sportive. Bastano poche parole per togliere immediatamente valore ad un'impresa che ha richiesto sforzo, impegno e passione. Quindi è fondamentale che i giornalisti o chi fa informazione adotti un linguaggio equo, rispettoso e non discriminatorio quando ci si riferisce alle atlete donne, concentrandosi sulle loro prestazioni sportive e sulle loro realizzazioni professionali, anziché su stereotipi di genere o aspetti personali irrilevanti, e comunque lo stesso vale nei confronti degli uomini. Oggi, se parliamo di comunicazione, ci riferiamo non solo a quella giornalistica o tv, ma anche social. Possiamo intenderla sia come comunicazione di se stessi, quindi branding personale, sia comunicazione della propria persona attraverso altri profili social. Storicamente i brand di sport hanno privilegiato gli atleti uomini rispetto agli atleti donne, in molte delle loro campagne di marketing e di sponsorizzazione. Negli ultimi anni c'è stato un cambiamento e sempre più marchi cercano di promuovere l'uguaglianza di genere e di sostenere le atlete femminili. Gli uomini tendenzialmente hanno ricevuto una maggiore attenzione dai brand di sport per diversi motivi, come le differenze di visibilità mediatica e la percezione del pubblico riguardo al valore commerciale degli atleti maschi rispetto agli atleti donne. Risulta esserci tutt'oggi disparità nei contratti di sponsorizzazione. Gli atleti uomini tendono ad avere contratti più lucrativi, anche quando si tratta di atleti di pari livello e prestigio. Di recente ci sono stati cambiamenti significativi nel modo in cui i marchi di sport affrontano la sponsorizzazione e il marketing degli atleti. Molte aziende stanno cercando di includere una maggiore rappresentanza femminile nelle loro campagne, riconoscendo il potenziale di mercato delle atlete e l'importanza di promuovere l'uguaglianza di genere. A ciò si affianca anche un crescente interesse per lo sport femminile, da parte del pubblico e dei media. Molti brand stanno riconoscendo l'opportunità di sostenere gli atleti femminili ed è il fatto che è un mercato in crescita. I brand si stanno rendendo conto del potenziale di mercato del pubblico femminile e stanno cercando di coinvolgere attivamente le donne nelle loro iniziative di marketing. Questo include l'utilizzo di atleti femminili come ambasciatrici di marca e il lancio di prodotti e servizi mirati specificatamente per le donne. Soprattutto gli eventi sportivi femminili di alto profilo come la Coppa del Mondo FIFA femminile e le Olimpiadi femminili stanno guadagnando sempre più attenzione e interesse da parte del pubblico e dei media. Questi eventi offrono ai marchi un'opportunità unica per associare la propria immagine alle prestazioni degli atleti femminili di spicco. Apriamo però una parentesi sul paralimpico. I pregiudizi in ambito si sentono forse ancora di più rispetto a quelli di genere e si sentono anche sui social. Quindi le discriminazioni nel contesto paralimpico sono un problema significativo che riguarda sia gli atleti con disabilità sia l'intero movimento paralimpico. Queste discriminazioni possono manifestarsi in varie forme, inclusi pregiudizi culturali, mancanza di infrastrutture adeguate e disuguaglianze nelle opportunità di sponsorizzazione e visibilità mediatica. Gli atleti paralimpici spesso devono confrontarsi con pregiudizi e stereotipi che ne diminuiscono le capacità atletiche e i successi. Questo può limitare le loro capacità di allenarsi efficacemente e competere ai massimi livelli. E' stato proprio Federico a farci realizzare la difficoltà che si affronta nell'essere un atleta con disabilità motoria e delle bisogne di supporto fisico che il giusto venga dato. Da un problema possono staturire altri 100 completamente diversi e quindi ognuno è fatto veramente a suo modo e bisogna capire in maniera molto oggettiva quali sono i limiti. Perché quei limiti pur non sono superabili dal punto di vista fisiologico, dal punto di vista meccanico, quelli sono dei limiti che bisogna registrare e cercare di aggirare. La copertura mediatica degli eventi paralimpici è generalmente inferiore rispetto a quella degli eventi olimpici. Questo porta a una minore visibilità per gli atleti paralimpici riducendo le loro opportunità di ottenere sponsorizzazioni e supporto economico. Nonostante i miglioramenti negli ultimi anni c'è ancora molta strada da fare per raggiungere un'equa copertura mediatica. Ce lo dice anche Martina. Volevano cercare di promuovere entrambe Olimpiadi e Paralimpiadi nello stesso modo ma negli anni in realtà non hanno fatto quello che avevano detto. È un peccato perché avendo comunque la Paralimpiade in casa era un'occasione da sfruttare per poter far conoscere il mondo paralimpico a più persone possibili. E dunque quale potrebbe essere una soluzione? Promuovere storie di successo, migliorare la copertura mediatica degli eventi paralimpici e garantire che gli atleti con disabilità abbiano accesso alle stesse risorse. Come ci ha detto anche Federico che ritiene sia giusto e utile condividere le storie di atleti paralimpici che possono essere utilizzati come scintille e fiammelle per diffondere conoscenza e consapevolezza. Guardiamo semplicemente quello che ha fatto Alex, Alex Zanardi per il mondo paralimpico che purtroppo al di là dell'incidente gli è capitato, abbiamo capito una cosa che in realtà non c'era un diretto interesse nel mondo paralimpico, lui ha fatto tantissimo, lui ha portato le Paralimpiade in blu in Italia. Anche nei premi e nei riconoscimenti gli atleti paralimpici spesso ricevono meno rispetto ai loro omologhi olimpici. Questo divario nei premi monetari e negli incentivi può essere demotivante e riflette una disuguaglianza sistemica. Infine a livello istituzionale possono esserci politiche e pratiche discriminatorie che escludono o limitano la partecipazione degli atleti con disabilità. Questo include la mancanza di programmi di supporto adeguati e la non applicazione di leggi che garantiscono pari opportunità. Per combattere queste discriminazioni è fondamentale aumentare la consapevolezza pubblica e promuovere politiche di inclusione a tutti i livelli, dalle scuole ai club sportivi locali fino alle organizzazioni sportive internazionali. Concludo ringraziando ancora una volta gli intervistati ma soprattutto con una visione del mondo del professionismo più chiara. Non è un mondo delle favole dove il successo arriva grazie al puro talento o perché si è semplicemente fortunati. Bisogna lottare e stare sempre a passo con le novità che lo riguardano se non addirittura cercare di prevederle. Avere supporto per un'atleta risulta essere essenziale in un mondo in cui ci si può sentire vulnerabili e in cui la competizione è diventata sempre più spietata. C'è sicuramente ancora molto da lavorare per quanto riguarda i pregiudizi sociali sia di genere sia sul paralimpico ma utilizzando i social media nel modo corretto si può dare un'accelerazione vera alla risoluzione di tali problemi. Sta ora a chi gli dovere dare gli spazi giusti a chi se li merita e sta anche a noi spettatori e seguaci cogliere nuove iniziative. Alla prossima con Inseguendo il sogno con tante altre storie di vita, passione e sport.