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In this episode, the host talks about the concept of saying goodbye and how difficult it can be. They use the example of a famous professional cyclist, Peter Sagan, who recently retired after a successful career. The host reflects on how saying goodbye to something that has been a significant part of your life can be challenging, whether it's in sports, work, or relationships. They discuss the initial sadness and emptiness that comes with saying goodbye, but also emphasize the importance of embracing change and finding new opportunities. The host encourages listeners to see saying goodbye as a natural part of life and an opportunity for growth and learning. They suggest that it should be approached with a positive mindset, as it can lead to new experiences and a deeper understanding of oneself. Buongiorno a tutti e benvenuti in questa nuova puntata dove oggi parleremo dell'addio. Dell'addio a cosa? Beh, specialmente mi è venuta l'idea di fare questa puntata dopo che ieri c'è stato il giorno che avviene per qualsiasi sportivo, per uno sportivo in particolare. Questo sportivo è un famoso ciclista professionista che è Peter Sagan, il quale dopo una bellissima carriera, una carriera a Florida, di risultati, di vittorie. E' anche il primo nella storia, nel mondo del ciclismo, a vincere per tre volte consecutive il mondiale. Di strada sto parlando. E' una cosa comunque storica in quel caso, oltre che ai numerosi piazzamenti, alle numerose vittorie, che siano al Tour de France, che siano alle classiche, o che siano anche in varie tipologie di gare, perché Peter correva anche in mountain bike, nel ciclo cross, quando era ancora più giovane, e quindi un atleta comunque completo, che sapeva vincere sia la Sanremo, che sapeva vincere sia le tappe in volata. Diciamo che era un corridore spettacolare. Chi pratica ciclismo, chi ha praticato ciclismo, sicuramente è a conoscenza del talento di Peter, sicuramente è a conoscenza di che brava persona sia. E ieri ha dato l'addio per sempre al ciclismo agonistico, professionistico. E mi è venuto in mente di come potrebbe essere veramente un problema l'addio a qualcosa che ha ricoperto nella tua vita un'enorme quantità di tempo, un enorme quantitativo di sicurezze. Per un periodo della vita te hai sempre avuto quella sicurezza del, ah beh domani mi sveglio e devo fare questa cosa qua. Un po' una sorta di, tra virgolette, occupazione mentale, ovvero come il lavoro. Io so che domani vado a lavorare. Il giorno in cui, caspita, l'azienda fallisce, il datore di lavoro mi licenzia, oppure anche io non mi sento più bene in quello che sto facendo, come può essere lo sport, come può essere l'ambito lavorativo, come può essere comunque anche una relazione sentimentale. Sono dei momenti difficili, soprattutto quelli dell'addio. Ci sono situazioni che portano all'addio e fino là secondo me si riescono a concepire e anche a metabolizzare in una maniera più che ottimale. Ma bensì possiamo pensare che le situazioni mentali ed esperienzative del post addio, quelle sono, diciamo, un altro bel paio di maniche da dover affrontare. Pensiamo all'esempio di Peter. Ok, magari lui era un ciclista professionista, adesso lui oggi si è svegliato, ha detto ok, ho un'altra vita, ho altri progetti, ho altre cose da fare e nulla come prima. La vita cambia, io cambio, ho nuove cose da fare, quelle cose le ho fatte, perfetto, si apre una nuova vita. E su questo non c'è nulla da dire, ci sono persone che sono più o meno fortunate in questi ambiti, ci sono persone che in ambito lavorativo ricevono un'altra offerta lavorativa nel giro di pochi giorni, iniziano una nuova vita, magari anche migliore, magari peggiore a seconda delle situazioni, però comunque quando l'addio viene un attimino subito ricompensato da un qualcos'altro è molto più facile metabolizzarlo. Ma possiamo pensare che comunque l'addio in sé è molto difficile da dover sostenere mentalmente, più che fisicamente ovviamente. Mentalmente hai qualcosa che comunque ha fatto parte della tua vita per lungo tempo, a cui ti sei affezionato, a questa cosa, che sia comunque in tutti gli ambiti ovviamente ricordo. Ma una sicurezza come dicevo prima, un qualcosa che so che è lì, so che lo faccio, so che mi piace, so che ha una buona influenza su di me e quando c'è l'addio diventa tutto un pelino più difficile. In primis accettarlo, in primis capire a cosa si deve l'addio. Ci sono ovviamente esempi più facili come quelli dell'età, nel caso di uno sport, ma ci sono esempi più difficili come possono essere quelli di una relazione o quelli anche di un licenziamento. Capire dove si è sbagliato, cosa si è fatto che ha portato a questa rottura ad esempio, questo licenziamento, questo addio ad un lavoro che magari piace e ciò indubbiamente porta dei dissentimenti negativi, ovvero porta inizialmente un senso di tristezza, a parere mio, ovvero che non si accetta il fatto che sia successo, non si accetta il momento in cui, caspita è successo, perché siamo arrivati a questo punto. Vi posso esemplificare con la mia esperienza personale quando anch'io ho dovuto abbandonare lo sport agonistico, lì all'inizio è stato un momento di tristezza, ovvero come dicevo prima, facevo una cosa, sapevo che era là, sapevo che mi piaceva e l'ho dovuto abbandonare. Inizialmente è stato un pensiero di totale tristezza, dire e quel tempo come lo riempo, quel tempo che una volta impiegavo in questa cosa, in cosa lo investo, in cosa faccio, niente, perché tanto non posso più fare quella determinata cosa, anzi quello è un primo momento ovviamente dove si vede tutto nero, poi ovviamente inizia a diventare più grigio, poi bianco quando ormai si è metabolizzato. Bene o male io mi sono immaginato due o tre tipologie di situazioni in cui una persona può incorrere normalmente in un classico addio, che può essere una situazione lavorativa, un'amicizia o che sia anche una persona cara, ma in quel caso è molto più un argomento delicato e familiare su cui non vorrei approfondire, ma bensì rimanere più sul generale. E sulla carriera sportiva, che può svolgere sia un atleta o sia comunque qualcuno che si affeziona ad un sport. In tutti e tre i casi, forse un po' meno in quella dell'amicizia, indi per cui sono rimasto più sul vago, rispetto all'aspetto familiare, ho riflettuto come ovviamente dopo un momento di sconforto, di tristezza generale e anche di attimo di vuoto interno, basti pensare che alla fine l'unica cosa che ci rimane è impiegare il tempo che prima si impiegava, in uno dei tre casi, in altre cose. Se è nel lavoro aspetta prenderò altre decisioni lavorative, capirò nuovi lavori che mi implementerò e da lì inizia tutto un percorso di crescita di nuovo in un altro ambito, oppure nello stesso ambito ma in maniera diversa. La disinamicizia, che a discapito di cosa è successo, riempio quel vuoto conoscendo altre persone, cosa che non potrebbe capitare in ambito familiare, l'ambito familiare lo lasciamo sempre in disparte, e l'ambito sportivo anche lì cerco di rimpiazzare il tempo che io svolgevo in quella determinata attività in altre cose. Porto, dopo un momento di sconforto, il mio cervello a pensare, ok adesso, caspita io facevo canottaggio, ho fatto canottaggio per dieci anni, ho smesso di fare canottaggio, cosa faccio? Ci sono tantissime cose che ti offre il mondo, il mondo ti offre qualsiasi cosa tu voglia, possibile, immaginabile, beh domani inizio a fare il paracadutismo, ma adesso mi informo sul paracadutismo e via di paracadutismo, oppure, beh dai, questo lavoro proprio non mi è piaciuto, veramente vorrei cambiare, beh cambiamo, magari quello a un momento di meno sconforto ovviamente perché già lo si metabolizza in sé, beh andiamo a vendere gelati, qualsiasi cosa che tu voglia fare, perché poi l'importante è fare ciò che si vuole fare, no? Mi piace fare quella cosa, benissimo io la faccio, io non ho problemi a mollare quello che sto facendo per fare ciò che mi piace, o ciò che comunque non mi fa stare più bene, ovviamente anche nel caso sportivo lì non è che non ti faccia più stare bene, ma è un addio a causa di cose che non ti puoi controllare, come l'età, tu non la puoi controllare. Peter, che l'esempio iniziale, anche se aveva un'età che poteva ancora continuare, ha capito che non era più competitivo come voleva essere, e allora ha metabolizzato dentro di sé che era il suo ultimo anno da fare tra ciclista e professionista, e già là sono più tranquillo come scelte, però l'addio in sé, dopo aver svolto un momento di conforto, dopo aver trovato cosa fare per ringraziare quel tempo, è passato, non ha alcun senso, ha un infimo significato, è soltanto un punto, diciamo, della vita dove, ok, è una criticità, ok, si creano dei momenti molto bui che possono comunque prolungarsi per diverso tempo, ma tramite l'aiuto di persone tale, vicine, che ti possono aiutare, di certo col tempo non è più significante, ovvero appena lo si supera non c'è nessun problema. L'addio è un punto anche per ricominciare, per apprendere nuove esperienze, nuove skill lavorative, nuovi ambiti della vita, per scoprire nuovi ambiti della vita, per scoprire anche sé stessi in maniera più profonda e capire dove si sta meglio. Quindi io vorrei sottolineare come l'addio sia una parte naturale della vita, che senza dubbio capiterà e ricapiterà, e non so quante volte potrà capitare nella vita di ognuno, ma ovviamente bisogna riflettere sui momenti critici e vedere in essi l'importanza della crescita, dell'apprendimento, perché ripeto come sia un punto di enorme cambiamento, induce cambiamenti in sé a livello interiore, in sé a livello esteriore, ovvero nella propria vita, e perciò va in qualche modo abbracciato e magari anche sperare di cambiare, perché comunque l'addio provoca il cambiamento e il cambiamento deve essere visto come una cosa positiva. Quindi abbracciare in sé l'addio è una cosa che magari non risiede più in noi o che magari ci porta noi a farla, anche se è difficile e porterà dei momenti negativi, l'addio va vissuto con voglia di fare, voglia di capirlo e voglia di riprendersi, voglia di scoprire nuove cose e quindi non trattarlo più come una cosa negativa, ma bensì accogliere l'addio e tramutarlo in un cambiamento positivo per noi e per la nostra vita.

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