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Suonno

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Io mi chiamo Scamorza Loviggio, mi appresento, eccomi qua, faccio i giochi di prestigio per mangiare. C'ho un coniglio e un pappagallo che spariscono e accompariscono. C'ho una pera e un padallo che mi servono a lavorare, ma c'ho pure una moglie e tre figli. C'ho una pera e un padallo che mi servono a lavorare, ma c'ho pure una moglie e tre figli. E allora il coniglio sparisce, la pera sparisce, il padallo sparisce, qua sparisce tutto. Io poi dico sti giochi di prestigio, Scamorza Loviggio, eccomi qua. Ma, ma, ma, e perciò ce l'ho detta a mia moglie. E ce l'ho tutt'almeno scurtà. Qualche volta ma fino a me scuoglie, sparisce, scamorza e fornisce mangià. Ma in faccetta spari veramente, c'è tanta gente, tanta gente, che fanno schiacchiettate folline. Pirulò, pirulò, pirulò. Quanti soldi Loviggio Scamorza deve dare? Eh, non ce li ho. Chi le sorte vanno al foro? E chi ne so, è tutto. C'è una gente di lusciere, che spariscono, si accompariscono. Un pianiero fa lumiere, l'unico buone lo trugò. Poi ci sta la padrona di casa, cata e villelicata, e dice che l'aristimo vecchio pocoto sta rotto, mi offendo perché mi ha pagò. Ed allora il coniglio sparisce, l'amore sparisce, il canallo sparisce, che sparisce, che sparisce. Io poi dico che sono iperficio, scamorza Loviggio non è come mi fa. Ma, ma, ma. E da un ufficio fischio, d'un rettino poche fortuna, andiamo a provare il bagonnà. La maresciale in bocca è freddura, è giurata per l'uomo ed uscirà qua. Ma in faccetta spari veramente, c'è tanta gente, tanta gente, che farò che ti faccio pulire. Ma in faccetta spari veramente, c'è tanta gente, tanta gente, che farò che ti faccio pulire. Con Marcello Smigliante, che tra l'altro non deve essere neanche da solo, ma con gli altri due musicisti dei Suon Da Ieri. Marcello, buongiorno. Buongiorno. Buongiorno a tutti. Ciao, buongiorno. Sì, siamo qui, siamo tutti e tre. Esatto. Lo diciamo perché non teniamo nulla di nascosto, la telefonata è registrata con un po' d'anticipo, perché, come sapete, in queste due settimane le trasmissioni di Stay Human le abbiamo preparate prima, però ci tenevamo perché i Suon Da Ieri stanno per venire qua a Milano a suonare. Allora io direi di partire dalla genesi, da come è nato il progetto di Suon Da Ieri. Come è nato? È nato perché la canzone napoletana è qualcosa con cui se fai musica, se fai musicista e sei a Napoli, inevitabilmente hai a che fare con questo repertorio. E a un certo punto noi tre, per una casualità, per una scena in cui c'è stato gestito stare gli strumenti e suonare, a Tirene sostante di cantare, e abbiamo suonato una canzone napoletana che era un repertorio comune, abbiamo deciso, abbiamo pensato, perché non facciamo un progetto che si dedichi a questo repertorio che abbiamo incrociato e reincrociato, perché non lo trattiamo con amore e poi da lì appunto sono nati i Suon Da Ieri che poi hanno esplorato tantissimo il repertorio della canzone napoletana e ci siamo anche divertiti poi a scrivere delle canzoni o a prendere dei brani scritti da versi ad hoc che potessero essere delle canzoni napoletane scritte oggi. Senti, uno spazio temporale ampio, no? Quando parli di canzoni che arrivano dall'universo musicale napoletano, voi avete inserito alcuni lustri per scegliere il materiale che rivisitate oppure per tenerlo come riferimento alle vostre nuove composizioni? Sì, in tutto sono Gianmarco, mi ha passato il telefono. Sì, nella prima fase del nostro lavoro, cioè da quando ci siamo conosciuti, in effetti abbiamo esplorato anche periodi quali il Cinquecento, il Seicento anche, però in realtà noi ci concentriamo in tutto ciò che è la tradizione canora napoletana che va da più o meno metà Ottocento fino a metà Novecento, fine Ottocento, metà Novecento. Arriviamo agli anni Sessanta per quanto riguarda la canzone classica napoletana. Poi sì, ovviamente ci siamo spostati anche prima e anche dopo, perché i nostri riferimenti sono ovviamente anche più recenti, senza andare troppo lontano, non possiamo non considerare Pino Daniele come un classico, ad esempio. Nelle orecchie e nel cuore c'è anche questo tipo di materiale che poi porta a reinterpretare il tutto con gli occhi di chi si muove nel nuovo millennio e ascolta, vive e respira la musica del nuovo millennio. Nonostante la formazione sia quella poi classica, cioè voce, chitarra e mandolino, forse la più stereotipata se si pensa a Napoli e alla musica napoletana. Una curiosità, è decisamente più facile esportare all'estero musica di qualità come la vostra, che non il pop made in Italy, non che non sia di qualità, ma è un dato di fatto. Dicevamo prima che stiamo registrando questa telefonata durante un vostro tour all'estero, nello specifico siete in Svezia, neanche dietro l'angolo proprio, non è che siete a Lugano, in Canton Ticino. Qual è il pubblico che viene a vedervi all'estero durante i vostri concerti? Buongiorno a tutti, buongiorno da Malmo. Sicuramente quello che dice è vero, fa un riscontro reale e tangibile. Tutta quella musica che chiamiamo alternativa, che possiamo chiamare world, che possiamo chiamare di nicchia, sicuramente all'estero ha un mercato diverso, c'è più attenzione, distribuzione di cose che non siano mainstream. Chi ci viene ad ascoltare? Ci vengono ad ascoltare un po' tutti. Nei paesi arabi molti giovani per esempio, adesso a Malmo lo scopriremo, ma in realtà in Germania c'è una parte dell'età sicuramente più alta che probabilmente quella che prende gli appassionati della classica. Anche le sale dove suoniamo sono sale un po' legate a quel tipo di musica. Non sono rassegne di musica classica, però voglio dire sono sale d'ascolto e quindi probabilmente il pubblico è quello. Perché in Italia non funziona così? Io per il momento ancora non ho una risposta, anche se comunque nel momento in cui in Italia tu dici di fare la musica napoletana c'è una grande confusione, si pensa al neomelodico, oppure probabilmente uso il mio e basta, quando è proprio quello che vuole dire il progetto. Invece c'è un sottobosco di brani non così tanto conosciuti che però vale la pena di interpretare ancora. In Italia è venuta fuori la polemica abbastanza assurda, per esempio a Sanremo sul fatto che Joliet cantava in napoletano. Voi non solo cantate in napoletano ma portate anche delle melodie che nascono a Napoli, quindi forse quella polemica era veramente senza senso. La polemica era soprattutto sull'utilizzo del dialetto, ma poi dobbiamo fare un'intervista con degli addetti ai lavori, diciamo così, non mi ritengo tale, però ovviamente stiamo parlando di un pop, anzi della trap in napoletano, che trasponda anche a radici nella tradizione campana e napoletana degli pop. Anche noi nella scrittura di brani nuovi e inediti, come quelli presenti nel secondo, ma anche nel primo album, facciamo un lavoro assolutamente diverso, non dimentichiamo la melodia sicuramente, le melodie vengono da quegli ascolti lì, dal percorso che facciamo con la canzone classica napoletana, ma sono proprio due cose diverse. L'utilizzo del dialetto, ricollegandomi a questa cosa di Joliet, è proprio diverso, noi facciamo molta attenzione, ma perché per amore di quel dialetto dimenticato, di quelle parole che non si usano più, perché sono affascinanti, ma questo non toglie che il dialetto, o comunque la lingua napoletana, meglio dire così, essendo una lingua si cambia, si arricchisce, si modifica, così come il passare del tempo. Noi facciamo un lavoro diverso, non abbiamo nulla contro a questa innovazione o comunque cambiamento della lingua, ma facciamo un lavoro diverso, ci interessa conservare qualcosa anche della lingua napoletana che altrimenti andrebbe perso, non disdegnando la trasformazione. Comunque appunto il pubblico indigeno, diciamo così, che vi viene ad ascoltare lì in Svezia o prima citavi i paesi arabi, ovviamente quello che li attrae è proprio questa storia della canzone napoletana che ha avvalicato i confini italici già da tempo, ovviamente perché tra il pubblico c'è una grossa fetta di componente che prima definivo indigena, per chiarezza, non è che sono tutti napoletani gli Amelmo. No, assolutamente, ogni volta che andiamo ci troviamo a suonare all'estero, qualche indigeno, qualche napoletano lo trovi sempre, però sì, sono sempre persone del posto, ma perché comunque all'estero rispetto in generale all'Italia, tra l'altro non a Napoli, c'è molto più la cultura di andare ai festival, cioè vengono a sentirci magari anche senza conoscere il nostro progetto, c'è molta più voglia di scoprire, mentre invece in Italia c'è più una tendenza ad andare ai concerti soltanto se l'artista ti interessa. Noi ci siamo trovati in festival molto grandi come lo Sphinx in Belgio o il Seoul Music Week appunto a Seoul in Corea, dove c'era una programmazione assolutamente variegata, c'era di tutto, il pubblico che veniva era disposto ad ascoltare tutto e seguire il festival, questo è un qualcosa che mi permetto di dire, in Italia manca un po', mentre all'estero è molto molto usuale, quindi assolutamente no, il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. Il pubblico che abbiamo quando siamo all'estero è prevalentemente indigeno, l'estero è prevalentemente del luogo. 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Corrino invece, non l'avete ascoltato ma c'era quella musica, quel tema, un termine che forse si capisce, quella raggia che ci serviva da rappresentare. Insomma, Corrino, il brano parla da tu. Certo, certo. Vi propongo un piccolo gioco, veloce, vedete voi se vi passate il microfono nome per nome, perché vi ecciterei alcuni musicisti napoletani, molto diversi l'uno dall'altro, e vi chiederei un aggettivo con cui li definireste e non posso che partire da Pino Daniele. Pino Daniele io direi in sostanza un bravioso. Va bene, andiamo avanti veloce, Nino D'Angelo? Storico. Roberto Murolo? Serio. Geolie? Frizzante. Sergio Bruni? Uno strano. Mario Merola? Mamma mia, Mario Merola, verace. E l'ultimo è liberato. Intelligente. Una curiosità, per un concerto dal vivo a Napoli, una location ideale per un vostro concerto, cosa potrebbe essere? Il Gran Caffè Gambrinus o un altro posto? Guarda, al Gambrinus abbiamo presentato il primo disco. Non lo sapevo ma mi veniva di pensarlo chissà perché. Ricordiamo ai nostri ascoltatori perché il Gambrinus è un locale dove una musica come la vostra ci sta, lo diciamo per gli ascoltatori milanesi o di Bolzano che magari non conoscono questo locale. Il Caffè Gambrinus è un caffè storico che è in pieno centro dove si incontravano le leggende, i racconti di cronaca. Era un luogo d'incontro anche degli stessi autori della canzone napoletana, che sia poeti sia musicisti. Era un luogo pulsante. Adesso forse lo è un po' meno, un po' più turistico, ma rimane un luogo importante che ha questa sala interna che è una sorta di piccolo teatrino che funziona ancora come sala eventi. Andammo lì a fare la presentazione del primo album dopo di che quella fu una situazione ideale diciamo che però per quello che poi abbiamo costruito negli anni forse adesso quella è troppo piccola tant'è vero. Certo, certo. Poi il secondo album l'abbiamo presentato al Teatro Adriano e mi sa che per quello che facciamo noi forse proprio i teatri sono tra le strutture, tra gli ambienti migliori dove poter ascoltare il nostro concerto. Il Tria non è stato uno di questi sicuramente. Abbiamo fatto questo concerto il 5 aprile di presentazione dell'album e ci siamo trovati al nostro agio e il pubblico l'ha visto. Ecco, un'ultima cosa. Radio Popolare da anni è media partner del premio Parodi tutti gli anni a Cagliari in autunno. Dove siete state anche voi se non ricordo male? Sì. E se non ricordo male siccome una, come sanno i nostri ascoltatori, delle serate del premio Parodi è dedicata alla rilettura di brani di Andrea Parodi voi avevate fatto una splendida cover di Amargura che è una dei classici di Andrea. Allora mi serve come pretesto per chiedervi se oltre a quella volta, perché io c'ero e me lo ricordo, vi siete misurati con del materiale non napoletano come in quel caso. Sì, è capitato più di una volta in realtà, oltre che con il premio Parodi che fu una bella sfida soprattutto per i disegni in realtà, perché ovviamente cantare… Era lei esatto che doveva… Però c'è successo già, c'è capitato per scelta di farlo con canzoni portoghesi, di provare, diciamo tra il fado e la musica classica napoletana c'è una fortissima connessione in termini di melodie, di strutture armoniche, di temi trattati, veramente tanta connessione. E quindi c'è capitato di andare a analizzare un poco e portarlo anche in concerto. Ora se devo dire il titolo esatto della canzone… No, no, no, ma per sapere. Era qualcosa come Ameninia Dos Meo Torios, cioè le meline dei miei occhi, una cosa del genere. E poi c'è capitato al Folkes di fare la stessa cosa che abbiamo fatto al Parodi, con un brano di tradizione fiulana. E lì sempre per Irene è stata una tragedia, perché lì proprio… Beh, lì mi sembra peggio del Sardo! Sì, è stata veramente una tragedia. Però ricordo il grande Andrea Del Favore che quando sentì la nostra versione di… Come si chiamava, Marce? Ah, Si Sinti Stadenini. Infatti veramente era difficilissimo capire che cosa dicessi, facevamo mandare anche la traduzione per meglio interpretarlo. E vi ricordo che Andrea rimase folgorato, ci chiese addirittura poi di inciderlo, poi non l'abbiamo fatto. Non l'avete ancora fatto. Comunque tranquilli, se vi capita di passare da Milano che fate un salto qua nel nostro auditorium per regalarci magari una canzone dal vivo, non vi chiediamo di cantarla in dialetto meneghino, va benissimo, è il materiale del vostro repertorio. Io ricordo proprio a coloro che si stanno ascoltando da Milano che i Suoni da Ieri suoneranno al Bico fra qualche giorno, il 16 maggio. Nell'attesa di quel concerto io vi saluto, mandateci una cartolina da Melmo. Va bene, grazie mille. Grazie, grazie. Ciao, grazie. E noi lasciamo i Suoni da Ieri proprio ascoltandoci quella loro rilettura di Amargura, di un brano di Andrea Parodi che avevano rifatto al premio Andrea Parodi. Che fogli venire Gusta Durche Amargura Mi ferra Che mela Granada Mi ferra Che mela Granada D'aese animasi pesada Un canto De amore Azzaluna Amargura Amargura Per rio In sabbatura Granada Su Amargura Su Amargura Amargura Su Amargura Su Amargura Su Amargura Mi ferra Che mela Granada D'aese animasi pesada Un canto De amore Azzaluna Amargura Su Amargura Su Amargura Su Amargura Su Amargura Su Mi ferra Che mela Granada Mi ferra Che mela Granada Mi ferra Che mela Granada

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