Details
Nothing to say, yet
Big christmas sale
Premium Access 35% OFF
Nothing to say, yet
A man finds a solution to time travel through a quantum physics experiment. He travels forward in time and sees the world disappear outside the time travel field. However, he realizes that if he brings someone with him, their thoughts could create a chain reaction. He accidentally brings a cat with him and they end up in a future world that is abandoned and decaying. They explore the city and find a bar that is still intact. The man wonders what the mirror in the bar reflects after the journey. The story continues. VVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVV finché non aveva trovato la soluzione o per meglio dire la soluzione si è rappresentata da sola. Un esperimento aveva confermato che azionando la macchina del tempo, un oscuro meccanismo basato sulla fisica quantistica di cui pochi avrebbero compreso il funzionamento, e impostando la destinazione di un'ora avanti nel tempo accadeva qualcosa di inatteso. E lo stesso viaggiatore del tempo aveva poi raccontato la sua storia del mondo in forma anonima, mentre si trovava disteso all'interno del campo gravitazionale generato dalla macchina, con lo sguardo fisso ai macchinari e ai cronometri. Quello interno al campo e quello esterno di controllo. L'uomo aveva visto scomparire in un attimo il mondo all'esterno del campo. Aveva immaginato qualcosa di simile a quanto avveniva nel romanzo e nei film su viaggi del tempo, ossia un tempo accelerato come in un video mandato su Avanti Veloci. Niente di tutto questo invece spostarsi nel tempo equivaleva a entrare in una meta dimensione di passaggio dove ogni oggetto visibile scompariva ad eccezione dell'osservatore. Ma non era solo in quel breve viaggio la cui durata non era misurabile in termini di tempo ordinario. Per qualche strano motivo poteva vedere sospesi in non nulla dal colore indefinito anche due cronometri, entrambi fermi sull'attimo dalla partenza. Poteva percepire però lo scorrere di un tempo diverso, una diversa dimensione temporale separata dal tempo ordinario dove i suoi pensieri passavano alla consueta velocità. Quello strano tempo percepito era paragonabile a qualche minuto. Quando il laboratorio riapparve attorno a lui le lancette ripresero a muoversi. Perché tutto era sparito tranne due cronometri, posti uno all'interno del campo e uno all'esterno, non aveva senso. Nessuna legge fisica poteva spiegare ciò che si era verificato. Occorreva ricorrere a qualche forza telepatica sconosciuta, una telecinesi temporale. D'altra parte anche il terreno dei viaggi nel tempo era quasi del tutto inesplorato e del tutto teorico. Niente era stato osservato direttamente fino a quel momento. In un primo momento si arregrò di questo effetto imprevisto della sua invenzione. Poteva portare la sua donna nel futuro se si fosse concentrato su di lei, il che non era affatto difficile. Avrebbero ricominciato in un mondo nuovo, una nuova casa, una nuova vita. Ma preso dalle euforia non aveva considerato un fattore fondamentale. Ci pensò quella stessa sera quando ne parò la fidanzata. Così come col solo pensiero aveva portato con sé nel tempo due oggetti e basta, questo era dovuto probabilmente al fatto che gli oggetti non possedevano un'analoga capacità telecinetica. Un oggetto infatti non pensa. Se avesse portato una persona questa a sua volta avrebbe pensato magari senza volere a qualcun altro e così via come in un effetto domino. Per essere sicuri di viaggiare solo nel futuro senza portarsi dietro l'intera umanità dovevano non pensare a nessuno durante l'attimo della partenza. Sarebbero entrati insieme all'interno del campo e si sarebbero pensati a vicenda intensamente. Chi poteva ipotizzare che proprio in quell'istante un gatto sarebbe saltato all'interno del campo? Ademi e Lucia si aggiravano insieme ad altri milioni di esseri spaesati tra la città che fu una volta la capitale e che era abbandonata come un guscio mezzo decomposto. Nessuno dei grandi sogni dell'umanità, nessuna utopia si era realizzata, anzi che ironia, c'era davvero da ridere come matti ma anche se in effetti era tutto così tragico da sconfinare nell'assurdo. Quante persone erano rimaste nel passato, cent'anni prima? Impossibile dirlo, ma dovevano essere molte poche centinaia, migliaia in tutto il mondo. Essere dimenticati dai loro simili, presi in un pianeta divenuto all'improvviso vastissimo e ostile, che atroce solitudine, pur per essere abituati alla solitudine sia stata essa volontaria o meno, chissà se qualche discendente era sopravvissuto, era una possibilità che faceva venire i brividi. Ademio provava un profondo senso di pena senza sapere nemmeno lui che cosa andava in cerca, ora che il mondo doveva ricominciare, ora che occorreva rimboccarsi le maniche per tornare a livello che l'umanità aveva raggiunto un secolo prima, ora che tutto, o quasi, andava ricostruito. Gli tornava in mente un celebre romanzo di uno scrittore vissuto al ventesimo secolo e il suo monumento finale. L'uomo non si stanca mai di ricominciare dopo la distruzione. Questa era la sua vertù e la sua condanna. Il sole continuava a splendere da un cielo sereno sulle ruvine quasi irriconoscibili. Le strade erano difficili da seguire, ingombre come erano di macerie, di scheletri, di autoruginite, di cose strane. Era faticoso riempitarsi su ostacoli di ogni tipo e forma, facendo attenzione a non ferirsi e a non farsi male. Ma tanta era la voglia di esplorare che Ademio non si accorgeva quasi del sudore che gli inzuppava la maglietta. Era estate e tutto pariva in quella atmosfera evanescente che fa pensare a un miraggio. Era un mondo strano che stentava a riconoscere. La maggior parte degli edifici, dopo un secolo di incurie, era crollato e ne restavano solo pezzi di muri screttolati in mezzo alla vegetazione selvatica che stringeva nel cuore. Qualche raro palazzo però era in condizioni migliori. Forse lì si erano radunati gli ultimi rappresentanti della razza umana, prima che questa si estinguesse per riapparire molti anni dopo la morte. C'era un largo viale che emergeva dallo squallore generale. Quel viale conduceva al centro della città. C'erano molti negozi e locali lungo la strada, dove ora era un po' meno difficile, diciamo, camminare. L'asfalto era spaccato in più punti. Dalle crepe emergevano alti ciuffi di erbacce e qualche albero che espandeva un odore pungente. Entrarono in un bar, quello che un tempo era stato sicuramente un bar, e si sedetero su due sgabelli di regno dall'aspetto abbastanza solido. Nonostante i segni del tempo, era stato senza dubbio un bar. C'era ancora la macchina dell'espresso che pareva in buono stato e molte tazzine ancora integre disposte sul banco che parevano a tendere le bocche dei clienti che avevano chiesto caffè e cappuccino. Una bottiglia rotta di liquore giaceva nell'acquario. Ademio osservava tutto con interesse, domandandosi quali immagini avesse riflettuto la specchiera inclinata e sporca dopo che l'umanità aveva compiuto il viaggio. Forse la faccia di qualche disperato che si chiedeva che fini avessero fatto tutti quanti. Quello sconosciuto non avrebbe potuto mai immaginarlo. www.redigio.it. E la storia continua.