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redigio.it/dati2511/QGLN1043-Milano-Biscione-01.mp3 - Milano e' legata dalla storia con il Biscione - 7,23 - AUDIO -
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The Visconti family has always been Ghibelline and their origins can be traced back to the 9th century. The name Visconti is believed to derive from the term "vice comes," meaning companions of the counts. The family crest features a serpent, known as the "bison" in the local dialect, swallowing a child. There are various theories about the origin of this symbol, including a legendary dragon named Tarantasio. The Visconti family played a significant role in the urban development of Milan, constructing buildings and fortifications, and bringing renowned artists like Giotto to the city. They also commissioned the construction of the San Pietro di Verona shrine. The story of the Visconti family will continue in the next episode. Vvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvv In antitesi ai Toriani, l'abbiamo già detto, la casata dei Visconti è sempre stata ghibellina. I capostipiti della famiglia all'inizio del IX secolo erano stati Ari Brando e Valderico, signore di Massino Visconti. Al giorno d'oggi niente più che un paese di un migliaio di abitanti sopra l'esa, che all'epoca doveva costituire un punto strategico di controllo delle alture del vergante, sul luogo dove si registra la confluenza fra lago Maggiore e fiume Ticino. L'origine del nome sembra vada a far risalire a quella di vice comes, caprolare vice comites, cioè colui o coloro che facevano le veci dei conti, all'origine da intendere nel senso di compagni d'armi di qualche potente che nel caso in questione doveva essere considerata la figura dell'imperatore del sacro romano impero. Sullo stema del casato, il serpente, il bison, in dialetto, che ingoia il bambino, si si è sviseriti con le più svariate teorie. La prima è la teoria lodigiana del mitico crudele Drago Tarantasio, con conclamati problemi dialitosi, che nell'attrettanto mitico, ma neppure così tanto, Lago Gerundo, il nome avrebbe avuto origine da Gera, ghiaia, nome assegnato alla tradizione orale a un vasto spettro di acqua stagnante posto a cavallo dei fiumi, arda e serio. Si diceva fosse il solito notriste di bambini che alla fine venne ucciso dal capostipite del casato. Nella realtà si trattava niente di più di una leggenda con cui si cercava di spiegare le continue esalazioni dovute all'acido solforico e al metano che emanavano dal fondo melmoso di intere aree che le periodiche esondazioni di quei corsi d'acqua, allora difficilmente incanalabili, lasciavano a loro rientro nell'alveo originario, nello stato di enormi paludi da cui era consigliato stare alla larga. Una curiosità. Al seguito di un concorso di idee lanciato nel 1953 da quel geniaccio di Enrico Mattei per dare un logo a una di quelle numerose creature che è l'agipe metano, uscirà il vincitore un cane a sei zampe che dalla bocca sputa fuoco. Quando proprio in quelle zone, il primo pozzo sarà in quello di Caviaga, pochi chilometri a sud di Lodi, si scopre il metano, qualche bontempone favoreggia il famigianato Tarantasio, seppellito da secoli dopo la bonifica della zona e abbia deciso di fare nuovamente la sua comparsa. La più accreditata leggenda dell'origine del Bicione, sullo stemma visconteo, sottiene che si tratterebbe di un prestito dallo scudo di un saraceno sconfitto in battaglia da un navo dell'arcivesco Bottone Visconti che partecipò alle crociate, raffigurante appunto un serpente che inghiotte un saraceno e il Visconti in questione lo avrebbe assunto come proprio. Quel che è certo in definitiva è che il simbolo acquista una tale valenza che con l'avvento della dinastia successiva degli Sforza resterà intatto a contraddistinguer ovunque il Ducato di Milano. Ed il resto, a dimostrare la valenza che il simbolo del Bicione si è protratto a fine giorni nostri, sono lì da vedere marchi come Inter, Alfa Romeo, Fininvest, Legio Lanum e via di questo passo. Tra i primi esponenti sicuramente di peso di questi Visconti si può considerare innanzitutto quell'azione che a partire dal 1329, in non più di dieci anni, prima di morire di gotta appena trentenne e senza eredi, riesce a lasciare la sua impronta urbanistica sulla città. Ristruttura il broletto vecchio, fa costruire la cappella di corte cioè la chiesa di San Gottardo dove si trova il suo sarcofago, cinge Milano di mura con tanto di cerchi e dei navigli intorno, sia in funzione difensiva sia come via di comunicazione. E lo stesso Azzone riesce a portare nella nostra città per un breve periodo addirittura Giotto, nonché oltre ai celebrati maestri di campione, anche a un Toscano come Giovanni di Baltuggio di Pisa, che dopo aver messo mano a quel sarcofago di Azzone, di cui si è già detto, costruisce in San Teustorgio con la volta dietro commessa dai Domenicani l'arca di San Pietro di Verona, più noto come Pietro Martire, un loro predicatore che era stato ammazzato dai seguaci dell'eresia catera in un bosco di Barrazzina, con una sorta di macete sulla testa, con cui è solito rappresentato, proprio di vicino al bosco del suo martirio a Seveso, e Pietro è venerato in un grande santuario il cui nucleo originario viene costruito alla fine del 1300, sempre dai Domenicani, che l'edito papale aveva fatto subentrare a quei reprovi degli umiliati. E la storia non finisce qui perché continua nella prossima puntata. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org