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redigio.it/dati2412/QGLM1145-filo-stalla-01.mp3 - Storie di una volta Filo' in stalla - Quando i contadini trascorrevano le sere degli inverni in stalla -
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www.reidizo.it e la storia continua Le storie di una volta, quando i contadini trascorrevano le sere degli inverni di guerra in stalla. Il filò in stalla. I contadini trascorrevano le sere degli inverni di guerra in stalla a far filò. Chi giocava a carte, chi fumava la pipa oppure, portate dal figlio militare in licenza, le sigarette le milit, merda italiana lavorata in tubetti. Le ragazze filavano la lana delle pecore, scorticate a zero. Tutti gli inverni, nel lacre sauna, del fiato bovino mescolato ai fluvi di orina e di latte appena munto. Una terziaria francescana intonava il rosario a ogni Ave Maria e ciascuno formulava una tacita preghiera che non venisse la grandine, che la mucca partorisse senza invocare il veterinario, che tornasse presto il moroso alpino in Russia. E la conversazione in stalla, alternata a qualche coro campagnolo sotto la dondolante lampada a petrolio, formava l'unico passatempo dopo cena, un modo ingenuo di trascorrere il tempo libero, prima che il tempo libero diventasse un incubo sociologico. C'era un Bovaro bravissimo nel raccontare le storie di streghe e di fantasmi bambini seduti sulle alte palle di paglia, le gambette pensoloni, le braccia concerte, gli occhi beati spalancati alle fiabe. Era la loro tv, senza interruzioni della pubblicità. Diceva che di notte i morti uscivano dal vicino Sario di Custoza a fare le boccacce tedesche acquartierate nei dintorni e che una sera Carlo Alberto e la Marmora, i due sconfitti del 1848 e del 1866, si erano presentati in un'osteria in carne e ossa, divisa e sciabola, chiedendo da mangiare. Fantasticherie. Ma quella che raccontava il vecchio Bastiano, autodidatta, detto il maestro perché da giovane era stato moroso, della serva, dalla maestra del Parese, era pura verità, o quasi. Quando parlava lui tutti ammutolivano perché il divertimento era assicurato e raccontava puntate. Ma dove eravamo? Rimasti ieri sera, alla battaglia del 66, quando tuo nonno insieme al generale Alfonso la Marmora... Ah, un momento, io non ho mai detto che mio nonno Bastiano, come te, abbia combattuto con la Marmora. Con chi stava allora? Con gli austriaci? Ma siete matti? Mio nonno si faceva i fatti suoi. E quanto a me, ragazzino, raccontava quei terribili avvenimenti e ripeteva Bastiano, tu hai il mio stesso nome, se vuoi arrivare ad avere la mia età, 85, suonati, non in mischiati ma in risse e in guerre. Per queste cose ci vuole la vocazione. Ma, finiamo la battaglia del 24 giugno. Era il Cidù Calberto, comandante delle truppe austriache. Ma non era... Radetzky interruppe il Bovaro. Ignorante, Radetzky combatte nella prima battaglia di Kostoza, quella del 48. Ah, amico lo studia, i libri me li ha mangiati la vaca. E allora stai dritto a non interrompere. Dunque, il Cidù Calberto aveva il quartiere generale alla Berretara, tra Kostoza e Somma Campania. Gli italiani avevano passato il Mincio, a Mozambano, e si sentivano da lontano i primi colpi di cannone. Poi le scariche di fucileria, sempre più vicine e sempre più fit. Mio nonno, con alcuni amici, si rifugiò nella cantina della villa di un conte, che si era procurato fucile ad avancarica per gli eventuali volontari. Sciopo e bacchetta. Si fece qualche tiro di prova contro le galline, ma mio nonno non voleva cimentarsi. Diceva che il sangue gli faceva impressione. Anche quello dei polli. Tutta la giornata restò nelle cantine del conte, deciso di uscire solo a battaglia finita, a vincitore proclamato. Quale fosse dei due, non aveva importanza, perché facesse presto. Seduto accanto alla damigiana, succhiava la canna di gomma come un biberon. Ma quando arrivò la notizia che gli austriaci avevano preso sopravento e stavano per raggiungere la villa, per snidare gli eventuali franchitiratori, ebbe un lampo di patriotica risolutezza. Amici, disse agli altri, nascosti nel sotterraneo, arrivano gli austriaci, bisogna fare qualcosa. Questo vino non deve cadere nelle loro mani. Si prendono pure la Lombardia, si prendono Milano, ma il vino no. È nostro, frutto del nostro sudore. Ciò detto, fracassarono a calci di damigiane, e siccome a una volta non riuscivano a togliere il tappo, la pugnalarono con la baionetta. La figlia, cioè, che alla fine di Giulio Cesare. Quel giorno a Costoza si versò molto sangue, ma anche molto vino. Ci fu anche chi bevette un brodo, ma questo forse ve l'ho già raccontata. No, protestò l'uditorio con un grido così forte che i vuoi girare nel muso scocciatissimi, non vi ho raccontato la storia della piccola vedetta Lombarda?