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The speaker discusses their personal connection to Venice and their desire to tell unconventional stories about the city. They mention their childhood experiences in Venice and the changes they have observed due to tourism. They explain their trilogy of projects, starting with a documentary about Marghera, then a hybrid theater-cinema piece about Venice's relationship with water, and finally a fictional film about the impact of tourism on the city. They also mention the inclusion of the pandemic in their recent film. The speaker reflects on the autobiographical elements in their work, particularly the theme of losing one's home. They discuss the use of moeche (a type of fish) as a metaphor and the involvement of a real fishing family in their film. The speaker aims to use Venice as a metaphor for global transformations in work, climate, and housing. They discuss the emotional tension between the two main characters in their film and the choices they must make. Volevamo chiederti se ti piacciono le moeche. Molto sì, certo, tantissimo. Le mangi dunque? Sì, le mangio e ho imparato a mangiarle meglio durante il film. Anche quasi a cucinarle, però sì. Sì, sì, le mangio. Ottimo. Ok, allora io comincerei con la prima domanda. Qual è l'idea creativa del film? È ispirato a una storia vera? C'è qualche riferimento autobiografico nella storia? E anche perché proprio a Venezia e soprattutto perché proprio alla Giudecca? Allora, il film fa parte di un percorso di mio personale riavvicinamento a Venezia Io ho frequentato Venezia molto da bambino, perché mio papà non era veneziano, era torinese, però da quando aveva 13 anni ha vissuto a Venezia. Mia mamma è di Chioggia, io sono nato e cresciuto a Padova, però un week-end sì, un week-end no andavo a Venezia, un week-end sì, un week-end no andavo a Chioggia. Quindi frequentavo moltissimo Venezia, frequentavo anche i figli degli amici con cui mio padre aveva fatto il liceo. E quindi ho avuto un'infanzia molto legata a Venezia e alla laguna. Poi crescendo un po' perché mi sono sposato da altre parti, un po' perché nel frattempo Venezia è diventata sempre più faticosa per la sua attrazione turistica e quindi la quantità di gente che la attraversa, che la vive, che la consuma. E man mano mi sono sempre più allontanato da Venezia e dopo un po' di tempo mi sono chiesto cosa rimane di questo mio rapporto con questa città. E nel 2017-18 mi sono detto proviamo a fare un po' di lavori intorno a Venezia, Chioggia già l'avevo raccontata con Io sono lì, e così ho pensato ad una, nella mia testa era una trilogia sia di luoghi che di temi che di linguaggi. Volevo partire con il cinema documentario nel raccontare una Venezia molto insolita, vista dalla terraferma, cioè vista da Marghera attraverso il racconto della zona industriale di Marghera, della trasformazione di questa zona e da lì è nato poi il film Il pianeta in mare. Poi volevo raccontare con un linguaggio ibrido tra teatro e cinema il rapporto di Venezia con le acque e avevo iniziato a scrivere uno spettacolo teatrale, un monologo con Andrea Pennacchi che doveva essere un incontro tra la capacità teatrale e narrativa di Andrea e il mio cinema per raccontare il rapporto tra Venezia e le acque, quindi un avvicinamento da Marghera verso Venezia con il mondo anche delle isole intorno e il rapporto con le acque, il rapporto con il mose, con la nuova barriera. Quello spettacolo abbiamo iniziato a provarlo e proprio mentre lo provavamo e mentre giravo le immagini per fare quello spettacolo è arrivata la pandemia che ovviamente non era prevista. Quello spettacolo si è fermato ed è nato invece Molecole che è un prodotto ibrido perché è un documentario molto sui generis nella mia cinematografia, è un documentario che è anche un testo letterario quasi poetico, una lettera a mio padre e invece lo spettacolo teatrale si è fermato, probabilmente lo recupereremo prossimamente. La terza parte invece vuole essere un film di finzione dentro il cuore di Venezia e attraverso il rapporto tra Venezia e il turismo raccontare quello che rimane del popolo veneziano attraverso il tema della casa, della famiglia e dell'attenzione intorno a questi elementi di fronte alla grande trasformazione che la città sta subendo nel rapporto con la media industria del turismo. E questo appunto è Welcome Venice che abbiamo poi alla fine potuto girare soltanto nel settembre-ottobre 2020 quindi in piena pandemia, in realtà la pandemia sembrava essersi un po' fermata se vi ricordate nell'estate 2020, poi è ripresa e abbiamo girato inserendo nel film anche il tema della pandemia anche se poi non è il tema centrale del film però visto che giravamo in quel periodo e che comunque quell'attenzione in attesa, in prevista aiutava a stressare gli elementi già presenti nella drammaturgia perché l'attenzione sul cosa fare della casa e su come rapportarsi con i turisti in realtà è stata estremizzata in qualche modo dalla pandemia perché ti chiedi appunto se i turisti torneranno, se ci saranno di nuovo e poi per chi gestisce locazioni turistiche avere casi di proprietà in locazione è più sicuro che non subaffittare delle case perché appunto succedono cose come la pandemia e rimani bloccato e hai dei costi. Quindi abbiamo sviluppato quella che era una sceneggiatura che già avevamo iniziato a scrivere prima della pandemia perché la sceneggiatura di Welcome Venice l'ho scritta praticamente mentre giravo il pianeta in mare e ho continuato a scriverla fino alle riprese continuando a doverla cambiare per quello che stava succedendo. Quindi sicuramente ci sono degli elementi in qualche modo autobiografici anche se la storia della famiglia di Piero non è la mia, la storia della mia famiglia io non ho una famiglia di pescatori, mio nonno lavorava a Marghera era un ingegnere della Vetrocock di Marghera, mio padre ha studiato fisica e si è spostato a Padova però il tema dell'avere una casa, del non averla più, dell'abbandono della città è sicuramente un tema che attraversa anche la mia vita e ad esempio i bambini amici con cui giocavo a Venezia quando ero piccolo quasi tutti se ne erano andati da Venezia, l'unico che era rimasto a Venezia era un mio amico che si chiama Pietro e la figura di Pietro nel film è un po' ispirata a lui poi sviluppando l'idea avevamo deciso di andare appunto, come vi dicevo, nel cuore di Venezia sempre con l'idea, tutta la trilogia è un po' ispirata al racconto di Venezia attraverso luoghi e storie non della Venezia classicamente raccontata dal cinema ma perché Venezia fosse una delle città più cinematizzate, se si può dire, al mondo però Marghera o Giudecca o Sant'Erasmo sono sicuramente molto meno raccontate e allora abbiamo deciso di muoverci verso Giudecca dove sapevamo di poter incontrare ancora pezzi di popolo veneziano e abbiamo poi incontrato i pescatori di Moecche e ci è sembrato che la Moecca diventasse un'ottima metafora di quello che volevamo raccontare perché come sapete appunto è un animale che ogni tanto perde la sua casa e deve rifarla prima di essere pescato perché se viene pescato mentre cambia casa viene preso e poi mangiato e quindi perde la sua casa e quindi ci sembrava un perfetto oggetto naturale capace di simboleggiare e poi abbiamo incontrato una famiglia di pescatori, la famiglia Bognolo di Giudecca che è entrata pienamente nel film, nel senso che il film è praticamente ispirato alla loro famiglia e i pescatori veri della famiglia Bognolo fanno parte del film perché oltre agli attori c'è Paolo Pierobon, Roberto Citran e Andrea Pennatti, gli altri personaggi del film sono tutti veri pescatori che lavorano davvero con le moecche, tutti i luoghi della pesca in laguna sono luoghi della loro vita quotidiana cioè il casone di laguna dove lavorano le reti, le barche sono tutte loro, le moecche sono tutte loro e così abbiamo in qualche modo costruito, come spesso faccio nel mio cinema, la drammaturgia intrecciandola, contaminandola con questo pezzo di realtà poi la volontà di tutto questo percorso non è soltanto quello di un ravvicinamento di Venezia di un racconto su Venezia fuori dalle classiche immagini e dei luoghi del mainstream cinematografico ma era anche la volontà di usare Venezia come potente metafora di grandi trasformazioni del mondo cioè il rapporto tra il lavoro e la globalizzazione attraverso Marghera il rapporto tra le acque e le trasformazioni climatiche attraverso quella che dovrà essere l'idea del teatro poi diventate molecole per forza di cose e il rapporto tra la casa e la globalizzazione, quindi il turismo sono tutte tensioni che a Venezia sono in qualche modo più evidenti, più veloci per conformazione proprio fisica e per identità geoesistenziale della città, ma che poi interessano anche tante altre città perché l'aggressione del turismo è presente anche in molte altre città d'Italia, d'Europa, del mondo le trasformazioni climatiche interessano tutto il mondo e la trasformazione del lavoro ovviamente e del rapporto tra la vita e il lavoro, tra l'economia e il lavoro è una tendenza di tutto il mondo e questa era un po' l'idea grazie, quali emozioni volevi suscitare in tutti coloro che avrebbero poi visto questo film? la profonda difficoltà di scegliere tra i due fratelli perché è chiaro che Pietro è quello che ti emoziona di più, ti affascina di più perché sembra essere, ma non è un eroe della tradizione ma poi se vai a vedere Pietro è tutt'altro che un eroe della tradizione il vero eroe della tradizione è Toni, che però muore subito, non a caso Pietro ha un rapporto molto teso, contraddittorio con quella tradizione ha cercato di scappare da quel destino faticosissimo di essere figlio di pescatori e quindi dovete immaginare che la vita di chi nasce figlio di chi nasceva figlio di pescatori era una vita segnata da sacrifici, fatiche, orari pazzeschi sin da piccoli andare a pescare d'inverno, col freddo, la nebbia, l'estate, con l'afa, le zanzare e quindi molti hanno cercato di liberarsi da quella fatica altri hanno cercato di reinventarla, di trasformarla e Pietro quindi non è il grande difensore, l'eroe della tradizione come dicevo prima però in qualche modo la rappresenta, ci scatena un affetto primitivo, primordiale del rapporto con la natura, con un lavoro che è sicuramente più affascinante di quello dell'agente immobiliare insomma senza ombra di dubbio però dall'altra parte Alvise non è che fa una bastardata per interessi personali o per malaffare o per criminalità, lui semplicemente diceva tu Pietro non ce la puoi fare a dare veramente continuità a quella faticosa impresa economica invece la mia funziona, tira e come gli dice quando litigano io penso ai vivi non ai morti, quando gli dice a chi ti ha morti che è un modo di dire veneziano, vuol dire tu i tuoi morti vatti io penso ai vivi non ai morti e quindi la tensione che spero susciti il film è proprio quella di voler stare da una parte ma sapere che l'altra è più giusta oppure non aver voglia di stare dalla parte che è più giusta e non sapere con chi stare e vivere un vero conflitto che magari è attraversa a tante altre famiglie perché molti hanno case di nonni che uno vorrebbe continuare a far vivere ma che però non ci riesce allora la devi arredare e trasformare nel B&B ma vorresti che non fosse così e questa profonda difficoltà di trovare un equilibrio tra le due cose credo che sia al centro emotivo e politico del film di solito nei film il commento musicale evoca emozioni in Welcome Venice prevalgono invece i suoni ambientali l'acqua, il sabbio dell'acqua, le campane, il temporale alla fine anche le muoiche hanno voce ma il coinvolgimento emotivo è comunque forte in ogni scena perché questo registro stilistico? perché mi sono accorto montandolo che stava lì la musica del film io avevo chiesto a un bravissimo musicista Teo Teardo di fare la colonna sonora tutto il film Molecole è basato sulla musica di Teo Teardo che mi piace moltissimo e Teo ha seguito il progetto sin dall'inizio e ha fatto la colonna sonora però man mano ve lo montavo io sentivo che aggiungere quella musica era tradire l'altra musica e invece poter lavorare su quei suoni e sentirli musica e sentire che respirano con il film con le emozioni delle persone che fanno da accompagnamento e da controcanto al tessuto emotivo e narrativo del film mi è sembrata la cosa più giusta che veniva fuori dal film e dalla realtà coprirla con altro era un po' tradirlo e così purtroppo ho detto a Teo che la musica non ci stava nel film devo comunque a Teo la consulenza musicale per la scelta dell'unico pezzo musicale che c'è nel film che è quello che ascolta Piero quando balla e che poi è il pezzo finale dei titoli di coda e quello era proprio il vero controcanto della musica della natura perché quello è un pezzo punk rock anni 70 molto molto spinto con cui si racconta un po' lo spirito ribelle punk appunto di Piero e poi anche che diventa lo spirito ribelle punk delle mueche alla fine Ok, secondo noi dal film emerge l'emozione della nostalgia nostalgia e malinconia trovate principalmente da pietro nei confronti di un passato e di una tradizione di famiglia che viene soffianzata da interazioni economici e appunto dall'evoluzione di Venezia come città turistica come dicevi poco fa tu che ne pensi da persona che vive o ha vissuto nel veneziano anche tu provi questo senso di nostalgia nei confronti di una città che sembra avere perso Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Come dicevo prima, Piero non è un eroe della tradizione e capisco che il primo impatto possa essere quello ma poi se ti fermi a pensare capisci che non è così e anzi funziona proprio perché non è il bianco e nero cioè non è Piero il buono eroe della tradizione e al viso il cattivo servo della modernità cioè in realtà sono molto più frastagliati e se il film funziona è perché non si blocca in quel manicheismo ma ti offre appunto una serie di strumenti per avere dei dubbi, per farti delle domande Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Allora, quella che io ho provato a trasferire nel film è quasi più, diciamo faccio uno simolo per capirci una nostalgia del futuro che è una nostalgia del passato cioè la sensazione che non sai dove stia il sapore del futuro cioè tu dici ma se il nostro futuro è trasformare le case nel B&B che cazzo di futuro è? Cioè che sapore ha? Che gusto ha? Che colore ha? Cioè è una cosa in cui perdi un senso delle cose allora questo ti produce quella malinconia perché anche la puzza di barena, fango e granchi dentro casa è una cosa che tu dopo un po' non è bello da avere però dentro a quella puzza c'è un senso, c'è qualcosa che ti distingue e che è quello che l'essere umano cerca sempre di più nella globalizzazione cioè è bellissimo tutto quello che di positivo c'è nella globalizzazione nell'incontro potenziale con l'altro, nella possibilità di muoversi nella possibilità di raggiungere i luoghi più rapidamente nella possibilità di parlare con i tuoi amici davanti a uno schermo tutte queste cose qua che la modernità ti dà però dentro a questi strumenti esiste anche la sensazione di una perdita di identità da cui nascono poi le pericolose, come tutte le perdite producono anche delle pericolose derive però se quella perdita di identità produce un futuro di chiusura, di conflitto non ho nessuna nostalgia di quello se invece quella perdita di identità ti dà la voglia di reinventare un futuro in maniera non asservita ai meccanismi commerciali del consumismo globale allora quella sì che è una nostalgia interessante per questo parlo di nostalgia del futuro di sapersi inventare un futuro che ti dà un senso ed è quello che Piero dice alla sua amica al bar lui dice sì ho capito che conviene che Alvise è più brava a fare il sky ma io dove vado? Io cosa faccio? faccio i soldi con Airbnb, poi vengo al bar, bevo e poi vado a mestere perché? Cos'è? Che senso ha? ed è anche la grande domanda di un mondo in cui i meccanismi del mercato hanno un peso molto rilevante nelle nostre vite dopo un po' però ti chiedi cosa serve a fare sky? serve a fare altri sky? E dopo? e dopo che ho altri sky? cosa me ne faccio? Vado in vacanza? ma sono sempre un po' a vuoto, no? ed è questa la nostalgia, la malinconia che mi interessa se invece è la nostalgia di un passato da conservare non è interessante ed è anche perdente è mio però, ma infatti Piero non parla di questo probabilmente se Tony fosse rimasto vivo Tony e Alvise si mettevano d'accordo perché poi alla fine i veri paladini della tradizione sono molto rapidamente pronti a dialogare con i paladini del mercato è una specie di smarrimento da parte di Piero forse che ha paura però è uno smarrimento rispetto al futuro non rispetto al passato, questo voglio dire cioè il problema non è che non so chi sono perché non posso più essere quello di prima il problema è che non so chi sono perché l'unica proposta che mi viene fatta è quella di vendermi questo è il mio vero problema se il mio unico destino di vita è vendere casa mia e non sapere davvero che cosa sai fare perché lavoro è fare il b&b cioè non è un lavoro non è un mestiere proseguo forse ci si poteva aspettare un altro finale come ad esempio la riaspacificazione dei fratelli perché decidere invece proprio di mantenere fino alla fine questa rivalità quasi distruttiva legata ai soldi forse per mantenere quella linea malinconica nonfagica del film oppure per una coerenza del personaggio di Pietro mettiamo ad esempio il suo carattere un po' affinato rigido buono ancora per gusto e per capacità personale perché tra adesso volendo scomodare gli inarrivabili maestri tra Aristofane e Sofocle preferisco Sofocle ma non perché Aristofane non sia bravo semplicemente perché so fare meglio penso di sapere fare un po' meglio Sofocle però in generale anche perché credo molto a quello che diceva Godaro che il cinema deve rovinare la cena alla famiglia borghese questo penso che serve a qualcosa al cinema serve a quello di lasciarti con delle domande aperte e non farti credere che sia tutto risolto come invece spesso succede nel cinema americano ma non solo americano perché non è vero perché c'è un tantissimo cinema americano che invece non fa così ma solo per usare uno stereotipo nel cinema che crea il problema e te lo risolve anche e ti manda a casa sereno hanno fatto tutto loro hanno fatto la guerra l'hanno criticata e l'hanno anche risolta con la pace e questo tante volte succede nei film americani o simili per usare una tipologia a me questo non piace ma non vuol dire che è giusto o sbagliato semplicemente è una questione di gusto ok, quindi torniamo alla cena e anche perché di fatto credo che quella domanda da cui siamo partiti sia una domanda aperta ancora non risolta credo che sia una domanda che può creare bellissimi dialoghi dibattiti e che se portati fino in fondo possono inventare strade nuove di futuro se invece rinunciamo a porcela con la domanda allora difficilmente troveremo delle alternative a quella che è la parte più potente tra le due dicevo appunto dopo la scena del ristorante Pietro piange perché sa che accetterà la proposta appunto della vendita o perché è sentito dispiaciuto del litigio con il fratello sono molto contento di questa domanda perché una delle cose per me importante nei film è lo spazio dello spettatore cioè che ci siano delle scene in cui io sento noi sentiamo con i miei attori, il mio coscieneggiatore che c'è un'emozione giusta ma non per questo perfettamente precisa ci siete ancora? adesso ci siamo dicevo che mi piace quando ci sono delle scene in cui c'è un'emozione giusta ma non necessariamente precisa in cui c'è lo spazio lo spettatore è proprio quello di decidere perché quella cosa sta succedendo e quindi mi va benissimo che lui pianga perché sa che venderà la casa lui piange perché ha dovuto litigare col fratello piange perché vorrebbe poter non lasciare la casa ma non sa come fare piange perché gli manca Tony va bene è interessante che dopo aver fatto quell'atto lui pianga questo mi sembra avere una sua forza e dentro a quella forza ci sono vari motivi e anche perché banalmente nella vita tante volte non sai perché piangi è vero anche io la scelta che accade mi pare un paio di volte nel film di respirare come se ci fosse sott'acqua quell'effetto gassato è perché si vuole descrivere una sorta di introspezione o è il semplice il legame con l'acqua fa parte di quella sensazione avuta durante il montaggio che ci fosse la musica dentro a quei rumori e sicuramente la bolla dell'acqua che è la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la la