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Quanto puó essere difficile ammettere un errore?
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The speaker realizes they made a serious mistake by using the wrong verb tense. They consider pretending it didn't happen, but worry it could affect their credibility. They mention that even important people make mistakes. They believe admitting and learning from one's own mistakes is important. They discuss encountering people at work who refuse to admit their own mistakes and prefer to argue instead. The speaker tries to lower tension and will discuss their philosophy of life in the future. They apologize for the mistake and thank those who listened. Risentendo il podcast precedente mi sono accorto di aver commesso un errore imperdonabile, gravissimo, qualcosa che nessuna persona che parli la lingua italiana dovrebbe mai fare. Ebbene sì, ho sbagliato un congiuntivo. La prima sensazione, non appena resomi conto del fattaccio, è stata un gran senso di vuoto e impotenza nel non poter rimediare a quello sbaglio. Ma subito dopo il diavoletto che alberga in me si è appalesato, suggerendomi immediatamente la soluzione, anzi le soluzioni per superare l'impasse. Soluzione numero uno, far finta di nulla. In fondo chi dovrebbe o potrebbe accorgersene. Coloro che hanno la bontà di fermarsi ad ascoltare i tuoi pensieri libertà, magari sono più attenti alla sostanza piuttosto che alla forma. E poi si sa che parlando, e con tutto quel fardello di grammatica che noi italiani ci ritroviamo sulle spalle, un piccolo errore ci possa stare. Non mi hai convinto. Magari questo errore potrebbe far perdere di credibilità il senso del discorso, o peggio ancora, dare un'immagine meno gradevole dei podcast eppure del sottoscritto. In questo caso, mi incalza il malignetto, ecco la soluzione numero due. Qualora ci fosse il pignolo della compagnia lì, pronto a farti notare lo strafalcione, gli potrai sempre rispondere, ma certo che c'è l'errore. Cosa credevi? Lo so perfettamente, è stato commesso di proposito. Era solo per vedere se eravate tutti attenti e preparati. Non può funzionare, mi sono detto. Sempre meglio la verità. È più dignitoso ammettere che il congiuntivo abbia fatto cadere anche me. E se il detto malcomune mezzo gaudio può consolarci in parte, è pur vero che sentendo parlare personaggi di un certo rilievo, politici, giornalisti, addirittura sceneggiatori di film e fiction della televisione, per bocca degli attori che interpretano i loro testi, non posso proprio sentirmi così solo. Ovviamente tutto questo è solo il pretesto per parlare di un argomento che mi sta più a cuore, e cioè l'ammissione di un proprio errore. Come ho accennato in un podcast precedente, ritengo l'autocritica una virtù importantissima e preziosa, e io con un po' di presunzione penso che sia uno dei miei pochi pregi. Proprio in questo periodo ho avuto a che fare sul luogo di lavoro con qualche persona che non possiede nel suo vocabolario nemmeno nella forma dubitativa parole e frasi come hai ragione, mi scuso, ho sbagliato. Più facile dal loro punto di vista mantenere il punto fino alla fine, argomentandolo anche con ragioni che rasentano il ridicolo, aumentando polemiche e malumori, non riconoscendo nessuna positività nel pensiero e nella prospettiva altrui. Non c'è sforzo da parte loro di provare a mettersi nei panni dell'altro in modo sereno per tentare di vedere le cose da una diversa angolazione, negandosi peraltro la grande opportunità di arricchire e ampliare il proprio pensiero. Dovendoci convivere al lavoro e non potendo evitare di spendere del tempo con questo tipo di persone, cerco almeno di contenere l'inevitabile tensione abbassando i toni della polemica con una filosofia di vita di cui parlerò prossimamente. Per questa volta penso che è giunto, chiedo scusa, che sia giunto il momento di chiudere qui e ringraziare chi ha avuto la benevolenza di ascoltare. Agli altri, beh, agli altri no. Sono Evaristo Tisci e questo è il mio podcast dal titolo Perché, ma forse lo cambio.