La pasta fresca (Beppe)

Sulla scia dell'attività di cartotecnica è poi nata quella della pasta fresca. Gli incassi delle vendite, dei prodotti in quali portografie soprattutto, ma le scatole, le cartellette, le rubriche e via dicendo hanno permesso l'acquisto di una macchina impastatrice per realizzare pasta fresca. E così abbiamo iniziato il laboratorio, sempre nell'ottica di partecipare, ognuno secondo quello che poteva, alla realizzazione di un prodotto fruibile fuori dal CSE, la pasta fresca appunto. I fruttori erano essenzialmente le famiglie degli ospiti che su richiesta potevano ottenere tagliatelle, spaghetti, maccheroni, ma anche biscotti di varie forme. Il risultato era gradevole e soprattutto permetteva all'ospite il riconoscimento di un lavoro svolto al CSE e di utilità fuori dal CSE. Diversamente dal laboratorio di carta tecnica, che nasceva ed era impostato e organizzato come un vero e proprio lavoro, stipendio compreso, quello della pasta fresca era appena iniziato e la mia dipartenza per l'allora ASL non mi aveva permesso di proseguire i contenuti che avrei desiderato. I due laboratori sono però stati per me l'esperienza della possibilità di pensare il lavoro anche con persone con grave disabilità intellettiva, quando questo era pensato e realizzato all'interno di un'organizzazione caratterizzata da una vita relazionale, fortemente comunitaria. Attenzione, non ho detto protetta. Su questo pensiero della vita comunitaria ci dovremmo tornare perché secondo me è il contesto adeguato all'eliminazione delle barriere comportamentali e relazionali citate dalla Convenzione ONU per eliminare o quantomeno ridurre la disabilità.