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23 - Vino_ Domande [Segue] (192kbit_AAC)

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In summary, the speaker discusses the practice of mixing water with wine during the celebration of the Eucharist. They explain that this practice has historical and symbolic significance. The mixing of water and wine represents the union of Christ with his Church and the incorporation of believers into Christ. It also symbolizes the unity of Christ's divine and human nature. The speaker emphasizes the importance of actively participating in the Eucharist and offering oneself to God. They also explain the significance of the priest adding a piece of consecrated bread to the wine during the fraction of the bread, symbolizing the unity of Christ's body and the participation of believers in his sacrifice. Allora, abbiamo iniziato venerdì scorso, riflettendo insieme sull'Eucarestia come cibo di vita eterna, e abbiamo iniziato a porci qualche domanda, e ci eravamo lasciati con la domanda, al momento dell'offertorio, perché il celebrante mette alcune gocce di acqua nella calice insieme con il vino, e avevamo incominciato a rispondere a questa domanda. E allora vorrei continuare per approfondire questo argomento, perché mi sembra importante e ci aiuta anche a capire qualcosa di più di questo grande mistero che è il mistero dell'Eucarestia. La Santa Chiesa si è basata su vari motivi per stabilire questa norma. In primo luogo, perché siccome gli ebrei avevano l'abitudine di bere vino mescolato ad acqua nella cena pasquale, sembra sicuro che Cristo così lo consacrò nell'ultima cena. Quindi in questo senso Gesù Cristo ha voluto, celebrando appunto l'ultima cena e ripercorrendo la stessa cena ebraica, ha voluto mantenere e rispettare questa usanza di mescolare il vino con un po' di acqua. È importante questo richiamo storico, al tempo di Gesù infatti era consuetudine diluire il vino con acqua, e forse questo potrebbe essere stato fatto anche nel corso dell'ultima cena. Secondo motivo, così dice il concilio di Trento, la Chiesa ha prescritto ai sacerdoti di mescolare acqua al vino nel calice che si offre, sia perché si crede che così abbia fatto Cristo Signore, quando ha celebrato l'ultima cena, sia perché dal suo lato trafitto dalla spada del soldato defluirono sangue e acqua. Quindi qui abbiamo anche un riferimento non solo storico, quello che ci dice il concilio di Trento, che sapete è stato celebrato nel 1500, ma anche c'è un motivo anche storico di riferimento, e cioè da quel costato che è stato trafitto dalla spada, dalla lancia di quel soldato, i Vangeli ci dicono uscirono sangue e acqua. Terzo motivo, quando nel calice l'acqua si mescola al vino, il popolo si unisce a Cristo, afferma San Cipriano. Quindi è la nostra unione rappresentata dall'acqua, la nostra unione alla vita e alla natura umana e divina di Cristo, e quindi la nostra unione a Cristo Signore, afferma San Cipriano. Questa mistura è anche un'immagine dell'intima unione di Gesù Cristo con la sua chiesa. Lui è il capo, la chiesa è il corpo, e dunque anche lì l'acqua rappresentata dalla chiesa, il Cristo rappresentato dal vino, anche qui abbiamo un'immagine, un segno di questa profonda e intensa unione di Cristo alla sua chiesa e con la sua chiesa. Quarto, San Tommaso d'Aquino va anche più in profondità, più lontano. Quando l'acqua si converte in vino, significa che il popolo si incorpora in Cristo. Cristo ci incorpora a sé, ci unisce a sé, in una maniera talmente profonda che, appunto, a un certo momento San Paolo anche esclama non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. Quindi ecco, c'è anche questa incorporazione nostra con Cristo Signore. Quinto, come il vino assimila l'acqua, così Gesù, unendoci a lui, ha preso su di sé i nostri peccati. Quindi anche questo è una maniera per evidenziare quale importanza ha l'Eucaristia per tutti quanti noi, in quanto come il vino assimila l'acqua, così Gesù, unendoci a lui, ha preso su di sé i nostri peccati. Sesto, vino e acqua poi rappresentano la natura umana e divina di Cristo. Già la volta scorsa, nel discorso, l'avevamo richiamato questo motivo, e quindi è all'interno stesso di Cristo che, unendo l'acqua e il vino, si evidenziano questa profonda, intensa unione e comunione tra la natura divina e la natura umana di Cristo. In Dio Trinità esiste una sola natura, che è la natura divina, in tre persone. In Gesù invece abbiamo un'unica persona, il figlio di Dio fatto carne, e però con due nature, la natura divina e la natura umana. Dal momento però della sua ascensione al cielo, ecco che anche la nostra natura umana è stata portata in cielo da Gesù, che è risorto e è asceso al cielo, e dunque in un certo senso un po' tutti noi, tutta l'umanità intera, è già all'interno del cielo, già all'interno della Santissima Trinità, per tutta l'eternità, e questo grazie appunto al figlio di Dio che si era fatto carne nel grembo della Vergine Maria assumendo la nostra natura umana, e quindi questa natura umana glorificata, risorta, Lui l'ha portata anche in cielo. Per di più non dimentichiamo che ha voluto, Dio ha voluto che anche la madre del suo figlio fosse la prima ad essere partecipe, immediatamente nel momento del suo passaggio da questa vita all'altra, fosse partecipe già appunto da subito, anche con il suo corpo glorificato, e per questo noi la veneriamo come l'assunta in cielo, anima e corpo, e quindi anche da questo, grazie alla Maria Santissima, possiamo ancora anche noi dire, ecco tu sei già ciò che noi saremo un giorno, anche col nostro corpo, o almeno ci auguriamo, perché la sorte potrebbe toccare, potrebbe esserci anche la situazione per qualcuno di noi, speriamo di no, la situazione anche dell'inferno, però già adesso noi possiamo contemplare la persona umana di Maria glorificata in cielo, e quindi in lei possiamo anche vedere un po' tutti quanti noi che siamo Suoi figli. Dal suo costato ferito con la lancia del centurione durante la crocifissione sono sgorgati appunto sangue e acqua. Il vino, elemento nobile prezioso, simbolizza, rappresenta l'uomo Dio. L'acqua è simbolo dell'umanità incostante e fragile. Sono anche questi modi attraverso i quali possiamo comprendere l'importanza appunto di questo gesto che il celebrante fa, ricollegandolo un po' queste varie motivazioni. La mistura di acqua e vino, insegna la teologia, riguarda la partecipazione dei fedeli al sacramento dell'Eucaristia, quindi anche qui noi l'acqua che partecipiamo all'Eucaristia, dando anche noi il nostro contributo attivo che è fatto di fede, che è fatto di amore, che è fatto di ascolto, che è fatto di condivisione della parola di Dio prima e poi di Cristo Signore del suo corpo e del suo sangue, se possibile anche a livello sacramentale, o almeno a livello spirituale, con quella che è chiamata la comunione spirituale. A significare che il popolo dunque che partecipa all'Eucaristia si unisce a Cristo, e Cristo lo unisce a sé. Il sacerdote dice appunto all'offertorio, l'acqua unita al vino sia segno della nostra unione alla vita divina di Cristo che ha voluto assumere la nostra natura umana. Ecco queste frasi, queste parole, molte volte noi non le sentiamo sia perché il sacerdote le dice sotto voce, come è richiesto dalla liturgia, ma sia anche perché durante l'offertorio, normalmente, soprattutto la domenica, si canta e dunque cantando non possiamo ascoltare questa frase che appunto invece il sacerdote dice, e in cui vedete che esprime soprattutto il significato che abbiamo, che stiamo appunto esplicitando, e cioè che l'acqua unita al vino sia segno della nostra unione alla vita divina di Cristo. Non dice è segno, ma sia segno, quindi qui ci vuole qui vendetto anche in maniera esortativa, in maniera augurale, in maniera anche impegnativa, e cioè è qualcosa che ciascuno di noi deve fare in quel momento, durante la celebrazione, è il momento dell'offertorio, quindi è l'offerta di noi stessi al Padre unendoci a Cristo. Unendo Cristo vuole unirci a sé per offrirci al Padre nella comunione dello Spirito Santo. E però si evidenzia anche che questa nostra unione alla vita divina di Cristo, che questo Cristo ha voluto assumere la nostra natura umana, e in qualche maniera l'ha portata a una dignità impensabile, perché non è dunque da considerare, è vero che c'è la caduta a causa del peccato, è vero che dunque è una natura umana decaduta, però è anche vero che per il fatto che Gesù Cristo la assume nel grembo della Vergine Maria, Lui dà un valore, dà una dignità, dà una esaltazione anche alla nostra natura umana, che è quantomai importante e quantomai anche bella e significativa. Quindi ricordiamocele un po' queste parole, anche se non abbiamo la possibilità di ascoltarle direttamente dal celebrante, però ecco quel gesto cerchiamo di valorizzarlo e cerchiamo anche di tradurlo in una in più intensa e completa partecipazione anche di tutto noi stessi, con la nostra pensiero, col nostro cuore, con i nostri gesti, con la nostra persona, di partecipazione al mistero eucaristico che appunto si va celebrando. Prima di sollevare e offrire il vino il ministro ordinato e il diacono pertanto aggiunge una goccia d'acqua al vino che rappresenta l'unione ipostatica della divinità e umanità di Cristo, ma rappresenta anche l'unione della nostra offerta con l'offerta perfetta che Cristo fa sulla croce insieme a ciascuno di noi. Quindi vedete che è Cristo naturalmente il protagonista principale, però ci coinvolge, chiede anche a noi di metterci tutta la nostra partecipazione e la nostra condivisione. Ciò significa che noi partecipiamo del sacrificio di Cristo e segno della partecipazione della nostra natura umana alla natura divina del Cristo. Cristo insomma ci vuole coinvolgere anche in questo suo offrirsi al Padre in sacrificio, in espiazione per i peccati di tutta l'umanità. Altra domanda. Perché a un certo punto, e questo avviene dopo la consacrazione, in occasione e in pratica della recita un po' della Newsday, c'è questo gesto che il celebrante fa, che mette un po' di pane consacrato, quindi un po' del corpo di Cristo, un pezzettino, lui spezza anzitutto l'ossia sul calice e un pezzetto di ossia consacrata, un pezzetto appunto di Cristo, del corpo di Cristo, dunque viene messo nel calice. E questo perché lo fa il celebrante? Anche questo penso che ciascuno di noi l'abbia notato e penso anche che ci siamo anche chiesti del perché il celebrante fa quel gesto, a che scopo, per quale motivo? Vediamo di rispondere dunque a questa domanda. Il gesto fatto dal sacerdote durante la frazione del pane, ecco questo termine anche mi piace, e impariamolo un po', la frazione del pane richiama un po' l'aspetto biblico neotestamentario della prima comunità cristiana. Proprio oggi è la festa di San Luca l'Evangelista, quello che è stato l'autore un po', docile allo Spirito Santo, l'autore del Vangelo di Luca, ma anche degli Atti degli Apostoli, e appunto negli Atti degli Apostoli c'è scritto proprio all'inizio che la prima comunità cristiana era assidua nella frazione del pane. Cosa si intende con quel termine frazione del pane? Si intende appunto l'Eucaristia. Frazione del pane, cioè il pane che viene spezzato, è Cristo che spezza la sua vita per noi, che la offre al Padre per noi, in sacrificio, in offerta gradita a Lui, e nello stesso tempo è anche l'offerta che Lui, Gesù Cristo, spezza la sua vita per tutti quanti noi. La offre al Padre sì, ma la offre anche a tutti quanti noi. E questo gesto della frazione del pane lo si compie appunto prima della comunione e si chiama a un termine anche catechistico, liturgico, teologico, il termine è commissione, questo pezzetto di ossea consacrata che viene messo nel calice, commissione. Il sacerdote immette nel calice del vino consacrato un frammento di pane consacrato. Si tratta di un rito, anche questo antichissimo, che deriva da un segno di comunione con il bescovo detto fermentum. Ecco, spieghiamo un po' questo gesto e questo significa. Il fermentum era un frammento di pane eucaristico consacrato dal Papa e portato ai presbiteri titolari che non avevano potuto prendere parte alla messa del Papa. Questo frammento deposto nel calice era segno di comunione, di unità del celebrante presbitero sacerdote insieme con il bescovo di Roma, il Papa, quando le comunità erano piccole e naturalmente era il bescovo a presiedere l'unica celebrazione e il Papa in quel caso e gli altri in comunione con lui e in unione con lui e insieme con lui. Questo frammento dunque deposto nel calice era segno di comunione, di unità con il Papa. Il gesto che ancora oggi fa il sacerdote indica la piena unità nel corpo di Cristo risorto, realizzata con il successore degli Apostoli. Successore di Pietro, il Papa, successore degli Apostoli, i Vescovi, il Vescovo. E quindi era una maniera anche attraverso, ed è una maniera attraverso la quale appunto anche il singolo presbitero incardinato in una diocesi esprime la sua comunione, la sua unione con il proprio Vescovo e il Vescovo in comunione con gli altri Vescovi in comunione con il Papa. Quindi vedete che diventa anche questa commissione del pezzetto di ostia consacrata nel vino consacrato, diventa questa unione, commissione, anche qui indica l'unione in questo caso però della celebrante, del presbitero, insieme con il proprio Vescovo, in comunione con il Vescovo, tant'è vero che potrebbe essere anche il Vescovo a impedire la celebrazione dell'Eucaristia a un suo sacerdote, per gravi motivi naturalmente. La cosiddetta, ad esempio, sostenzione ad ivinis, una sostenzione che appunto può essere appunto anche attuata dal Vescovo quando è di fronte a un grave motivo, a un grave comportamento di un suo sacerdote. Ora invece questa unione dell'ostia consacrata nel vino consacrato indica questa comunione, questa unione, questa anche in un certo senso rendere presente la persona del Vescovo nella quale, nella cui comunione, il celebrante sacerdote appunto compie la celebrazione dell'Eucaristia e anche questo gesto della commissione. Inoltre la commissione significa e ricorda l'unità del corpo e del sangue di Cristo. Ecco un altro motivo. Allora è Gesù che ha voluto un po' questa divisione del corpo e del sangue per evidenziare la dimensione del sacrificio in cui appunto il corpo del Signore sulla croce perde tutto il suo sangue, versa tutto il suo sangue per noi. Ed ecco perché nella celebrazione si distinguono i due momenti, la consacrazione del pane, la consacrazione del vino. Però in questo momento della commissione, al momento dell'Agnus Dei, i due si ricongiungono per non farci dimenticare che c'è una profonda e intensa unità fra il corpo e il sangue di Cristo nell'opera di salvezza. È Lui che ci salva con il suo corpo, con il suo sangue, con il suo essere figlio di Dio e con il suo essere uomo, vero, reale, che è appunto che grazie all'alsia di Maria anche. Naturalmente oltre grazie alla volontà di Dio Padre e dell'amore dello Spirito Santo. Quindi anche questo è un altro significato che ha la sua importanza. Andiamo avanti un po' con le domande per ora. Perché e quando la comunione sotto le due specie? Nei primi secoli la comunione alcalice per tutti i fedeli era un'azione naturale, anche perché le comunità erano più piccole e dunque era anche più facilmente attuabile. È stata poi abbandonata, oltre che per motivi igienici, anche di ordine pratico. Oggi la comunione sotto le due specie del pane e del vino è prevista in alcuni casi o in occasioni di celebrazioni particolarmente espressive per la comunità, ad esempio nel caso dei matrimoni celebrati in chiesa. I due novelli sposi che si comunicano, se non ci sono controindicazioni da parte di uno dei due o di tutte e due, si comunicano sotto le due specie. La comunione sotto le due specie bevendo direttamente alcalice è prevista solo per il sacerdote, il diacono o un ministro straordinario debitamente autorizzato. Ecco, il bere direttamente dal calice questo è riservato appunto solo a queste tre persone, che poi lo faccia solo il celebrante, i sacerdote, ok, per il diacono magari lo si fa attraverso l'intenzione, poi casomai il diacono finisce e consuma il vino consacrato che è rimasto appunto al termine della celebrazione. O un ministro straordinario debitamente autorizzato, ma deve essere autorizzato a questo scopo, qualora ci fosse un grave motivo. Non so, penso ad esempio il grave motivo potrebbe essere quello di un sacerdote alcolista, alcolizzato, il quale qualora assumesse anche solo una certa pur piccola, pur esigua quantità di vino consacrato, questo potrebbe scatenare di nuovo in lui così una forma di alcolismo che sarebbe controproducente. In questo caso, ad esempio, potrebbe essere autorizzato o il diacono, oppure un ministro straordinario dell'Eucaristia che consumi lui il vino consacrato che rimane nel calice. Il sacerdote appunto potrebbe solo eventualmente una goccia e il resto poi viene consumato appunto da un altro fedele, o diacono, meglio se c'è, oppure un ministro straordinario, però debitamente autorizzato, altrimenti normalmente questo non è consentito. La distribuzione della comunione sotto due le specie è invece ammessa con utilizzo di apposite cannucce con un cucchiaino o per intenzione. Quella per intenzione è la forma più comune e anche la più igienica almeno, così date anche le condizioni in cui possiamo trovarci oggigiorno. Quella del cucchiaino è un po' più problematica da un punto di vista igienico, perché se anche ci fosse l'attenzione da parte del celebrante di non toccare le labbra della persona però il rischio è abbastanza forte. Apposite cannucce mi sembra una cosa piuttosto non opportuna, perché poi ognuno dovrebbe avere una propria cannuccia e poi come si potrebbe rimanere all'interno della cannuccia una qualche goccia di vino consacrato, il che costituirebbe non pochi problemi. Ecco quattro aspetti complementari del bere alcalice. Perché appunto? Che significato può avere al di là di quelli che sono gli aspetti igienici, pratici di questo bere alcalice o attingere d'alcalice e quali sono i motivi, gli aspetti appunto che sono complementari? Qui ne indico quattro, ne indico. Bere alcalice richiama il sangue versato da Cristo e dunque è vero anche che se tu fai la comunione sotto la specie del pane o sotto la specie del vino, anche solo se le fai in una delle due forme, tu ricevi tutto il corpo e il sangue di Cristo, tutto intero il Cristo, sia che tu lo faccia solo col pane, sia che tu lo faccia solo col vino. È sempre il totus Christus che tu accogli, che tu ricevi nella comunione. Però bere alcalice richiama maggiormente questo sacrificio di Cristo che ha offerto tutta la sua vita e dal suo corpo ha versato tutto il suo sangue. E pertanto c'è questa evidenza, evidenza maggiore che appunto è l'offerta della sua vita, tutto il suo corpo che ha versato tutto il suo sangue. E questo perché? Perché è avvenuto appunto il sacrificio, è avvenuto appunto quello che è il sacrificio di lode e di ringraziamento e di offerta che Gesù Cristo ha fatto al Padre per tutti noi. Ne sono testimoni Ignazio di Antiochia, giusto ieri abbiamo festeggiato Ignazio di Antiochia, la tradizio apostolica di Ippolito, ma soprattutto Origene e Cipriano di Cartagine. Sono tutti santi, personaggi che sono vissuti nel I secondo secolo, dopo Cristo naturalmente, e quindi sono testimoni tutti di questa importanza e di questo appunto significato. Questo aspetto è dai testi liturgici la più testimoniata e sfruttata. Epitefi che descrivono il sangue di Cristo. Semplice sangue di Cristo, le Costituzioni Apostolorum, semplice, prezioso, nella Messa Caldea, nel rito etiopico, i vari riti liturgici. Ecco, quali sono gli aggettivi che descrivono, normalmente nelle varie tradizioni e culture e liturgie cristiane, quali sono un po' gli aggettivi, gli epitevi che descrivono il sangue di Cristo. Semplice, prezioso, propiziatorio, vivo e vivificante, col rito marronita, effuso per noi, rito copto, per la remissione dei peccati, liturgia giacobita, bizantina, caldea, marronita, per la salvezza del mondo e la vita delle anime nostre, rito armeno. Quindi vedete come i vari riti, le varie liturgie che hanno diritto pieno di cittadinanza nella fede cattolica e vengono soprattutto, vedete, dal mondo orientale, perché noi abbiamo, fondamentalmente noi in Italia e anche in Europa, abbiamo fondamentalmente il rito romano e il rito ambrosiano. Il rito romano è quello più diffuso nel mondo occidentale. Però ecco, ci sono un po' tutte queste liturgie, questi riti del mondo orientale cattolico che, appunto, evidenziano, con aggettivi particolari, evidenziano appunto l'importanza e le varie finalità del sangue di Cristo. Inoltre, il secondo aspetto, bere alcalice, richiama la bevanda propria degli ultimi tempi del tempo dello Spirito. Oltre a origine ecipriano si possono trovare indizi sia nella didatè che nella tradizio apostolica. Inoltre, bere alcalice richiama l'unità ecclesiale che nel sangue si produce. Bere alcalice unico, all'unico calice, indica che diventiamo un solo corpo, un solo Spirito. E questo grazie non tanto a noi, alle nostre buone intenzioni, quanto invece, grazie appunto a Gesù Cristo che ci, unendoci a sé, ci unisce anche fra di noi. E questo è un aspetto che purtroppo molte volte dimentichiamo. Noi pensiamo che nell'Eucaristia siano i nostri gesti, le nostre azioni, i nostri pensieri, le nostre buone volontà a unirci fra di noi. No, principalmente, e anzitutto e prima di tutto, Gesù Cristo. Gesù Cristo che, unendoci a sé, ci unisce fra di noi. E quindi l'unione che realizziamo fra di noi è una unione, un tipo di unione che è il frutto, che è l'effetto della unione che Cristo fa di me stesso a Lui. Prima di tutto e anzitutto è Gesù Cristo che ci unisce, mi unisce a sé. E unendomi a sé, contemporaneamente, dunque io risulto unito a tutti noi. È come, non so, un centro con tanti raggi e i vari raggi sono uniti fra di loro perché sono uniti al centro. E dal centro parte quell'energia di unità, di fusione, di condivisione, che fa sì che poi risulti una unità fra tutti i raggi e fra tutti quanti noi. Ecco, torno a dire, questo è un aspetto che purtroppo molto spesso dimentichiamo e che invece nell'Eucaristia si realizza in una maniera meravigliosa. Pertanto, la nostra preoccupazione non dovrebbe essere quella di fare gesti, fare o dire o fare o sbrigare cose o movimenti per esprimere l'unità fra di noi. Dovremmo preoccuparci prima di tutto di lasciarci unire a Cristo e di essere uniti a Cristo. E questa poi, unità con Cristo, questa poi, ecco, si manifesta poi e si estende all'unità fra di noi. Ma è Cristo che ci unisce a sé, torna a dire, per l'ennesima volta, perché sono convinto che molte volte ce lo dimentichiamo, e Cristo, unendoci a sé, ci unisce fra di noi. E allora la mia preoccupazione principale, torna a dire per l'ennesima volta, dovrebbe essere quella di lasciarmi prendere, di lasciarmi unire da Cristo. E questo poi, anche nella misura in cui sarò più intimamente unito a Cristo, allora riuscirò anche a vivere una dimensione di comunione e di unione con i miei fratelli. Richiama dunque l'unità ecclesiale che nel sangue di Cristo si realizza. Inoltre bere il calice significa essere disposto a dare la propria vita con Gesù e come Gesù. E quindi non solo pregarlo, invocarlo, ma anche imitarlo, e essere disposti dunque a quel martirio che non necessariamente possiamo essere chiamati anche al martirio della vita con un solo gesto. Ma non dimentichiamo che esiste anche, e anche dai padri della Chiesa è sempre stato evidenziato, il martirio quotidiano, e cioè la fedeltà giorno per giorno, ora per ora, fedeltà di unione, di sequela da parte nostra nei confronti di Cristo. E quindi questo ci porta appunto a dare, a darsi per gli altri come Gesù, a non vivere per se stessi, a non cercare la propria gloria. Quindi vedete come anche questo bere al calice possa avere un significato anche molto bello e molto profondo. Ecco quanto prescrive il messaggio romano circa la Santa Comunione sotto le due specie. Al numero 281 la Santa Comunione esprime con maggior pienezza la sua forma di segno se viene fatta sotto le due specie. Risulta infatti più evidente il segno del banchetto eucaristico, e si esprime più chiaramente la volontà divina di ratificare la nuova ed eterna alleanza nel sangue del Signore. Ed è più intuitivo il rapporto tra il banchetto eucaristico e il convito escatologico nel Regno del Padre, alla fine dei tempi. Quindi questo rapporto, relazione fra l'ora in cui viene celebrata adesso l'eucaristia, ic et nunc, qui e ora, e quello che celebraremo nell'eternità. Nel 282, sempre il messale romano dice, i pastori d'anime si facciano un dovere di ricordare, nel modo più adatto ai fedeli che partecipano al rito o che vi assistono, la dottrina cattolica riguardo alla forma della comunione, secondo il concilio ecumenico di Trento. In particolare ricordino ai fedeli quanto insegna la fede cattolica, che cioè anche sotto una sola specie si riceve il Cristo tutto intero. Se lo ricevi anche sotto una sola specie, sappi che ricevi il Cristo tutto intero. Quindi quello che abbiamo detto anche circa il vino consacrato, ecco, ricordati che è valido anche se tu lo ricevi sotto una sola specie, cioè sotto la specie del pane. E il sacramento lo ricevi in tutta la sua verità e pienezza. Di conseguenza, per quanto riguarda i frutti della comunione, coloro che ricevono una sola specie non rimangono privi di nessuna grazia necessaria alla salvezza. Inoltre insegnino che nell'amministrazione dei sacramenti salva la loro sostanza. La Chiesa ha il potere di determinare o cambiare ciò che essa ritiene più conveniente, però non toccando la sostanza del pane e del vino, per la venerazione dovuta ai sacramenti stessi e per l'utilità di coloro che li ricevono secondo la diversità delle circostanze, dei tempi e dei luoghi. Quindi il modo la Chiesa su certe cose può intervenire e può dare le opportune indicazioni. Nello stesso tempo però esortino i fedeli perché partecipino più intensamente al sacro rito, nella forma in cui è posto in maggiore evidenza il segno del banchetto. E poi aggiunge ancora, la comunione sotto le due specie è permessa, oltre ai casi descritti nei libri rituali, ai sacerdoti che non possono celebrare o concelebrare, al diacone e agli altri che compiono qualche ufficio nella messa, ai membri delle comunità nella messa conventuale o in quella che si dice della comunità, quindi si parla di comunità monastiche, agli alunni dei femminari, a tutti coloro che attendono agli esercizi spirituali o parteciperanno ad un convegno spirituale o pastorale. Il Vescovo diocesano può stabilire per la sua diocesi norme riguardo alla comunione sotto le due specie da osservarsi anche nelle chiese dei religiosi e nei piccoli gruppi. E ancora, allo stesso Vescovo è data facoltà di permettere la comunione sotto le due specie ogni volta che sembri opportuno al sacerdote al quale, come pastore proprio, è affidata la comunità, purché i fedeli siano ben preparati, non ci sia pericolo di profanazione del sacramento, o la celebrazione non risulti troppo difficoltosa per il gran numero di partecipanti o per altra causa. Quindi vedete che dei limiti già la stessa Santa Sede col Messale Romano li pone. Ancora, circa il modo di distribuire ai fedeli la sacra comunione sotto le due specie e circa l'estensione delle facoltà, le conferenze episcopali possono stabilire dalle norme approvate però dalla sede apostolica. Quando si distribuisce la comunione sotto le due specie, per il calice solitamente compie il servizio il diacono o, in sua assenza, il sacerdote, o anche l'accolito istituito o un altro ministro straordinario della sacra comunione, o un fedele a cui, in caso di necessità, viene affidato questo compito per l'occasione, per quel tipo di celebrazione basta. Ciò che rimane del sangue viene consumato all'altare dal sacerdote, dal diacono o dall'accolito istituito che ha prestato servizio per il calice e che poi, nel modo solito, purifica, asterge e ordina, mette in ordine, i vati sacri. E ancora, nel sale romano, precisa, ai fedeli che vogliono comunicarsi solo sotto la specie del pane, la sacra comunione si dia in questa forma. Per distribuire la comunione sotto le due specie si devono preparare se la comunione si fa bevendo direttamente dal calice o un calice di sufficiente grandezza o più calici, con attenzione tuttavia nel prevedere che la quantità del sangue di Cristo da consumare alla fine della celebrazione non rimanga in misura sovrabbondante. Se si fa per intinzione ostie né troppo sottili né troppo piccole, ma un poco più consistenti del solito, perché si possono convenientemente distribuire. Altrimenti c'è il rischio che toccando il vino si sciolgano e cadano i frammenti e si sciolga anche l'ostia. Dopo averle intinte parzialmente nel sangue del Signore. Se la comunione al sangue si fa bevendo dal calice, il comunicando, dopo aver ricevuto il corpo di Cristo, va dal ministro del calice e si ferma davanti a lui. Il ministro dice il sangue di Cristo. Il comunicando risponde Amen. E il ministro gli porge il calice, che lo stesso comunicando accosta le labbra con le sue mani. Ma sempre porto offerto dal ministro, perché è il gesto dell'accoglienza, non del prendere, lui stesso. Il comunicando beve un po' dal calice, lo restituisce al ministro e si allontana. Il ministro asterge con il purificatoio il labbro del calice. Se la comunione al calice si fa per intinzione, il comunicando tenendo la patena sotto il mento va dal sacerdote che tiene il vaso con le particole, al cui fianco sta il ministro che tiene il calice. Il sacerdote prende l'ostia, ne intinge una parte nel calice, mostrandola, dice, il corpo e il sangue di Cristo. Il comunicando risponde Amen. Dal sacerdote riceve in bocca il sacramento e poi si allontana. Allora, ho voluto un po', sono andato un po' oltre il tempo di qualche minuto, ma ho voluto concludere un po' questa presentazione in maniera da avere un quadro sufficientemente completo e chiaro su questo anche aspetto della comunione sotto le due spalle.

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