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The speaker apologizes for the delay and explains that they celebrated the patron saint of San Nicola. They have been discussing the Eucharist and now want to talk about the significance of bread. Bread has been important throughout history, and in Christianity, it represents the body of Christ. After consecration, the bread becomes the body of Christ in substance. The speaker emphasizes the importance of understanding the symbolism and value of bread in relation to our connection with God and each other. Bread is seen as a symbol of God's wisdom and presence. Bene, buonasera a tutti o buongiorno, saluto anche padre Agostin che si trova, che ci saluta dal Messico e che è anche signorina Soledad dalla Spagna. Mi scuso per il ritardo ma questo pomeriggio questa sera abbiamo un po' festeggiato in una delle mie parrocchie che è dedicato a San Nicola, il panno come patrono San Nicola, abbiamo appunto celebrato e festeggiato questo loro patrono. Poi c'è in giro anche un po' di traffico qui per le strade della mia diocesi e quindi mi scuso un po' per il ritardo ma adesso ci siamo e possiamo appunto riprendere la nostra catechesi. La catechesi che finora abbiamo fatto in questi mesi di ottobre e di novembre era principalmente sul vino. Il titolo è sempre Eucarestia, cibo di vita eterna e abbiamo iniziato in questi due mesi scorsi a parlare del cibo eucaristico nella specie del vino. Adesso vorrei introdurre, iniziare il discorso sul pane e questo è un discorso un pochettino più lungo perché partendo dal fatto che Gesù Cristo ha voluto scegliere lui e decidere lui gli alimenti per il cibo eucaristico e cioè l'elemento del pane, azimo, e l'elemento del vino e dunque noi siamo tenuti a mantenere, a conservare questi due alimenti come cibo fondamentale dell'Eucarestia per le specie eucaristiche. Però partendo da questo fatto e attenendoci a questa decisione di Gesù Cristo cerchiamo di riflettere sul significato del pane, qual è il valore e l'importanza del pane nella società nostra ma soprattutto anche da un punto di vista religioso ed è quello che cercheremo di fare nelle prossime catechesi e preparandomi su questo argomento ho notato che ci sono, c'è sempre stato in duemila anni da parte dei padri della Chiesa, dei teologi, dei cristiani, dei catechisti e anche naturalmente da parte del Magistero della Chiesa ci sono stati appunto varie indicazioni, varie illustrazioni sull'opportunità di questo alimento del pane scelto da Gesù come base appunto, come cibo, come alimento per la celebrazione dell'Eucarestia e devo dire che ho scoperto tanti vari significati importanti di questa, partendo appunto sempre attenendoci, sempre rispettando la scelta che ha fatto Gesù. E allora vorrei un po' entrare in questa tematica incominciando anzitutto dal Vangelo di Giovanni dove Cristo ci viene indicato come pane però con varie accezioni di questo pane, ad esempio nel capitolo sesto Lui parla di se stesso come pane del cielo, pane della vita, come il vero pane e quindi già vedete che ci sono varie accezioni e vari appunto modi attraverso il quale il Signore presenta se stesso come pane indicando appunto e scegliendo questa maniera di presentarsi vuole appunto anche aiutarci a capire qualcosa di più di se stesso. Quindi ecco l'impegno nostro in queste prossime, in questa catechesi e nelle prossime, sarà quello di partendo dal pane scelto e voluto da Cristo come materia per l'Eucaristia vogliamo capire meglio che cosa Gesù Cristo vuole farci capire, entrare dentro di più in questo mistero dell'Eucaristia attenendoci appunto a questo alimento che è appunto il pane da Lui prescelto. Anzitutto c'è l'importanza nel pane nell'antichità, grande era l'importanza che prima per i Greci e poi per i Romani avevano i cereali, in particolare il grano, a cui era addirittura dedicata anche una divinità, la cosiddetta dea greca Demetra, oppure la dea romana Cerere. La farina poi al centro delle discussioni persino di filosofi e di storici, e se forse qualcuno di voi vuole intervenire su questi aspetti senz'altro sappia che è il benvenuto ad aiutarci a capire anche il contesto un po' sociale, universale, che aveva appunto il grano anche in altre culture e non solo nella cultura ebraica. Nella Repubblica di Platone poi, nella sua opera Repubblica, Platone ricorda che grazie alla farina di orzo e frumento l'uomo può realizzare delle gallette e dei pani consigliando ai Greci di servirli su paglia e su foglie ben pulite. Plinio poi, il vecchio, invece parla nella storia naturale di puls, una specie di farinata realizzata bollendo nell'acqua o nel latte il farro. Beh, anche nella nostra cultura questi tipi di cereali come il grano, il farro, il mais e via del genere vedo che sono diffuse anche sulle nostre tavole anche ai nostri giorni. Con l'avvento del Cristianesimo il pane acquista un nuovo significato. È il corpo di Cristo spezzato nell'ultima cena creando un vincolo tra gli uomini che diventano compagni. Dalle parole latine pane, cum panis, compagni, colui con cui si spezza il pane. Quindi ecco il compagno è colui con cui si spezza il pane, si condivide il pane, si mangia insieme il pezzo di pane. Bello anche questo termine compagni che nella nostra società odierna, sì, ha anche un altro significato, ma vediamolo anche in questa accezione in cui è richiamato il pane, compagni, cum panis, colui dunque con cui noi spezziamo il pane. Sant'Agostino ha paragonato poi il percorso spirituale del perfetto cristiano a quello della lavorazione del grano che dalla spiga diventa prima farina e infine poi diventa pane. E quindi il percorso spirituale del cristiano, del perfetto cristiano segue un po' questo percorso, le tappe di lavorazione che contraddistinguono anche il grano che da prima diventa spiga, che dalla spiga diventa appunto farina e poi infine pane. Afferma il messale romano, la natura dei segni esige che la materia della celebrazione eucaristica si presenti veramente come cibo. Conviene quindi che il pane eucaristico, sebbene assimo e confezionato nella forma tradizionale, allora qui il messale d'oro romano ci richiama il valore dei segni, e cioè è vero, il pane diventa segno di qualcos'altro e anzitutto nell'eucaristia noi abbiamo la sostanza del pane che non è più pane ma diventa nella sua sostanza il corpo di Cristo. Come? Il vino non è più vino nella sostanza ma diventa il sangue di Cristo. Gli elementi esteriori rimangono identici, non cambiano, però quello che cambia è invece appunto la sostanza. Dopo la consacrazione, in virtù non della bravura del prete certo, o della santità del prete, o dei fedeli, o dei vescovi, ma in virtù della potenza dello Spirito Santo, ecco che quel pane diventa il corpo di Cristo nella sua sostanza. Gli elementi esteriori rimangono identici, la sua forma, il suo colore, il suo sapore è identico, il suo peso non cambia, però quello che cambia è che non è più pane ma il corpo di Cristo. Noi non possiamo dire che è simbolicamente il corpo di Cristo, no, noi accogliendolo nella nostra, all'interno del nostro cuore, purché sia libero dal peccato, soprattutto mortale, noi mangiamo veramente il corpo e il sangue di Cristo, e dunque è una comunione vera e reale, in virtù di quella che noi cristiani, la nostra fede cristiana, chiama la transustanziazione, e cioè l'azione di trasformazione della sostanza del pane e del vino. Conviene dunque, ci dice qui il Messale Romano, che abbiamo a scoprire l'importanza e il valore dei segni, visto che si presenta il pane, il vino si presenta come cibo, come un qualcosa che alimenta la nostra vita, e come abbiamo visto anche per quanto riguarda il vino, appunto è un alimento che allieta anche il cuore e anche sostenta e fa anche bene alla salute, purché naturalmente preso in una modica quantità. Naturalmente sappiamo, e lo diremo il perché, poi il significato del pane azimo che viene utilizzato, e cioè nell'Eucaristia viene utilizzato il pane senza lievito, e comprenderemo anche questo, spiegheremo più avanti il significato. Confezionato anche nella forma tradizionale, e cioè viene confezionato normalmente in forma rotonda, come nossia consacrata, anche se eventualmente potrebbe essere, assumere anche altre forme, ma la forma un po', per tutta una serie di motivi, che anche questi li vedremo andando avanti in questa nostra catechesi, è quanto mai opportuno che si mantenga più o meno grande questa forma tradizionale e anche il modo appunto di essere confezionato. Si ha fatto in modo, ci dice appunto il messale romano, in modo che il sacerdote nella messa celebrata con il popolo possa spezzare davvero l'ostia in più parti, da distribuire almeno ad alcuni fedeli. Anche questo, ecco, la forma tradizionale dell'ostia, soprattutto quando è un'ostia più grande, questa, nel fatto che viene spezzata e viene suddivisa in varie parti, acquista un significato e un'importanza che non è trascurabile, e varrebbe la pena appunto, e anche questo avremo modo di approfondirlo, di presentarlo nel proseguire dalle nostre catechesi. Da bambini a casa, dice Papa Francesco, quando il pane cadeva, ci insegnavano a prenderlo subito e baciarlo. Qui Papa Francesco appunto si riferisce a una tradizione che nella sua cultura, nella sua città, era solita appunto, quando cadeva il pane, ci insegnavano a prenderlo subito da terra e baciarlo. Non si buttava mai via il pane, perché il pane è simbolo di questa unità dell'umanità. Unità è formato da tanti chicchi di grano macinati insieme, che diventano uno, e diventano uno appunto, è il simbolo della unità di tutta l'umanità. È simbolo dell'amore di Dio per te, il Dio che ti dà da mangiare. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Naturalmente ci riferiamo al pane fisico, al pane materiale, ma è soprattutto anche, ci riferiamo al pane eucaristico. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Il pane. Vediamo un po' questi vari significati e valori, un po' che si nascondono nel pane, e attraverso il pane ne possiamo comprendere l'importanza. Il nostro legame con Dio e il nostro legame anche con tutti noi e anche con il creato, con l'universo. Nella Bibbia il pane assurge a livello di simboli di Dio stesso, della sua sapienza e della sua presenza. Quindi già nell'Antico Testamento si ha appunto questa percezione che il pane ha un significato che va ben oltre il suo valore mangereccio, nutritivo, materialmente, fisicamente. Qui è simbolo di Dio stesso e in particolare di due attributi della di Dio. Da una parte la sua presenza, in mezzo a noi, e dall'altra appunto la sua sapienza. Ci dice il Libro dei Proverbi, venite a mangiare il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Ecco, anche questo evidenziava già l'Antico Testamento. E non è l'uomo che prepara il pane, ma è Dio che prepara il pane e il vino per il suo popolo. È Dio stesso che dà da mangiare il suo pane e che dà da bere il suo vino. E in questo progressivo sviluppo della rivelazione divina che Gesù, la sapienza di Dio fatta carne, può dire, ecco Gesù è la attua in pienezza questa sapienza di Dio. Ce la rivela, ce la dona, ce la manifesta in sé stesso, nella sua parola, nella sua opera e nel dono poi anche dell'Eucaristia. Questa sapienza fatta carne. Siamo all'antivigilia un po' della festa dell'Immacolata. Maria, la prescelta vergine per essere madre del Figlio di Dio che viene incarnato in lei, che assume la nostra natura umana nel suo grembo, concepito per opera dello Spirito Santo. Ecco, vedete com'è questo mistero della Immacolata che ci prepara anche appunto alla celebrazione poi della novena del Natale e poi della celebrazione stessa Natalizia. Quanto sia rilevante un po' questo Dio che prepara l'avvenuta del suo Figlio già con l'Antico Testamento e poi anche prepara il grembo che possa accogliere quel suo Figlio fatto uomo, concepito per opera dello Spirito Santo, e ha scelto il grembo di una vergine, di una che, ebrea, del popolo, sconosciuta, senza che fosse appartenuta a una nobile famiglia o una discendenza particolare, ma appunto ha scelto questa donna vergine per essere la madre del suo Figlio. Quel suo Figlio che, appunto, è venendo fra noi, si manifesta e si dona a noi, comunica a noi, come la Sapienza di Dio, la parola che ci svela il mistero di Dio, il verbo fatto carne, è il verbo, è la parola, colui che ci illumina sul mistero di Dio ma anche sul nostro stesso mistero, il mistero del nostro essere uomini, umani, e il mistero anche del creato, dell'universo. Così, infatti, siamo andati un po' avanti. Allora, Gesù quindi può dire, fattosi Sapienza di Dio, può dire, io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà più fame, chi crede in me non avrà più sete. Sempre il bel discorso di Giovanni. E con questa lunga presentazione alle spalle che i discepoli, riuniti attorno alla mensa dell'ultima cena, non hanno dubbi sul significato delle parole di Gesù. Prendete e mangiate, questo è il mio forno. Ecco, Gesù ha voluto anche preparare i Suoi discepoli da questo punto di vista. Ricordiamoci che il capitolo 6, in cui Gesù fa questo lungo discorso presentando se stesso come cibo, questo capitolo contiene anche questo discorso che Gesù fa, lo fa dopo che ha fatto la moltiplicazione dei pani e dei pesci, in cui ha sfamato più di 5.000 uomini, senza contare le donne e i bambini. E che cosa succede? Che dopo che hanno raccolto diverse ceste ancora di pani avanzati, la gente che fa? Beh, trovandosi di fronte a un miracolo di questo tipo, vedendo che c'è la possibilità di mangiare gratis attraverso i miracoli compiuti da quest'uomo, ecco che lo vogliono proclamare il Re, immediatamente ipso facto. E allora Gesù, quando capisce un po' e vede questa situazione, questa intenzione dei Suoi discepoli, di questa gente che lui aveva sfamato perché aveva compassione di questa folla, perché era già da diversi giorni che lo seguivano nel deserto e non avevano come sfamarsi, Gesù allora che fa? Allora comincia a fare un discorso a questa gente e comincia a dire in pratica un po' così, ah sì, voi mi volete far Re perché vi ho moltiplicato i pani e i pesci e vi ho consentito di mangiare gratis. Ma io ho un pane, dice Gesù, che è ancora superiore, vale ancora di più rispetto al pane materiale che avete mangiato. E allora gli dicono, ma certo Signore, se hai questo pane migliore di quello che ci hai dato, daccelo Signore questo pane. E allora Gesù comincia a dire, io sono il pane, vivo disceso dal cielo, io sono quello che appunto Dio ha mandato in mezzo a voi per sfamarvi. Voi avete mangiato la manna nel deserto, ve l'ha data Dio la manna, però ecco qui io sono un pane che è ancora migliore della manna e di ogni altro pane che potete aver gustato finora. E allora la gente che gli dice, daccelo Signore questo pane, e lui ripete, sono io questo pane, io sono il pane vivo disceso dal cielo, chi mangia di me vivrà per me, la gente comincia a rimanere perplessa di fronte a queste parole di Gesù e gli dicono, se le puoi ripetere per favore, perché non le abbiamo, non abbiamo percepito, forse hai usato delle parole che non dovevano essere usate. Ma Gesù non cambia una parola, non cambia un iota. Lui ripete, ricarica anche con nuove attestazioni questo che lui è il vero cibo, lui è la vera bevanda. E allora cosa succede? Succede che la gente che prima voleva proclamarlo re, piano piano se ne va, lo lascia solo, solo con i suoi apostoli. Gesù allora, ci dice l'Evangelista Giovanni, si rivolge ai suoi apostoli e dice loro così, dove sono quelli che volevano farmi re? Se ne sono andati. Perché ti hanno preso un po' per pazzo? Oppure che hai perso il benga l'intelletto? Perché ti sei offerto come cibo te stesso? E allora Gesù che dice ai suoi apostoli, bene, volete andarvene anche voi? Io non cambio una parola di quello che ho detto. E allora, per fortuna, salta su Pietro, il quale dice a Gesù, a nome anche degli altri, penso. Signore, tu solo hai parole di vita eterna, dove vuoi che andiamo? Lontano da te. E quindi in questa maniera almeno salva lui e salva anche gli altri suoi condiscepoli. Vedete dunque che Gesù si è preoccupato di preparare la sua gente, i suoi apostoli anche, a quella che sarebbe poi stata, più avanti, la sua ultima cena. Dove li istituisce il giovedì santo, il giorno prima di andare a morire in croce, lui istituisce l'eucaristia. E dove, appunto, dirà quelle famose, appunto, parole della consacrazione, prendete e mangiate, questo è il mio cotto. Prendete e bevete, questo è il mio sangue, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. E quindi vedete come il Signore Gesù anche da questo punto di vista ha ritenuto necessaria la preparazione della sua gente, dei suoi discepoli in particolare. E se dunque preoccupato di non metterli di fronte al fatto compiuto. Questo ecco dovrebbe anche noi essere, per noi essere un esempio, un modello. E cioè abbiamo bisogno anche noi, sempre di più, di approfondire, di prepararci alla celebrazione eucaristica. Questa preparazione in tanti maniere si fa anzitutto anche con la catechesi, approfondendo sempre di più questo grande mistero che il Signore ci ha dato. Ed è il lavoro che noi faremo come diocesi qui nostra durante i prossimi tre anni. Come ho detto domenica scorsa attraverso anche la lettera che è stata un po' letta durante tutte le messe, la lettera che ho scritto insieme con i sacerdoti e che abbiamo indirizzato a tutti i fedeli, ecco noi domenica scorsa abbiamo iniziato questo cammino triennale dove vogliamo conoscere meglio, approfondire di più questo grande mistero, questo grande dono. Incominciando da me Vescovo, che anch'io ho bisogno di conoscerlo di più, di approfondirlo di più, questo grande dono. E poi anche l'ho chiesto questo anche ai nostri sacerdoti, perché è vero che noi celebriamo tutti i giorni, però è un mistero talmente grande che non lo possiamo esaurire neanche campassimo cent'anni o ducent'anni e ogni giorno celebrassimo questo mistero con devozione. Io uso anche un'immagine solitamente per indicare questo mistero. Immaginate un grande mosaico formato da migliaia e migliaia di tasselli, di pietruzze. Ecco, l'Eucaristia è il grande mirage, è il grande mosaico, in cui ci sono, compongono l'Eucaristia tanti tasselli, tante pietruzze. Ogni pietra è un aspetto dell'Eucaristia. Noi sappiamo che da duemila anni l'Eucaristia è descritta e definita come fonte culmine di tutta la vita cristiana, sia a livello personale, sia a livello familiare, sia a livello parrocchiale, sia a livello diocesano, sia a livello di Chiesa Cattolica universale. L'Eucaristia è fonte, modello e culmine di tutto. E allora, ecco, sono vari tasselli, migliaia di tasselli che compongono l'Eucaristia. E anche noi che celebriamo, io stesso che celebriamo la Messa tutti i giorni da diversi anni, non abbiamo, non ho ancora percepito fino in fondo l'importanza e il valore di ciascuno di questi tasselli che compongono l'Eucaristia. E quindi abbiamo bisogno, un po' tutti, io per primo, di conoscerla meglio questa Eucaristia, di approfondirla sempre di più e soprattutto poi per parteciparci con sempre maggiore fede, devozione, convinzione. E c'è anche una bella scritta che ho invitato i miei sacerdoti a porre in ogni sagrestia, che così quando mettiamo i paramenti, indossiamo i paramenti, andiamo a pensare un po' a questa scritta e all'importanza anche dell'Eucaristia che andiamo a celebrare. Questa scritta l'ho presa appunto da uno dei padri della Chiesa che dice un po' così celebra missa ut primam, ut unicam, ut ultimam. E che cosa significa? È in latino molto anche semplice e comunque la traduzione significa questo. Celebra la messa come se fosse, ut è come se, come se fosse la tua prima messa, la tua unica messa, la tua ultima messa, la prima messa, l'unica messa, l'ultima messa della tua vita. Ecco, celebramo, celebriamo e per celebrarla certo bisogna conoscerla nei suoi vari aspetti, nelle sue varie implicanze ed è quello che dobbiamo cercare di fare un po' dandoci una mano a vicenda. Noi sacerdoti aiuteremo voi laici, voi laici aiuterete noi sacerdoti a entrare sempre di più in questo mistero, a conoscerlo, ad apprezzarlo nei tutti in questi migliaia di aspetti. Certo in tre anni non riusciremo a esaurire la pienezza, la completezza, la totalità di questo mistero eucaristico, però almeno spero che ognuno di noi durante questi tre anni faccia dei passi progressivi importanti per riconoscere, per conoscere meglio questi vari aspetti che compongono l'eucaristia. Primo è quello di conoscere, certo, poi anche quello di apprezzare questo grande dono, poi di celebrare anche, tenendo presente che ogni volta che celebriamo bene l'eucaristia, noi presi ma anche voi laici, abbiamo così la possibilità di conoscerlo meglio, di sperimentarlo meglio dentro di noi, perché mettendolo in pratica e celebrandolo bene, abbiamo questa opportunità di conoscere meglio e di approfondire. Quindi ci vuole anche una catechesi prima della messa, fuori della messa, ma ci vuole anche una celebrazione fatta bene, attentamente, devotamente, in modo degno, con l'animo anche puro dal peccato mortale e possibilmente anche il più libero dai peccati peniali, e così anche, celebrandolo bene, abbiamo la possibilità di interiorizzare, di comprendere meglio, sempre meglio, questo grande dono che il Signore ci ha fatto, che appunto è l'eucaristia. È dunque l'impegno che ci proponiamo durante questi tre anni e, pertanto, torna a dire, sì, devono servire anzitutto a noi che andiamo a messa tutti i giorni o celebriamo la messa tutti i giorni e, oppure almeno tutte le domeniche, e quindi abbiamo bisogno noi, anzitutto, di comprendere meglio e poi anche di condividere anche con gli altri che a messa non ci vanno, eppure si dicono anche cattolici e si dicono cristiani, e quindi di aiutare anche queste nostre sorelle, questi nostri fratelli, a comprendere il perché è così importante la messa, perché il Signore ti aspetta ogni domenica, perché desidera fare, farsi cibo prima con la sua parola e poi con il suo corpo e il suo sangue, offrendosi al Padre in sacrificio perenne con la sua passione e la sua morte e risurrezione. Vedete dunque che sono impegni che dobbiamo assumerci e cercare di adempierli anzitutto, prima di tutto, ripeto, per noi e poi anche cercando di trovare il momento adatto, le parole adatte e il modo giusto di presentare un po' questo grande dono del Signore anche a chi non ci partecipa ogni domenica, oppure non ci partecipa affatto, o non è addirittura anche cristiano, oppure magari è cristiano sì ma non è praticante. Ecco, dobbiamo in questa maniera aiutare anche i nostri fratelli a percepire e a crescere in questa importanza. Ancora una parola insomma su questo collegamento che Gesù qui istituisce nel capitolo 6 di Giovanni tra il pane e la vita. Noi questo collegamento forse oggigiorno l'abbiamo un po' perso, nel passato forse questo collegamento era più forte, era più sentito e cioè perché principalmente la gente, almeno nel nostro contesto qui occidentale italiano, ma anche non solo italiano, si nutriva principalmente di pane. Il pane era e costituiva la base fondamentale di un pranzo, di un cibo e di un nutrirsi. Oggigiorno invece il pane sulle nostre tavole, almeno su alcune delle nostre tavole, bastica poco, ha a che fare poco e poi anche il pane ha assunto anche costi e ha assunto anche modalità di forme e di costituzione che per sollecitare anche la nostra fame e i nostri acquisti e quindi ha assunto anche forme e costi non certo facilmente a tutti accessibili. E comunque ecco, è bello riscoprire un po' il valore del pane collegato alla vita e il nutrimea può essere o doveva essere almeno nel passato, ma forse anche nel presente, su alcune nostre tavole, costituisce ancora l'alimento fondamentale che ti consente di vivere, che ti consente di affrontare le fatiche della giornata e pertanto ti consente anche di avere un tipo di relazione con il cibo che sia appunto costituito fondamentalmente da questo alimento che contiene appunto anche tante proprietà e fa anche bene. Pertanto ecco, è da riscoprire un po' questo vivere di pane, vivere come il pane e con il pane e vivere e dunque riscoprire un po' tutto questo nostro esistere, camminare sulla terra come pellegrini che si nutrono del pane e del pane soprattutto eucaristico e allora richiama la nostra vita anche cristiana come un pellegrinaggio, come un cammino dove è necessario anche un nutrimento spirituale e il Signore per farci vivere da figli di Dio ha pensato anche non solo al battesimo ma soprattutto ha pensato di darci quotidianamente, di offrirci anche quotidianamente questo cibo che è appunto il pane eucaristico. Mi fermerei qui per questa catechesi.