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Remo: una storia di coppia. Per ricevere notifiche sulle nuove edizioni scrivi "Remo" in Whats App al n. +39 338 31 97 933
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Giuseppe, a conscientious objector, meets Nadia at the Santo Spinelli Institute where they both work. Giuseppe is there for his civil service, while Nadia is a newly graduated physiotherapist. They are immediately drawn to each other and begin a relationship. Giuseppe describes the institute, which is run by the Sisters of the Blessed Sacrament and houses disabled individuals and elderly guests. This is their first encounter. Capitolo primo L'inizio Ore 17.30 Termino il lavoro e nel mio spoglitoio si trova l'armadietto dove stamattina ho lasciato il maione. Apro e con sorpresa vedo, appeso al maione con una spilla, un piccolo post-it giallo. «Ti voglio bene», recita la scritta a mano. Il cuore aumenta di colpo le pulsazioni e sento il suo battito su, fino alla gola. Il tempo diventa improvvisamente amico, ogni istante è nuovo di intensità, e in un attimo, come per effetto della bilocazione, salgo di corsa senza affanno due piani di scale e mi ritrovo lì, davanti a lei, nell'ambulatorio di fisioterapia dove lavora, con la porta spalancata dietro di me. La guardo, mi sento una cosa sola con lei, come se fosse pienamente dentro di me. «Grazie», sussurro, «che vuol dire tante cose, che ho visto il tuo biglietto, che ho capito che accetti il mio volerti bene, che anche tu me ne vuoi e che da ora puoi iniziare qualcosa tra noi». E concludo «A domani». E queste sono le ultime parole che pronuncio, che dopo il «grazie» fanno tre. Tutto il resto è affidato agli occhi, agli sguardi, alla tensione dei corpi. Lentamente esco dall'ambulatorio, chiudendo la porta dietro di me, con negli occhi lo sguardo di lei. Esiste una parola per definire lo stato in cui improvvisamente mi trovo? Forse, per approssimazione, pienezza, soddisfazione, completezza. Forse questa parola non esiste proprio perché una sua definizione ne ridurrebbe il senso di infinito a cui rimanda. Da quel momento il destino affaccia il suo compimento su di me, su di noi. È il mese di marzo dell'anno 1983. Inizia così l'avventura tra me e Nadia. Ci incontriamo sul posto di lavoro, il suo perlomeno. Io mi trovo lì per il servizio civile, che in quegli anni si può svolgere in alternativa al servizio militare. Mi chiamo Giuseppe e sono obiettore di coscienza presso la Caritas di Cremona e in particolare in servizio presso l'Istituto Santo Spinelli di Rivoltadata, una casa che ospita circa 180 persone con disabilità, oltre ad un nucleo per ospiti anziani. Trascorerò lì 20 mesi. Questo è il tempo convenuto tra me, la Caritas e il Ministero degli Interni. Sono arrivato presso l'Istituto nel novembre del 1982 e mi sono rimasto fino al giugno del 1984. L'Istituto è gestito dalle suore del Santissimo Sacramento, istituito appunto da San Francesco Spinelli. Nadia arriva all'Istituto come fisioterapista neodiplomata. La prima volta che la vedo, a fine novembre del 1982, sta girando in visita nel reparto dove mi trovo anch'io, accompagnata da sua orca Mila. Io in quel momento sto accudendo un ragazzo, Andrea, affetto da spasticità. Lo sto alzando dal letto al termine della notte appena trascorsa. La suora ci presenta, ci salutiamo e nel frattempo arriva Remo, barcollante, come meglio può, e si avvicina a Nadia. Remo è un bambino di dieci anni che vive presso l'Istituto dall'età di due anni. I due si conoscono già, Nadia aveva già fatto del volontariato presso l'Istituto anni prima, e con il fare da fisioterapista, dà dei piccoli spintoni a Remo per farlo reagire, per stimolare la sua ricerca di equilibrio e farne così un'osservazione sulle sue condizioni di deambulazione. Mi saluta e continua il suo giro nel reparto. Remo la segue sotto braccio. Questo è il mio primo incontro con Nadia.