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The transcript discusses two historical documents found in an archive in Legnano. One is a testament attributed to Queen Manigunda from the 8th century, and the other is a document from Ludovico the Pious from 822. The authenticity of the Queen's testament is questioned due to the handwriting and lack of seals. However, Ludovico's document is considered genuine, and it addresses issues of violence against churches. The document is signed by Ludovico himself and contains a unique seal. The date of the document indicates it was written in 822. www.redigio.it. E la storia continua. Un po' di storia di legnano e tradizioni. Importanti e curiosi documenti tra le antiche carte di un archivio legnanese. Uno è della regina Longobarda Manigunda, che è dell'VIII secolo, e l'altro è di Ludovico il Pio dell'822. Carmina non dant panem. Cioè, lo studio degli autori classici non assicura ricchezze favolose, secondo l'interpretazione che possiamo ricavarne da un passo del satiricon di Petronio, che è uno scrittore latino del I secolo d.C. fatto proprio dal filosofo inglese Giovanni di Salisburi, 1120-1180. Se prescindiamo però dal discutibile tornaconto materiale che si può ricavare dallo studio umanistico, è pur vero che lo stesso qualche soddisfazione di ordine morale può riservare, e lo insegna la scoperta del codice sulle comete. Codice sulle comete, quell'opera di Giovanni di Legnano, è dato per perso da Thorndike. Ma è inutile sottolineare la soddisfazione del ricercatore che non si è arreso fino a quando è riuscito a rintracciare il manoscritto presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, dove era affluito dalla soppressa marrucelliana, in modo da poter inserire il contenuto tratto dal microfilm del volume Vita e opere di Giovanni di Legnano, scritto in collaborazione con il direttore della Martinella e dedicato a giurista. Ma non minore il godimento provato dall'autore di queste note, Gidio Gianazza, nel riordino di un archivio privato legnanese. Dal conservo di antichi reperti e di rinsecchite pergamene piegate a libro o arrotolate, sono emersi due documenti di indubbia curiosità, e tali da far tremare le vene e i polsi a chi si aggiungeva alla lettura. Il primo consiste in una pergamena di centimetri 49x37 contenente il testamento attribuito alla regina Manigunda nell'anno XXIII del regno di Liutprando, eldebrando re dei Longobardi. Con esso, l'attestatrice, sull'esempio di quanto è già fatto per far via da Liutprando, esprime la volontà di far costruire un monastero sulle sue proprietà, in prossimità dell'Olona, in località La Riade, nel contado del Seprio, previa consacrazione da parte del vescovo parese Anastasio. La regina, per di più, si preoccupa che alle future monache siano assicurati anche vitto, vestiti, candele e qualche bottiglia di vino. Il testo risulta corroborato regolarmente da testimoni, giudici del Sacro Palazzo e autenticato dai messi imperiali. Ad un'attenta considerazione sorge però qualche dubbio sulla autenticità del documento. La pergamena, sottilissima, appare molto ben conservata, perché si possa attribuire all'VIII secolo. La scrittura non è quella longobarda, ma corsiva carolina, con qualche vuoto tra una parola e l'altra, dovuto probabilmente a difficoltà dell'interpretazione del testo originario. Poiché, inoltre, non si evidenziano tracce di sigilli, trattandosi di una donna che testa, si ha l'impressione che l'atto, se non è un falso, sia invece copia di originale. Sicuramente autentico è invece un altro documento, sempre conservato nello stesso archivio linianese. E trattasi di una pergamena di centimetri 45x45, in discreto stato di conservazione, nonostante qualche lacerazione centrale e macchie di umidità, specie sul verso. La scrittura, corsiva, cancelleresca, di stampo ancora mero vingico, a prima vista, al lettore sproveduto paleograficamente, può sembrare illegibile. Una volta però trovata la chiave di lettura, il testo appare più chiaro. È nota, del resto, l'importanza attribuita agli insegnamenti della scuola di Alcuino riguardo alla buona scrittura e alle correttezze dei testi, cui si cominciarono a sentire gli effetti sotto Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, che lo associò nella dignità imperiale nell'anno 813. Il testo si apre con l'invocazione divina, che ha origine dai precetti apostolici, in nomine Domini Iesus Christi, nel nome del Signore Gesù Cristo, e segue l'intitolazione tipica dei documenti pubblici, chiamata generalmente salutatio, che nel nostro caso suona ludovicus divina providentia imperator, con evidente significato teocratico e politico. Ludovico afferma la derivazione dell'autorità imperiale dal diritto divino e l'indipendenza di tale autorità rispetto al popolo, anche se non si può escludere un sentimento di devozione. Dopo il protocollo iniziale, si entra nel vivo della questione con la notificazione notum es volumus, che fa la cerniera al fatto poi indicato, ed è come l'anima del documento in quanto testimonianza storica. Ludovico si propone di notificare i sudditi e fedeli presenti e futuri di essere stato informato dal vescovo Vittore di torte e violenze arrecate alla sua chiesa. Allo scopo di purare la verità, l'imperatore ha incaricato di investigare Bernoldo, vescovo Magdeburghense e Gotifredo, abate del monastero di San Sisino e Roderico e Rocario, conti della provincia Ressia, corrispondente dell'attuale cantone dei Grigioni. Appurati le effettive ingiurie e i danni arrecati alle chiese di San Sisino e San Colombano, allo xenodocchio di San Pietro e alla corte di Zizuri, l'imperatore, rifacendosi alle concessioni elegite dai suoi predecessori ai menzionati enti, non esita, in nome della sua autorità, a restituire i diritti già elegiti e violati. Quindi, a dar forma legale al fatto documentato, occorrono opportuni obbligazioni nella forma precettiva contenenti il divieto assoluto di presumere controversie e creare impedimenti. E perché l'autorità imperiale rimanga inviolabile? L'imperatore sottoscrive di mano propria l'atto con la formula Signum Domini Lusovici Pussimi Imperatoris Augusti Il segno è costituito da un monogramma o figura quadrata formata da lettere disposte in ordine simmetrico e legate insieme con linee rette che, ricomposte in ordine conveniente, formano il nome di Ludovico. Le lettere naturalmente sono di mano dello scrittore del documento o ufficiale della cancelleria. Al diploma dell'imperatore fa da compimento la ricognizione della cancelleria eseguita dal notaio Ernambardo su incarico del cancelliere Agilmar con lo scopo di riconoscere che il documento sia stato accuratamente scritto secondo l'intenzione del sovrano. Al lato del monogramma e della ricognizione si trova il sigillo che costituisce un componente importante anche per l'originalità dell'esemplare. Si tratta di un intero favo di cera flava che forma come una gobba sul verso del diploma. Il sigillo è attaccato alla pergamena con il sistema della incassatura. È rotondo e fatto con l'impronta dell'anello regio che consisteva nel rifatto del sovrano inciso rosamente di profilo con in giro l'iscrizione del nome del titolo. Per l'applicazione del sigillo si effettuava un taglio in croce nella parte inferiore della pergamena a destra. L'anello da sigillare era costituito nel referendario regio. A conclusione dell'escatollo si legge La data è completata da indizione o ciclo di 15 anni numerati singolarmente per ciascun ciclo da 1 a 15. Tre sono le ere di Carlo Magno, la prima delle quali data 768 del Regno dei Franchi, la seconda 774, la terza 800. Perciò se aggiungiamo a 768 tra i cicli di 15 anni, cioè anni 45, tocchiamo l'indizione terza che corrisponde all'anno 813 in cui Ludovico fu associato al potere. Nell'anno 822 è ancora in corso l'indizione terza. Quindi siamo nell'anno nonno dell'impero di Ludovico, 822, ottavo calende di agosto, sarebbe luglio 25, Strasburgo. Ma segue anche la precazione o formula di augurio di origine romana che ha un certo rapporto con il saluto finale ed è composta da tre parti. Feliciter, felicemente, che è la base, in Dei nomine, in nome del Signore, ed è pari all'invocazione divina ed infine Amen. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org

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