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During the period from 1940 to 1970, the lives of Iranians and the courtyard community faced various challenges. After the war, the main challenge was reorganizing political life. Many survivors of fascism and war joined the Communist Party, but not everyone. The lack of preparation was a significant obstacle as the culture had died under fascism, and books that provided knowledge and ways to face new situations were prohibited. The main focus then was bread and work. However, the partisans, who had been leaders during the liberation struggle, encountered difficulties as they were no longer in power and could not express their ideas freely. Other groups were more prepared, and the partisans had to catch up. The courtyard also faced similar difficulties. After the war, when someone returned whom they hadn't heard from, it was a big celebration for everyone in the community. They would share what little food they had and celebrate with music and singing. However, over time, ideological d Storie degli iranesi e la vita del cortile dal 1940 al 1970. Comunque, tornando al periodo successivo alla guerra, avevamo allora il problema di riorganizzare la vita politica. La maggior parte del nostro gruppo di amici, di quelli sopravvissuti al fascismo e alla guerra, si è iscritto al partito comunista, ma non tutti. Abbiamo dovuto affrontare molte difficoltà, ma ciò che più ha pesato è stata la nostra impreparazione. Durante il fascismo c'è stata una vera e propria morte della cultura ed erano proibiti i libri che ci avevano permesso di conoscere la realtà e di affrontare nuove situazioni. La parola d'ordine allora era pane e lavoro. Questo era il problema principale, ma proprio i partigiani che per un anno e mezzo erano stati fuori dalla classe dirigente del popolo italiano, nella lotta della liberazione, hanno incontrato le maggiori difficoltà. Non soltanto perché adesso non potevano più essere classe dirigente, ma anche perché non potevano neppure portare avanti le proprie idee. Gli altri erano molto più preparati di noi. Ci siamo messi a studiare, a leggere, ma per un certo periodo siamo rimasti tagliati fuori dalle decisioni politiche. Dei comandanti partigiani più conosciuti nell'indonese soltanto tre o quattro hanno continuato a fare politica. Gli altri si sono iscritti anche a dei partiti, ma sono rimasti in margini. Per alcuni una via di uscita è stata la creazione dell'Associazione Nazionale Partigiani Unitaria, che poi si è divisa in tronconi con l'inizio della guerra fredda. Quelli che, invece come me, Rosa e Fusetti, sono rimasti nel partito, hanno dovuto recuperare il terreno perduto. Ma le stesse difficoltà si sono riflettute dal cortile. Allora, subito dopo la guerra, quando tornava un reddice o un partigiano di cui non si aveva notizie nel tempo, era una festa grande per tutti. Tutto il cortile partecipava ai festeggiamenti, mettendo in comune quel poco che si aveva da mangiare, e con suoni e canti si cominciava sabato sera e si finiva alle prime ore del mattino della domenica. E tutti indistintamente partecipavano. Ma poco poco si è presentato un nuovo fenomeno, i raggruppamenti ideologici. Prima, durante il fascismo e durante la guerra, non c'erano diversità politiche all'interno del cortile. L'obiettivo era, per tutti, quello di rovesciare la dittatura e di raggiungere la pace. E anche dopo la liberazione si discuteva lungo, ma con serenità, tra chi voleva sul comune la bandiera rossa o chi voleva la bandiera bianca. Ma poco a poco, soprattutto dopo il discorso di Churchill a Fulton, cominciarono a prevalere i raggruppamenti di chi la pensava allo stesso modo, anche se nel cortile poi ci si confrontava tutti insieme. Con l'inizio della guerra fredda e delle persecuzioni da parte della polizia nei confronti dei partigiani le cose sono piggiorate. Ogni anno, tuttavia, c'è stato un fatto positivo. Noi abbiamo sempre celebrato unitariamente la festa dei partigiani anche nei periodi più bui di Scerba, perché si sono sempre tenuti contatti con le forze democratiche, tra i partigiani e i partiti. In ogni caso, tuttavia, la lotta politica non è mai degenerata, perché l'amicizia era di sopra delle fazioni. Non ho mai visto una zuffa per motivi politici. La maniera comunitaria con cui si affrontavano tutti i problemi si rifletteva anche nelle discussioni politiche. Durante le elezioni si verificarono spesso dei gesti di intolleranza, però avvenivano sempre tra gente che non viveva insieme. Si litigava al bar, per strada, ma non nel quartile, perché questa era una palestra educativa nei rapporti fra le persone. Anche nei periodi più duri della guerra fredda, all'interno e al quartile, non sono mai avvenuti incidenti che invece si verificano all'esterno, come quella volta che un operaio che lavorava nella ceglieria della Cosi è stato picchiato soltanto perché, al primo maggio, portava all'occhiello un garofano rosso. E le persone che lo hanno picchiato non abitavano in un quartile popolare. Il fatto che nei quartili i bambini crescono assieme, convivono cane e gatto, che un minuto dopo aveva litigato, si ritorna amici e ci signora cordialmente. Ma la vita continua nello stesso modo, influisce anche sul modo di fare politica. Dopo aver discorso anche animatamente, rimaniamo sempre gli amici del quartile. In momenti particolarmente caldi, cioè quando ci sono le elezioni o avvengono fatti di particolare gravità, il quartile diventa una palestra di discussioni. Anche durante la discussione sul divorzio che ha preceduto il referendum del 1974, nel mio quartile le donne discutevano tra di loro, quando si trovavano insieme, e se non riuscivano a capire alcune aspetti del problema, chiedevano aiuto a qualcun altro. Tutti sanno quale partito voteranno gli altri, perché tutti si conoscono pregi e difetti. Ci si capisce e c'è una tolleranza che in altri luoghi non si trova. E questi comportamenti si trasmettono ai figli. Nel mio quartile i ragazzi si trovavano a decine e decine. Venivano anche i figli di persone che avevano abitato in quartile dieci o venti anni fa, sia perché i ragazzi possono esprimersi con più esuberanza, sia perché trovano un luogo adatto per molti giochi, sia perché permane il modo di vivere insieme che avevano 50 anni fa. Ci sono delle differenze dei giochi, perché sono sempre dei giochi collettivi che li uniscono. Il vivere insieme tutti i giorni li fa apprezzare le doti degli altri e li fa sentire vicini. E nel quartile passano giornate intere. È una vita simile alla nostra che ci ha insegnato la morale, la morale della solidarietà. Quando l'anno scorso volevano distruggere la comunità che abita in questo quartile, mi sono battuto anche se ero molto ammalato, non per difendere gli affitti bassi, ma proprio per conservare il valore del vivere del quartile. Il calore umano che deriva dal vivere in mezzo alla gente non può essere pagato dalla piastrelle più belle o dall' ascensore o da un impianto di riscaldamento centrale. Noi non abbiamo salvaguardato il quartile per motivi economici, ma per quella lezione di umanità e di civiltà che dà ancora la vita del quartile. Perché nel quartile le esperienze si trasmettono di generazione e generazione? C'è un archivio storico vivente nella mente del quartile. Si ricordano i fatti, gli avvenimenti, le persone. Quelli che abitavano nel quartile e se ne sono dovuti andare ogni tanto ritornano a trovarci e manifestano la loro nostalgia dei tempi in cui stavano con noi. La figlia di Zaffaroni, che ora abita a Milano, ogni estate viene a trascorrere qualche settimana per vivere in modo che non ha potuto riprodurre in una realtà individualistica, anche dal punto di vista urbanistico, per il modo in cui vengono costruite le abitazioni. E questo non è un fatto isolato. Sono molti che ogni tanto ritornano a trovarci. Quando, per motivi di salute, ho dovuto vivere con la mia famiglia in un luogo un po' isolato per un certo periodo, a mia moglie è venuto l'esaurimento nervoso. Poi, quando siamo venuti ad abitare nel dormitorio, gli si è allargato l'orizzonte delle conoscenze e dell'amicizia. Qui la donna non è costretta a restarsene sola a casa e subito mia moglie si è sentita meglio. Sulla salute influisce anche il modo in cui si vive con gli altri. E come si vive? Noi non chiudiamo mai la porta di casa, anche quando usciamo è sempre aperta e chiunque può entrare quando vuole. Altri avranno la ricchezza della casa bella, noi abbiamo la ricchezza della solidarietà. Quando l'anno scorso è venuto l'amministratore che voleva trasformare le nostre case buttandoci fuori e che voleva amminacciarci perché ce ne andassino per la paura, le donne, siccome era mattino e gli uomini erano tutti in fabbrica, sono uscite nel cortile e hanno impedito che l'amministratore entrasse nelle case, che in quel momento erano vuote, e l'amministratore ha dovuto andarsene. Nel 48, prima delle elezioni famose, ho perfino vinto un tutto voto lanciato da un giornale della democrazia cristiana perché fossi un esperto di previsioni. Non perché fossi un esperto di previsioni, ma perché vivevo in mezzo alla gente e allora quei soldi mi servivano perché ero ammalato. C'erano invece dirigenti politici che hanno sbagliato le previsioni dei risultati elettorali del 10-12 per cento perché vivevano sempre tra di loro. Stando invece in mezzo alla gente si possono capire tante cose, come ad esempio che non è vero che tutti i poveri votano a sinistra e stando nel cortile, nonostante la diversità politica, ideologica e religiosa, ci si unisce per risolvere i problemi.