www.redigio.it E la storia continua Nei laghi varesini c'Ăš anche il lago di Comeabbio Cominciamo a conoscerlo In territorio di Varano, poco oltre Canalebrabbia, a mezza costa tra strada e ferrovia, incontriamo un'altra famosa villa, anche essa legata in qualche modo ai borghi Si tratta di Villa Crespi, una grande e lussuosa dimora di veleggiatura di Vittorio Crespi, comproprietario del Corriere della Sera, che acquistĂČ nel primo dopoguerra dall'avvocato Agove di Milano, liquidatore della ditta Borghi A breve distanza dalla villa, proprio sulla riva del lago, sorgono i faticenti edifici di quella che fu la Piscicultura Borghi, una delle numerose iniziative collaterali dell'industriale di Varano, che accanto alla fabbrica Tessile, curarono anche una fiorente azienda agricola Fu nell'ambito di queste attivitĂ , specialmente dopo il 1876, che prima Napo e in seguito Pio e Luigi Borghi estese le proprie interessi anche alla pesca, che nel lago di Comabio aveva sempre dato un'ottima produzione Venne cosĂŹ creata una piscicultura che, tra l'altro, aveva il compito di incrementare il patrimonio ittico del lago mediante l'introduzione di nuove specie E giĂ nel 1866, appena due anni dopo l'acquisto del Comabio e del Monate, Paolo Borghi aveva ordinato l'immissione di 250 trote, prima inesistenti in queste acque, ma un impulso decisivo della produzione ittica si aveva negli anni a cavallo fra i due secoli Nel 1901 i Borghi chiesero alla sottoprefettura di Varese i diritti di pesca esclusivi e la concessione venne rilasciata, ma gli usi civili rimasero intatti In modo particolare la pesca da riva, l'asportazione del ghiaccio, il taglio dei cannetti, la raccolta delle castagne d'acqua, la macerazione del lino e la cannapa, eccetera Pochi anni prima, nel 1898, la piscicoltura aveva introdotto nuovi pesci, tra cui diverse specie di provenienza nordamericana, come il gristes salmoides Questo non fu quell'inizio perchĂ© in seguito la ditta arricchĂŹ il proprio catalogo con le specie piĂč rare e pregiate importate fin da terra nuova, salmone, renghi, storioni E intanto il lago continuava a offrire i pesci che aveva da sempre, le anguille, le carpe, tinche, luci, scardole, arborelle, triotti, tutte specie che venivano accatturate in grande quantitĂ Il lago godeva la fama, unica in Europa, di far crescere di 18 centimetri un avannotto di pesce persico in poco piĂč di un anno Questo Ăš abbastanza comprensibile se si considera che l'ecosistema del Comabio Ăš sempre stato ricco di insetti, molluschi, crostacei, platelminti e soprattutto di fitoplancton, zooplancton e fauna bentonica Per offrire la deposizione di uova di persico reale nel periodo di fregola venivano accarate nel fondo del lago cataste o fascine di rovere, piĂč di 100 in tutto il bacino, chiamate legniere o peschirove Alla loro manutenzione provvedevano i pescatori, nove professionisti nel 1884, fino a quando l'intera gestione della pesca sul Comabio era fidata dai borghi al signore Besana 1905 che la mantenne fino al 1928 Il Besana introdusse altre specie, come il persico reale, la sandra e il bucalone, facendo cosĂŹ aumentare la produzione annua.
Per la conservazione del pesce, oltre alla ghiacciaia di Comabio, ne esisteva una propria varanno costruita attorno alla fine del XVIII secolo sotto la dominazione austriaca, mentre sulla spiaggia di ognuno dei cinque comuni si trovavano locali detti ca del lago per riporvi reti, attrezzi ecc. Nel 1914 i borghi concessero ai cittadini rivieraschi, uniti di apposita licenza, il diritto di pesca per venire incontro alla grave penuria di alimenti di quel periodo, ma quando dopo la prima guerra mondiale i comuni chiesero gli stessi diritti non ottennero nulla.
Nel 1923 le acque dei borghi, dei laghi, regio decreto, diventarono definitivamente pubbliche. Aveva cosĂŹ inizio la lunga diatriba tra i borghi, i comuni e il demanio. Tre anni dopo la societĂ agricola e immobiliare di Luigi Borghi reclamava il diritto esclusivo di pesca. Ne nasceva una controversia giudiziaria tra la societĂ e i comuni rivieraschi, a termine della quale veniva confermata la delegittimitĂ degli usi civici sui laghi da parte dei cittadini. Una convenzione stipulata nel febbraio del 1935 con la mediazione del prefetto di Varese riconosceva questi diritti in zone delimitate del lago e una sentenza della magistratura ne confermava la legittimitĂ .
Qualche anno prima, nel 1930, la proprietĂ della piscicultura Borghi era passata a Vittorio Crespi, che arrivĂČ durante la Seconda Guerra Mondiale a concedere il diritto di pesca anche ai natanti, purchĂ© non superasse il limite della vegetazione lacustre. La gestione del lago, intanto, passĂČ dopo il 1928 dal Besana al Signor SalvadĂš. Da quel momento, anche per motivi economici, investimenti mancarono e la produzione annua di pesce continuĂČ a diminuire fino a un minimo di 120 quintali nel 1946.
Oggi, la cooperativa dei pescatori e professionisti, subentrata alla ex piscicoltura Borghi, Ăš ridotta a minimi termini e riesce con fatica a sopravvivere, anche se la produzione non Ăš trascurabile, specialmente di sandre, anguille, tinche, persici e luci. Non mancano diverse altre specie, tra le quali citiamo il pesce gatto. Del tutto cessata da diversi anni l'attivitĂ della piscicultura Borghi, i locali furono occupati dalla cooperativa e oggi si trovano in uno stato che definire faticente Ăš poco. L'eta di vagabondi e di vandali vi si puĂČ trovare solo un mare di documenti della piscicultura e della cooperativa, sparpagliata al vento Ăš il ladroncoli.
Qualche appassionato pescatore, fornito di regolare licenza, getta da queste rive i suoi ami, senza piĂč timore di dover incorre nelle ere dei Borghi. Ma quando si trattava di difendere i propri diritti sui laghi, sapevano sfoderare una grinta incredibile. Se ne accorsero a proprie spese quei furbacchioni di Corgeno, che nel 1860 per aggirare il divieto di pescare in mezzo al lago sulla barca, pensarono di imitare i Lappoli, forando il ghiaccio invernale e gettando le loro esche a piedi e senza barche.
Sorprese dei guardiani dei Borghi furono citate in giudizio, condannate a pagare le spese e, severitĂ dei tempi, rinchiusi in prigione per alcuni giorni.