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Le mie due mamme
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The narrator describes their relationship with their mother, specifically their biological mother (referred to as Mamma Uno). They explain that their mother's presence was always discreet and not overbearing. Unlike a typical controlling mother, their mother treated them with respect and responsibility, explaining things instead of using the "because I said so" approach. They felt trusted and independent, with their mother's control being subtle and loosening as they proved capable. The narrator recalls an example of wanting to pack their own suitcase for trips and their mother guiding them on how to do it effectively. They also mention their childhood passion for toy cars and how it faded over time, but on their 18th birthday, their mother surprised them with a perfect model of a Ferrari, saying, "Now that you're an adult, I could finally buy you the Ferrari. Are you happy now?" The narrator concludes by mentioning their podcast called "Perché? Ma forse lo cambio" (Why? But maybe I'll CAPITOLO TRE MAMMA UNO QUELLA NATURALE Come definirei il mio rapporto con Mamma Uno? Certamente non convenzionale. La sua presenza nei miei confronti è sempre stata discreta, mai ingombrante. Quel ruolo aspettava di diritto a Mamma Uno bis. E col termine ingombrante intendo dire la classica presenza della mamma carabiniere, che vuole o deve verificare tutti e tutto quello che circonda il malcapitato. Sto ovviamente enfatizzando non volendo far passare Mamma Uno bis per un generale di corpo d'armata, ma semplicemente per un colonnello. Tornando invece alla mamma naturale, il suo atteggiamento verso di me si basava sempre su due caratteristiche fondamentali, il rispetto e la responsabilizzazione. Sebbene fosse comunque mia madre, anche quando avevo sei o sette anni, qualsiasi discorso o ragionamento era basato sempre sulla spiegazione, mai sul «è così perché lo dico io e basta» o «tu sei troppo piccolo, non puoi capire». Il fatto di aver percepito da parte sua una grande fiducia e libertà di agire, sebbene nei limiti imposti dalla mia età, mi faceva sentire sufficientemente grande da potermi muovere in modo indipendente. Il suo controllo risultava così molto discreto, allentando sempre più le briglie nel momento in cui fossi stato ingrato e meritevole di fare da solo. Il primo esempio che mi viene in mente è la mia grande voglia di potermi preparare il mio bagaglio quando si andava in gita scolastica o in vacanza, magari con la famiglia di qualche compagno di scuola. Non mi diceva cosa fosse necessario metterci, ma mi chiedeva cosa, secondo me, fosse importante da non lasciare a casa. E non interveniva mai per sistemare lei gli oggetti e i vestiti, ma consigliandomi come inserire le cose in modo tale da risultare ordinato ed avere maggiore spazio. Non c'era quindi un'imposizione da parte sua, ma ero io, soprattutto le prime volte, a chiedere il suo aiuto. Ovviamente qualche capriccio tipico dei bambini di quell'età c'era, ad esempio quando, passando spesso davanti ad un negozio di giocattoli, gli chiedevo di comprarmi delle automobiline in scala, riproduzioni fedeli di quelle vere. Qualche volta venivo accontentato e altre volte no, come è logico che sia. Crescendo questa passione si attenuò a vantaggio di altre e finì nei ricordi sfocati della mia infanzia. Ma allo scoccare del mio diciottesimo compleanno si presentò con un bel pacchetto, incartato con una elegante quanto appariscente carta rossa con tanto di fiocco. Lo scartai e ci trovai un modello perfetto di Ferrari della Biburaco in scala 1 a 24. Ormai sei maggiorenne, finalmente t'ho potuto comprare la Ferrari. Sei contento adesso? Grazie ma, per tutto. Sono Evaristo Tisci e questo è il mio podcast che si chiama Perché? Ma forse lo cambio.