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Brutti, sporchi e cattivi... o no?

Brutti, sporchi e cattivi... o no?

00:00-01:07:32

Tutti conosciamo quella vocina interiore che costantemente ci paragona e ci misura agli altri, trovandoci sempre inadeguati, carenti o addirittura sbagliati e senza valore. Ma davvero ha ragione o è solo un modo di guardare a noi da un punto di vista fuorviante? L’intervista è condotta da Daniela Cremoni di Rigenera Life.

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Buonasera a tutti, bentornati alla diretta del mercoledì. Bentornata la dottoressa Elena Tragotto, ciao Elena per essere con noi. Buonasera, ciao Daniela, grazie, grazie di ospitarmi di nuovo, è sempre un piacere, sempre divertente, sempre che mi piace. Ecco bene, bene che ci piaccia entrambe anche perché io sono curiosa, c'ho una lista di domande che non finisce più, io quando c'ho qualche domanda comincio a dire a chi posso fare queste domande? Basta, la dottoressa Elena Tragotto, va bene, anche per chi ci segue che comunque Elena Tragotto è laureata in psicologia, counselor e insegnante di due dinamiche insomma non facili da reperire, la dinamica di sé è voice dialogue, ok, quindi insomma ho scelto te perché queste sono domande toste e mi servivano delle risposte professionali. Adeguate, adeguate sì sì sì. Allora io stasera parliamo un po' per l'esigenza che è nata che mi è stata chiesta a dire la verità e poi da lì è nata proprio una esigenza personale perché ho compreso che questa richiesta d'aiuto che mi è stata fatta per telefono in realtà poteva essere d'aiuto a diverse persone, me inclusa, quindi non è che mi tiro fuori, per capire bene perché abbiamo sempre o quasi sempre, per fortuna non per tutti, la percezione di non essere all'altezza, quindi ti vorrei chiedere da cosa nasce questa percezione? Allora intanto mi viene da dire che è per tutti, c'è sempre una situazione, un piccolo angolo nella nostra vita in cui non ci sentiamo adeguati e potremmo essere sentirci criticati dentro di noi, quindi questa sera appunto come già accennavi affronterò questa tematica e quindi anche le risposte dal punto di vista della dinamica dei sé. La dinamica dei sé indica, questo brevemente, che dentro di noi coabitano tanti sé, tutti i comportamenti che vediamo nel mondo sono dentro di noi. Quando nasciamo abbiamo bisogno di essere amati, riconosciuti, di appartenere e quindi iniziamo ad avere quei comportamenti che sono più approvati, che appunto in dialoghese, cioè nei voice dialogue, sono chiamati sé. Quindi noi ci identifichiamo in alcuni sé, i loro opposti automaticamente vengono esclusi dalla nostra vita ed ecco che entra in scena questa vocettina, questo sé, che è definito il critico interiore, che è un po', diciamo, il braccio armato della legge. In che senso? La legge la fanno i sé in cui siamo identificati, quindi se sono identificata in un sé altruista devo essere sempre altruista, devo essere, appunto, dare quello che ho, essere altruista, essere generosa. Se sono identificata in un sé intellettuale rendo il mondo e tutte le relazioni, tutto quello che mi capita in senso mentale, razionale. Quindi queste modalità diventano leggi, cioè le devo rispettare, devo comportarmi in questo modo. Quando entra in scena questo sé, il critico interiore? Quando non rispetto le leggi, quando non mi comporto in base a queste regole e quindi che ecco che il critico arriva e mi rimprovera, come faceva una volta il genitore, mi rimprovera per questo comportamento. In più, oltre ad avere questa funzione di far rispettare le leggi all'interno, al nostro interno, ha una sua modalità di proteggere questa vulnerabilità che è quella di continuare ad aver bisogno di essere amati, di essere visti e di appartenere. La sua modalità è una modalità ansiosa, possiamo dire, perché costantemente è allerta affinché noi non ci esponiamo nei confronti degli altri, affinché noi possiamo essere all'altezza delle aspettative, affinché noi non facciamo brutte figure di fronte alle persone, affinché noi comunque possiamo essere accettati. Quindi usa le sue modalità che sono modalità pesanti, cioè non ci va leggero il nostro critico interiore e quindi il critico che preferibilmente vive negli specchi e nelle bilance, ogni volta che noi passiamo davanti a una superficie che rispecchia, ecco là che parte, con grande ansia che lo contraddistingue, a dirci tutto quello che non va. Tutto quello che non va in base ovviamente a delle leggi generali, quindi se vivo in un, per esempio, io so che a Miami non esistono gli obesi, a Miami sono tutti magri, tutti sportivi, tutti corrono, fanno jogging eccetera eccetera, quindi se io dovessi andare, siccome non sono né magra né jogging né niente, sono pira, sono sicura che sento a Miami è la fine, il mio critico parte in quarta, parte in quarta perché la sua, il suo obiettivo è questo, che noi veniamo accolti e accettati dagli altri, quindi ce ne dice di tutti i colori perché per perpungolarci, per fare in modo che noi possiamo rispondere a queste aspettative, che siano familiari, che siano culturali, che siano educative, cioè in ogni ambito il critico comunque si esprime, poi nelle nostre vite personali ha i suoi ambiti preferenziali, quindi se io vivo in un ambiente, ma anche in famiglia, siamo degli intellettuali, ovviamente se vado a fare sport sono un povero demente, cioè un poveretto, uno che evidentemente non ci arriva col cervello e va a fare sport e quindi insomma sei un poveretto, sei un, oppure viceversa se nasco in una famiglia di sportivi e proprio non me ne frega niente di fare sport, sono pigro, ecco che il critico mi dirà se è una persona, se è una persona che non, appunto, un poveretto anche in questo caso. Quindi ho visto che è apparsa una frase che è una teoria, tra l'altro notente che ti ringrazio, tutti quelli che commentano, commentate perché comunque i commenti ci fanno crescere in tutti i sensi, quindi commentate. Diciamo che quello è il punto d'arrivo, non è il punto di partenza e comunque questa frase al nostro critico interiore non gliene può fregar di meno, proprio anzi, cioè legge una frase così e dice ma te la stai raccontando, insomma non è così. Quindi cosa voglio dire con questo, non che appunto quella frase lì è un punto d'arrivo giustamente, quello di darci la libertà di essere chi sentiamo di voler essere, ma non nel senso di ribellione, ecco una cosa, una delle grandi trappole con il critico è proprio questa, di pensare che un atto di ribellione lo metta a tacere. Facci un esempio, qual è un atto di ribellione? Non ti mettere quel vestito che sei ridicola, ah sì bene, io me lo metto io stesso e vaffanculo. Cosa succederà? Esco, la prima persona che incontro mi dirà ma insomma potevi metterti anche qualcos'altro. Quindi se non ascoltiamo lui, lui arriva dall'esterno attraverso il giudice interiore degli altri, perché il giudice è l'altra faccia del critico. Quindi se qualcuno dice io il critico non ce l'ho, mi spiace dargli la triste notizia che il critico ce l'abbiamo tutti e probabilmente sarà più identificato in un'energia di giudizio, quindi giudico di più gli altri probabilmente, oppure vivo in una condizione dove il giudizio, mi arrivano molti giudizi dall'esterno. Quello è il critico che si vuole far sentire in qualche modo. Quindi ecco, certo, non come dire, è auspicabile che noi possiamo, come dire, vivere davvero ciò che sentiamo, ma è un processo, non è una dichiarazione, cioè non è un editto, non è, si fa così, perché si fa così non ha le radici, ecco, non mette radici, non cresce, ma si parte da dove si è, questo sì, quindi dove si è con il critico. Il critico c'è, c'è poco da fare, c'è, è un se, quindi non scomparirà mai, ma quello che noi possiamo fare attraverso un processo, attraverso un lavoro personale, è cambiare la relazione con il critico interiore, questo sì, questo senz'altro si può fare. No, penso, intanto parte con tutte le buone intenzioni perché ci vuole far accettare dal branco, perché noi siamo animali sociali e quindi il suo obiettivo è quello di farci accettare. Poi la modalità con la quale lo fa, con dei percorsi, possiamo valutarlo un attimo, altrimenti ecco. Volevo chiederti come mai spesso veniamo infattiditi da chi vediamo intorno, che sembra che questi problemi non ce l'hanno, quelli che ci si credono, no? Vediamo le persone che nonostante anche qualche difetto vanno tranquilli per la loro strada anche altezzosi e queste persone stesso ci infattidiscono, come mai? Ma perché non ci diamo il permesso? Allora, la risposta delle risposte è perché ci piace essere vittime, punto, a capo. Poi detto questo andiamo a vedere altro, ma di fondo è questo. Ci piace fare la vittima, piace a tutti, anche quelli che non lo pensano di esserlo, siamo tutti, ci piace stare nelle vittime. Secondo, come ti dicevo prima, il giudizio è lo sport più praticato al mondo, anche i pigri praticano questo sport. Quindi noi costantemente dobbiamo trovare da giudicare, da giudicare gli altri, da dire sugli altri. Quando mi dà fastidio qualcuno che gestisce quello che per il mio critico, anzi il mio giudice in questo caso, è un difetto, è perché non ci concediamo noi di essere in questo modo. E quindi dobbiamo colpire chi invece se lo concede, per sentirci meglio. Ma in genere, se giudico qualcuno che appunto comunque se ne frega, non so penso a degli attori, pensiamo a Barbara Streisand, un'altra attrice che spesso lavora con Almodovar, che ha un nasone così. Streisand volutamente ci faceva riprendere di profilo. Allora che cosa succede? Siccome nella nostra cultura l'estetica ha un gran valore, soprattutto qui in Italia, ecco che trovo il modo di scagliarmi contro qualcuno che non rispetta le regole. Semplicemente, quindi io sono lì, se mi scaglio contro quella persona è perché voglio che si rispettino delle regole. Delle regole che fanno parte di una cultura e quindi anche qua, per rimanere nell'appartenenza, perché le persone possano essere più, come dire, gestibili. Perché non voglio essere infastidita da qualcuno che è diverso, preferisco stare in una zona comfort. Quindi a quel punto il giudice parte e tra l'altro, giudicando l'altro, c'è quel momento che è proprio un rivido nella schiena, è un istante in cui non sento il mio critico e mi sento finalmente meglio, mi sento finalmente nel giusto, mi sento finalmente innocente rispetto all'altro che invece è quello appunto brutto, sporco e cattivo. Oh no, ora arriviamo al no, infatti arriviamo al no. Ma è da un momento che spesso il primo luogo dove vogliamo appartenere, dove vogliamo essere visti è proprio quello familiare, quando siamo piccoli è lì il primo clan e quindi nel bene o nel male sono i nostri genitori e a nostra volta noi nei confronti dei nostri figli che creiamo i piccoli se che poi diventano grandi e diventano insostenibili. Come si può fare da genitore per far sì che questi se non esplodano in qualcosa di veramente dannoso? Allora, ci sono tante cose, vediamo quelle giuste da dire in questo momento. Allora intanto consiglierei a tutti i genitori di fare un lavoro su se stessi semplicemente. In più abbiamo necessità tutti quanti dei nostri se primari, quindi abbiamo bisogno anche del critico in qualche modo che ci insegna appunto a stare laddove da qualche parte abbiamo scelto di stare, quindi ogni situazione, ogni genitore è quello giusto per noi, anche se non è facile da accettare questo proprio perché comunque ci sentiamo spesso vittima. Io volevo altri genitori perché mi sono capitati questi, in realtà da qualche parte l'abbiamo scelto, quindi quel genitore è quello giusto per noi, qualsiasi cosa ci porta ha a che fare con le lezioni che siamo venuti a praticare in questa vita. Quindi questo anche per alleggerire la responsabilità del genitore, in che senso? Non nel senso che non hanno nessuna responsabilità, però se il genitore può guardare al figlio come anche un insegnante per lui, allora sì che quella relazione porterà grandi cose, che non significa l'armonia, la famiglia del mulino bianco, non è questo, ma l'apertura del genitore a considerare quello che accade con i figli qualcosa che riguarda anche lui, che lo riguarda profondamente, così come riguarda il figlio. Quindi un insegnante questo figlio che lo può aiutare ad evolvere come genitore, come persona poi, nel ruolo di genitore. Ecco quindi io direi più che altro questo, di non sentire solo la responsabilità dell'educazione del figlio, quindi oddio se gli dico così poi dopo gli crea un trauma. Come dire, abbiamo avuti tutti i traumi e probabilmente sono quelle lezioni da prendere, che ci accompagnano nella vita. Quindi ecco, il genitore quello che può fare è considerare quella relazione, così come la relazione con il partner, qualunque relazione, ma queste sono quelle più che ci danno da fare e da lavorare, quindi sono le più importanti, di considerare quella relazione come un'opportunità di imparare delle lezioni. Quindi vista così, come dire, c'è intanto più amorevolezza in generale, c'è più compassione, c'è più accettazione, che altrimenti veramente è sempre una caccia al colpevole, alla punizione, oddio come genitore sono stata una bestia, sì io ho avuto i genitori, lo dico sempre nei miei corsi, appunto come ci piace fare le vittime. Mi ricordo sempre la battuta di Alberto Sordi nel film, credo che fosse un americano a Roma, se non ci avessi avuto la malattia da piccolo io stavo in America. Sempre una scusa per non essere quello che desideriamo essere e quindi ecco, insomma, i genitori quello che possono fare è considerare che tutto, la sfida, perché i figli portano una sfida e qual è la sfida? Molte volte i figli sono quei seri innegati che abbiamo bisogno di accogliere in noi stessi, quindi se io sono un genitore preciso, ordinato, ecco, mi capita il figlio che è uno sbanderno, come dicono a Bologna, cioè che è un caos totale, ma accanirmi soltanto con il figlio perché metta in ordine la stanza e faccia questo e sia più preciso, non è capire la lezione che c'è lì, per me anche genitore, che è abbracciare questa mia parte caotica, non significa allora dopo stiamo tutti nel caos, ma significa intanto che io mi avvicino di più a questo figlio, cioè come dire, lo comprendo, nel senso, ah ok, certo, ci può essere anche il caos e non solo, accogliendo in me il caos, io libero questo figlio dal portare questa cosa per me e quindi cosa succede? Che magari scopro un giorno che si sistema la stanza, senza che io gli aiuti. Mi fa piacere questa cosa perché lui che ci sta seguendo indifferita e l'esempio che ha fatto è proprio questo. Ora una volta finita la diretta mi dirà hai visto? Che sei te? Che ti devo aiutare? Vabbè me la sono cercata, va bene questo. Ricordiamoci che poi potrebbe anche mettere a posto la stanza, non so se dall'altra parte magari, faremo questi passi in maniera... Ecco, se un genitore vuole veramente fare in modo che questo critico non diventi devastante con il figlio, perché i genitori criticano tanto anche il figlio? Perché lì c'è il loro critico interiore che gli sta dicendo non sei un bravo genitore e quindi tu figlio devi essere bravo perché sennò il mio critico immassacra. Questo è tutto uno scarica barile. Se invece il genitore impara a gestirsi delle sue vulnerabilità in un altro modo, ovviamente questo alleggerisce tutta la relazione con i figli. Perché lì c'è il critico, ce l'ha anche il genitore, quindi se il figlio non va bene a scuola, se appunto non è un ragazzo stimato ma magari viene giudicato, viene giudicato a scuola eccetera, il ragazzo è una ragazza. Il critico interiore del genitore lo fa a pezzi, anche se il genitore non lo sente, ma praticamente gli sta dicendo è tutta colpa tua se è venuto fuori così, sei tu che hai sbagliato, ti ricordi quella volta invece di stare a casa con una brava madre sei uscita, tu te ne andavi a fare le settimane bianche con le amiche. Ecco qua questo è il risultato e quindi chiaramente siccome è una posizione scomodissima questa di avere a che fare col critico, allora trasformo questo critico in giudice e magari insisto con il figlio o con la figlia che devono essere in un certo modo e in quel momento per un momento io genitore non sento questo critico dentro di me. Quindi il critico è un se difficile da gestire perché quando parla il critico non è l'amico o l'amica che ci sta dicendo ma forse sarebbe meglio, no, è Dio, cioè si squarcia il cielo, appare il famoso triangolo con l'occhio che ci guarda e ci dice tu sei il peggior genitore del mondo, queste sono le parole del critico, è la qualità energetica di quello che il critico e questo ce lo dice costantemente in tanti ambiti, se al lavoro faccio un errore, uguale, si apre il ceno, questa è la scena, ecco il triangolo, il dito puntato, tu sei il peggior impiegato del mondo, tu sei il più idiota del mondo, così cioè non è che dice, insomma hai fatto un errore, la prossima volta stai più attento, no, pacca sulla spalla, no, ci arriva una bastonata in testa e ci dice, cioè qui sarai considerato veramente un poveretto, un idiota, uno che non è capace, uno che non sarei più affidabile, sarei escluso, questo comunque è il timore di sottofondo del critico interiore, cioè noi veniamo estromessi, qualcuno sta scrivendo mio figlio è il mio giudice interiore, è possibile? Se lo riconosciamo ci possiamo lavorare. Secondo te l'angolazione madre figlio maschio padre figlia femmina ha dei significati particolari oppure vale un po' per tutti questa cosa? Che spesso ci viene detto, perché poi oltre al nostro giudice interiore c'è anche il giudice esterno proprio della società, che sui problemi dei figli maschi quasi sempre la colpa è della mamma, sulle figlie femmine magari la colpa è del padre, in realtà come la vedi te questa X? Allora intanto la parola colpa diamo il foraggio al nostro critico, lo alimentiamo. Il nostro critico è un obeso in realtà, perché viene alimentato da tutto e da tutti. Diciamo che sono relazioni particolari, sono relazioni più delicate, sono l'altro, è il primo altro che incontro nella mia vita, quindi è quello diverso da me quando nasco. Quindi se nasco femmina l'altro è mio padre e quindi insomma con il padre poi ci sono tutta una serie, ma anche i figli maschi cercano un'approvazione da parte del padre, ci sono tanti figli maschi che si sentono inadeguati nei confronti dei padri, perché lì c'è come dire una conferma dell'aspetto maschile e quindi non si sentono, aspetto maschile intendo in generale, però viene portato dal padre, quindi insomma certo che ci sono situazioni che possono essere più delicate, così come per un figlio maschio è importante a un certo punto, soprattutto adesso che ci sono tante famiglie mononucleari, nel senso che non mononucleari come si dice, insomma c'è solo la madre e non la presenza paterna, quindi per un figlio maschio c'è bisogno di separarsi dalla madre, dalla madre intesa anche come archetipo, cioè con lei che accudisce, che attutisce per uscire nel mondo e quindi anche sbattere la testa nel mondo, quindi ecco io veramente dico sempre questa cosa che a 14 anni i figli maschi dovrebbero andare tutti a vivere con il padre se c'è una famiglia separata, perché hanno bisogno di potersi rispecchiare in una figura maschile, quindi ecco ci sono tante cose. Prescindere dalle qualità della caratteristica del padre, te lo consiglieresti a prescindere? Allora noi insomma qui entriamo in altri argomenti spinosi, il padre è il padre e negare questa presenza, poi è chiaro se il padre è un delinquente è un altro discorso, ma noi in questa società stiamo dando al padre un sacco di colpe che forse dovremmo guardare in maniera diversa e dovremmo anche come donne prenderci responsabilità di quella scelta che comunque abbiamo fatto. Noi lo abbiamo amato quest'uomo, lo abbiamo sposato in alcuni casi e ci abbiamo fatto dei figli, quindi è il momento di prendersi responsabilità di questa scelta, altrimenti non se ne esce, cerchiamo sempre un colpevole, quando invece c'è una difficoltà da parte di entrambi di crescere in una relazione, questo è quello che mi viene da dire. Chiameranno un sacco di uomini in questo momento. Allora, condivido quello che hai detto assolutamente. Volevo sapere questo senso di inadeguatezza con il quale abbiamo introdotto la diretta di stasera, che spesso è vissuto proprio con un dramma grande. Ora pensiamo per esempio a un ragazzo che è alto un metro e 60, anche meno. Non solo in una società come quella di oggi, ma proprio a livello generale. Faccio questo esempio come un naso molto importante. Con il naso si può anche lavorarci su perché quando uno entra con la consapevolezza. Però quando ci sono delle cose proprio importanti, come se ne esce da questo senso di inadeguatezza e la facciamo diventare un senso di unicità, che poi siamo tutti unici, è bella questa parola, ma come se ne esce dal percepito di essere inadeguato in questa società? Allora qui ovviamente diciamo che partiamo da un critico che è in allarme rosso. Perché se un uomo comunque, soprattutto se è eterosessuale, cerca, perché questo nel mondo omosessuale non credo che abbia valore chi è più alto, chi è più basso, non interessa. Mentre invece nel mondo eterosessuale c'è ancora quest'idea che l'uomo deve essere più alto della donna. Quindi se io faccio mia questa regola ovviamente avrò un critico feroce in questo, ma veramente molto feroce, feroce al punto da dire che sono nato sbagliato, quindi da colpirmi sul valore come persona, quindi non solo sul fisico, non è una questione di autostima, è una questione di valore. Quindi lì non c'è come dire, non c'è via d'uscita, è come se dalla fabbrica siamo usciti fallati. Questo è il pensiero del critico. Quindi come facciamo? Per lui siamo una disperazione, quindi qui si tratta ovviamente di fare un lavoro su di sé, anche facendosi ispirare da chi assolutamente è andato a cercare altro come valore della propria vita, perché qui si tratta di dare un valore alla propria vita. Allora vogliamo dargli il valore del metro sessanta o vogliamo dargli il valore che merita. E questo è una questione di qual è il senso della mia vita, essere un metro e sessanta oppure affrontare questa cosa, questa sfida che ho, perché evidentemente devo trovare il senso della mia vita. E abbiamo esempi veramente, pensiamo anche agli attori che in generale noi ci aspettiamo un'estetica mirabolante dagli attori. Allora intanto questa estetica mirabolante è italiana e comunque occidentale. Se andiamo a vedere già una filmografia inglese, per esempio, non esiste. Questa estetica perfetta non esiste, ma anche quella francese non esiste, è americana e italiana. Quindi intanto questo. Per cui, come dire, è proprio, mi voglio fermare lì, ma mi voglio fermare lì veramente come se stessi, se stessi disprezzando il senso della vita. Pensiamo anche a attori come Danny DeVito, è un grande attore, quant'è alto? 1,55, quanto è alto quello lì? Neanche Belloccio, a dire la verità, è un attore basso proprio. No, cioè, veramente, eppure voleva fare l'attore e l'ha fatto, punto. Ed è anche bravo a farlo. Pensiamo all'attore Affetto d'anonismo di quella serie famosissima che io non ho visto, ma io conosco l'attore, che è Il Trono di Spade. È Affetto d'anonismo, affascinantissimo, ha una presenza pazzesca, pazzesca, che oscura quelli che sono intorno a lui, che sono normo alti. Oppure, pensiamo a quelle persone, gli atleti. Io ho avuto a che fare tempo fa, mio padre lavorava con l'Unione Italiana C'è, che lui ci vedeva, e organizzava lo sport. I non vedenti andavano a fare le olimpiadi, andavano a fare i campionati. Io ho partecipato ai campionati europei, insomma, ho fatto parte dell'organizzazione. Come dire, quindi dipende come prendo questa sfida. È una delle sfide, è una delle lezioni che veniamo ad apprendere qua. È semplicemente questo, che in quel caso passa attraverso il corpo, attraverso il fisico. E allora sì, dovrò lavorarci, non sarà facile. Soprattutto, veramente soprattutto in Italia, che c'è questo mito estetico. Ma pensiamo a quello che è successo in questi termini, quindi capisco la pressione sociale. Quello che è successo, quello che si è scatenato, quando Nike, che si dice Nike, l'azienda sportiva, ha messo un manichino ciccio con la tuta in una vetrina. Si è scatenato all'ira di Dio, perché era indecente quel manichino. Quindi io capisco la pressione sociale, ma dal punto di vista di chi soffre di queste, si chiama adesso body shaming, di prendere questo come una lezione che ho scelto di affrontare per fare il mio cammino evolutivo. Questo è. Allora, se comincio a guardarlo come una lezione, è diverso. Non è una sfiga. Non è una sfiga. È la lezione che mi sono dato per evolvere. E allora ho intorno, ma anche un altro mi viene in mente, forse non tutti lo conoscono, Michel Petrucciani. Io l'ho anche sentito suonare dal vivo. Era un pianista. Lo portavano in scena in braccio. Era alto così. Adesso non si vede qua. Insomma, era piccolo. Sembrava un bimbo di tre anni. Lui suonava il pianoforte. Le uniche cose che aveva di misura normale erano le mani. Devi trovare la tua passione. Cioè, alla fine, comunque su qualcosa devi lavorare. Devi cercare di capire qual è il tuo talento vero e così nella società ti fai apprezzare per quello. Ma ti fai apprezzare? Ma anche no. Se io voglio sapere a zappare la terra, me ne sto a zappare la terra. Capito? Cioè, non devo per forza eccellere, essere speciale. Questa è una delle trappole del critico. Ci vuole speciali, in qualche modo. Anche a fare le torte. Però, ah, come le fa lei, non le fa nessuno. E questo il critico lo rilassa. Perché ci si vedi? Comunque viene considerata speciale in qualcosa. Questa è una delle trappole del critico. E quindi io passo una vita a cercare di essere speciale. E' una gran fatica. Quindi, come dicevi giustamente, Daniela, cosa voglio fare io? Cosa mi interessa fare? Voglio fare l'attore. Lo faccio. Torno a ripetere, è qui in Italia che c'è questa fissa. E perché dico qui in Italia? Perché quando sono stata negli Stati Uniti è stata una sensazione pazzesca, sottilissima, che sono riuscita a cogliere. Dopo un po' di giorni che ero lì, sentivo una sensazione particolare di maggiore leggerezza. E mi sono resa con, mi è arrivata consapevolezza. Perché ero più leggera? Che cosa era questa sensazione? È che lì negli Stati Uniti non c'è la pressione sociale che c'è qui in Italia rispetto al corpo. Cioè, a New York vanno in giro di tutti, vestiti come gli pare. E nessuno dice niente. Non c'è questa pressione di vestirsi a modo. Fateci caso voi tutti che ci state guardando o che ci ascolterete. Quando andiamo all'estero riconosciamo i turisti italiani, immediatamente. Sono i più fighetti. Così come riconosciamo i tedeschi per il calzino con il sandalo. Però è così. Quindi capisco, c'è una pressione sociale enorme che io ho percepito fisicamente quando sono stata a New York. Quindi rientrare in queste è una sfida, ma prendiamola, cioè non ce la prendiamo con chi ci tratta male. Perché quello è forbiante. Non ci abbattiamo pensando che la colpa è di chi è là fuori che ci tratta in questo modo. Questo ci fa vittime e ci toglie il potere. E invece riprendiamo il potere pensando che lì c'è una lezione che io ho scelto di apprendere per continuare nel mio cammino evolutivo. E allora è diverso. E allora diventa propulsivo quello che mi sta succedendo. Non castrante. Non ammazzante. Capite la differenza? Non mi faccio vittima di questo. Divento io, come dire, protagonista di quello che mi sta accadendo. Ok? Quindi io auguro a tutti, perché conosco questa cosa. Anch'io ho a che fare con il mio critico. Ognuno ovviamente ha il suo. Però ecco, e soprattutto, quando questo critico parte con uno dei suoi attacchi che non lasciano veramente vivo nessuno. Qual è un modo per poter cambiare la relazione con questo critico? Perché il critico si rivolge direttamente alla nostra parte bambina. Finché non ci siamo noi in mezzo, fa il critico al nostro bambino interiore. E la nostra bambina interiore è come un genitore. Come se noi vedessimo per strada un genitore che tratta malissimo il bimbo. Noi saremmo inorriditi. Bene, questo accade dentro di noi. Perché? E poi questa bimba interiore, questo bimbo interiore, prendono questo punto di vista, perché è un punto di vista fra i tanti dentro di noi, prende quel punto di vista come la verità. E' per questo che quando siamo davanti allo specchio diciamo sono brutto. No, cominciamo a dire il mio critico pensa che sono un idiota. Il mio critico pensa che sono un idiota. Cominciamo a prendere questa distanza e quando c'è un attacco feroce chiediamo al nostro critico che cosa ti preoccupa. Perché l'attacco feroce è un attacco d'ansia del critico per la paura che possa accaderci qualcosa. Quindi stiamo andando a una festa, lui ci sono messi un vestito, una festa dove non ci conosce nessuno, queste situazioni sono quelle che lo mandano più in ansia, cioè situazioni dove non ci conosce nessuno, quindi non sanno chi siamo eccetera, per cui lui ha il terrore del primo impatto. Quindi ma com'adonna, come ti sei vestito, quanto tempo passiamo davanti allo specchio, oddio questo mi sta male, non c'ho niente da mettermi. Quello è il critico, perché qualunque cosa ti metti comunque fai schifo. Fino a che ci infiliamo qualcosa e andiamo a questa festa dove il critico sarà terrorizzato, dirà mi raccomando metti la pancia dentro, non respirare, mettiti in un angolo, non ti far vedere, quello che dici di cose intelligenti, sorridi, se non capisci non rispondi, è terrorizzato dall'idea che daremo e quindi alla domanda che cosa ti preoccupa, lui potrebbe rispondere anziché continuare a dire sei un idiota, un imbecile, dire mi preoccupa che lì potresti avere magari delle opportunità di lavoro e se dici una cavolata non ce l'hai più. Ok bene, perfetto, allora una volta che lui mi parla di questo, io non è che ignoro quello che dice, soprattutto non ignoro questa vulnerabilità che può essere reale e allora domando a me, cosa posso fare per prendermi cura di questa vulnerabilità? E qualsiasi cosa mi verrà in mente, quindi non mi sentirò più quella che va là e cammina sulle uova, perché qualsiasi cosa farà sarà un disastro, quindi mi sono separata dal mio critico, l'ho ascoltato e l'ho preso in considerazione. Ecco questo può essere un modo per lavorare con il nostro critico. Iniziamo con quella frase, iniziamo a cambiare questa frase, perché noi non ci rendiamo conto che è il critico che sta parlando, noi diciamo sono io l'imbecile, io sono un imbecile, io sono brutta, io sono grassa, io sono pigra, io sono... il mio critico pensa che... e perché posso dire questo? Perché noi abbiamo delle persone che pensano di noi altro, è per questo che posso con gran sicurezza affermare che quella del critico è un punto di vista, non è la verità. Magari qui il mio critico dice sei grassa, vado in un altro paese dove invece mi dicono che meraviglia che sei così rotonda. Capite perché è un punto di vista? Non è la verità con la V maiuscola, non è Dio che sta parlando, è un punto di vista dettato dall'ansia di farci accogliere nella società, nel mondo eccetera eccetera. E questo è il voice dialogue che poi si fa tra i vari sé, no? C'hai dato una pillolina dei dialoghi, intanto cominciamo a fargli una domanda. Cosa ti preoccupa? E' già un buon inizio secondo me. E' una domanda dal pubblico, vai Alessio? Beatrice, quei figli che crescono senza un padre e sono pieni di rabbia, come si può aiutarli? Allora, intanto ogni caso è particolare. Io come madre mi farei questa domanda. Come ho parlato del padre a questo figlio? Perché se io parlo, adesso ovviamente non so il caso e non mi permetto di ipotizzare, sto solo facendo un esempio. Forse le donne non si rendono conto, quindi le madri che magari invitano a casa le amiche, sono lì insieme, fanno due chiacchiere e c'è questo figlio maschio che circola per casa, cioè è casa sua, quindi sta lì. Magari è un bimbo di dieci anni. E molto spesso cosa sente da questo concesso di amiche? Gli uomini sono tutti traditori, hai visto? Quello ti ha mollato, se ne frega del figlio. Eh sì, ma tanto gli uomini lo sai come sono, no? Se ne fregano, sono irresponsabili, sono dei bambinoni, sono eccetera eccetera. E questo figlio si guarda allo specchio e dice, quei maschi di cui stanno parlando, anch'io faccio parte di quel gruppo lì e allora sono così stronzo? E poi dice, cresce la rabbia. Grazie al cavolo, voglio dire. Io vivo 24 ore al giorno con una persona che pensa questo degli uomini, se questo è il caso portato da questa domanda, però molto spesso è così. Molto spesso le madri si ritrovano dei figli maschi adolescenti che le trattano malissimo. E allora la domanda è questa, come ho parlato degli uomini in generale qui in casa? Condivide, c'è qualcuno che ci dice? Conferma quello che hai detto, che non avendo mai parlato male del padre non è arrabbiata. È un'ipotesi appunto, poi ci sono tante altre motivazioni, però questa è una. Perché quel figlio maschio, è come dire, è come se costantemente gli dicessimo tu sarai uno stronzo come tuo padre, perché i maschi sono tutti così. Capite? Cioè non ci rendiamo conto di questo parlando tranquillamente tra amiche. Cioè lì c'è uno che appartiene a quel sesso là. Questo sarebbe uguale se fosse un consesso di uomini, dove c'è una bimba e questi uomini dicono le donne sono tutte puttane, sono qua e là. Ma come cresce sta poveretta? Perché dice, anch'io sono femmine, quindi? Sono così? Quindi attenzione. E appunto ci sono molte madri che poi pagano, pagano un conto salatissimo con i figli maschi, perché lì arriva il conto. Ah sì? Cioè mi hai sempre detto, anche se non direttamente, che io in quanto maschio sono uno stronzo? Bene, adesso ti faccio vedere che lo sono sul serio. E questo è doloroso, doloroso per tutti, per tutti ovviamente. E quindi lì c'è da fare un lavoro, insomma, con un professionista. Ecco, se è proprio estremo, se è una cosa ingestibile, bene, andare da un professionista di, diciamo, di terapia potrebbe essere interessante, una terapia sistemica, ecco, perché fa parte, ha più a che fare con un sistema familiare. Oppure potrebbe essere la madre ad andare a lavorare magari su questo giudizio sul mondo maschile e questo potrebbe alleggerire il figlio. Quindi, insomma, ci sono diversi approcci che possono essere molto utili, molto utili. Senti, una domanda prima di finire, io ne avevo qualcuno, ma vabbè, comunque questa te la volevo fare, visto che ultimamente si parla sempre di questo narcisista patologico. Volevo sapere il senso di svalutazione che una persona può avere, ora, calcolando uomo o maschio che sia, può incastrarsi poi con delle modalità patologiche di un altro tipo? Qui, per esempio, questo narcisista manipolatore è più facile che si incastri con una persona che ha una svalutazione di sé piuttosto che con una che invece ha una, diciamo, un'altra considerazione? Allora, qui parliamo di patologia, non è il campo in cui io sono, perché tu parli di narcisismo patologico, non è il campo in cui sono preparata. Però, posso dire che gli opposti si attraggono, si attraggono comunque per evolvere. Cioè, la spinta dell'esistenza è sempre quella, non è la sfiga, attenzione, cioè noi pensiamo che la vita sia una serie di sfighe che ci capitano, perché, come dicevo all'inizio, ci piace essere vittime per una serie di motivi, sentirci vittime. In realtà, la vita è una costante, inesorabile, compassionevole e paziente proposta di lezioni da imparare. Quindi, è chiaro, qui parliamo di patologie, quindi stiamo estremizzando qualcosa, è qualcosa di estremizzato che va preso, anche qua, se uno fa questa scelta, preso con dei professionisti e curato, in questo caso, se parliamo proprio di patologia. Però quello che dici tu è così, perché noi già lo facciamo con opposti che si attraggono anche non patologici. Quindi io mi innamoro, se io sono una persona altruista, mi innamoro di un egoista. Lo scopro, dopo un po' lo scopro, che è così. All'inizio, tutti belli, innamorati, anzi mi piace quell'aspetto. Ah, lo vedi come lui, se non gli interessa una cosa, non la fa. Mi piace questa cosa, quindi mi attira all'inizio, dopodiché diventa quella cosa che io gli rimproverò, per cui lo massacrerò o la massacrerò. Quindi, comunque, questo fatto che gli opposti si attraggono ha veramente questo senso, questo senso di ampliamento di noi stessi. Se io attraggo ciò che sto rinnegando nella mia vita, è perché l'esistenza vuole, prima, che io lo abbracci in me, secondo, che io vada nella direzione dell'unione e non della separazione. Questa è un'altra delle cose veramente fondamentali nella vita, di percorrere la vita nella direzione dell'unione e non della separazione. E il critico e il giudice collaborano alla separazione, perché se io sono meglio di te o io sono peggio di te, sto facendo separazione. Se questo se è meglio di quell'altro che ho rinnegato, sto facendo separazione. Quindi, sto andando contro la possibilità di evolvere come essere umano e come anima soprattutto. Quindi, se io abbraccio in me, se io la smetto di giudicare me stessa, è un processo, non è un atto di volontà, attenzione, e non è neanche un volemose bene. Questo proprio è ancora più peloso di altre cose. È molto meglio riconoscere, mi stai sulle scatole, non ti voglio vedere, vattene via. Meglio guardare a questo e poi sedersi al tavolino e dire, ok, vediamo che lezione c'è qui per me, dopo che ti ci ho mandato. Quindi non è, no, non ti ci mando perché è ladragotto con il voice dialogue e ha detto che tu sei un mio rinnego. No, io ti ci mando con tutte le scarpe. Dopo, siccome ho fatto una scelta nella mia vita di non raccontarmela, mi siedo al tavolino e mi dico, ok, andiamo a vedere cosa c'è per me, appunto, che devo imparare. Che insegnante è sto disgraziato, sta disgraziata che appiccherei all'albero più alto della città? Che mi deve insegnare questa? Allora, c'è una domanda. Io poi ti volevo chiedere, perché te oltre alle consulenze come tutti i professionisti che fai one to one, hai anche degli incontri bellissimi ai quali io forse quest'anno non riesco a venire ma mi impegnerò, volevo sapere cosa c'era di nuovo. Poi mettiamo la domanda, volevo sapere che cosa vuole in pentola, perché ora sei a Fuerteventura e già stai andando con un gruppetto tuo e quindi questo ce lo siamo persi. Se qualcuno all'ultimo momento si vuole fare dal 19 al 24 febbraio una settimana di just stay, si lavora la mattina e il pomeriggio è libero per andare a girare questa meravigliosa isola, io l'aspetto qui a Fuerteventura. Ah, quindi dal 19 riparti con un altro gruppo? No, no, è quello che partirà, è quello del just stay. Ah, deve ancora partire allora? Sì, dal 19 al 24 febbraio. A Fuerteventura? A Fuerteventura, che è una meraviglia ragazzi, una meraviglia. Dove sono ora? Ah, dove sono, dove sono. Sono qua, si può vedere dai vestiti che porto, che sono… Non come i miei, si capisce. Se proprio c'è un momento in cui si va, io vi aspetto. Poi, invece con più tempo, a marzo… Ma cosa si fa a Fuerteventura? Allora il just stay, semplicemente stay, non ha un titolo. Praticamente io lavoro quello che emerge dal gruppo. Quindi c'è tutto un processo che inizia il lunedì e si conclude il sabato. Quindi lavoriamo attraverso i concetti della dinamica dei sé, poi all'interno del costo c'è anche una sessione individuale con me di un'ora e mezza nel pomeriggio, quindi in uno dei pomeriggi. Poi si lavora con i sogni la mattina, si lavora con la flow, energy dance, quindi si usa anche il movimento, si usano degli esercizi, eccetera, eccetera. Quindi è tutto un processo ed è meraviglioso perché veramente ognuno ha il suo. E nel gruppo è amplificato. Io l'ho già sperimentato l'altro anno, poi ne ho fatti tre qui in Italia, in genere quello estivo lo faccio su in Piemonte. Lo scorso anno l'abbiamo fatto e vedo che è meraviglioso, veramente. E questo è uno, quindi questo è come dire la botta da matto, prendo, parto e vado. Così, alla ventura a fuerte ventura. Poi invece appunto l'otto marzo partono due corsi. Allora uno si rivolge ai professionisti, professionisti della relazione d'aiuto, quindi a chi è già coach, counselor, psicologo, psicoterapeuta. In questo percorso, che va da marzo a dicembre, escludendo agosto, c'è un incontro al mese, si affrontano esperienzialmente i concetti della dinamica dei sé e nel frattempo si apprende a condurre, a facilitare la sessione di voice dialogue. Il professionista, siccome la dinamica dei sé è molto versatile, cioè la si può aggiungere agli strumenti che già il professionista ha, e conosco tanti colleghi che lo fanno, parlo sempre di questi colleghi ad esempio che sono insegnanti di canto lirico e lo usano, usano le sessioni di voice dialogue per liberare i cantanti lirici nel loro canto. Quindi veramente, adesso per fare un esempio. Inoltre però se c'è qualcuno che vuole fare come professione il coach e il mentor, c'è la possibilità quindi che già comunque abbia una relazione con l'altro, ecco che non viene dal nulla, ma che magari è insegnante di yoga, quindi comunque ha già a che fare con i gruppi, oppure altri tipi di discipline che comunque hanno già una formazione che li mette a contatto con l'altro e appunto vogliono diventare coach e mentor, dopo questo percorso hanno la possibilità di intraprendere un percorso di accreditamento come mentor e coach con la EMCC, che è un'organizzazione internazionale di mentoring e coaching e quindi questo è un discorso. Chi invece vuole semplicemente fare un percorso di crescita personale, parte perché partono in parallelo insieme, sono lo stesso gruppo e farà soltanto cinque incontri. I primi cinque ovviamente non apprenderà a condurre la sessione, non avrà gli adempimenti obbligatori dei professionisti, che saranno ovviamente supervisionati, faranno sessioni con supervisione, insomma è tutto un altro, al di fuori degli incontri che ci saranno. Quindi queste persone possono intraprendere questo percorso, i five steps inside you. Io posso dire che veramente abbiamo appena terminato quello dello scorso anno ed è meraviglioso vedere questa trasformazione che porta con grande gentilezza, con grande rispetto, che porta la dinamica dei sé e il voice dialogue. E le persone che vengono a fare solo un percorso personale, comunque ogni incontro riceveranno una sessione individuale dallo staff o dai formandi, cioè dalle persone che si stanno formando con la supervisione ovviamente, diciamo allo stato brado. Comunque noi ora, anzi Alessio se lo metti subito, mettiamo il link della dottoressa Elena Dragotto, così per qualsiasi informazione poi telefonate, mandate una mail, insomma parlate direttamente con lei che sotto ci sono tutti i dati. Mettiamo la domanda? Si, mi fa piacere. Rachele, cosa intende per terapia sistemica? Io ho avuto una famiglia disfunzionale, ho tanti blocchi che mi portano ad avere attacchi di ansia forti. Ce l'abbiamo ottenuta all'ultimo, è stata così importante. Grazie Rachele. Rachele, si grazie molto, grazie anche per essere così intima con noi. Terapia sistemica sono degli approcci, è un tipo di approccio. Chi è che potrebbe? Perché la terapia familiare per esempio uno dei miei professori fu Maurizio Andolfi, che ha la scuola di terapia familiare a Roma per esempio. La terapia sistemica si intende una terapia che ha come focus il sistema famiglia, quindi le relazioni che intercorrono fra i componenti di quel sistema. Un altro approccio potrebbe essere anche le costellazioni familiari per esempio, che possono aiutare prendendo sempre come focus il sistema famiglia. E qui insomma ce ne sono, si trova facilmente in internet dei nomi importanti. Abbiamo anche su Regeneral Life dei componenti familiari. Bene, quindi ecco questo è questo tipo di approccio, quindi dove è il sistema che ha bisogno di riequilibrarsi perché è squilibrato e quindi nel riequilibrarsi tutti i componenti vanno a stare meglio. Bene, allora grazie Elena per questa ultima risposta, grazie per essere stata con noi. Grazie a tutti, grazie, grazie davvero. A mercoledì prossimo, grazie a tutti.

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