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The speaker continues the reflection on the Eucharist, focusing on the characteristics of wine used in the celebration. Wine symbolizes suffering and represents the blood of Christ. The speaker emphasizes that Jesus shares in our suffering and offers support and compassion. The wine also symbolizes joy and the Christian's joyful attitude towards life. The speaker mentions the importance of losing oneself and sacrificing for others, comparing it to the process of making wine. The reflection concludes by highlighting the purification and sanctification that comes from Christ's sacrifice. Buonasera a tutti o buongiorno, a secondo di dove vi trovate, e continuiamo un po' la nostra riflessione sull'Eucaristia, cibo di vita eterna, e stavamo presentando alcune caratteristiche di questo cibo, in particolare alcune caratteristiche del vino che viene appunto utilizzato durante la celebrazione eucaristica, scelta che Gesù Cristo ha fatto, noi siamo vincolati a questa scelta, e nello stesso tempo però possiamo anche riflettere sulle caratteristiche, sui significati, sui valori, sull'importanza di questa scelta, collegandola anche alla vita di Gesù e collegandola anche alla nostra stessa vita. Ad esempio, ecco, questo è un altro aspetto, continuando le nostre riflessioni che abbiamo iniziato già da qualche venerdì, e cioè il vino che è legato alla sofferenza. Il vino richiama il sangue, qui ho messo con la S maiuscola perché mi riferisco in particolare al sangue di Cristo, che Cristo ha sparso, ha versato per la nostra salvezza e quindi tutta la sofferenza che c'è nel mondo, richiama un po' tutta la sofferenza che c'è nel mondo. Sull'altare giunge così non solo il lavoro dell'uomo, ma anche tutto il dolore umano. Anche il lavoro, per un certo verso, comporta dolore, ma è soprattutto la sofferenza, e dunque che è richiamata e che è portata e che è presente sull'altare e nell'altare. Non solo la sofferenza dei partecipanti alla celebrazione, ma anche siccome l'Eucaristia abbraccia tutto l'universo, tutto il creato e tutta l'umanità, c'è anche la sofferenza non solo di tutto l'universo del creato, che come dice San Paolo, attende con impazienza, appunto, di essere liberata da questa sofferenza, ma anche la sofferenza di tutti noi e di tutta l'umanità. E di qualunque tipo poi di sofferenza, non è solo la sofferenza del dolore fisico, ma è la sofferenza anche psicologica, la sofferenza morale, la sofferenza spirituale, la sofferenza anche dell'ignoranza, di non conoscere ancora la pienezza della gioia, la pienezza della felicità che viene dall'incontro con Cristo e dall'accogliere Lui e dal vivere e seguire Lui. Cristo ci accompagna in tutte le nostre sofferenze fino alla morte. Ecco, il fatto che abbia scelto come cibo, come alimento, nell'Eucaristia il vino, richiamando questa sofferenza, Lui ci assicura che sta insieme con noi nella sofferenza, condivide questa sofferenza, la sopporta insieme con noi, ha compassione. Qui compassione è utilizzato come, nel suo significato proprio positivo, latino, e cioè compatere, soffre insieme con me. Si carica Lui anche della mia sofferenza e se io prendo la sua mano, Lui appunto mi dà la possibilità di affrontarla con maggiore coraggio, con maggiore forza. Posso anche chiedere di essere liberato da questa sofferenza e molte volte, se Lui lo ritiene opportuno, mi libera anche, qualche volta anche con qualche miracolo compie per liberare qualcuno dalla sofferenza. Tuttavia però anche se non compie questo miracolo di liberare la persona dalla sofferenza, quella persona che lo invoca, tuttavia senz'altro non gli fa mancare il suo aiuto, la sua grazia, il suo sostegno e la sua anche sopportazione, cioè se la carica Lui un po' sulle sue spalle questa sofferenza fino alla morte. E ci sostiene d'aiuto nel nostro cammino faticoso e sofferente di pellegrino qui sulla terra. Dice infatti Gesù, venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò. Bello questo venite a me voi tutti affaticati e oppressi. Da qualunque affaticamento, qualunque sia la causa di questa oppressione, di questo affaticamento, sappiamo di trovare in Gesù un'accoglienza, un porto sicuro, certo, e io vi ristorerò. Prendete il mio gioco sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio gioco infatti è dolce e il mio carico leggero. Certo, lui permette anche la sofferenza. Anche qui ci sarebbe da aprire tutto un discorso, ma per ora lo lasciamo un po' in disparte e nello stesso tempo ecco dice quello che anche vi chiedo con l'osservanza della mia parola. Sì, qualche volta i miei insegnamenti, i miei comandamenti voi li sentite come un peso, come un gioco, come un'oppressione, però ricordatevi che quello che io vi dico, la mia parola, è una parola che vi sostiene, è una parola che ricerca il vostro vero e massimo bene. Capita un po' come capita molte volte nelle famiglie quando i genitori chiedono qualcosa al figlio, al bambino, al bimbo, il bimbo non è in grado di capire che quello che chiede o quel divieto che il genitore pone è per il suo bene e allora magari sbotta col dire mamma sei cattiva a impedirmi questo o a chiedermi questo, papà sei cattivo. In realtà però il papà e la mamma quando chiedono qualcosa al figlio, quando vietano qualcosa al figlio, lo fanno per il suo bene, perché ritengono che quell'affermazione, quella richiesta, quel divieto, sia il bene del figlio e lo porti verso la pienezza della felicità, se non subito in un domani. Forse successivamente il figlio capirà che quello che è stata la richiesta o il divieto del proprio genitore era per il suo bene o forse non lo capirà mai, ma comunque il genitore ha operato proprio per questo suo bene. Il dolore e la sofferenza di ogni uomo e del mondo intero giungono così portati sull'altare per essere santificati. Ecco, non dimentichiamo che il dolore di Cristo, la sua sofferenza, la sua morte, è diventata luogo, mezzo di santificazione, di liberazione per tutti noi, di purificazione per tutti noi. Proprio grazie al suo sangue siamo stati lavati dai nostri peccati, siamo stati purificati e abbiamo potuto accedere alla figliolanza divina. Essere dunque santificati, resi santi dal sangue di Cristo. E ricevere anche il dolore e la sofferenza di ogni uomo e del mondo, riceve anche un senso e una speranza di riscatto, di liberazione, perché prelude quel dolore nostro unito a quello di Cristo o essere partecipe anche della sua risurrezione. Grazie al sangue di Cristo, che è l'agnello immolato, immacolato, immolato e immacolato, senza alcuna macchia. Lui si è caricato di tutti i nostri peccati, lavandoli con il suo sangue, che è significato da questo vino colore rosso, e nello stesso tempo lui che si è caricato di tutti questi nostri peccati, però lui era ed è e rimane senza peccato. Vediamo un altro aspetto che è collegato al vino, e cioè la gioia del cristiano. Papa Francesco afferma, il cristiano è fondamentalmente gioioso, e per questo alla fine del Vangelo, quando portano il vino, quando parla del vino, mi fa pensare alle nozze di cana, e per questo Gesù ha fatto quel miracolo, col vino buono per ridare maggiore allegria a quel banchetto delle nozze di cana. Per questo la Madonna, quando si è accorta che non c'era più vino, ma se non c'è vino non c'è festa, non c'è gioia, immaginiamo di finire quelle nozze bevendo il tè o il succo, è sempre Papa Francesco che, così anche in una maniera divertente, ci illumina su questo fatto. Immaginiamo di finire quelle nozze bevendo il tè o il succo, non va, è festa, e la Madonna dunque chiede il miracolo, chiede il nuovo vino. E così è la vita cristiana, ci dice Papa Francesco. La vita cristiana ha questo atteggiamento gioioso, gioioso di cuore, non ha solo tristezza, dolore, sofferenza, ha anche momenti di gioia, soprattutto gioia interiore, gioia del cuore. E Gesù fa questa festa di nozze. Gesù ci chiede a noi la gioia della festa, la gioia di essere cristiani. Effettivamente lui ha anche scritto poi quella bella anche esortazione, Evangelii Gaudium, la gioia del Vangelo, la gioia dell'essere cristiano, la gioia dell'accogliere la parola di Cristo, del seguire la sua parola, la gioia dunque di vivere questo incontro con lui, è la gioia anche di Zaccheo che scende subito da quella piazza dal Sicomoro e accoglie con gioia Gesù nella sua casa, che gli ha chiesto appunto, è stesso Gesù che ha chiesto di poterlo incontrare nella sua casa. Altro aspetto, il grappolo. Nel perdere se stesso diventa vino. Il vino che è frutto della vite, la vite che è composta di grappoli, il grappolo che nel perdere se stesso diventa vino. E allora anche questo è per noi un aspetto illuminante che ci aiuta a capire un po' il senso anche della nostra celebrazione e anche il senso del nostro seguire il Signore. Gesù ci ha detto che chi perde la sua vita la ritrova. Ecco già qui troviamo un'applicazione di questo perdere se stessi, perdere la propria vita. Qui può anche significare certo anche il martirio, il martirio di sangue, ma qui perdere la propria vita significa anche il fatto di donare la propria vita per gli altri, di essere pronti a sacrificare la propria vita giorno per giorno. È il cosiddetto martirio quotidiano in cui la persona non vive per se stessa quel giorno, quell'ora, quel minuto, ma vive quel giorno, quell'ora, quel minuto donandolo in un servizio ad esempio disinteressato agli altri, anche e soprattutto al di fuori della propria certia familiare, dove a un certo punto c'è questa disponibilità, attenzione e servizio che viene donato agli altri senza aspettarsi neppure il contraccambio di un grazie, ma facendolo unicamente per amore, perché ci si dona anche senza aspettare che l'altro corrisponda a questo tuo gesto di amore. Chi perde dunque la sua vita la ritrova, la ritrova nel senso che la vive in pienezza e la ritrova già qui, in questo mondo e poi anche nell'altro. Quando finalmente il viticoltore vede il grappolo bello, ingiallito, rigonfio e matura e maturo, lo avvicina con la forbice e lo getta nel cesto a confondersi con gli altri. È la mietitura che già da un mese anche qui da noi si è compiuta. Dal cesto poi lo fa passare nel torchio buio, che prima ancora che accenni a lamentarsi o a pretendere rispetto, lo stritola quel grappolo, il torchio lo stritola quel grappolo senza pietà, liberandolo così da ogni tentazione di narcisismo che nasce dall'egoismo. Non ha neppure a tempo a guardarsi allo specchio, a contemplare se stesso che già appunto viene macinato, stritolato dal torchio buio, senza alcuna pietà. In questo terribile momento della vita il grappolo ha perso la sua fisionomia, la sua personalità, tutta la sua bellezza. Si è sentito calpestato, torturato, dilaniato. Beh, interessante anche questa personificazione del grappolo. In una parola non ha avvertito nessun rispetto da nessuno. Nel preciso momento il cui ha perduto la dignità di grappolo, eppure la sua vita di grappolo ha potuto diventare vino. Ecco qui appunto la trasformazione. Dal grappolo che viene torturato, macinato, calpestato, dilaniato, solo così però può diventare vino, e rivelare a tutti che cosa significa beneficare l'umanità, con questo mettere un po' degli dei, il vino. E così dovrebbe essere un po' anche la nostra vita. Chi perde la sua vita, se la fa macinare giorno per giorno, la può appunto ritrovare in una nuova vita, in una nuova dignità, nella vita dell'amore. Altro aspetto, vino e novità del Vangelo. Papa Francesco ancora afferma, sempre avremo la tentazione di buttare questa novità del Vangelo, questo vino nuovo in asseggiamenti vecchi. La tentazione è sempre forte a questo riguardo. E' il peccato, questo buttare questa novità del Vangelo, il vino nuovo in asseggiamenti vecchi, avviene quando commettiamo il peccato. Tutti siamo peccatori, lo affermiamo proprio anche all'inizio della celebrazione. Arrivando puntuali iniziamo insieme col sacerdote a batterci il petto, riconoscendo che abbiamo molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni. Tutti siamo peccatori, ma riconoscerlo, questo è un peccato. Non dire questo va con questo, no, occorre avere il coraggio però di riconoscerlo, che questo è peccato. E spesse volte anche oggigiorno purtroppo invece si assiste a una confusione, e cioè si assiste appunto al fatto che si riconosce il bene molte volte come un male e il male come un bene. Avviene questa confusione, questo scambio della verità morale di una realtà, di un atteggiamento, di un pensiero, di un comportamento. C'è come una confusione di mente che poi si traduce anche di valutazione, in confusione di valutazione, confusione di comportamento. Ancora Papa Francesco, gli ocri vecchi non possono portare il vino nuovo, qui riprende il Vangelo. È la novità del Vangelo. Gesù è lo sposo, lo sposo che sposa la Chiesa, lo sposo che ama la Chiesa, che dà la sua vita per la Chiesa. In ogni Eucaristia abbiamo questo sposalizio che è fatto di amore, ma un amore in cui lo sposo per la sua sposa dà la sua vita. E chiede anche alla sposa naturalmente di unirsi a lui, chiede a ciascuno di noi anche di unirci a lui, e di offrire anche noi insieme con lui quello che è un pezzo o tutta la nostra vita. E ci chiede pure la totalità, è tutto lui, non è una parte solo di sé, tutto lui. E se noi abbiamo qualcosa che non è di lui, pentirsi, chiedere perdono e andare avanti. Se noi abbiamo qualcosa che non è di lui, che cosa può essere? È il peccato, perché quello non è di Gesù, quello non appartiene a Gesù. Gesù è senza peccato, però si carica dei nostri peccati. E allora pentirsi dei nostri peccati, chiedere perdono e andare avanti. E anche avere questa fedeltà che è l'unico sposo, che è l'unico sposo, è il Signore. È il nostro unico sposo, è il Signore. Altro aspetto. Vedete che presento come una panoramica un po' di vari aspetti che sono implicati e che sono collegati al senso, al significato, al valore, alla realtà del vino. Vino e tempi messianici. Non a caso Gesù inizia la sua missione trasformando a Cana l'acqua in vino per annunziare che sono iniziati i tempi nuovi e che si stanno per realizzare le promesse di Dio, quello che Dio aveva promesso nell'Antico Testamento, in Gesù si adempie e si compie. Ogni volta che vedete di questo calice voi annunziate la morte del Signore finché Egli venga. Ecco, qui il tempo messianico appare come il tempo del ritorno del Signore Gesù alla fine dei tempi. Alla fine di quale ritorno si parla? Si parla appunto di quel ritorno che metterà fine a tutte le sofferenze, a tutti i cataclismi, a tutti i terremoti. Sarà il giorno appunto del trionfo di Cristo, degli effetti che si vedranno e verranno attuati della Sua risurrezione e quindi tutto sarà trasformato, avremo come frutto e come esplicitazione della Sua risurrezione, avremo cieli nuovi e terra nuova, una umanità nuova, i corpi stessi nostri che erano nel frattempo diventati polvere di tutte le generazioni, di tutti i secoli, di tutti i tempi, di tutte le nazioni, di tutte le culture, ecco che quei corpi risorgeranno e si riuniranno di nuovo all'anima che appunto al momento della morte viene giudicata e riceverà appunto il premio o il castigo appunto di quello che ha fatto. Nel Nuovo Testamento il vino nuovo è il simbolo dei tempi messianici. Di fatto Gesù dichiara che la nuova alleanza istituita nella sua persona è un vino nuovo che fa scoppiare gli oltri vecchi, confronta Marco capitolo secondo. La nuova alleanza che si ha fra Dio e l'umanità, fra Dio e il cosmo, il creato, è che trova la sua sanzione nella persona di Gesù, trova la sua attuazione, questa alleanza, nella sua passione nella persona di Gesù, e questa alleanza si compie proprio anche nel sangue di Gesù. La stessa idea risalta dal racconto giovaneo del miracolo di Cana. Il vino delle nozze, questo buon vino atteso fino ad ora, è il dono della carità di Cristo, il segno della gioia che la venuta del Messia realizza. Naturalmente ecco questo miracolo di Cana ha questo valore anche simbolico, non è solo un valore reale, concreto, che certamente è da apprezzare, molto da apprezzare, e cioè che in questa maniera i commensali hanno a disposizione del buonissimo vino, migliore ancora rispetto a quello che avevano bevuto fino a quel momento. Ma nello stesso tempo, ecco, mentre si viene incontro a una situazione concreta, familiare, di disagio, nello stesso tempo però quel fatto assume anche un valore simbolico, assume, diventa segno profetico di questa realtà ultima che si compierà allorquando il Signore Gesù, come Lui ha promesso, ritornerà e siederà sulle nubi del cielo, riunendo ogni cosa e ogni persona. E dunque questo avvenimento, sì, è descritto con toni apocalittici, oscuri, terrificanti anche nei Vangeli, però sappiamo che è una maniera per dire che la situazione attuale cambierà, avrà tutta un'altra dimensione, finirà tutto ciò che c'è di male e ciò che porta male qui in questo mondo e inizierà un'era nuova, un mondo nuovo, cieli nuovi e terra nuova, un'umanità nuova dove tutto il negativo sarà annientato e quindi avremo la pienezza della gioia, la pienezza della condivisione, la pienezza della felicità. Il termine vino nuovo si ritrova poi anche in Marco, capitolo 26, versetto 29, per evocare il banchetto iscatologico riservato da Gesù e i Suoi fedeli nel regno del Padre Suo. Significa appunto anche qui il compimento dei tempi messianici, dove appunto berremo vino nuovo, per indicare questa nuova realtà che ci attende oltre la morte e oltre la fine di questo mondo. La menzione del vino non appartiene all'ordine del puro simbolo, è richiamata dal racconto della istituzione dell'Eucaristia. Quindi qui abbiamo il richiamosi agli ultimi tempi, ma abbiamo anche il richiamo al vino nuovo che ci viene offerto ogni qual volta viene celebrata l'Eucaristia. È questa dimensione appunto di partecipazione, di condivisione, che già ora avviene e che anche si completerà allorquando egli, il figlio dell'uomo, verrà sulle nubi del cielo. Però è già qui, non è solo simbolica, noi già attraverso l'Eucaristia, Cristo morendo e risorgendo, già attua questo dono e questa comunione con noi, e ci trasforma, lui ci trasforma in realtà nuove. È questa la dimensione, certo, del memoriale che è l'Eucaristia, e cioè è la celebrazione della morte e della risurrezione di Cristo, la quale morte e risurrezione viene resa presente, viene resa attuale, efficace, proprio nella celebrazione eucaristica. Ecco, in questo senso noi diciamo che celebriamo il memoriale della Pasqua, e proprio nel senso che non si tratta più di un ricordo, ma quello che il Signore Gesù ha fatto duemila anni fa. Lui, mediante il dono dello Spirito Santo e nella potenza dello Spirito Santo, rende presente, attuale, efficace, sull'altare ogni volta che si celebra l'Eucaristia, quel fatto unico, quell'evento unico, quell'avvenimento unico che è stata appunto la sua morte e la sua risurrezione. Naturalmente Gesù è morto una volta sola, è risorto una volta sola, ma quel fatto, proprio grazie alla potenza dello Spirito Santo, e non è possibile con le nostre forze, ma solo con la potenza dello Spirito Santo, viene reso presente. Questi tre termini, presente, attuale e efficace, sono fondamentali per comprendere il significato, il valore del termine memoriale. Pertanto io non posso dire, io cattolico, non posso dire che la celebrazione eucaristica è il ricordo della morte e della risurrezione del Signore, perché dicendo ricordo sono io, con la mia mente, con la mia capacità, con la mia forza intellettuale e di memoria, che vado indietro a ricordare quello che ho fatto questa mattina, quello che ho fatto ieri, quello che ho fatto una settimana fa, o un mese fa, ma quello che io ho fatto stamattina, ieri, un mese fa, un anno fa, rimane là. Non ho la possibilità di renderlo presente, attuale, qui. Ecco la differenza tra il termine memoriale e il termine ricordo. Con ricordo io con la mente vado indietro, ma quel fatto rimane là indietro. Io posso ripeterlo, quel fatto, ma non sarà mai lo stesso, perché sono cambiate le ore, sono cambiati i giorni, sono cambiato io nel frattempo, è cambiato magari il contesto esterno, e pertanto noi non abbiamo, noi esseri umani, non abbiamo questo potere di rendere presente una cosa che ho fatto ieri e domani, oppure l'altro ieri. Invece nell'Eucaristia si realizza questo miracolo, questo mistero, è una cosa meravigliosa, però torno a dire non è per la bravura del prete, o per la santità del prete, o per la fede del prete celebrante, o del Vescovo, o del Papa celebrante, ma neppure è per merito dei fedeli, della concentrazione dei fedeli, perché se anche tutti insieme ci concentrassimo su quel fatto e su quel vino, su quel pane e su quel vino, non riusciremmo mai a trasformarli nel corpo e nel sangue di Cristo, anche nonostante fossimo 100 miliardi di persone che si concentrano su quella pane e su quel vino. Avviene la trasformazione, quella che noi chiamiamo poi la transustanziazione, avviene appunto grazie alla potenza dello Spirito Santo. Quella sostanza del pane e del vino diventano nella sostanza il corpo e il sangue di Cristo. Mantengono tutti gli elementi esteriori identici, uguali, lo stesso fuoco, il vino ha lo stesso colore prima della consacrazione e dopo la consacrazione, ha la stessa densità, ha la stessa fluidità, però noi sappiamo che quel vino è il sangue di Cristo dopo la consacrazione. E su che cosa lo basiamo? Questa nostra certezza è sulla parola di Cristo e sulla fede che appunto abbiamo, che Cristo non può ingannare, non può ingannarsi, e mediante la potenza del suo Spirito quello che non è possibile a noi è possibile a lui. Come nel mistero, come nel miracolo che ha compiuto Accana, lui ha dimostrato di avere questa potenza, questa capacità di trasformare dell'acqua in vino, e così anche quindi in un certo senso ha anticipato, ci ha aiutato a capire che lui ha il potere, anche mediante la potenza dello Spirito Santo, ha il potere appunto di trasformare il vino nel suo corpo e nel suo sangue. Dall'acqua al vino, dal vino al suo sangue, alla sua vita. Ecco il miracolo che si compie ogni qualvolta celebriamo l'Eucaristia, e possiamo dire che è un miracolo stupendo, meraviglioso, il più grande anche miracolo che si possa compiere sulla terra, e che è accessibile a tutti, dove c'è un vescovo, dove c'è un sacerdote, che ha appunto la possibilità e la facoltà di celebrare l'Eucaristia, lì si compie questo miracolo. In un qualunque posto, in un qualunque luogo, in una grande e bella cattedrale, come anche in una cella oppure in una stanza di un ospedale, in una cella anche di prigione, dove c'è un sacerdote oppure un vescovo che celebra, lì si compie il più grande mistero, il più grande miracolo. E noi, grazie a Dio, ancora, almeno qui nelle nostre parti della nostra Italia, abbiamo un'accessibilità e abbiamo anche una vicinanza di chiese, di luoghi di culto, dove ancora, grazie a Dio, c'è questa opportunità e questa possibilità. E quindi, ecco, questo vino nuovo che è richiamato proprio da questo dono nuovo, sempre nuovo, che il Signore ci offre di giorno in giorno, proprio con la celebrazione dell'Eucaristia. Prima di bere il vino nuovo nel Regno del Padre, il cristiano, durante la sua vita, si nutrirà del vino diventato il sangue versato dal suo Signore. Quindi, bevendo e nutrendosi di questo vino, di questo sangue versato dal Signore, lui, il cristiano, in un certo senso, anticipa, presigura quello che poi avverrà nel Regno del Padre suo, nel Regno di Dio, e quindi anticipa già ora qui quello che un po', quello che poi si realizzerà pienamente, allorquando il Signore ci chiamerà se e si compirà appunto anche il giorno ultimo del ritorno del Signore. Per il cristiano l'uso del vino non è quindi soltanto un motivo di rendere grazie. Grazie perché nel vino noi abbiamo la possibilità di bere il sangue di Cristo e quindi di essere partecipi della sua vita, e rendere grazie l'Eucaristia, il termine Eucaristia fondamentalmente significa questo, rendo lode, rendo grazie. Anzi, anche qui va precisato che è Gesù Cristo che rende lode e grazie a Dio, offrendo se stesso al Padre, e chiede anche a noi di unirci a Lui proprio per essere anche noi diventare un'offerta gradita a Dio. Ma è Lui il protagonista principale. Vedete che anche da tutto questo discorso del vino emerge che il protagonista è Lui, è la sua vita, è il suo sangue che viene versato per noi e per tutti in remissione dei peccati, come appunto dice il celebrante, afferma, proclama nel momento della consacrazione. Ma non è soltanto un motivo qui di rendere grazie, no, è un'occasione per richiamare alla memoria il sacrificio che è la fonte della salvezza e della gioia eterna. Ecco, anche questo è da notare, che la salvezza e la gioia eterna trova la sua fonte nel sacrificio, nel sacrificio che è identificato, ancora maggior ragione, da questa presenza del vino trasformato nel sangue di Cristo. Mi fermerei qui.