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Una mattina, all'inizio della primavera, un pastore uscì con la pecora e incontrò Marzio per la via. Dice Marzio, «Buongiorno, pastore, dove porti oggi le pecore a pascere?» «Eh, Marzio, oggi vado al monte». «Bravo, pastore, fai bene. Buon viaggio!» E fra sé disse, «Lascia fare a me, che oggi ti concio bene». E quel giorno al monte venne giù acqua a catinelle, un vero diluvio. Il pastore, però, che l'aveva squadrato ben bene in viso, aveva notato che non era per niente sincero. Così fece tutto il contrario. La sera, nel tornare a casa, rincontra Marzio. «Ebbene, pastore, com'è andata oggi?» «Oh, è andata benone. Sono stato al piano. Una bellissima giornata, un sole che scottava». «Ah, sì? Mi fa piacere». E intanto si morse un labbro. «E domani dove vai?» «Domani torno al piano. Con questo bel tempo sei matto a cambiare». «Sì, bravo. Addio». E si separano. Ma il pastore, invece di andare al piano, va al monte. Marzio, giù acqua e vento e grandi nel piano. Proprio come un castigo di Dio. La sera, trova il pastore. «Oh, pastore, buonasera. E oggi, com'è andata?» «Benone. Sai, sono andato al monte e c'è stata una stagione d'incanto. Che cielo, che sole». «Proprio ne godo, bravo pastore. E domani dove vai?» «Oh, domani vado al piano. Mi par di vedere certi nuvoloni su dietro il monte. Non mi voglio allontanare da casa». «Fai bene. Te lo consiglierei anch'io». Insomma, per farla breve, il pastore gli disse sempre il contrario e Marzio non lo poté mai beccare. Siamo alla fine del mese. L'ultimo giorno, Marzio disse al pastore. «Ebbene, pastore, come va?» «Va bene. Ormai è finito Marzio e sono a cavallo. Non c'è più da temere e posso cominciare a dormire fra due guanciali». «Dici bene. E domani dove vai?» «Domani andrò al piano. Faccio più presto e l'ho più comodo». «Bravo. Addio». Allora Marzio, in fretta e furia, va ad Aprile e gli racconta la cosa. «Ora avrei bisogno che tu mi prestassi almeno un giorno». Aprile, senza farsi tanto pregare, gli presta un giorno. Ecco che viene la mattina dopo e il pastore fa uscire la pecora e tutto tranquillo va al piano, come aveva detto, credendo ormai di essere in Aprile e che non ci fosse più da stare in pensiero per qualche brutta sorpresa. Ma quando tutto il gregge era sparso per i prati, comincia a tirare un vento ed a cadere una pioggia da far spavento. Acqua a catinelle, vento e neve, e grandio. Una tempesta terribile, tanto che il pastore ebbe tutto il suo da fare a riportare la pecora a riparo. La sera Marzio va a trovare il pastore, che se ne stava vicino al fuoco, senza parole e tutto malinconico, e gli dice «Oh pastore, buonasera!» «Buonasera Marzio!» «Oggi, com'è andata?» «Ah Marzio mio, sta zitto, sta zitto, per carità! Oggi è stata proprio nera, peggio di così neanche a mezzo gennaio, ne ha fatto proprio di tutti i colori, oggi ne ha avuto per tutto l'anno, povera la mia pecora!» E per questo si dice che Marzio ha trentun giorni, perché ne prese un prestito uno da aprile. La leggenda di Misurina Ai piedi del monte Sorapis c'è ancora oggi il bel lago di Misurina. La leggenda dice che un tempo Sorapis era un uomo in carne ed ossa, e Misurina era sua figlia. Il padre amava moltissimo la sua bambina e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Misurina era assai bella, ma anche assai capricciosa. Pretendeva di avere tutto ciò che desiderava. Aveva sentito raccontare di uno specchio magico. Guardandolo si poteva sapere tutto ciò che si voleva sapere. Misurina chiese al suo papà di andare a cercarglielo. Il padre, per accontentarla, partì alla ricerca dello specchio. Incontrò una fata che gli disse «Io posso darti tuo specchio, però in cambio voglio te. Diventerai alto come una grossa montagna e con la tua ombra mi reparerai dal troppo sole». Sorapis rimase pensieroso. La fata allora soggiunse. «Facciamo così. Dirai a Misurina che io voglio te in cambio dello specchio. Se rinuncerà al suo desiderio, tu sarai salvo, altrimenti l'incantesimo si compirà». Il padre accettò, convinto che la sua bambina, per quanto capricciosa, avrebbe preferito il suo papà ad uno specchio. Invece, quando ritornò a casa e riferì a Misurina le parole della fata, la bambina rispose «Sì, sì, dammi lo specchio, papà. È bello diventare una montagna». Immediatamente Sorapis venne trasformato in una enorme montagna. Appena vide il padre diventare un monte, Misurina si pentì del suo egoismo e cominciò a chiamare «Papà, papà, ritorna, ritorna». Ma ormai non c'era più nulla da fare. Misurina allora cominciò a piangere, a piangere. Tanto pianse che si sciolse completamente. Le sue lacrime diventarono un lago, proprio il bel lago azzurro che si chiama Misurina e che si trova ai piedi del monte Sorapis, sul Donomiti. TANTE A NAPOLI Finito il pranzo, Dante si alzò e se ne venne via. Il re, ad un certo punto, chiese di lui. Fu cercato ed i servi dissero che il poeta se ne era andato. Carlo, che era fine e gentile cavaliera, intuì la sconvenienza che si era usata verso il suo ospite e mandò un gentiluomo a richiamarlo. Il poeta, allora, rifestì i suoi abiti migliori e, salito a cavallo, tornò alla reggia. Il re lo fece subito sedere a capotavola e gli fece servire scelte vivande e vini rari. Ma Dante, senza pronunciare parola, si rovesciò vino e cibi sulle vesti, sporcandole tutte. Trasecolano i baroni e, rivolti al re, dicono. Ma costui è pazzo. Vuole recarti oltraggio. È un cagliofo e non sa neppure come si mangia. Allora Carlo, rivolgendosi al poeta. Perché voi, così saggio, usate tanta bruttura? Rispose Dante. Sacra maestà, l'onore che voi mi fate ora lo fate ai miei panni, ed allora è giusto che siano essi a goderne e non io. Intesi il discorso, Carlo diangiò. E chiamati i servi, disse loro che non si deve giudicare l'uomo dalle vesti, ma dalle sue opere. Pronta e risposta. Alla corte di re Alboino. Pronta e risposta. Alla corte di re Alboino, re dei Langobardi, capitò un contadino che si chiamava Bertolzo. Era basso, con la testa grossa e tonda come un pallone, le ciglia simili a setole di porco, le orecchie asinine.

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