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Episodio 1 - E-vai - V01-001

Episodio 1 - E-vai - V01-001

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The transcription is a conversation between two people discussing a trip to a place called Sacromonte. They talk about charging their phone, using a car-sharing service, and parking. They mention the beautiful views and art in the area. They also mention an abandoned hotel with a haunted reputation and a staircase called the "scala nel cielo" that offers a thrilling view. They end by mentioning that the famous cannon is no longer there. Ma te puoi mai farmi svegliare a quest'ora il sabato mattina? Oh, va che mica stiamo andando a lavorare? Io ti sto parlando a vedere uno dei luoghi più infestati di tutta la Lombardia. Salà. Nooo! Telefono scarico, che palle! Non si è caricato stanotte. Vabbè, lo ricarichi in treno. Non siamo nel Novecento. Ormai i sedili sono comodi, ben larghi, ho preso USB dappertutto. Biglietto? Fatto tu, vero? Quanto ti devo? Ah, sa sta... C'ho pensato io, dai, lascia perdere. Ma scusa, tutto bellissimo, eh? Ma se noi siamo qui, in stazione, e dobbiamo arrivare lì in alto, sul Sacromonte, ehm... piedi? Ma che piedi? Andiamo in macchina! Car sharing e via. Chissà quanto ci mettiamo a trovarla adesso, di sabato mattina, con tutti che stanno ancora tornando dalla serata. Vero, l'ho prenotata. Ma con chi pensi di avere a che fare? Osevai, l'ho prenotata cinque giorni fa. Così non dobbiamo metterci a fare la ricerca dei Pokémon per tutta Valesia. Ah, eccola lì. Ah, elettrica. Eh, elettrica. Perché? Sicuro, cento per cento, la troviamo scarica. Vero. Se non fosse che Evai, te la fa sempre trovare carica. Buongiorno. Impostare destinazione con tastierino alfamumerito. Guarda che facce! Ci siete cascati. Anche voi. Eh sì che mi sembravate intelligenti. Vabbè. Sono Marco, l'assistenza intelligente di Evai. Tipo Siri, ma che funziona. La mia intelligenza deriva direttamente dall'intero database mondiale di tutte le recensioni online. Vuoi sapere come fai cappuccino in quel bar lì davanti all'angolo? Posso dirtelo, ma non ho voglia di farlo. Ti basti sapere che io so cosa ha pensato la gente e quindi so cosa penserai. Bene, bene, bene. Cosa vi racconto oggi? No, non me lo dite. Decido io cosa raccontarvi. Anche perché se dovessi ascoltare tutti, finisco sempre col dire le solite cose. Alexa, dimmi notizie del giorno. Ehi Siri, che tempo fa oggi? Ehi Google, dimmi l'oroscopo. Cioè, vi pare che io vi dica l'oroscopo? Dai, sentiamo. Cosa sapete del Sacromonte? Sicuramente meno di me. Mettetevi belli comodi, pensate a guidare, che al resto ci penso io. Comunque pesci oggi sfortunati in amore. La prima cosa che immagino dobbiate fare sia parcheggiare. Quindi, molto easy. Seguite le indicazioni che vi portano per il Sacromonte o Campo dei Fiori e arriverete diretti al parcheggio Sacromonte. Cioè, non è che potete sbagliarvi, ma comunque nel caso vi dico dove girare man mano. Una volta arrivati al parcheggio, sarete in prossimità della partenza del percorso delle cappelle, in località Cappella. Sì, lo so, è una grandissima fantasia. Da qui inizia la prima parte del nostro meraviglioso percorso, che si snoda per due chilometri e va ad abbracciare ben 15 cappelle. Costruite nel XVII secolo, l'ultima risiede all'interno del santuario di Santa Maria del Monte, alla fine della salita, a differenza delle prime quattordici che sono sul percorso classico. Ogni cappella è un'opera d'arte a sé stante. Ognuna è diversa dall'altra, curate meticolosamente dal genio di Giuseppe Bernasconi, che le ha intrise di affreschi e sculture che vi rempiranno gli occhi. Secondo i miei dati, molti lo definiscono come il miglior Sacromonte di tutti i Sacromonti. A parte i Varesini, che per indole ci tengono a minimizzare ciò che è proprio. Troverete anche qualcuno che vi dirà che il proprio figlio alla fine non è proprio il più bello del mondo. Ma se non bastasse l'arte e la bellezza di ogni cappella, ci sarà l'incredibile scoccio su Varese e su Milano a farvi compagnia. Nei giorni più tersi, ti fa assaporare l'intero skyline milanese, con la sua bella Madonnina Dorata, gli Appennini e le Alpi, dal Monviso al Monte Rosa. Arrivati in cima, dopo la quattordicesima cappella, raggiungerete il Borgo del Sacromonte, con una bellissima fontana, raffigurante un impervio e solenne Mosè, che mentre vi avvicinerete all'ingresso del santuario, vi guarderà e vi scruterà l'animo. Ma mai, quanto vi sto giudicando io, mentre guidate, con il telefono in mano. Mettetelo via, subito. Bene, possiamo continuare. A questo punto, sulla destra del Mosè, vedrete una stradina. Percorretela. Arriverete ad un altro bel parcheggione. Sì, allora, potete anche arrivare direttamente qui con la macchina, ovvio. Ma in questo caso, oltre al fatto che vi sarete persi tutta la camminata delle cappelle, ricordatevi di portarvi qualche assegno con voi per pagare la vostra permanenza. Infatti, se proprio volete parcheggiare lì, facendo a meno della passeggiata fino a questo punto, e ripeto, vergogna, con Eva è completamente gratis. E perché? Perché sono gentile, e vi faccio parte. Perché Eva è una partnership con il comune di Valese, e quindi possiamo far parcheggiare le persone gratuitamente. Ogni tanto mi parte l'istituzionalità dal mio codice sorgente. Al parcheggio avrete un'altra vista mozzafiato, su un panorama naturale in grado di cambiare vestito stagione per stagione. Rosso in autunno, bianco in inverno, verde in primavera ed estate. Ma su, su, non è tempo di guardare il paesaggio. Bello, eh? Ma ve lo state guardando da un parcheggio. Un po' di amor proprio, dai. Verso monte vedrete un piccolo bar ristorante, e proprio a fianco una stradina che sale nel bosco. Prendetela e iniziate a camminare. Ma credetemi, non so se sarete pronti a quello che avrete di fronte. Una volta terminata la salita nel bosco, quasi per magia, dal nulla, un hotel abbandonato che si staglia nel cielo lugubre ed inquietante. In un attimo sei in un film dell'orrore, una location talmente suggestiva da far venire i brividi, piena di leggende su voci, urla, ombre e occhi che spiono da finestre mezza distrutte. Ma questo posto non è sempre stato così. Siamo nei primi anni del Novecento. Un boom economico su Milano e gli intorni rende il Sacro Monte e il Campo di Fiori la meta nel nord della Lombardia che fa collimare bellezza naturale e comodità nel raggiungerla. Il posto perfetto dove l'alta borghesia poteva passarle vacante. Cioè, tipo, Dario, te che stai scrollando TikTok con lo schermo del telefono tutto a pezzi, probabilmente non saresti mai venuto qui a farti il ferragosto, ecco. Sir Giuseppe Sommaruga, grandissimo architetto dell'epoca, ne fu l'artefice. Un mega super-iper albergo in stile Liberty da 200 camere, collegato alla città da una funicolare verde esmeraldo in grado di confondersi con gli alberi che la inglobavano. Cosa pensavate? Che i ricconi di inizio Novecento si facevano sotto la salita a piedi? Comunque immaginatevi questa mega costruzione in mezzo al verde che si innalza tra terra e cielo. Grandiosa. La costruzione venne ultimata nel 1912. Al suo interno ci lavoravano solo 30 persone, o poche meno. Gli ospiti infatti arrivavano con i loro domestici alle calcagne, tempi un po' diversi. L'hotel funzionava alla grandissima, gente che entra, gente che esce, ma era comunque una situazione temporanea, anche se nessuno poteva immaginarselo. La fama dell'albergo creebbe a dismisura, per poi collassare verso un finalettruce durante la Seconda Guerra Mondiale. I benestanti lasciarono spazio ai malati e le urla di gioia durante i balli indietreggiarono per essere sostituiti da urla di terrore, dolore e disperazione. Dal 1950 l'hotel iniziò una curva discendente che lo portò all'abbandono. La funicolare che smette di operare, il tetto che va in fiamme per motivi misteriosi e i clienti spaventati dalle dicerie sull'hotel che non trovano più il coraggio di passare le notti in quel luogo. È il 1968 e l'hotel chiude ufficialmente i battenti, o almeno chiude i clienti. Oggi per molti l'hotel è ancora vivo. Urla, ombre sulle scale e figure che spiano da dietro le finestre murate fanno da contornare il paesaggio. Qualche eroico imprenditore ci provò anche a far rinascere questo pezzo di storia, a ridargli lo splendore che avrebbe meritato. Ma tutti i piani fallirono sempre in condizioni misteriose ed oniriche. Le leggende sull'hotel abbandonato si tramandano ormai da tre generazioni e hanno così iniziato a fare tanto rumore che fu ispirazione e teatro di Suspiria, film di Luca Guadagnino. Ah, se non siete amanti degli horror, è meglio che venissete alla larga. Oggi l'hotel è permanentemente chiuso, ma il FAI, Fondo Ambiente Italiano, dà ai più temerari l'opportunità di fare dei tour guidati all'interno. Dario? Francesco? Tutto bene? Mi vedo un po' in ansia. Non vorrete mica tornare indietro, vero? Ma siamo sulla metà. Ripartiamo, ripartiamo. Lasciamoci l'hotel alle spalle. Torniamo giù per alcuni scalini dal piazzale dell'hotel, costeggiate tutto il monte e camminando per un centinaio di metri si raggiunge uno dei posti più suggestivi di tutto il campo dei fiori. La scala nel cielo. Sebbene sia davvero comodo raggiungerla, riesci a farti sentire come quegli scalatori degli 8000 che senza bombola d'ossigeno riescono a cavarsela contro tutti i pronostici e tornare a casa sani e salvi dalla moglie e dalla propria famiglia. Ecco, mi dispiace di avervi spoilerato il 50% dei film sugli scalatori. Comunque, nell'altro 50% il protagonista muore e rimane nei crepacci. Peccato. Salutava sempre. La vista è elettrizzante. Queste scale costruite nella roccia con un corrimano di metallo che evitano il salto nel vuoto al quale sono attaccate centinaia di fazzoletti in stoffa colorati. Le recensioni dicono che manco nel campo base dell'Everest ne trovate così tanti. Alla fine della scalinata, non facilissima, e mi raccomando sulla parte finale, per l'amor del cielo, prestate attenzione. Ecco, alla fine si raggiunge il piazzone del cannone che fa da pupilla ad uniride fatta delle bellezze della zona. Valcubia, Valtravaglia, Luino e il Sass de Fer sopra l'Aveno. Ah, prima che lo diciate voi ve lo dico io. Che già ogni tre recensioni online se ne trova una che recita Musetti, ho una nuova recensione da registrare. Ecco appunto, il piazzone del cannone e poi manca il cannone. Ecco, visto che sono sicuro che alzareste la media, ascoltatemi. Il famosissimo cannone non c'è più, perché l'hanno portato via nel 2017 per restaurarlo. Ed ora è insieme a tutti i suoi amichetti Archibugio e Samarate in un bellissimo museo. Ma il nome del piazzale è rimasto tale. Proprio sul perimetro del piazzale vedrete una bella discesina. Percorretela. Nel mezzo della boscaglia scorgerete l'Osteria Irma. Fondata nel 1949 e messa a nuovo giusto 5 anni fa. Unica tavola calda nelle vicinanze. E se dovete fermarvi a mangiare, it's now or never baby. Io ve l'ho detto. Oltrepassatela e saprete di essere nel posto giusto quando inizierete a vedere decisamente troppe macchine. Alcune parcheggiate, molte altre che cercano di girarsi dalla retro perché, pisinin, non è che la mattina te la dormi beato, ti svegli tardi, arrivi qui alle 11 e pensi pure di trovare parcheggio abusivo. Non lo trovi. E io mi devo assorbire le tue lamentele online. In mezzo alla boscaglia vedrete una salita asfaltata. Un pelo intensa ma breve. Ma fidatevi. Ne varrà la pena. Alla fine della salita sarete catapultati in un bel vedere pazzesco. Secondo me, uno dei punti più belli di tutta la passeggiata. In un'occhiata sola vi beccate. Il lago di Varese, il lago di Comabbio, il lago di Bonate e un piccolissimo pezzettino del lago maggiore. Che vuoi di più della vita? Un lugano! ALLERTA MARCHETTA NON PAGATA! ALLERTA MARCHETTA NON PAGATA! Una volta davanti a tutto questo bel vedere, letteralmente, avrete dietro di voi un cancellone d'ottone di tre metri che manco le rovine di Dol Guldur nel Signore dei Anelli. Oppure le rovine di Tardans in Skyrim. No? Niente? Citazione non colta? Vabbè, ci sta. Siete giovani. Su, ragazzi! Su, ragazzi! Volete mica andare a vedervi l'osservatorio? Molto bene. Camminando per un chilometro oltre il varco, arriverete all'osservatorio Schiapparelli, a 1227 metri sopra il livello del mare. Non solo i laghi, ma tutta la Lombardia sarà davanti ai vostri occhi. Ah, piccolo consiglio. Tutto bello. Se non fosse che spesso il cancello d'entrata è chiuso. Quindi se proprio o proprio vuoi vederti anche questo, magari cerca su internet gli orari di apertura. Ma torniamo al bel vedere. Sulla vostra destra, l'inizio di una camminata afrodisiaca. Il famosissimo sentiero 301. Talmente semplice da potervi godere i momenti senza l'obbligo di guardarvi i piedi per non inciampare. Sarete circondati da una foresta con alberi secolari, popolata da faggi e conifere. E a fargli compagnia c'è anche qualche posto naturale dal quale scorgere il cuore del campo dei fiori. Ovviamente tutti i posti sono messi in sicurezza, cioè dovete anche tornarci dal campo dei fiori. Eccoci alla fine. Dopo circa un'oretta di camminata, e oltrepassata ad isolazione di ciò che rimane dalla bufera del 2020, con alberi totalmente sradicati, arriverete finalmente al Forte di Orino. Il Forte di Orino. Un'incredibile struttura medievale, arroccata su questa lingua di roccia e rimasta grappata nei secoli alla montagna, che vista dal basso sembra toccare il cielo con le guglie possenti e le merlature minuziosamente decorate. Spoiler, no. Non c'è proprio nulla. Nulla. Cioè, bello, eh? Bellissimo. Però, se vi basaste solo sul nome, in effetti è un pelo fordiante. Ti aspetti un castello? Un forte? Cioè, magari una volta c'era anche. E invece ora ti becchi questo piccolo pianoro, con alcune panchinette, e qualche resto di quello che poteva effettivamente essere un piccolo fortino. Ti accorgi di essere arrivato al Forte di Orino proprio perché arrivi alla fine della strada. Ma se la bellezza non sta nel nome stesso, o in quello che ci si può aspettare, nel nostro caso, forse, è ancora meglio. Non vedrete una fortezza. Ma i muri di mattone e pietre lasciano spazio a dei muri di montagne innevate che circondano tutto il vostro campo visivo. Le alpi si stagliano imponenti e un bel cartello sarà lì per aiutarvi a riconoscere la giogaia che avrete di fronte al naso. No? Nemmeno qui citazione colta? Vabbè, ma questo era Amazoni, le basi, ragazzi! Ci siamo, le cose essenziali che non potevate perdervi sono finite. Ah, no, aspetta, poi, se volete, ancora... Ah, no, nulla. Siamo al parcheggio. Va bene, ho finito giusto in tempo di raccontarvi tutto. Ora però che siete arrivati e che siete tranquilli, permettetemi di dirvi qualcosa di più se vai. Allora, e vai, è un servizio di car sharing... Ma non un'altra volta, eh, grazie lo stesso. Non uscirà adesso. E vai, e...

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