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In this transcription, the speaker discusses the importance of compassion and the difference between empathy and compassion. They explain that empathy involves imagining and feeling what others are experiencing, while compassion focuses on understanding and alleviating the suffering of others. The speaker also provides examples of both empathy and compassion and suggests a meditation practice to cultivate compassion for others. Ecco, allora, oggi parliamo ancora di compassione, andiamo avanti un po' su questa falsa riga perché è veramente un argomento molto importante sia nella tradizione che nella contemporaneità. Parlo delle interpretazioni antiche e contemporanee. Va bene, quindi stacco un po', stacco la campana così ci facciamo un piccolo, un minuto di assorbimento. E siamo semplicemente in silenzio proprio per un minuto, come per entrare in un ambito interiore, in un ascolto un po' diverso. Ecco, abbiamo cominciato a vedere la compassione partendo dalla compassione verso noi stessi che è un argomento che sembra facile ma non è perché noi non siamo molto compassionevoli verso noi stessi tendenzialmente. Ne è un esempio, o meglio, ne è testimone il nostro giudice interiore che è sempre lì. Però comunque è un buon punto di partenza ed è anche un ambito molto vasto, anche restando soltanto nella compassione verso noi stessi possiamo scoprire tante cose. Oggi mi sposterei un pochino e comincerei ad ampliare un po' l'ambito per cominciare a provare quella che è la compassione anche per gli altri, a partire da persone vicine che noi consideriamo molto... che noi amiamo, che frequentiamo. Quindi tra poco vi proporrò una pratica su questo argomento. Però volevo, prima di questa pratica, introdurre una piccola riflessione sulla differenza tra empatia e compassione, di cui abbiamo già cominciato un pochino a parlare. Perché c'è questo fatto, no? Spesso questi termini vengono usati in modo così, interscambiati, vengono usati come se fossero cipatate della stessa cosa. E invece anche la ricerca scientifica è attenta a separare i due stati, chiamiamoli stati d'animo, chiamiamoli esperienze anche, le due esperienze. Perché a noi è utile capire la differenza. E l'empatia, diciamo in una versione, chiamiamola scientifica insomma, è la capacità di immaginare, di sentire quello che prova l'altro, che non necessariamente è dolore, è anche gioia, anche qualsiasi sensazione, qualsiasi emozione, ma lo fa provando la stessa cosa, cioè il focus è verso se stessi. Quindi noi abbiamo questa capacità innata, è stato rimostrato anche dalle ricerche sui neuroni specchi, che ormai sono anche antiche, ma sono comunque sempre importanti, no? Abbiamo questa capacità di immaginare l'esperienza, anche fisica, non soltanto emotiva, dell'altro dentro di noi. E quando lo facciamo il focus è dentro di noi, ce la sentiamo. Faccio, e poi farò degli esempi, questo fatto che il focus è verso noi stessi, in certi casi è anche problematico, perché da lì viene il burnout, per esempio, da lì c'è il pericolo, quello che si definisce lo stress empatico, ovvero il contagio emotivo, che tutti noi abbiamo sperimentato. Davanti a qualcuno che piange ci viene voglia di piangere, per esempio, perché è un pericolo, non è, diciamo, per sé non sarebbe un pericolo, semplicemente non è di aiuto né a noi stessi né agli altri. Nella compassione, invece, il focus è completamente sull'altro, cioè c'è un'iniziale porta empatica perché comunque noi siamo in grado di sentire, di capire che l'altro è quello che sta sperimentando l'altro, ma il focus è sull'altro. E questo succede, lo vedono, si è visto anche nelle ricerche che hanno fatto anche sui circuiti, sui network del nostro cervello, si attivano network diversissimi, il network dell'empatia è completamente diverso dal network della compassione. Quindi la compassione si definisce come una comprensione che la sofferenza, nel caso della sofferenza, è qualcosa di universale e che anche il desiderio di non soffrire è qualcosa di universale. Faccio un esempio che mi è venuto in mente proprio di recente per capire, molto semplice. Se io sono a un supermercato e vedo qualcuno che è in difficoltà, magari con un bastone, fisicamente in difficoltà, e mi offro di portargli la spesa a casa, facciamo, o dove vuole, alla macchina, quello è un gesto di compassione, lì non c'è un contagio emotivo. Certo che sento che questa persona è in distrezza, è in una situazione di sofferenza, ma io non soffro, io sono anzi, provo gioia per il fatto di portare questi pacchi. Un esempio di empatia invece di contagio emotivo mi è venuta in mente una cosa molto semplice, non so se a voi capita, ma a me sì. Io non posso vedere i film dove ci sono scene di torture, non le posso vedere. Voi direte, vabbè, è un film, certo è un film, ma non è che non puoi fare nulla. Ma comunque sento mai che il focus è qui. Per capire la differenza, detto questo, oggi vorrei proporvi una pratica per allargare la nostra esperienza di compassione anche a altre persone. Quindi ora suono ancora la campana, cominciamo una breve pratica meditativa. Ecco, ora quindi ci raccogliamo nella nostra posizione più comoda, abituale. Possiamo lasciare che gli occhi si chiudano, se vogliamo. Proviamo il nostro respiro. Cominciamo a scendere nella casa del nostro corpo. E mentre scendiamo possiamo anche richiamare alla nostra mente la motivazione anche per cui siamo qui. Alleviare, sciogliere le sofferenze di varia natura, entità, nostre e degli altri. Anzitutto grazie a una luce, una luce di consapevolezza e di apertura. Quindi portiamo alla mente ora un momento, anche recente, in cui siamo stati in difficoltà. Per esempio abbiamo avuto un'influenza, una cosa anche non tanto importante, però insomma significativa. Siamo stati malati, abbiamo avuto un momento di difficoltà, un'incertezza. Una febbre alta. E se lo troviamo, ricordiamoci come in quel momento noi desideravamo sollevarci da quello stato di sofferenza, curarci. E non solo lo desideravamo, ma ne eravamo anche capaci. Era un desiderio, ma anche una capacità di resilienza. Portiamo anche alla mente il nostro dialogo interiore di quel momento. E forse ci ricordiamo che c'era una parte di noi che si prendeva cura. E questa cura si manifestava anche con piccoli gesti o anche con parole. Con pensieri. E ora portiamo alla mente una persona cara, vicina, qualcuno che frequentiamo possibilmente. Immaginiamola davanti a noi. Immaginiamo questa persona, anche questa persona, in un momento di difficoltà simile a quello che abbiamo appena ricordato di noi. Immaginiamo questa persona in un momento di difficoltà che potrebbe essere ora o potrebbe essere successo qualche tempo fa, una malattia, una difficoltà, un dolore, una crisi. Qualcosa a cui noi abbiamo anche assistito, partecipato. E facendo questo, in particolare, portiamo davanti alla nostra mente lo sguardo di questa persona, gli occhi, e vediamo come anche questa persona, in quel momento, come noi, desiderava uscire da quella situazione di sofferenza e ne aveva la capacità, anche se non magica, ma, diciamo, la fiducia, sapeva di poter attingere a delle risorse, come noi. Notiamo la somiglianza della risposta e la natura di questa risposta, forza, resilienza, desiderio di cura. E notiamo come, o meglio, percepiamo la natura, la comune umanità, ciò che ci accomuna, questo desiderio di felicità, di serenità, di pace. E anche il fatto che questo desiderio è nutrito da una capacità di cura. Noi immaginiamo sempre questa persona davanti a noi e, come l'altra volta, proviamo a mandare la luce col nostro respiro e ad assorbire nebbia che arriva da quella persona senza paura. Per sempre teniamo davanti a noi lo sguardo. E notiamo se ci sono dei cambiamenti in questa persona mentre riceve da noi la luce che arriva dal nostro cuore. Se serve possiamo anche esprimere una frase delle parole. E tu possa stare bene? E ora vi propongo di entrare proprio nel corpo e nella mente di quella persona e di essere quella persona che è davanti noi stessi. Facciamo un'inversione. Proviamo a sentire come quella persona si sente avendo noi davanti, avendo noi che mandiamo luce con un cuore aperto, che mandiamo amore. Proviamo a sentire che cosa significa per quella persona che a noi è vicina, che conoscemo bene ricevere questa luce da noi. E ora proviamo a sentire che cosa significa per quella persona che a noi è vicina, che conoscemo bene ricevere questa luce da noi. E ancora una volta manteniamo l'attenzione sullo sguardo, sentiamo com'è importante la nostra presenza. E lo sentiamo nella prospettiva dell'altro. Diamo ancora qualche respiro, tra poco sendrò la campana. E la campana, come una bacchetta magica, dissolverà questa immaginazione riportandoci nel nostro spazio condiviso. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org