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The transcription is about the practice of meditation and mindfulness. It emphasizes the importance of taking deep breaths and relaxing the body. The speaker also discusses the concept of presence and how it can help us break free from the trance of thoughts and emotions. They suggest paying attention to signals that indicate we are in a trance, such as feeling guilty or anxious. The speaker shares a personal experience with their mother and reflects on the importance of creating space for meaningful connections in life. Overall, the transcription highlights the benefits of being present and the need to prioritize relationships and self-awareness. Come diciamo, con una piccola meditazione, giusto per atterrare, per radicarci nel qui ed ora. Quindi prendiamo la nostra posizione comoda e facciamo tre profondi respiri. Profondi vuol dire che gonfiamo al massimo i nostri polmoni e poi li svuotiamo completamente e lo facciamo per tre volte. E poi lasciamo il respiro nel suo ritmo naturale, facendo attenzione all'aria che entra e all'aria che esce e alle sensazioni che dà nel corpo. Quindi notiamo come il nostro colpo si espanda quando inspiriamo e come si rilassa quando espiriamo. Adesso portiamo l'attenzione al nostro corpo e rilassiamo la cute, rilassiamo la fronte, rilassiamo le sopracciglia e lo spazio tra le sopracciglia, rilassiamo le guance e le brecce, gli occhi, il naso, le labbra, rilassiamo la lingua. Il mento, rilassiamo il collo e le spalle, rilassiamo le braccia e le mani, rilassiamo la schiena che è dritta ma rilassata, rilassiamo il bacino, le gambe e i piedi. Adesso sentiamo il nostro corpo che è rilassato e se ci dovesse essere ancora una tensione da qualche parte ci portiamo l'attenzione esattamente lì che ci respiriamo dentro. Estremamente ci godiamo il nostro corpo rilassato. Notiamo anche i punti d'appoggio del nostro corpo, quindi col cuscino, con la sedia, col tivano. Notiamo il nostro corpo che è sostenuto, è stabile, è radicato e attraverso questa stabilità del corpo. Cerchiamo la stabilità mentale, la nostra stabilità interiore. In questo momento non c'è niente da risolvere, niente da decidere. Possiamo stare qui, nell'attimo presente, esattamente nel qui ed ora. Adesso che abbiamo la mente un pochino più rilassata andiamo a guardarci dentro. Cosa c'è in questo momento dentro di noi, dentro di me? Ci può essere ancora dell'attenzione per la giornata vissuta, poi ci può essere della rilassatizza perché questa meditazione è riuscita davvero a farmi stare nel qui ed ora. Qualsiasi cosa ci sia, va bene così. Adesso, quando siamo pronti, facciamo tre respiri consapevoli che cominciamo a prendere contatto con l'interno e l'esterno. Adesso continuiamo la lettura che è stata fatta, che abbiamo cominciato lo scorso mattedì, L'aria della compassione di Tara Brach. Abbiamo letto già la prima parte in cui lei ci dice che eravamo persi nel bosco della vita, nella selva delle tante cose da fare e che bisognava creare una radura e parlava della sua esperienza di quando non aveva dato sufficiente attenzione alla mamma perché aveva delle cose da fare, doveva preparare un intervento e quindi parlava appunto della consapevolezza. Adesso, in questo nuovo capitolo, si intitola La strada per uscire dalla transa, un'inversione ad U. Parla un pochino di svegliarci da questa transa perché spesso abbiamo questo pilota automatico che entra e quindi rischiamo di proiettare sempre dei nostri film, delle nostre emozioni. Proiettiamo dei film e in realtà non siamo presenti. Allora lei ci dà dei suggerimenti per uscire da questa transa e fare questa inversione ad U. E dice intraprendiamo un'inversione ad U ogni volta che spostiamo l'attenzione da una fissazione rivolta all'esterno all'esperienza reale e vive e viva che accade in noi, nel nostro corpo. È come se guardassimo un film horror, fossimo talmente coinvolti nella narrazione che si svolge sullo schermo e poi all'improvviso diventassimo consapevoli. Va bene, è solo un film, lo sto guardando insieme a decine di altre persone, riesco a sentire la sedia sotto di me, mi sento respirare e torniamo nuovamente a noi, radicati nella nostra vita reale. Solo prestando intenzionalmente attenzione all'esperienza interiore possiamo spostarci dalla trans verso la guarigione. La presenza ha tre principali caratteristiche attenzione risvegliata, apertura e amore. Molte tradizioni spirituali descrivono la presenza come un cielo aperto e soleggiato. Quando la presenza è piena, come il cielo, è luminosa, sconfinata e dona calore e nutrimento alla vita. L'attraversano gioia, tristezza, paura, entusiasmo, dolore e come il cielo, la presenza può contenerle tutte. Tutti noi entriamo in contatto con la presenza, prima di addormentarci, quando ci fermiamo e siamo rilassati ascoltando la pioggia che pade sul tetto e sui vetri della nostra casa. Quando, meravigliati, guardiamo il cielo stellato, ci apriamo alla presenza per un gesto di gentilezza inaspettato. Il passato e il futuro si allontanano, i pensieri si quietano e diventiamo consapevoli della nostra presenza, proprio qui, proprio ora. Al contrario, la trance ci imprigiona in una realtà virtuale di pensieri e narrazioni, con una forte carica emotiva. Quando siamo in trance, solitamente ci sentiamo separati o soli, minacciati o incompleti. Lo stato di trance può trasportarci in fantasticherie piacevoli, immergerci in pensieri ossessivi. Qualunque sia il contenuto della trance, siamo separati da noi stessi e dalla capacità di stabilire un contatto autentico con le persone che sono intorno a noi. Riconoscere i segnali ci aiuta a uscire dalla trance. Ogni volta che mi accorgo di passare ansiosamente e rassegna la lista delle cose da fare, oppure noto di sentirmi in colpa perché penso di deludere qualcuno, comincio a prestare più attenzione. Questi segnali di sveglia mi aiutano a diventare consapevole della paura di non essere all'altezza o della tensione fisica che sto accumulando. Quindi posso ricordare a me stessa che le convinzioni dettate dalla paura non sono la verità e che posso scegliere più liberamente come trascorrere il tempo. Quindi ci dà anche dei piccoli suggerimenti di come accorgerci che stiamo vivendo in una trance. Quindi quando ci sentiamo in colpa, quando ci sentiamo che abbiamo paura di deludere qualcuno, oppure quando siamo in ansia, allora questo è un momento di trance. Poi continua con una sua esperienza che ha avuto, sempre con la mamma. Quattro anni dopo che si era trasferita a vivere con Jonathan e me, a mia madre, è stato diagnosticato un cancro ai polmoni. Un pomeriggio, a sei mesi da quell'anodizia, circa tre settimane prima della sua morte, ero seduta accanto al suo letto e le leggevo un libro di racconti ibreri che entrambi amavamo. Lei si è addormentata mentre leggevo e io sono rimasta a guardarla mentre finalmente respirava con agio. Dopo qualche minuto si è svegliata e mi ha murmurato «Oh, pensavo che fossi andata via, ho tanto da fare». Mi sono sporta in avanti e ho baciato una guancia e sono rimasta seduta accanto a lei. Si è addormentata di nuovo, con un sorriso leggero sulle labbra. È vero, avevo molto da fare, ho sempre molto da fare. Mi sono ricordata di quella volta in cui ero troppo indaffarata per fermarmi un momento a discutere di quell'articolo del New Yorker o di tutte le sere in cui cenavo di fretta, sentendomi in dovere di trascorrere un po' di tempo con lei e in colpa quando la vedevo passeggiare da sola. Negli ultimi anni che abbiamo trascorso insieme sono stata in grado di fermarmi per qualche momento e stare accanto a lei. Ero pronta a preparare insalate gigante, a portare a passeggio i nostri canini in riva al fiume, ad ascoltare le notizie insieme a lei e a chiacchierare a lungo dopo che avevamo finito di pranzare. Venti minuti dopo mia madre si è svegliata nuovamente e mi ha sussurrato «sei ancora qui?». Le ho preso la mano e dopo poco si era addormentata. Ho cominciato a piangere sommessamente e lei in qualche modo deve averlo sentito che mi ha stretto la mano. Certo, mi sarebbe mancata tantissimo. Le mie lacrime però erano anche lacrime di gratitudine per tutti i momenti che avevamo trascorso insieme. E per l'era dure che avevamo reso possibile tutto questo. Il giorno in cui è morta mi sono sentita invadere dalla tristezza e dall'amore, ma non ho avuto le impianti. Imparare a creare uno spazio, un'era dura, ci dà la vita. Ci permette di aprirci al despiegarsi della vita della compassione. Se siamo in pranzo non riusciamo ad ascoltare realmente il nostro figlio che ci racconta entusiasta che cosa è successo a scuola. Non riusciamo a capire che il nostro collega si comporta in maniera attesa e nervosa perché dubita di sé e ha paura. Non vediamo i tramonti, le opportunità di gioco, la possibilità di intimità e ciò che in sintonia con il nostro senso di solitudine o con i nostri desideri. Spendiamoci qualche minuto per riflettere su questa lettura. E facciamo caso a cosa risuona a noi. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org