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16 aprile 2024. Lettura

16 aprile 2024. Lettura

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In this transcription, the speaker talks about the importance of being present in the moment and paying attention to our posture during a meditation practice. They discuss the significance of bringing awareness to the parts of our body that are in contact with a surface and taking a moment to imagine being in nature. The speaker then shares a personal experience of feeling overwhelmed and anxious while preparing for a meditation event and realizing the importance of spending quality time with their mother. They describe how taking a pause and giving themselves permission to acknowledge their anxiety allowed them to find clarity and open their heart. The speaker concludes by emphasizing the power of taking breaks and being present in order to cultivate a sense of calm and kindness. Bene, iniziamo come al nostro solito con qualche minuto di pratica e quindi possiamo cominciare arrivando pienamente qui, in questo momento, l'unico che possiamo davvero vivere e ci mettiamo comode e comodi al nostro agio, nel nostro corpo e per qualche istante all'inizio di questa breve pratica iniziamo a portare l'attenzione alla nostra postura, alla posizione che andrà a sostenerci nel corso della pratica. Possiamo distenderci e possiamo sederci, rimanere seduti, se stiamo seduti la schiena è dritta senza per questo essere rigida, la colonna è elevata, creiamo proprio spazio tra una vertebra e l'altra, mantenendo al tempo stesso un senso di presenza ma anche di morbidezza. E possiamo portare l'attenzione alle parti del nostro corpo che poggiano su una superficie rigida. Se siamo seduti sulla stedia, le piante dei piedi che poggiano a terra, se siamo distesi le gambe, i talloni e braccia. Portiamo l'attenzione ai glutei che poggiano sulla sedia o sul materasso. Portiamo l'attenzione alle mani ovunque siano appoggiate in questo momento. Rimaniamo qualche istante sulle sensazioni che percepiamo all'altezza dell'appoggio delle nostre mani. Sentiamo la differenza di temperatura tra la parte che è in contatto con la superficie e la parte che è più esposta all'aria. E vediamo se notiamo dei formicoli, delle piccole sensazioni o anche nessuna sensazione. Rimaniamo proprio qualche istante con i palmi delle nostre mani. E immaginiamo proprio in questo momento che le nostre mani siano appoggiate per terra, sull'erba. Immaginiamo di essere sdraiati sull'erba, in un pomeriggio tiepido di primavera. Immaginiamo di sfiorare con i palmi delle nostre mani la morbidezza dell'erba, di sentirne il profumo, di apprezzarne la frescura. Siamo sdraiati sulla schiena e guardiamo il cielo. E' di un azzurro profondo, limpido e incontaminato. E ora vediamo una farfalla che attraversa il nostro campo visivo. Ne possiamo notare i colori, la leggerezza e poi la vediamo scomparire. E sullo sfondo del cielo vediamo un'acquita in volo. La seguiamo con gli occhi. Penetriamo le profondità azzurre del cielo. E continuiamo a guardare il cielo. E proiettiamo il nostro sguardo ancora più in alto. E vediamo passare una piccola nuvola bianca. E' molto alta, lontana, lontana. E la guardo mentre si dissolve. E ora non c'è altro che il cielo senza limiti. E divento questo cielo immateriale, senza tempo. Infinito. E' santo di non avere limiti, di essere dappertutto. Santo di raggiungere e pervadere ogni cosa. E riporto l'attenzione all'erba. All'erba sotto il mio corpo. E con gentilezza osservo l'aria che entra. L'aria che esce. L'aria entra. L'aria esce. E scelgo di congedarmi da questo luogo e lentamente, con il mio tempo, ritorno allo spazio della mia stanza. Tra qualche istante sentiremo di nuovo il suono della campana e inizierò la lettura. Possiamo scegliere, come sempre, di mantenere gli occhi chiusi o con gentilezza scegliere di riaprirli. Il mio bosco, fitto e scuro, è attraversato da un brusio, come un mantra. Ho un suono di sottofondo. Non ho abbastanza tempo. So di non essere l'unica. Molti di noi corrono tutto il giorno, nell'ansia di spuntare tutte le voci della lista delle cose da fare. Questa situazione spesso si accompagna alla sensazione di essere assillati, infastiditi dalle interruzioni e preoccupati di che cosa ci attende dietro l'angolo. L'ansia in me cresce a dismisura quando mi preparo per un evento imminente in cui insegnerò meditazione. Mi ricordo un pomeriggio di qualche anno fa, quando cercavo di organizzarmi all'ultimo minuto per una conferenza. Scandagliavo disperatamente i miei disorganizzatissimi archivi elettronici in cerca di spunti sulla gentilezza amorevole, che mi sarebbero potuti servire per il discorso che avrei tenuto quella sera. Proprio come gli archivi, così anche la mia mente era disorganizzata e confusa. A un certo punto mia mamma, di ottantatre anni, che era venuta a vivere con mio marito Jonathan e me, è entrata nello studio, e ha cominciato a parlarmi di un articolo che le era piaciuto. Vedendomi però incollata allo schermo del computer, e probabilmente imbronciata, ha posato in silenzio la rivista sulla scrivania, e si è allontanata. Quando mi sono voltata per guardarla mentre usciva, qualcosa in me si è fermato. Spesso mia madre entrava nello studio per chiacchierare un po', e in quel momento sono rimasta colpita dalla verità che non sarebbe stata per sempre insieme a me, a condividere quei momenti. E poi un'altra verità. Stavo ignorando mia madre, presa dalla frenesia di scrivere un discorso sull'amore. Non era la prima volta che rimanevo frastornata perché mi accorgevo di aver dimenticato che cosa fosse veramente importante. Durante quel primo anno in cui mia madre ha vissuto con noi, mi sono sentita più volte sotto pressione, perché mi chiedeva di trascorrere più tempo con lei. Spesso, quando cenavamo insieme, aspettavo la pausa nella conversazione che mi avrebbe dato modo di scusarmi e tornare a lavorare. Oppure facevamo insieme le commissioni o l'accompagnavo da qualche dottore, e invece di apprezzare la sua compagnia continuavo a pensare a come portare velocemente a termine quegli impegni. Il tempo che trascorrevamo insieme spesso mi sembrava un obbligo. Lei era sola, e io ero la persona a lei più vicina. Anche se non cercava di farmi sentire in colpa, era grata per ogni attimo di tempo che le offrivo, mi sentivo a disagio, e quando mi prendevo un po' di tempo in più per me, sentivo anche una profonda tristezza. Quel pomeriggio nel mio studio ho deciso di prendermi una pausa per calmare l'ansia e le preoccupazioni. Mi sono allontanata dalla scrivania, mi sono seduta su una comoda sedia, e mi sono concessa qualche momento prima di cominciare. Ho iniziato semplicemente riconoscendo cosa stava accadendo dentro di me, ossia il circolo di pensieri ansiosi e sensi di colpa. Mi sono dato il permesso di accettare quanto stava accadendo, respirando e lasciando che accadesse. Anche se non mi piaceva ciò che sentivo, l'intenzione era di non fissarmi e cercare di cambiare nulla, e altrettanto importante di non giudicare me stessa perché mi sentivo ansiosa o in colpa. Accettare quanto accadeva mi ha permesso di richiamare e approfondire l'attenzione prima di cominciare a indagare su quale fosse l'aspetto che mi sembrava difficile. E adesso dirigevo l'attenzione alle sensazioni di ansia che avvertivo nel corpo. Una contrattura fisica, una pressione nella zona del cuore. Ho domandato alla parte di me che era in preda all'ansia che cosa pensasse, e la risposta è stata molto familiare. Era convinta di non essere all'altezza. Credeva che se non avessi preparato con cura ogni insegnamento e ogni racconto in anticipo, avrei fatto un brutto lavoro e avrei scontentato le persone venute ad ascoltarmi. Quella stessa ansia, però, non mi aveva reso disponibile per mia madre, così stavo anche deludendo qualcuno che amavo con tutto il cuore. Mentre diventavo consapevole di queste tensioni legate al senso di colpa e alla paura, ho continuato a indagare. Entrando in contatto con quella parte combattuta e ansiosa di me, ho domandato di che cosa è bisogno adesso, soprattutto. Sono riuscita immediatamente a sentire che aveva bisogno di attenzioni e di essere rassicurata, che non era possibile che fallissi in alcun modo. Aveva bisogno di confidare nel fatto che sarei riuscita a trasmettere gli insegnamenti, e inoltre volevo avere fiducia nell'amore che mi unisce a mia madre. Alla fine ho sentito il bisogno di nutrimento, e ho mandato un messaggio amorevole alla parte di me che era in ansia. Ma tutto bene, tesoro, andrà tutto bene. Ci siamo riusciti tante volte prima d'ora cercando di cavarcela in ogni ambito. Riuscivo a percepire un'energia calda e confortante diffondersi in tutto il corpo. Poi c'è stato un netto cambiamento. Il mio cuore si è ammorbidito, le spalle si sono rilassate, e la mente è diventata più limpida e aperta. Sono rimasta seduta per un altro minuto o due, e ho permesso a me stessa di riposarmi in quella radura, in quello spazio libero, invece di riprendere subito a lavorare. La pausa è durata solo pochi minuti, ma ha prodotto effetti importanti. Quando mi sono rimessa alla scrivania non pensavo più che sarebbe accaduto qualcosa di negativo. Adesso che non ero più in preda all'ansia, e che i pensieri e gli appunti cominciavano a fluire, avevo ricordato un racconto che sarebbe stato perfetto per la conferenza. Il fatto di fermarmi per una pausa mi aveva permesso di ritrovare la chiarezza e l'apertura del cuore, proprio i temi di cui volevo parlare quella sera. E più tardi, quel pomeriggio, mia madre e io abbiamo fatto una piccola camminata nel dolce paesaggio del bosco, abbracciate. Da allora tante volte ho scelto di regalarmi una versione breve di questa pratica, per calmare l'ansia. Quel sentimento è ancora parte di me, ma è cambiato. È cambiato qualcosa di importante. L'ansia non prende più il sopravvento. Non mi perdo nel bosco fitto e scuro, disconnessa e confusa. Come in trance, quando mi fermo per una pausa e poi sposto l'attenzione dai film creati dalla mente, che pensa a portare a termine tutti gli impegni, all'esperienza che accade realmente nel corpo e nel cuore, c'è un passaggio spontaneo verso una maggiore presenza e gentilezza. Spesso continuo a lavorare, ma a volte decido di passare ad altro. Di uscire di casa per giocare con il cane, di preparare un tè oppure di innaffiare le piante. Ho più scelta. Prendiamoci ancora una manciata di istanti, un po' di pausa, per lasciare che questo grano che abbiamo appena ascoltato insieme possa scivolare nel profondo e dimorare insieme alle sensazioni che magari stanno sorgendo, ripercorrendo le fasi che la scrittrice Tara Brack ha percorso e quindi il riconoscere cosa sta accadendo, l'accettarlo, indagare su quale fosse l'aspetto più difficile e nutrire. Nutrire la parte che era in ansia. Prendiamoci qualche respiro, ognuno per proprio conto, e poi sentiremo di nuovo la campana e ci sarà uno spazio dedicato alla condivisione. Buona notte. Buona notte. Buona notte.

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