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The transcription discusses the ancient dreams of the philosopher's stone and the ability to turn base metals into gold. It explores the theories and experiments of alchemists who sought to achieve this transformation. The transcription also mentions the idea of drinkable gold and the belief that it could prolong life. Overall, it highlights the misguided and speculative nature of alchemy and emphasizes the importance of logical reasoning and scientific investigation. www.readyjoe.it Ed eccoci al grande problema. La scienza per tutti è i sogni degli antichi. Uno dei sogni era la pietra filosofale e l'oro potabile. Eccoci al grande problema, all'opera per l'eccellenza, la scoperta della pietra filosofale, per trasformare in oro e in argento i metalli villi ed imperfetti e fu, sin da remotissimi tempi, lo scopo a cui furono rivolti gli studi e gli sforzi di un buon numero di persone versate nella chimica o appena iniziate in quella scienza. Or fa, più di un secolo, quel numero si era già ristretto assai e tuttavia si vedeva ancora degli individui affannarsi in tentativi inutili per rigenerare prezioso metallo e camminare a tentoni ridotti a indigenza e a consolarsi col pensiero degli immensi tesoro e tesori che presto avrebbero posseduto. Quest'oro si chiamavano adepti perché pretendevano di aver raggiunto l'apoggeo della filosofia quasi summam sapientia adepti e non parlavano che enigmaticamente e in guisa inintellegibile sprezzando il mondo che a parer loro non meritava di possedere un simile segreto. Finalmente, alzecati da uno smisurato orgoglio, commiseravano i chimici veri cioè quei scienziati che fondavano i loro studi sui fatti e sui principi solitamente stabiliti. Si avrebbe potuto dire a quei poveri dementi prima di fare dell'oro decomponetelo e poi rifatelo ovvero prima di fabbricare dei metalli preziosi ma quali sono l'oro e l'argento? Fateci del ferro, del fiombo. La proposta avrebbe dovuto sembrare ragionevole anche ad essi se fossero stati meno esaltati e in grado di comprendere la semplicità . Sentiamo poi gli alchimisti e esaminiamo alcune delle loro teorie sulla composizione dei metalli. Secondo costoro, tutti i metalli sono formati di una terra che essi chiamano mercuriale ma più o meno matura, più o meno commista di materie eterogenee ma di maniera che tutto si riduce a trovare il mezzo per piegarli da quodesta eterogeneità e a portarli a maturazione. In ciò soltanto sta riposto il segreto di convertire metalli imperfetti in metalli perfetti. La teoria non può essere più bella ma ci ha dimostrato che quodesta terra mercuriale esiste? Chi ha provato che la differenza dei metalli consiste in più o meno di maturità ? E questa maturità che cos'è? E con quali mezzi si può darla? Nessuna risposta fornita di quanto valore. I partigiani di questa teoria, sedotti dalle frasi e non hanno nessun'idea precisa di quello che dicono. Secondo altri alchimisti il mercurio contiene in principio tutti i metalli perfetti ne ha lo splendore e quasi il peso. Se è suo è fluido è estremamente volatile ciò avviene perché si trova imbarattato di impurità che lo degradano. Non si tratta dunque che di solidificare il mercurio depurandolo da questa impurità per poi ottenere il mercurio dei filosofi il quale non ha bisogno di un grado di cottura per trasformarsi. Portato al rosso darà l'oro portato solamente al bianco darà l'argento e non basta. Questa materia avrà una tale azione sulle parti impure degli altri metalli che gettando in un pizzico in un crogiolo pieno di tiombo, liquo e fatto essa lo trasformerà in oro e in argento. Secondo che sarà stata portata al bianco oppure al rosso. Rimane a sapersi come si distruggono le impurità che degradano l'argento vivo. Ma non vi sgomentate per così poco perché Aristeo, celebre adetto, ce lo insegnerà nella maniera la più chiara del mondo nel suo codice di verità . Ebbene, state attenti. Prendete, egli dice, il re Gabertino e la principessa Bea, sua sorella giovedetta bella, bianca e delicatissima. Maritateli insieme. Gabertino morrà quasi subito. Ma non temete. Mettetelo nella tomba e dopo tanti giorni Gabertino rinascerà dalle sue ceneri e diventato molto più bello e più perfetto di quello che era prima della morte genererà con Bea un figlio rosso, più bello e più perfetto di entrambe. Che ve ne pare? Vorremmo noi ancora sostenere che gli alchimisti parlassero un linguaggio oscuro? Qual è il vero adetto? Ma perché ve ne sono di vere e di falsi e ognuno crede di essere fra i primi? Qual è, ripetiamo, il vero adetto che non sappia scoprire in quella allegoria tutto il processo della solidificazione del mercurio e della polvere di proiezione? Dopo aver dato un'idea del loro linguaggio e del loro abuso di allegorie incomprensibili veniamo ai fatti che si adducevano come prove irrefragibili dai partigiani della pietra filosofale. Beh, si racconta che il vezio celebre medico professore di medicina in Olanda avendo in una delle sue lezioni declamato contro la vanità e la surdità della pretesa di fare dell'oro fosse visitato da un adepto che gli diede una certa polvere di cui un pizzico gettato nel piombo fuso ne avrebbe operato la trasformazione in oro. Il vezio fece l'esperimento e infatti ottenne dal suo piombo una bella quantità di oro. Vole rivedere l'adepto, ma costui gli aveva dato un indirizzo falso ed era scomparso. Altrettanto capitò all'imperatore Ferdinando. Un adepto gli si presentò e gli proposi trasformare in oro del mercurio. Si fece fondere il metallo in un crogiolo sotto gli occhi del principe. L'adepto eseguì le operazioni che gli piace eseguire e in fondo del crogiolo somministrò una calotta d'oro. Ma mentre si verificava il metallo, l'adepto sparì con insomma rammarico dell'imperatore il quale sognava già gli immensi tesori che gli avrebbe procalciato l'acquisto del segreto. E nel settembre del 1777, fra gli oggetti appartenuti del defunto signor Diofroi, si vedeva posti in vendita tre chiodi i quali fornivano, secondo gli alchimisti, una prova evidente della possibilità di trasmutare, e almeno in argento, un metallo ignobile qual è il ferro. Si diceva fossero l'opera di uno studioso adepto che volle provare al Diofroi la possibilità della trasformazione dei metalli. Uno di quei chiodi era stato cangiato tutto in argento mediante la completa immersione in un liquido speciale. L'altro, immesso soltanto con la capocchia, presentava la punta di ferro. Il terzo, finalmente, aveva la punta di argento e la capocchia di ferro. Non discuteremo questi fatti in fondo ai quali ci deve essere sempre stata una grande dose di fulgheria seppure vogliamo ritenerli per vere. Gli alchimisti, inoltre, precendevano che tutte le favole dell'antichità non fossero che spiegazioni simboliche della grande opera. La conquista del Tosol d'Oro, la guerra di Troia, gli avvenimenti che la seguirono e tutta la mitologia per essi non sono che emblemi della crisopea, saggiamente velati dagli antichi filosofi, i quali non vogliono che il loro segreto, divulgandosi, fosse impiegato a moltiplicare oltre misure metalli preziosi, che perciò, depressandosi, avrebbero cessato di servire al commercio fra gli uomini. Nella stranissima opera di Don Pernetti, intitolata Le favole egiziane greche, tre volumi in otto, compreso il dizionario mito ermeneteutico, si può vedere sino a quel punto possa traviare l'umano ingegno nella ricerca di simili spiegazioni. E per ultimo diremo che vi fu un addetto francese il quale era convinto che tutta la storia romana non fosse che una finzione e che il combattimento degli orazzi e dei curiazzi potesse spiegarsi chimicamente punto per punto. E ora veniamo all'oro potabile. E se non c'era speranza di fabbricare l'oro, non ci sarebbe invece il mezzo di trappartito da questo metallo prezioso per prolungare forse la vita? L'oro è un metallo inalterabile altrettanto difficile a disfarsi che a farsi. Esso è il re di tutto il mondo metallico, come il Sole, cui lo si paragona. L'oro è del sistema dell'universo. La natura non può non aver celato in quel corpo prezioso i rimedi più utili per l'umanità . Ma a tal uopo conferrebbero renderlo anche potabile. All'opera dunque facciamo l'oro potabile. Una vita prolungata indefinitivamente vale perlomeno tutti quanti i tesori dell'universo. Ed ecco in sostanza il ragionamento degli alchimisti, i quali per conseguenza torturarono l'oro in mille modi, sperando sempre di renderlo solubile come un sale nell'acqua. E non può negarsi che qualche cosa abbiano ottenuto l'oro potabile della signorina Grimaldi, soluzione d'oro nell'acquaragia, che le famose gocce del generale Lamard ne sono una prova. A proposito di queste ultime si osserva che il grosso d'oro veniva sciolto in 216 grossi di liquore spiritoso e che siccome le bottiglie dovevano essere del peso di due grossi e il generale Lamard le vendeva 24 lire ciascuna, ciò risulta che con un grosso d'oro facevano almeno 108 bottiglie da cui si ricavava 2592 lire. Beh, realmente ne faceva 136 che gli fruttavano 3264 lire. Da ciò si vede che se le gocce del generale Lamard non erano molto utili per la salute, beh, ma almeno lo erano per la sua borsa. Anche questa dell'oro potabile era un'ubia come tante altre. Infatti, quale prove avevano gli alchimisti che l'oro fosse salutare al corpo umano? Perché questo metallo è dotato del bel colore giallo del raggio del sole, perché è distinto coi segni cabalistici di quel tastro e quindi c'è ragione in concludere che ridotto in forma liquida e versato nel sangue abbia a rigenerarlo e a restituire salute e la giovinezza. Tutte le virtù dell'oro potabile non sono fondate che sopra analogie destituite di ogni fondamento fisico e immaginate da cervelli esaltati e arsi dal fuoco dei fornelli. La nostra corsa è terminata, ma ci si risveglia un'idea. Che cosa penseranno di noi nostri posteri? Ci tratteranno da pazzi o da visionari come noi abbiamo trattato i nostri predecessori? Beh, a queste domande noi possiamo rispondere decisamente no. Le ricerche, le speculazioni che in oggi si fanno nel campo della natura, tranne quella del moto perpetuo della quale quasi più non si parla, sono frutto di logiche induzioni, di ragionamenti basati sui fatti e illuminati da una critica assennata e severa. Noi non cerchiamo l'impossibile, o se qualche volta osiamo scrutare più reconditi misteri della natura, non ci arrischiamo mai in quelle tenebre senza esserci muniti del filo di Arianna che ci guidi, se smarriti, a ritornare di nuovo al punto in cui siamo partiti. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org