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The transcription discusses the ongoing research conducted on the remains attributed to Cardinal Leone da Perego. A man named Perego Berto gives his consent for DNA analysis and provides a sample of his own mucosal tissue. The letter from the Curia of Milan states that there is still uncertainty regarding the identification of the remains as those of Cardinal Leone da Perego. However, studies have shown similarities between the remains and the profile of the Archbishop. Analysis of the DNA extracted from the remains suggests a strong possibility of them belonging to Cardinal Leone da Perego. Further research is being conducted to confirm their authenticity. www.redijoe.it E la storia continua. Ed eccoci, infine, agli ultimi scoperti che sono del febbraio-dicembre del 2017. Un signor Perego Berto, che è nato a Milano nel 1931, dichiara di aver compreso gli scopi e gli aspetti del progetto di ricerca condotto sui resti attribuiti a Cardinale Leone da Perego, ed ha il consenso informato per l'analisi del DNA, studio genetici, dei campioni biologici attribuiti a Cardinale Leone da Perego e lo presenta al Dipartimento dei beni culturali e manifesta la propria volontà di prendere parte alla ricerca dell'oggetto, fornendo un proprio campione di mucosa boccale. E partecipando a questo progetto consente che il proprio DNA sia analizzato esclusivamente per gli scopi del progetto. Dichiara inoltre di essere a conoscenza che il materiale biologico sarà conservato esclusivamente per questo progetto e non potrà essere utilizzato per nessun altro scopo senza il suo consenso scritto. Il suo consenso lo dà il 4 febbraio del 2017. Perego Uberto, nobile, milanese, ritiene di essere un parente e appartenere alla generazione del Cardinale Leone da Perego. In una lettera della Cidiocesi di Milano, curia Civescovile, il vicario generale Mario Enrico Delfini così scrive a Pietro Airaghi. Egregio Signore, risponde a nomi dell'arcivescovo alla lettera da lei scritta il 23 febbraio e dopo aver attentamente esaminato con l'aiuto di altre persone la ricerca da lei condotta in riferimento all'importante figura dell'arcivescovo Leone da Perego, presentata alla curia del suo parco, e all'ipotesi delle sue identificazioni con le spoglie mortali conservate a Ro, quelle del Mumio di Ro, è ancora preve di sicura attribuzione. L'arcivescovo esprime sincera gratitudine per il suo appassionato lavoro, testimonianza di amore per la comunità cristiana di Ro e per l'intera chiesa ambrosiana. Le nuove ricerche, rese possibili da recenti mezzi di indagine, conferiscono certamente ulteriori elementi di valutazione rispetto a quanto offerto a suo tempo dall'attento giudizio del beato Alfredo I. Delfonso Schuster. E nonostante i passi compiuti, resta tuttavia ancora impossibile sostenere un adeguato grado di certezza che il corpo conservato a Ro sia identificabile con l'arcivescovo Leone da Perego e di conseguenza prendere in considerazione la possibilità di una sua tumurazione in chiesa. Certo che comunque la comunità parochiare di Ro saprà conservare con rispetto le spoglie mortali in questione. Profitto della circostanza per salutarla scordialmente e per invocare la benedizione del Signore su di lei e su di chi ha collaborato la sua ricerca. È una lettera del marzo del 2016 e si presume che si voglia ricercare la data esatta o almeno avere la certezza della parentela con i vivi di oggi con il metodo del DNA che prima non è mai stato usato. La dottoressa Alessandra Morrone specializzata in scienze naturali con un master di sua archeologia e antropologia e la dottoressa Sara Tessera specializzata in scienze della natura con una tesi in antropologia forense. In questa lettera inviata a Pietro Iradi parlano dell'analisi degli studi compiuti sui resti della mummia conservati presso il cimitero di Ro, ed è una lettera datata 23 di ottobre del 2017 ed è una lettera simile a quella che ora vi leggerò. All'attenzione il professor Pietro Iradi. Analisi degli studi compiuti sui resti della mummia conservati presso il cimitero di Ro. Leggendo l'esito delle sue ricerche, che da oltre 50 anni ha condotto sulla presunta mummia di Leone Lapergo, le quali hanno confermato l'identità dei resti, rispondiamo quanto segue. Da suo ritrovamento avvenuto nel 1850 nella soffitta della chiesa di San Vittore di Ro, le spoglie della cosiddetta mummia di Ro sono state oggetto di analisi e studi compiuti nell'arco di diverse decadi, tutti volti a fornire informazioni in quanto più precise possibili sulle caratteristiche biologiche e antropologiche dell'individuo. Il primo tentativo di fornire un'identità alla salma avvenne con l'analisi del carbonio 14. Con l'esame effettuato presso l'Università di Roma, tramite dei campioni ossei prelevate dello scheletro in questione, si è potuto individuare come periodo del decesso un intervallo che va da 1165 a 1395. L'etalearco temporale comprende la data della morte di Leone Lapergo avvenuta nel 1257. Con l'analisi morfologica dello scheletro, avuta a luogo nel 1992, il professor Creto Conrain, allora professore di antropologia presso l'Università di Padova, ha appurato che i resti risultavano appartenere a un individuo di sesso maschile in età matura con altezza intorno ai 170 centimetri. Tali dati sono compatibili con il profilo dell'arcivescova. Successivamente è stato compiuto uno studio sul DNA dell'individuo presso i laboratori di antropologia fisica e del DNA antico dell'Università di Bologna. Un campione prelevato da un dente è stato confrontato con quello di individui imparentati con l'arcivescovo e queste analisi hanno permesso di ottenere dei dati sia del DNA mitocolondriale, che ha evidenziato l'appartenenza a un haplogruppo diffuso nell'Eurasia centro-settentrionale, sia dal cromosoma Y, per cui sono stati analizzati 23 marcatori che hanno rivelato una buona compatibilità tra i profili genetici dell'individuo in studio e del campione fornito da un discendente di Leone da Perego, indicando così la loro appartenenza allo stesso ceppo familiare. Le analisi effettuate finora sembrano confermare l'ipotesi che la salma conservata nel cimitero di Roux possa effettivamente essere quella dell'arcivescovo Leone da Perego. Tuttavia non possiamo prevedere quanto la scienza potrà scoprire sui resti grazie agli sviluppi delle tecniche forensi. Questa è una lettera datata Milano, 23 ottobre 2017. È l'Università di Bologna, Dipartimento dei Beni Culturali, l'elaboratore di antropologia fisica e del genio antico, Elisabetta Cilli e Giorgio Gruppioni, così rispondono. Ricerche per l'accertamento dell'autenticità delle spoglie mortali attribuite all'arcivescovo Leone da Perego e conservate nel cimitero di Roux. Indagini condotte dal 1992 dal professor Creto Corraine dell'Università di Padova sulle spoglie attribuite a Leone da Perego all'arcivescovo di Milano nel 1241-1257 e conservate nel cimitero di Roux avevano dimostrato che trattasi dei resti di un individuo di sesso maschile in età adulta, di misura di statura abbastanza alta per l'epoca, 170 centimetri. Inoltre era stata riconosciuta qualche somiglianza nella morfologia dello scheletro facciale e in particolare del vento alto e prominente. Qualche somiglianza con il volto di Leone da Perego riprodotto in un basso rilievo posto sull'arca di San Pietro Martire nella basilica milanese di San Teostorgio. A questi indizi, circa l'effettiva appartenenza dei resti degli oggetti a Leone da Perego, si è raggiunta anche la datazione con il carbonio 14 eseguita presso l'Università di Roma che aveva stabilito che reperti ossei sono attribuibili a un individuo deceduto fra il 1165 e il 1395 e perciò in un arco temporale pienamente compatibile con la data di morte dell'arcivescovo 1257. Questi sopra riportati sono evidentemente indizi significativi ma insufficienti per affermare che i resti conservati a Ro e attribuiti a Leone da Perego sono effettivamente appartenuti all'arcivescovo milanese. E allo scopo di ascoltare l'autenticità dei resti o almeno di raggiungere una più elevata probabilità della loro attribuzione a personaggi e oggetti è stata avviata una ricerca basata sul DNA che prevede l'estrazione del DNA dei reperti e il confronto di questo con il DNA di soggetti con esso imparentati. Il primo tentativo di estrazione del DNA è stato eseguito su un piccolo campione osseo prelevato da una clavicola che purtroppo ha dato risito negativo cioè non si è ottenuto il DNA. Un secondo tentativo è stato successivamente effettuato da un prelievo eseguito da un dente appartenente ai medesimi resti e questa volta l'operazione ha avuto risito positivo avendo consentito di ottenere il DNA molto probabilmente endogeno cioè del soggetto a cui sono appartenuti i resti. Per poter raggiungere l'obiettivo che si è proposti il soggetto DNA va ora confrontato con quello di individui imparentati con l'arcivesco o per i quali ci sia motivo di ritenere che condividono con lui segmenti significativi del genoma come si potrebbe ragionevolmente ipotizzare per quanti portano lo stesso cognome dell'arcivesco e provengono dallo stesso luogo di origine. Ai fini del suddetto confronto si riterebbe opportuno partire dal confronto col DNA del nobile Uberto Luigi Perego che vanta, secondo una consolidata tradizione, l'appartenenza allo stesso ceppo familiare dell'arcivesco milanese per poi estendere i confronti ad altri individui portatori dello stesso cognome e provenienti dal comune di Perego. Questa lettera è datata Ravenna 25 gennaio 2017 e l'Università di Bologna nel campus di Ravenna, Dipartimento dei beni culturali, laboratorio di antropologia fisica del DNA antico, così si esprimono Analisi del DNA antico per l'accertamento della autenticità dei resti attribuiti dal vescovo milanese Leone da Perego. Le analisi genetiche finora eseguite presso il laboratorio del DNA antico nel Dipartimento dei beni culturali dell'Università di Bologna, quindi al campus di Ravenna, su campioni scheletrici, dente e clavicola, prelevati dai resti del vescovo milanese Leone da Perego, conservati presso il cimitero di Ro, hanno permesso di ottenere dati sia dal DNA mitocondiale, componente del genoma che si trasmette per via materna, sia dal cromosoma Y che si trasmette per via paterna. Per innecessari confronti, le analisi hanno preso un esame. Oltre che il DNA estratto dai resti del vescovo, anche quello ottenuto da un campione di DNA moderno, appartenente a un individuo che, secondo una lunga tradizione in virtù del medesimo cognome, può essere potenzialmente ritenuto un parente del lontano prelato. L'analisi del DNA mitocondiale, eseguita su due campioni, ha evidenziato, nel campione attribuito al vescovo milanese, la sua appartenenza a un aplogruppo antico, T1A, T uguale 86%, diffuso nell'Eurasia centro-settentrionale. Per quanto riguarda il cromosoma Y, sono stati esaminati 23 marcatori, sia nel campione antico appartenente al vescovo, sia nel campione moderno. L'analisi ha liberato una buona compatibilità tra i profili genetici dei due individui, fornendo un primo significativo indizio circa la loro appartenenza allo stesso ceppo familiare. Naturalmente, questo primo positivo riscontro richiede di essere confermato da ulteriori analisi genetiche, condotte anche su un più cospicuo numero di individui portatori del medesimo cognome perego. Sottotitoli e revisione a cura di QTSS

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