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The transcription is about the history of wine in the Varese region of Lombardy. It discusses the different varieties of grapes, their cultivation techniques, and the quality of the wine produced. It also mentions the lack of resources for analysis and improvement of the grapes, as well as the efforts made to classify and study the different grape varieties. The transcription concludes with a mention of specific wines produced in the region and their characteristics. www.readyjoe.it e la storia continua Tradizioni Varesine e il vino dei Ronchi Le varietà locali assumono infatti spesso delle denominazioni che derivano dal nome in dialetto del colore della bacca, della forma della bacca, della forma del grappolo, dell'epoca di maturazione e dal luogo di origine. E tra le province che costituivano l'Alta Lombardia, quella di Como era la più vasta per estensione, pari nel 1833 a 3.667.245 perdite milanesi e la maggior parte di questa superficie era montuosa, di 8 decimi del totale, mentre le colle e il piano occupavano i 2 dodicesimi del totale. La coltivazione della vite era disposta comunemente in ronchi o in terrazzamenti artificiali sostenuti da muretti a secco. Sui colli la vite si coltivava in filari e i tranci venivano disposti a ghirlanda all'altezza di due braccia da terra. La pianta era sostenuta da legname secco, di solito di castagno. Nei vigneti posti in piano, infine, le viti erano a foppa, sostenute da legname verde, come a maccanio. I vini più stimati erano quelli prodotti con le uve coltivate nei ronchi. E sul finire dell'Ottocento la Lombardia produce poco e di qualità mediocre ed è costretta a comprare metà del vino che consuma in Toscana, in Piemonte e negli ex Ducati. In un volumetto pubblicato a cura della Società Agraria della Lombardia del 1872, una delle cause principali della scarsa qualità del raccolto, è individuata nella tendenza ad affastellare tante qualità di vitigni diversi in uno stesso terreno. C'è da considerare inoltre che i comizi agrari, cioè le strutture agricole dell'epoca, non avevano laboratori per le analisi chimiche dei terreni e dei concimi e le banche agricole avevano mezzi scarsi e programmi non mirati alla viticoltura. Infine i proprietari terrieri si accontentavano di rivenderle con un minimo guadagno e non investivano per migliorare la qualità delle proprie uve. E verso la metà dell'Ottocento provò a censire le qualità esistenti l'abate Camillo Margherita di Varese, che in una poco nota memoria del 1851 ci dà un quadro dell'ampelografia della viticoltura e dell'enologia lombarda, in un libro del titolo Del modo di migliorare i vini di Lombardia di Camillo Margherita 1851. E la storia del vino nel Varesotto non si è però ancora conclusa ed è il dicembre 2005 il riconoscimento per il vino dei ronchi varesini nell'identificazione geografica tipica IGT. Un successivo impulso alla conoscenza dei vitini varesini viene dal Comizio Agrario di Varese. Il 28 novembre 1881 il Presidente Giuseppe Speroni presentò i soci con grande orgoglio i risultati di una nuovissima indagine. Per la prima volta si aveva la descrizione e la classificazione delle diverse specie e varietà di uve coltivate nel Varesotto consegnate al Comizio durante la vendemmia. Nel volumetto sono evencati il mittente e la provenienza delle varietà di uva, il nome con cui l'agricoltore chiama il singolo tipo d'uva e il commento della Commissione. L'anno successivo 1882 il Comizio Agrario di Varese ripete lo studio ampelografico e la Commissione premia sei conferitori di uva pregiata Luigi Macchi di Masnago, Claudio Macchi di Casbeno, Alessandro Galli di Azzate, Carlo Gniada di Bobbiate, Luigi Bagnasco di Varasso e i fratelli Verga di Coquistano. Questi ultimi con menzione, i fratelli Verga avevano presentato le seguenti uve Negretta, Mantovana e Ignota. Nel 1961 il giornalista enorgo Luigi Veronelli, nei Vini d'Italia edito da Canesi, cita il vino rosso d'Angera ottenuto da uve Bonarda, Nebbiolo e Barbera, di vivace colore rubino che tende con l'invecchiamento al mattone. Veronelli parla di delicato aroma fruttato, sapore franco rotondo, tenore d'alcol 10-12 gradi e lo definisce un simpatico vino da pasto. Consiglia di servirlo a temperatura ambiente. Il vino, spiega il giornalista, viene prodotto ad Angera, Ranco, Cadrezzate e Travedona, a particolare rinomanza il tipo Roccia Rossa e vini rossi disarmonici e deboli, 6-7 gradi di alcol, sono prodotti a Casbeno di Varese, Cocchio, Trevisago e Gavirate. E ci sono anche le uve di casa nostra, la Negretta, da grappolo mediocre e serrato, buccia grossa, mosto abbondante e maturazione naturale ed era di colore nero e dava un vino nero di scarso sapore. Il Pignolo, era un vicino molto vigoroso, con foglie larghe e grappolo grosso, fitto di alcini che ricordava una pigna. Gli alcini erano rotondi, fitti, rosso cupo, con peduncolo corto di colore verde ma rossiccio, sugosi di sapore dolce ma austero con succo sanguigno, vitino fecondissimo, tardivo nella fioritura e nella maturazione del frutto ed aveva un vino nero e spiritoso. E ignota, bell'uva nera a grappolo, alato piuttosto spargolo, foglie grabre. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org