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redigio.it/dati2412/QGLM1144-formaggio-pannerone.mp3 - Un formaggio senza sale: il pannerone - la cotognata e la conserva senapata -
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The transcription discusses the history and characteristics of a cheese called "Pannerone." It is a genuine, creamy, and unsalted table and cooking cheese with a unique taste and aroma. The cheese is named after its creamy texture and buttery flavor, similar to cream. It is made from whole, warm cow's milk using a specific coagulation process and then aged for about 10 days. Pannerone is used in various dishes such as savory pies and risottos, and is also enjoyed with vegetables or as a dessert with pears, honey, or jams. The cheese is considered typical and may be protected by the designation of origin. The transcription also briefly mentions a traditional red quince preserve and a mustard-like sauce made from a specific type of quince called "cotonie." These preserves are enjoyed with bread and cheeses. www.readyso.it e la storia continua il formaggio senza sale, il pannerone il pannerone, anche se da chito potrebbe sembrare il nome di una maschera della commedia dell'arte, il pannerone invece è un genuino formaggio grasso da tavola e cucina fatta all'antica, a pasta molto cruda, meritevole di essere tutelato e salvato dall'inconvente ovlio. Presenta una caratteristica peculiare, non è salato e ha pertanto gusto e aroma impareggiabili. Come mai parlare del pannerone che più reclamano l'odigiano a proposito di pandino? Semplice, perché il pannerone prodotto e perpetuato anche qui, lungi da noi, attizzare tra cremonesi e odigiani una disfida per la proprietà del pannerone, paragonabile a quella che contrappose Modena e Bologna per la famosa secchia. Fautori della pace e dell'amicizia, soprattutto a tavola, eviteremo di prendere parte, lodando anzi, perché lo meritano, entrambe le principali produzioni di pandino e, oltre l'alda, caselle lurani. Un tempo il pannerone era prodotto da una miriade di piccoli caseifici, tra l'odigiano cremasco e basso milanese, dove era d'uso pressoché quotidiano. Le sue origini sono certamente assai lontane. È probabile che, come gli altri formaggi lombardi e non, sia nato grazie anche a determinante contributo dei monaci benedettini. È sicuramente energetico, come ebbe a constatare a quanto si tramanda il generale Bonaparte nel 1796, durante la prima campagna d'Italia, avendolo distribuito tra le proprie armate prima del vittorioso scontro presso il ponte di Lodi. Il nome pannerone o panerone deriva da panera, panna, e probabilmente allude alla consistenza cremosa del formaggio, nonché al suo sapore burroso e delicato, tal quale la panna. Qualcuno sostiene che si chiami così per il colore, bianco come la panna, tanto da essere detto anche gorgonzola bianco per la somiglianza esteriore con il pregiato formaggio ad hop, escluso ovviamente l'erborinatura, ma non si tratta affatto di un gorgonzola senza muffe, essendovi, come vedremo, più di una differenza tecnica e organoletica. Il pannerone è prodotto con latte vaccino, intero, appena munto, naturalmente caldo, coagulato con callio liquido, rotta in più riprese, la calliata, in grumi grandi più o meno quanto una nocciola, a mezzo di tele dette patte. La massa è stivata in fascere di circa 30 cm di diametro, profonde quanto larghe, dove spulga il siero, anche con l'ausilio di opportuni ribaltamenti. Sostituisce le fascere con altre forme di legno, rivestite di carta speciale, si procede alla stufatura per una settimana circa, a temperatura elevata, sui 35°C, conclusa da una giornata di riposo in cella frigorifera. Dopo la breve stagionatura, nella decina di giorni, le forme pesano dai 10 ai 13 kg. La crosta è liscia, sottile, color giallino che vira arrosato. La pasta bianca, morbida e fondente, presenta una fitta occhiatura con alveoli marcati e profondi, dovuta a una peculiare fermentazione alcolica che si produce durante la stufatura. Contemporaneamente alla fermentazione lattica. Il sapore è dolce e aromatico, mai acido né piccante, con un caratteristico fondo amaro, dovuto alla generosa dose di caldo impiegata per la calzeificazione in assenza di sale, che può aver determinato le crisi del pannerone in favore dei formaggi più dolci, motivando la scelta da parte del produttore di pandino di mitigarne la nota amara per venire incontro al gradimento dai consumatori. Prodotto tutto l'anno, ma con risultati meno soddisfacenti l'estate, il pannerone, come accennato, si lascia impiegare in cucina, specie per fare torte salate e soprattutto eccellenti risotti con provoloni, la raspadura di grana, pasta di salame, spinaci e financopere, salsicciando a seconda della ricetta un bianco verdeca dell'IGT, collina del Milanese, o un eccellente rosso di San Colombano. In alternativa lo si gusta in tavola con l'indivia, sedano o verdure cotte, ma soprattutto al momento del dessert con perecotte, miele, confetture, cotognata o anche mostarda di cremona. Per la sua indiscutibile tipicità, il pannerone mediterebbe la dop che potrebbe concorrere a salvarlo dall'estinzione. La cotognata e la conserva sienapata abbiamo nominato la cotognata la tradizionale dolce, soda, rossa, confettura di miele e cotoni, oggi meno diffusa di un tempo ma ancora apprezzata nel cremonese. La si può fare anche in casa, l'estate le carnose cotonie in acqua acidulata con limone, le passeremo aggiungendo zucchero in quantità pari al peso della purea ottenuta, cuocendo lentamente la confettura, assiduamente rimescolata fino a completa evaporazione dell'acqua per distribuirla infine in vasetti e farla asciugare al sole. Eccellente con il pane per la merenda dei vostri bambini e addir poco deliziosa con i formaggi, anche stagionati. Con le cotonie, qui in acremonese, si fa anche la conserva sienapata, una purea delle dolci miele addizionata di senape, eccellente in specie quale accompagnamento di carni bollite, il celeberrimo les cremonese.