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Quel bambino le ha donato un nuovo slancio...
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Sara and Anna are neighbors. They formed a bond based on small acts of kindness. However, Anna's constant presence and habit of giving treats to Sara's son, Marco, became overwhelming for Sara. Anna's behavior became increasingly invasive, even spying on Marco. One day, Sara, with a sad expression, closed the door on Anna. This scene evoked conflicting emotions and reflections for the narrator, feeling empathy for both neighbors. The narrator realizes the complexity of the situation and refrains from judging. Qualche giorno fa mi è capitato di assistere ad una scena tra due vicine di casa. La prima, che chiamerò Sara, è una giovane donna sempre sorridente e socievole, madre di un bambino di circa quattro anni, curioso, allegro e molto vivace. Quando si è trasferita di fronte a casa nostra circa tre anni fa, è stato facile legare con lei, una ragazza sola con questo bambino di pochi mesi. Mia moglie si è subito presentata e ci siamo resi disponibili per qualsiasi necessità. Lei ha ricambiato con gentilezza, prendendosi cura delle nostre plante, ritirando la posta e controllando la casa nei periodi dei nostri viaggi in Italia. Come spesso accade, si è instaurato un legame basato su quelle piccole grandi cortesie che uniscono i buoni vicini. L'altra vicina è un'anziana signora che purtroppo non gode di buona salute. Molto magra e dall'andatura incerta, è assistita a domicilio da infermieri che si occupano di lei. Questa signora, che chiamerò Anna, nutre una grande affezione per il bambino e chiamerò Marco. Appena lo vedeva in giardino gattonare prima e correre poi, lei si precipitava vicino al piccolo cancelletto in legno per parlarci ed offrirgli dolcetti e caramelle. Sara però non era entusiasta di questa presenza costante, né dell'abitudine di Anna di regalare dolcetti al figlio. Col tempo il comportamento di Anna è diventato sempre più invadente, arrivando a bussare alla porta di Sara a qualsiasi ora per vedere Marco o lasciargli caramelle. La scorsa estate, una domenica mattina, l'ho vista fare il giro della villetta di Sara per vedere se Marco fosse nell'altro piccolo giardino o cosa stesse facendo spiando in lontananza le finestre. Probabilmente la solitudine ha spinto Anna a cercare nella famiglia di Sara una sorta di legame, come se desiderasse essere adottata nel ruolo di nonna acquisita. Sara, dal canto suo, ha cercato di tollerare questa presenza insistente, consapevole della fragilità di Anna. Ma arriviamo all'ultimo episodio. Dopo aver parcheggiato la mia auto, percorro una trentina di metri per arrivare a casa. Cammino avendo di fronte la casa di Sara e vedo Anna arrivare col suo passo incerto di fronte alla sua porta, dopo aver aperto il cancelletto di legno. Mi fermo e vedo Sara aprire la porta e, per la prima volta da quando la conosco, non vedo nel suo volto il suo solito sorriso, che invece lascia il posto ad una espressione buia, rattristata. Scambia poche parole con Anna, probabilmente le dice di ritornare a casa sua, e chiude la porta di casa. Per qualche secondo Anna rimane immobile. Chissà, forse vuole bussare di nuovo, forse non si aspettava questa reazione da parte di Sara. Poi Anna, a fatica, si gira e prende lentamente la strada di casa. Questa scena, durata pochi secondi, ha suscitato in me una serie di emozioni e riflessioni contrastanti. Mi sono immedesimato in Sara che deve snaturare la sua indole gentile e disponibile, e si trova quasi costretta ad allontanare Anna, forse esausta dalla sua presenza così costante e invasiva. Si sente quasi obbligata a respingerla chiudendole la porta in faccia, e sicuramente lo fa con grande fatica e a malincuore, ma non ha alternative. Poi ho visto lo stesso episodio con gli occhi di Anna. Quel bambino le ha donato un nuovo slancio, come sempre succede alle persone nonziane, una rinnovata linfa vitale che lei vive di riflesso nei giochi spensierati di quel piccolo ometto e dei quali vorrebbe farne parte, in un modo o nell'altro. Le sue intenzioni sono genuine, ma sfuggono al suo controllo, e questo eccesso di partecipazione diventa controproducente dell'eterio anche nei confronti di Marco. Devo dire di aver provato tristezza, tenerezza e un pizzico di compassione per entrambe le mie vicine. In questa situazione non può esistere il torto o la ragione, non ci sono comportamenti giusti o sbagliati. Ero al di sopra delle parti, mi sono medesimato facilmente in entrambe, ma mi sono sentito impotente nel poter nemmeno pensare di dare un ipotetico aiuto o una parola di conforto. Ma almeno mi sono astenuto nel dare giudizi, e penso a quanto sarebbe importante farlo sempre. Sono Evaristo Tisci e questo è il mio podcast che si chiama Perché, ma forse lo cambio.