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PODCAST N. 55 LA VETTA

PODCAST N. 55 LA VETTA

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La montagna é scalata, la vetta raggiunta...

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A few days ago, the Italian tennis team won the Davis Cup, a victory that was awaited for 47 years. The team became legendary, especially for young tennis players who were inspired by them. It took almost half a century to bring the cup back to Italy. The new generation of players, including a tall and slim red-haired boy, has reignited the passion for tennis in Italy. These players are different from the previous generation, but they are bringing success to the country. Tennis has changed over the years, with modern equipment and a more professional approach. The emotions felt during the Davis Cup were intense, with challenging matches against the Netherlands and Serbia. Despite facing tough opponents like Djokovic, the Italian team emerged victorious. The final match was a formality, and the Italian champion sealed the victory. The red-haired boy made us dream and brought us to the top once again. The podcast host, Evaristo Tisci, shares his excitement and considers changing the name Qualche giorno fa gli italiani appassionati e non di questo sport hanno vissuto momenti di emozione e gioia pura per la vittoria della Coppa Davis da parte della squadra italiana. Una vittoria attesa ben 47 anni dall'unico successo ottenuto in Cile da quattro ragazzi così diversi fra di loro, ma così uniti e coesi nel formare una squadra divenuta ormai leggendaria, soprattutto agli occhi di tanti ragazzini come me che iniziarono a giocare a tennis per merito loro. Ci è voluto quasi mezzo secolo per riportare in Italia quella strana coppa a forma di insalatiera. Quella squadra mitica giocò altre tre finali ma non riuscì più a vincere. Le nuove generazioni di giocatori non ebbero la loro classe e dopo un'altra finale persa nel 98 sembrava proprio che in Italia non ci fosse più la possibilità di tornare a veder nascere altri tennisti di talento, men che meno un vero e proprio campione. E invece, e invece ecco in campo una banda di ventenni o poco più in grado di far tornare gli italiani ad accendersi nuovamente per questo sport. Su tutti svetta un ragazzo alto e magro, dai capelli rossi, nato in montagna dove se non avesse scelto la racchetta avrebbe quasi sicuramente vinto trofei inforcando un paio di sci. Diverso da colui che lo ha preceduto e del quale sta eguagliando le vittorie e le posizioni nella graduatoria internazionale nella speranza che li possa superare quanto prima. Altro tipo quest'ultimo, fisico e volto da attore, sempre circondato da belle donne e amante anche della vita fuori dal campo da tennis. Il capello lungo e quell'aria sorgnona ne hanno fatto un'icona e quell'idolo carismatico da emulare quanto possibile per tanti della mia generazione. Entrambi sono figli del loro tempo, così come questo sport. Come ho già avuto modo di dire in passato, il tennis di allora non può essere paragonato a quello attuale. Una racchetta di legno aveva diametro, peso e potenza improponibili rispetto ad una attuale racchetta in grafite. Anche gli atleti di oggi sono più professionisti, intendendo dire che non lasciano più spazio alle improvvisazioni se vogliono arrivare o rimanere su livelli di eccellenza. Sono anzitutto meglio strutturati fisicamente e sono sempre più, eccezioni in via di estinzione, i tennisti sotto il metro e 80-85 di altezza. In più un tennista di oggi è di fatto circondato da una vera e propria squadra che lo segue h24, composta da un allenatore, un mental coach, un preparatore atletico e nutrizionista, un fisioterapista, un addetto stampa e social media manager, uno o più agenti per la parte finanziaria, amministrativa ed organizzativa e forse dimentico pure qualcun altro. Ma ciò che accomuna il tennis passato a quello presente è l'emozione e le emozioni vissute in questo fine settimana di Coppa Davis sono state intense e contrastanti. Il primo confronto è contro l'Olanda. Prima partita persa da Arnaldi al terzo set dopo più di tre ore di gioco. Pareggio agevole di Singer, chiamato subito dopo a giocare in coppia con Sonego, il doppio contro il temuto duo olandese. La classe dei nostri ha comunque avuto il sopravvento e ci porta alla semifinale contro la Serbia del numero uno assoluto, Nole Djokovic. Praticamente tutti gli esperti ed ex giocatori consideravano questa come la vera finale, le due squadre con i due giocatori in questo momento più forti ed in forma. Tocca a Musetti scendere in campo contro il loro numero due ed il nostro vince il primo set, ma come spesso succede in questo sport nel secondo set le fortune si ribaltano. A Musetti si spegne la luce, complice anche un piccolo problema alla gamba e non riesce più a recuperare l'incontro. Sullo 0 a 1 Singer è chiamato a scalare quella montagna chiamata Djokovic, impresa sulla carta quasi impensabile, anche se una decina di giorni prima il Masters ci riuscì, giocando una partita incredibile. E poi le vette altissime e le arrampicate tortuose non possono certo spaventarlo, lui che di montagne se ne intende. E fu così che la Mission Impossible divenne una splendida realtà dopo aver rischiato di cadere nel burrone senza ritorno di tre match point di fila annulati al re indiscusso. Stavolta il re si discute e come e il re è battuto e il re verrà nuovamente definitivamente sconfitto anche nel doppio. La finale è nostra. E la finale sembrerebbe solo una formalità, ma fu sempre una formalità da rispettare e da adempiere. Lo svolgimento prevede Arnaldi ancora in campo a soffrire fra punti conquistati con il piglio del campione e improvvisi blackout. Ma stavolta l'epilogo è diverso e lo vede vincente. A chiudere la pratica ci pensa il nostro campione con un secco 6-3-6-0 in una passerella che rende ancora più dolce l'attesa di alzare nuovamente quel trofeo. E l'attesa è finita, il trofeo è conquistato, l'emozione indescrivibile. Questo ragazzo sorridente dai capelli rossi ci ha fatto sognare portandoci in vetta, dove lui è sempre più di casa. Sono Evaristo Tisci e questo è il mio podcast che si chiama Perché... ma forse lo cambio.

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