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Il maestro severissimo e l´abbigliamento giusto...
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The speaker recently followed the prestigious and historic Wimbledon tennis tournament. They started playing tennis at a young age and had a challenging first lesson with a strict coach. Despite the difficulties, they fell in love with the sport and continued playing. They talk about the evolution of tennis, with advancements in equipment and the athleticism of modern players. However, Wimbledon remains a unique and traditional event, with its grass courts and strict dress code. The speaker reflects on their early experiences and the nostalgia associated with the tournament. Si è conclusa da poco una delle manifestazioni sportive fra le più conosciute e ricche di storia, il torneo di tennis più prestigioso, Wimbledon. L'ho seguito con la passione che ho sempre avuto per questo sport, e Wimbledon è lo Zenit, il campionato per eccellenza. Ho iniziato a giocare a tennis a sei anni, quando mio padre mi portò a fare una lezione di prova in un circolo vicino casa nostra, niente meno che col proprietario, un maestro di vecchia scuola che io reputai immediatamente cattivo e severissimo. La prima cosa che disse fu rivolta a mio padre, che mi abbigliò con un paio di calzoncini e una maglietta improvvisate, più idonee per andare al mare che per un circolo di tennis del tempo. Per giocare a tennis ci si deve vestire in modo adeguato, pantaloncini e polo, rigorosamente di colore bianco. Accettò con poco entusiasmo le motivazioni di mio padre, il quale, prima di comprare tutto il necessario, in quegli anni il tennis era ancora discretamente costoso, voleva prima capire se mi sarebbe piaciuto imparare questo sport. All'epoca si giocava con le racchette di legno, e quelle per bambini erano di fatto inesistenti o comunque non così semplici da reperire. In seguito comprammo una racchetta la più leggera possibile, alla quale fu tagliato il manico per adeguarla alla misura e alla forza del braccio di un bambino. Tornando al mio primo incontro, o forse sarebbe meglio definirlo uno scontro frontale col tennis, fu un'ora fra le più lunghe della mia vita. Passammo la prima parte, sotto un sole cocente, a provare il movimento del dritto a vuoto. Gamba sinistra avanti, braccio sinistro ad indicare la pallina come fosse il mirino di un fucile, braccio destro che con la racchetta deve formare un angolo di X gradi, testa della racchetta verso l'alto, e così via per almeno un quarto d'ora. Poi, finalmente, la prima palla da colpire. La colpì, non so come, ma sicuramente non nel modo e col movimento in cui il gerarca nazista mi aveva accuratamente spiegato di fare. Mi sarei comunque aspettato un «bravo, almeno l'hai colpita», invece nulla di nulla, anzi, ricominciò con un'interminabile filippica sulla giusta postura e conseguente impatto con la palla. Finita quest'ora interminabile e malgrado il famigerato maestro, mi innamorai di questo sport, e proseguì a giocare a tennis, non senza sacrificio, fisico e mentale il mio, e soprattutto economico dei miei. Iniziavano gli anni ruggenti che vedevano la presenza dei grandissimi di questo sport, almeno per la mia generazione, Borg, Connors, Illas e tanti altri, così come in Italia Panatta, Barzutti, Bertolucci e Zugarelli, la grande squadra della Coppa Davis. Il tennis, anche grazie alle tante partite trasmesse in tv, ebbe una notorietà enorme, ed i campi iniziarono ad essere superaffollati. Oggi il tennis è praticamente un altro sport, materiali diversi e più performanti, giocatori rubati al basket per la loro altezza, fisici perfetti ed in grado di sparare per quattro ore e più bordate da 200 km all'ora, sono atleti e professionisti al cento per cento, allenati mentalmente e fisicamente da uno staff che li segue H24. Anche l'abbigliamento è cambiato, le polo e i pantaloncini di taglio classico hanno lasciato il posto prevalentemente ad un abbigliamento dai colori sgargianti e con la presenza di sponsor oltre al marchio del vestiario, ma Wimbledon rimane ancora un'isola incantata. Qui il tempo rallenta e trova il giusto binomio fra la moderna e tecnologica evoluzione di questo sport e il fascino un po' retro della sua storia e tradizioni ultrasecolari. Si respira anche da dietro un teleschermo l'aristocrazia che caratterizzava il tennis, soprattutto a Wimbledon. In questi campi in erba si vive un piccolo tuffo nel passato, dove la presenza degli sponsor è ridotta al minimo, l'occhio di Falco convive discreto con i giudici di linea e le loro eleganti divise, e gli stessi impianti, seppur ricostruiti da non molto, vedono le loro linee essenziali praticamente inalterate. Ma soprattutto l'obbligo nel mantenere l'abbigliamento rigorosamente bianco, una sorta di cordone ombelicale con quel passato che ha reso grande e nobile questo torneo e questo sport. E questo particolare mi fa tornare in mente, senza un pizzico di nostalgia, il mio caro, severissimo, e poi non così tanto cattivo, primo maestro di tennis. Sono Evaristo Tisci e questo è il mio podcast che si chiama Perché, ma forse lo cambio.