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Rosso Malvero è probabilmente la novella più famosa di Giovanni Verga. Attraverso la presentazione di un ragazzo della classe più umile siciliana e delle vicende della sua breve vita, Verga ci offre un esempio perfetto della sua poetica verista perché viene utilizzata per la prima volta la tecnica dell'impersonalità. La novella viene pubblicata per la prima volta tra il 2 e il 5 agosto del 1878 nella rivista Confulla della Domenica e in seguito venne inserita in Vita dei Campi nel 1880, la prima grande raccolta di novelle di Verga. La versione definitiva risale al 1897. Nella scelta dell'ambientazione e del tema l'autore si ispira a un dibattito molto attuale nella società dell'epoca, quello sulle condizioni di lavoro nelle miniere e sullo sfruttamento del lavoro minorile. In particolare lo spunto venne a Verga dall'inchesta Il lavoro dei fanciulli nell'edor fatare siciliane di Leopoldo Franchetti e Giotto Sonnino, contenuta nel libro La Sicilia del 1866. Come aveva già fatto per storia Giunata Pinera in cui trattava il tema delle venacazioni forzate, anche qui Verga si ispira a un problema sociale di attualità che si schiera dalla parte dei più peggoli dei vinti. La novella inizia con la presentazione del personaggio di Malpelo, un giovane che lavora a capa di sabbia siciliana e che è ritenuto da tutti essere malvado a causa dei suoi capelli rossi. Per questo motivo il giovane è il malvoluto della sua famiglia che si vergogna di lui e maltrattato dei suoi compagni di lavoro. In risposta a questo Malpelo vive completamente isolato. Nel racconto si dice che lo tenevano a lavorare lì solo perché il padre era morto nella cava in seguito al crollo di una parete. Viene descritta la morte del padre a cui Malpelo è presente. Tutti gli uomini giunti in soccorso rinunciano subito a salvarlo, giudicando l'impresa impossibile e solo Malpelo continua a scavare inutilmente per tirarlo fuori dalle macerie. Tornato al lavoro dopo la morte del genitore, Malpelo è ancora più solitario e i compagni si accaniscono di più su di lui. Gli vengono affidati tutti i lavori più duri e pericolosi e il ragazzo sfoga la sua rabbia contro un vecchio asino. A questo punto entra in scena un altro personaggio, il giovane rarocchio, momentaneamente zoppo dopo un incidente. Malpelo inizia a tormentare il ragazzo, ma in questo comportamento si sale il suo modo di essergli amico e di prepararlo per il vuoto. Viene descritto anche un ritorno a casa del protagonista, che si ereta dalla madre e la sorella. Le due donne però si vergognano di lui e non vedono l'ora che torni alla cava a lavorare. In questo momento viene ritrovato il cadavere del padre, evento che sconvolge moltissimo Malpelo. Il ragazzo prende i vestiti del genitore e inizia a custodirli con gelosia. La show di morti però non è finita. Anche l'asino che Malpelo usava a picchiare viene trovato morto e il suo cadavere viene mangiato dalle bestie. Il protagonista porta Ranocchio a vedere la scena per dargli una lezione sulla vita. Il ragazzino non vivrà mai la vita che Malpelo sta preparando. Ranocchio infatti si ammala e Malpelo fa appena il testo ad andare a trovarlo prima che fuoia. Dopo la morte di Ranocchio arriva alla cava un uomo evaso di un pigione che si sta rifugiando per sfuggire alla cattura ma che alla fine decide di andare via preferendo il caccere alla vita sotto terra. Nel finale Malpelo viene mandato in esplorazione in una zona pericolosa della cava e non fa più il ritorno, presumibilmente morto nel labirinto dei cunicoli. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org