Details
Nothing to say, yet
Big christmas sale
Premium Access 35% OFF
Details
Nothing to say, yet
Comment
Nothing to say, yet
In this transcription, the speaker discusses the relationship between wine and thirst in the Eucharist. They mention that the thirst for God can be forgotten or rejected by humans due to various reasons such as rebellion against the presence of evil, ignorance, materialistic concerns, bad examples from believers, hostility towards Christianity, and fear of facing one's sins. However, God always calls on humans to seek Him for true happiness. The speaker emphasizes the importance of using intelligence to seek knowledge of God and aligning one's will with His. They also mention the connection between wine and happiness, as well as the association between wine and infidelity in the Old Testament. Overall, the speaker encourages seeking God and finding joy and fulfillment in Him. Buonasera a tutti o buongiorno a tutti quelli che si sono collegati, spero che anche voi mi vediate e quindi possiamo iniziare. Stavamo parlando venerdì scorso sempre del vino che viene utilizzato nell'Eucaristia e dei vari significati e stavamo approfondendo in particolare un significato del vino collegato con la sete. E dunque continuiamo un attimo questa nostra riflessione che abbiamo interrotta venerdì scorso e c'è il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 29 che così ci illustra questa relazione fra il vino eucaristico e la nostra sete, il nostro desiderio, la nostra sete di Dio, di infinito, della verità, della bontà, della bellezza. Questo intimo e vitale legame, ci dice appunto il Catechismo, con Dio, può essere però dimenticato e cioè che questa sete venga un po' meno, questa sete di Dio che richiama e attualizza questo nostro legame con Dio, possa essere messo un po' da parte, misconosciuto e perfino esplicitamente anche rifiutato dall'uomo. Tali atteggiamenti possono avere origini assai diverse. Questa carenza di sete di Dio, di fame di Dio, questo legame con Dio che viene meno da parte nostra, non certo da parte di Dio, può avere appunto cause diverse. Ad esempio la ribellione contro la presenza del male nel mondo e soprattutto del male che colpisce gli innocenti, i bambini, e quindi c'è una ribellione nei confronti di Dio che si ritiene responsabile o almeno assente del fatto che non interviene a risolvere queste drammatici situazioni. L'ignoranza o l'indifferenza religiosa, ci dice il Catechismo, le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze, e cioè sentiamo una grande fame e sete delle cose di questo mondo, ci riempiamo la vita, il cuore, il pensiero, le preoccupazioni di come aumentare la ricchezza nostra che possediamo, anche se pur poco, però siamo pieni di questo poco e siamo oltremodo occupati e preoccupati di accrescerlo e quindi con un cuore pieno così delle cose materiali e del desiderio di ricchezza non c'è posto, non c'è spazio per Dio nella nostra vita e nel nostro cuore. Poi il cattivo esempio dei credenti, dei cristiani stessi, che diventa un po' una controtestimonianza e allora rende sempre più difficile anche il credere in Dio e l'approfondire, il continuare da parte nostra anche questo legame con Dio. Poi ci sono le correnti di pensiero ostili alla religione cristiana, del passato come del presente, e infine la tendenza dell'uomo peccatore a nascondersi per paura davanti a Dio, e quindi c'è questa paura di uscire allo scoperto in quanto ci si riconosce peccatori e non si perde molte volte anche la fiducia in un Dio che possa perdonarci e che possa accoglierci di nuovo. E a fuggire davanti alla sua chiamata. Dio ha sempre un progetto su di noi e molte volte questo progetto ci fa paura, lo teniamo e cerchiamo di sfuggire a questa sua chiamata. Così pure ancora il Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 30, così dice, gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Ecco qui è il Salmo che ci invita appunto a riscoprire la gioia di colui che cerca il Signore. Cercare il Signore dovrebbe essere fonte di gioia. Gioisce il cuore, gioisca. Se l'uomo può dimenticare o rifiutare Dio, Dio però non si stanca di chiamare ogni uomo a cercarlo perché viva e trovi la felicità. Questa sete di felicità che è presente nel cuore di ogni uomo e che molte volte prende direzioni ben diverse e ben lontane da quella che Dio s'aspetterebbe, vorrebbe per la nostra vera e piena felicità. Ecco, questo però, nonostante questo, Dio rimane sempre disponibile, rimane sempre con la porta aperta, rimane anche sempre con la mano tesa verso l'uomo che lo cerca, perché viva e trovi la vera e piena felicità quest'uomo. Ma tale ricerca, ci dice sempre il Catechismo, esige dall'uomo tutto lo sforzo della sua intelligenza. Ecco, anche qui è importante che abbiamo ad avere sempre sete della ricerca di Dio, utilizzando anche la nostra intelligenza. Qualche volta si sente dire da parte di qualche cristiano la fede è un mistero, o ci credi o non ci credi, e quindi è inutile approfondirlo, è inutile studiarlo, questo mistero, è inutile la Catechesi, è inutile anche la pratica, o ci credi o non ci credi. Invece, ecco, questo tipo di ragionamento è fare un grave torto anche alla nostra intelligenza che Dio ci ha dato, proprio per conoscere anche anzitutto e prima di tutto Lui. E allora dovremmo anche dire, e il vino appunto eucaristico ce lo ricorda, Signore ho sete di conoscerti sempre di più attraverso quel mezzo, quel modo, quella potenza che Tu ci hai dato, che è la mia intelligenza, che è la mia capacità di conoscere. Certo, il mistero rimane sempre infinito, ben più grande delle mie possibilità conoscitive, e tuttavia però non rinunciamo. Ogni giorno che il Signore ci regala è per conoscerlo di più, e allora diciamo ogni mattina quando ci svegliamo, Signore ho sete di conoscerti di più in questa giornata, aiutami perché questa sete di conoscenza nei confronti di Te e nei confronti del prossimo che Tu ci metti a fianco, possa essere da me soddisfatta con il Tuo aiuto, con la Tua grazia, ma anche col mio impegno, col mio sforzo, questo sforzo dell'intelligenza a cui ci richiama appunto il Catechismo della Chiesa Cattolica. Così pure la rettitudine della volontà, della sua volontà, esige dall'uomo la rettitudine anche della sua volontà. La volontà, certo, possiamo anche purtroppo volere cose sbagliate, cose malvagie, possiamo purtroppo volere anche qualche volta il male, e allora c'è da chiedere anche al Signore sempre che la nostra volontà sia sempre in sintonia con la Sua volontà. Noi nella preghiera del Padre Nostro questo lo diciamo frequentemente. E poi ecco un cuore anche retto e anche la testimonianza di altri che lo guidino alla ricerca di Dio. Importante è anche questa che usufruiamo e accogliamo la testimonianza, l'aiuto che ci viene anche dagli altri. Bello questa testimonianza anche di Sant'Agostino che nelle sue confessioni esce in quella bella preghiera di esclamazione, di lode, di meraviglia, di stupore. Tu sei grande Signore e bendegno di ogni lode. Grande è la tua potenza e la tua sapienza incalcolabile. E l'uomo vuole lodarti una particella del tuo creato che si porta attorno il suo destino mortale. Qui Sant'Agostino sapete che ha vissuto 1600 e passa anni fa. Ecco chiama all'uomo una particella del tuo creato che però si porta anche attorno un destino, il proprio destino mortale. L'uomo vuole lodarti questa particella del tuo creato. E aggiunge Sant'Agostino che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Superbo, pieno di se stesso, non certo, riconosce Dio, riconosce qualcuno più grande di Lui a cui rivolgersi. Eppure l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. E tu Dio ci dai questa possibilità. Sei grande, o Dio, nell'accogliere e nel darci questa possibilità. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te. Questa ultima frase è molto famosa, che senz'altro l'abbiamo sentita tante e tante altre volte. E allora il nostro cuore finché non riposa in te avrà sempre sete, sete. Sete di te, o Dio, del tuo amore e della tua conoscenza, anzitutto e prima di tutto. Allora, un altro significato, un'altra relazione che il vino ci offre è con la felicità. Vino è felicità. Il vino è simbolo di tutto ciò che la vita può offrire di piacevole. L'amicizia, l'amore umano, la gioia. Il vino allieta il cuore dell'uomo, ci dice il Salmo 104. E dunque vedete che già l'Antico Testamento, il salmista, aveva colto questa relazione fra vino e gioia, vino e felicità. Allieta il cuore dell'uomo. La felicità promessa da Dio al suo popolo è espressa sovente sotto la forma di una grande abbondanza di vino, come si vede negli oracoli di consolazione dei profeti. Quindi l'Antico Testamento ci spinge e giustifica anche per noi oggi questo legame fra il vino e la felicità. E senz'altro Gesù Cristo, nello scegliere il vino per l'Eucaristia, deve aver appunto tenuto presente, deveva essere senz'altro a conoscenza di questo legame che i profeti e il salmista, senz'altro appunto, aveva già ben evidenziato prima di Lui, prima della Sua venuta. San Tommaso d'Aquino scrisse nel XIII secolo, il sacramento dell'Eucaristia può essere celebrato soltanto con il vino della vite. Già anche questo ne abbiamo parlato in una delle prime catechesi dell'ottobre scorso, del mese scorso, e cioè che dal momento che Gesù Cristo ha scelto il pane e il vino, nessuno di noi, nessun vescovo può appunto autorizzare il cambiamento di questa materia che è fondamentale, voluta da Cristo, per la celebrazione dell'Eucaristia. E quindi giustamente anche San Tommaso, nel XIII secolo, ribadisce che l'Eucaristia può essere celebrata soltanto con il vino della vite. Perché il vino fatto con l'uva è in un certo senso l'immagine degli effetti del sacramento. Con questo voglio dire, afferma San Tommaso, la gioia dello Spirito, perché sta scritto che il vino rende lieto il cuore dell'uomo. Naturalmente vedete come anche San Tommaso riporta questa gioia non a una gioia puramente esteriore, ma è la gioia nel profondo del proprio cuore, del proprio Spirito, la vera, la vera e unica gioia che vale la pena di perseguire, di raggiungere. Altro però legame del vino, che già l'Antico Testamento ci indica, è il rapporto, la relazione tra il vino e l'infedeltà. Quando invece il popolo è infedele, e cioè rompe la comunione con Dio, perché Dio rimane sempre disponibile verso di noi, siamo noi che rompiamo l'amicizia con Lui, il Signore parla della privazione del vino. Nell'Antico Testamento, quando il popolo appunto rompe l'amicizia, il legame, l'alleanza con Dio, ecco Dio evidenza questa rottura con la privazione del vino. Il profeta Amos, denunciando coloro che opprimono l'indigente, afferma, voi che avete innalzato vigne deliziose non ne berrete il vino. Vedete come anche qui sia molto esplicito il profeta Amos. Altro elemento, altro legame, vedete come anche passa in rassegna seppure velocemente i vari legami, perché non sarebbe anche giusto soffermarci oltre, ma a me interessa evidenziare solo alcuni, dire di questi molteplici legami, solo alcune immagini, alcune parole. Gesù è venuto per darci il vino della nuova alleanza, il vino delle nozze eterne. Questo vino è il suo sangue, versato per noi. Vediamo poi che nel Nuovo Testamento l'immagine della vita si usa per indicare l'unione di Gesù con i Suoi discepoli. Tutto il capitolo quindicesimo, dal versetto 1 al versetto 8, è un'esplicitazione di tutto questo. Il vino sigilla la nuova ed eterna alleanza. Gesù che dice, io sono la vita e voi siete i tralci, il padre mio è il vignaiolo, ecco, perché fa la nuova alleanza, la nuova ed eterna alleanza con voi. E poi Gesù che ci dice anche, non si mette il vino nuovo i nostri vecchi, la citazione di Matteo, prendete e bevetene tutti, questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me, qui abbiamo la formula eucaristica della consacrazione, nuova ed eterna alleanza. Vino, vigna, vignagliuoli, a cui accennavamo poco fa. Il Vangelo ci presenta la parabola della vigna. Luca, da volta El, è Luca, capitolo 9. Isaia ci ricorda come la vigna del Signore di Sabaoth sia la casa di Israele. Nella nuova alleanza la vigna prefigura noi, la Chiesa, tutti quanti noi, la famiglia dei battezzati. Sant'Ambrogio scrive, il popolo di Dio, stabilito sulla radice della vita eterna, sovrasta la terra, e formando l'ornamento del suolo meschino, ora comincia a far sbocciare i fiori splendenti come gemme, ora si riveste dei verdi germogli che l'avvolgono, ora accoglie su di sé un mite giogo, quando è ormai cresciuto, estendendo i suoi bracci ben cresciuti come tralci di una vita feconda. E aggiunge ancora Sant'Ambrogio, è esatto che il popolo sia chiamato la vigna del Cristo, sia perché sulla sua fronte vi è imposto come ornamento il segno della croce, e sia perché si raccoglie il suo frutto durante l'ultima stagione dell'anno, sia perché allo stesso modo che avviene per tutti i filari della vigna, così nella Chiesa di Dio, uguale è la misura, e non vi è alcuna differenza tra poveri e ricchi, tra umili e potenti, tra schiavi e padroni. Il vignaiolo è senza alcun dubbio il Padre Onnipotente, la vita è Cristo, e noi siamo i tralci, ma se non portiamo frutto in Cristo veniamo recisi dalla falce del Costivatore Eterno. Il portare frutto, produrre opere buone. Altro elemento, altro legame, altra simbologia del vino è la simbologia sacrificale, il sacrificio. Il vino è frutto di un processo che esprime una simbologia sacrificale nella produzione del vino. Infatti i chicchi dell'uva sono sottoposti al torchio, all'evoluzione e purificazione del vino, alla stagionatura paziente. Per diventare vino buono, che rallegra il cuore di quanti lo verranno, sugellando familiarità e stringendo amicizie. Dai trattati di San Gaudenzio da Brescia al Vescovo. Per il sangue di Cristo vale, in un certo senso, l'analogia del vino simile a quella del pane. Dapprima c'è la raccolta di molti acini o graffoli nella vigna da lui stesso piantata. Segue la pigiatura sul torchio della croce. C'è quindi la fermentazione che avviene per virtù propria negli ampi spazi del cuore, pieno di fede, di coloro che lo assumano. Vedete anche questi santi come hanno saputo esprimere anche molto bene questa analogia, questa relazione tra il vino torchiato, sottoposto a processi anche di sofferenza in un certo senso, e però per dare nettare buono, che allieta il cuore dell'uomo. E dunque, sempre mantenendoci in questa dimensione sacrificale, il vino che richiama il sangue, che è segno del sangue. Il vino è collegato al sangue anzitutto di Cristo. Papa Francesco, in una meditazione di qualche anno fa, ebbe a dire, il suo sangue è il sangue di Cristo, sangue della nuova ed eterna alleanza di misericordia versato per noi, e per tutti in remissione dei peccati. Questo sangue lo contempliamo mentre entra ed esce dal suo cuore, e dal cuore del Padre. E ancora, Papa Francesco, è l'unico nostro tesoro, l'unica cosa che abbiamo da offrire al mondo, il sangue che purifica e pacifica tutto e tutti, il sangue del Signore che perdona i peccati, il sangue che è vera bevanda, che risuscita e dà vita a ciò che è morto a causa del peccato. Vedete come si presta bene anche questa simbologia del vino collegandola al sangue, e per esprimere questo dono che il Padre fa del suo Figlio per tutti noi, e anche come anche tutto questo investe la nostra vita quotidiana e la rigenera, la purifica e la innalza anche a nuova dignità. Lui che ha versato tutto il suo sangue, il suo sangue che è vera bevanda per tutti noi, morto a causa dei nostri peccati, e per lavare con il suo sangue i nostri peccati. Acqua in vino, vino nel suo sangue. Qui vale la pena ancora richiamare un poco quanto abbiamo già in parte riflettuto sul miracolo di Cana. Acqua in vino e noi abbiamo nell'Eucarestia il vino nel suo sangue, il miracolo dei miracoli. L'Eucarestia veramente è il miracolo che supera ogni altro miracolo. Se anche solo riflettessimo un pochettino su questo. Nel deserto nostro Signore moltiplicò il pane, e a Cana mutò con il miracolo l'acqua in vino. Abituò così la loro bocca al suo pane e al suo vino, per il tempo in cui avrebbe dato loro il suo corpo e il suo sangue. In un certo senso, in queste righe, si vuol dire appunto che con quel miracolo Gesù ha voluto un po' prepararci ad accogliere poi un dono ancora più grande, e cioè quel pane trasformato nel suo corpo, quel vino trasformato nel suo sangue. Certo, era già un grande miracolo trasformare l'acqua in vino, ma è ancora più grande il miracolo a cui assistiamo ogni qualvolta partecipiamo alla Messa, e cioè il miracolo appunto del vino trasformato nel sangue di Cristo. Fece loro gustare un pane e un vino caduchi per suscitare in loro il desiderio del suo corpo e sangue che danno la vera vita e la pienezza della vita. Ha voluto stuzzicare un po' la nostra fame e la nostra sete, dandoci un po' quel pane, la moltiplicazione dei pani, e soprattutto appunto mutando l'acqua in vino, stuzzicandoci e sollecitando un po' ancora di più la nostra sete. Tanto più che gli stessi commensali hanno poi constatato che il vino, che è arrivato alla fine della pranzo, era migliore dell'altro vino servito durante tutto il resto del pranzo. E quindi anche qui possiamo intuire, possiamo capire che il Signore ha voluto in un certa maniera aiutarci a capire, a comprendere che il vino che Lui ci offre, quello che Lui ci offre nell'Eucaristia, supera ogni altro cibo, ogni altra bevanda. Diede loro gratuitamente queste piccole cose perché sapessero che il suo dono supremo sarebbe stato gratuito. Anche questo è la gratuità totale che Dio fa di se stesso a noi. Ha pagato Lui il prezzo della nostra salvezza, della liberazione dalla schiavitù del peccato e, appunto, della poter condividere la sua gloria. Le diede loro gratuitamente affinché sapessero che non sarebbe stato loro richiesto il pagamento di una cosa inestimabile. È vero, ci ha dato un dono inestimabile che non ha prezzo, è un prezzo che noi non siamo in grado di pagare perché è talmente grande, talmente ricco questo dono, che il prezzo che esso richiederebbe non è, appunto, nelle nostre facoltà e possibilità. Anche questo è un aspetto che i padri della Chiesa hanno messo bene in risalto anche riflettendo su questo miracolo di Cana. Infatti, se potevano pagare il prezzo del pane e del vino, non avrebbero certamente potuto pagare il suo corpo e il suo sangue. Gratis ci viene dato un dono inestimabile, un dono che supera in prezzo ogni altro valore e prezzo di qualsiasi bene e di qualsiasi cosa di questo mondo. Se pensassimo un pochettino a questo, prima di rinunciare all'Eucaristia, a partecipare, a disattendere l'invito che il Signore ci rivolge ogni domenica a condividere con Lui l'Eucaristia, se riflettessimo un po' e comprendessimo di più questo valore che costituisce l'Eucaristia, correremmo più volentieri e più facilmente e non ci lasceremmo tentare e non cederemmo alla tentazione di disertare l'incontro eucaristico domenicale con il Signore. Gesù fece un vino che dà allegria ai convitati, per mostrare che il suo sangue avrebbe dato allegria a tutte le genti, la vera gioia, la vera felicità. Viede un vino eccellente che trasformò il loro spirito per far sapere loro che la dottrina con cui li abbederava sarebbe stata eccellente e avrebbe trasformato i loro cuori. Vedete quante buone considerazioni ci offre di riflettere un po' su questa trasformazione dell'acqua in vino e del vino nel suo sangue. VINO-ACQUA NOZZE DI CANA Nelle nozze di cana, e in particolare nella trasformazione dell'acqua in vino, Cristo ci offre pertanto con questo miracolo vari segni prefiguratori. Trasformando in vino l'acqua delle anfore utilizzate per la purificazione rituale dei giudei, Gesù compie un segno eloquente e cioè trasforma la legge di Mosè in Vangelo, portatore di gioia. Ci dice appunto ricorda bene, evidenzia bene Papa Francesco. Prefigura l'Eucaristia in cui Gesù, mediante la potenza dello Spirito Santo, trasforma il pane nel suo corpo e il vino nel suo sangue. E sì, effettivamente non possiamo mai dimenticare che non è la bravura o la santità del prete o la fede dei partecipanti, la devozione pure anche indispensabile, necessaria sia per l'azione del prete sia anche la partecipazione, ma non siamo noi che operiamo questa trasformazione. È la potenza dello Spirito Santo che in ogni preghiera eucaristica, fra l'altro, il celebrante evidenzia anche dicendo proprio queste alcune parole con quella invocazione dello Spirito Santo che è chiamata anche con un termine un po' difficile, ma anche molto significativo, che è chiamato Epiclesi ed è l'invocazione dello Spirito Santo perché abbia a trasformare quel pane e quel vino nel corpo e nel sangue di Cristo. Nell'Eucaristia non è soltanto l'acqua a trasformarsi in vino, quelle poche gocce di acqua che al momento dell'offertorio il celebrante ha messo insieme con il vino e di cui abbiamo già spiegato il significato in uno dei primi incontri dell'ottobre scorso, ma sono il pane e il vino che, per la potenza dello Spirito Santo, nella preghiera consacratoria del sacerdote, e questo sacerdote è indispensabile, altrimenti non possiamo avere questa trasformazione, è vero che il sacerdote viene scavalcato dalla potenza di Dio, del suo Spirito, però nello stesso tempo Dio vuole la presenza e l'azione del sacerdote, perché senza il sacerdote, almeno senza il sacerdote e soprattutto anche senza il Vescovo, non potremmo fare un miracolo dei miracoli, quale è appunto la trasformazione del pane nel corpo di Cristo e il vino nel sangue di Cristo. Se ci mettessimo insieme anche cento miliardi, mille miliardi di persone, ma manca il Vescovo o almeno il sacerdote, non potremmo combinare niente di tutto questo, di questo gran miracolo. Vengono transustanziati, ecco qui troviamo anche un termine che qualcuno anche oggigiorno è piuttosto refrattario ad accogliere, perché dice che è un termine un po' difficile, sarà anche difficile, però è anche un termine che esprime molto bene, molto bene quello che avviene nella preghiera consacratoria del sacerdote. E se noi anche questa parola la dividessimo in tre, trans, sostanzia, azione, e incominciassimo dall'ultima parola, azione, di, trasformazione, sostanza, comprenderemmo appunto il senso di quello che avviene nella consacrazione, azione di trasformazione della sostanza, del pane e del vino. Gli elementi esteriori rimangono identici, colore, forma, peso, e del pane e del vino rimangono identici tra il prima e il dopo la consacrazione, ma quello che cambia, cambia la sostanza. E dunque ecco perché la Catechesi, la teologia, ha trovato anche la formulazione di questo grande miracolo cercando di esprimerlo con una parola che è appunto questa transostanziazione, nel corpo e nel sangue di Cristo Signore. Ci offre pertanto un anticipo del potere che Egli ha, che Cristo ha sulla materia, già questo potere Lui l'aveva dimostrato nelle nozze di Cana. Qui nell'Eucaristia, ogni volta che celebriamo l'Eucaristia, Gesù rinnova, ci fa vedere, ci fa toccare con mano questo suo potere, cioè di trasformare la materia che esiste, tanto da poterne cambiare addirittura l'essenza. D'altra parte perché questo Lui lo può fare? Ma perché Dio è creatore e tutto ha creato per mezzo del verbo, per mezzo della parola. Chi è questa parola? Quando Gesù è venuto ha detto io sono il verbo di Dio, fatto carne, e dunque Lui la parola, è Cristo. Quindi anche tutto quello che è stato creato, è stato creato grazie appunto al figlio, al verbo di Dio. Dio ha creato tutto mediante la parola, questo per farci anche capire che non ha faticato, non ha dovuto lottare contro nessuno nel creare, ma semplicemente attraverso la sua parola Egli disse e fu fatto, Egli disse e fu fatto, primo giorno, secondo giorno, quindi c'è tutta questa dimensione della evoluzione, della continuo essere in cammino, in evoluzione, questo nostro bel mondo o brutto mondo, tanto da poterne cambiare addirittura l'essenza, e anticipa e pertanto prefigura quegli cieli nuovi e la terra nuova di cui ci parla l'Apocalisse e che avverrà alla fine dei tempi e di cui stiamo parlando adesso, stiamo parlando della speranza nella Catechesi via internet il martedì, col giudizio particolare, il giudizio universale, la risurrezione dei nostri corpi, la risurrezione della carne, sono argomenti che stiamo esplicitando e cercando di presentare, di approfondire un po' durante appunto i nostri incontri internet catechistici del martedì, mostrando quindi di avere il potere di attuare tale promessa, e ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia noi dovremmo essere consapevoli che celebriamo nell'attesa della sua venuta, allora quando lui il Signore ritornerà nella gloria e farà cieli nuovi e terra nuova e un'umanità nuova, tutti risorgeremo col nostro corpo, chi ha la risurrezione di gioia, chi ha la risurrezione di condanna. E dunque mostra di avere tale potere e di poter attuare questa promessa che non è dunque una parola vuota, già l'ha dimostrato sia col miracolo anticipato del Vicana e sia poi istituendo l'Eucaristia. E poi ogni qualvolta celebriamo l'Eucaristia noi diciamo anche sempre al termine della consacrazione mistero della fede, celebriamo la tua morte, celebriamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta. E dunque noi lì riaffermiamo che questa promessa dei cieli nuovi e della terra nuova non è campata per aria, ma è realtà vera, autentica, trasformando dunque tutto il creato e l'universo in tale nuova, futura realtà, che viene anticipata, prefigurata, preparata e resa certa già anche dalla piccola, ma grande, straordinaria trasformazione del pane nel corpo di Cristo, del vino nel sangue di Cristo. Bene, allora, e con questo penso anche di aver offerto un po' con queste catechesi una qualche, alcune tematiche di riflessione su questo stretto rapporto, relazione che esiste fra appunto il vino e la nostra realtà.