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18 - Pane_ Significati [N.56 al N.58] (192kbit_AAC)

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The transcript discusses the deepening of catechetical understanding of the Eucharist as bread. It emphasizes that Jesus chose bread as the material to be present in the Eucharist during the Holy Mass. The Eucharist is both the real and substantial presence of Christ under the species of bread and wine. It is the most complete and profound presence of Christ. The transcript also highlights the importance of communion with Christ and the Church, as well as the need for reconciliation with others before receiving the Eucharist. It mentions that the Eucharist prepares a place and provides nourishment for believers. It emphasizes that the Eucharist is both the heartbeat of the Church and the bread of eternal life. The transcript also explores the relationship between bread, the manger, and Bethlehem, which means "house of bread." It concludes by discussing the significance of the nativity scene and how it represents the nourishment and love that Christ provides for families. E allora adesso riprendiamo il nostro cammino di approfondimento catechistico sull'eucaristia come cibo, come pane. Bene, stiamo approfondendo i vari aspetti di questo pane, siamo arrivati al numero 51. Abbiamo ancora un po' di cammino da fare, questo mese di maggio è un po' anche un pezzetto del mese di giugno, vediamo un po'. Se il Signore ci dà forza e coraggio e vita speriamo appunto di riuscire a dare una panoramica anche solo veloce, anche solo superficiale, su questi vari aspetti del significato del pane, sempre però partendo dal fatto che Gesù Cristo ha voluto Lui scegliere come materia il pane per rendersi presente nell'eucaristia, in mezzo a noi, nella Santa Messa. Il pane è il corpo di Cristo nella pubblice realtà, per tua stessa natura l'eucaristia è il corpo di Cristo, ma il corpo di Cristo è sia la presenza reale e sostanziale di Cristo sotto le specie del pane e del vino, quindi l'eucaristia, presenza reale e sostanziale. Nessun altro modo, in nessun altro luogo, in nessun altro elemento Gesù si rende presente in questa maniera come si rende presente nell'eucaristia. E' veramente una presenza che supera tutte le altre, che è la più completa, più profonda, che è quella che noi utilizziamo per esprimere questa presenza di Cristo nell'eucaristia, utilizziamo il termine reale e sostanziale, sotto le specie del pane e del vino. E se anche la stessa Chiesa, la famiglia di Dio, la famiglia dei battezzati, la comunione dei credenti in Cristo, uniti a Cristo il Capo, noi indichiamo la Chiesa come corpo di Cristo. Ed è bello questo anche, che eucaristia e Chiesa abbiano un po' lo stesso nome. E' vero che la Chiesa ha anche altri nomi, Popolo di Dio, Tempio dello Spirito Santo, come anche l'eucaristia ha tanti altri nomi. E li abbiamo un po' visti, e li stiamo un po' vedendo, ad esempio, negli weekend, nei fine settimane, il sabato e la domenica, nelle nostre catechesi. Però ecco, da questo punto di vista del nome del corpo, noi vediamo che utilizziamo lo stesso termine corpo per indicare la Chiesa e per indicare l'eucaristia. Oltre, naturalmente, poi per indicare il corpo fisico di Cristo, assunto nel grebo della Vergine Maria. L'eucaristia, dunque, fa la Chiesa. Ricevere l'eucaristia significa, pertanto, annunciare in modo sveglio e pubblico, davanti a Dio e nella Chiesa, che si è in comunione. Ecco perché necessaria anche la comunione con Cristo e la comunione con la Chiesa, la comunione con i fratelli. Se uno odia un fratello, come può appostarsi degnamente alla santa eucaristia che esprime atto a questa comunione? Il Signore, dunque, giustamente vi dice, vai prima a riconciliarsi con il tuo fratello, chiedi perdono di questo odio, di questa indifferenza, di questa grave rottura con il tuo fratello, anche col sacramento della riconciliazione, e poi appostati a quello che esprime attua questa comunione con Cristo, ma anche questa comunione con i fratelli, con i quali si deve essere in comunione, sia con Gesù, dunque, e sia anche con la comunità visibile, la Chiesa, che fa e celebra l'eucaristia. Se dunque, ecco, uno commette un'erezia nei confronti della fine cristiana e della Chiesa, è chiaro che, da questo punto di vista, non può appostarsi all'eucaristia per esprimere la sua unione, per attuare la sua unione con Cristo. La Chiesa che fa e celebra l'eucaristia, l'abbiamo visto anche sabato scorso e domenica scorsa, questo aspetto, e abbiamo cercato di comprenderlo un po' di più. Un altro elemento che ci è illuminato, che ci viene donato dal pane, nell'eucaristia noi abbiamo un cibo e un posto. Qui è Papa Francesco, nell'Omelia del Corpus Domini del 2018. Che cosa prepara Gesù per noi? Prepara un posto e un cibo. Un posto molto più degno della grande Sala Redata del Vangelo è la nostra casa spaziosa, e basta qua giù la Chiesa. Un posto nella Chiesa, che poi annuncia dove c'è e ci deve essere posto per tutti. Sì, effettivamente tutti sono chiamati a far parte della Chiesa, a entrare a far parte di questa famiglia dei battezzati. Certo, ci sono ancora miliardi di persone che non conoscono Gesù Cristo, che non lo accolgono e che non cercano di condividere con i fratelli i sacramenti che Gesù Cristo ha istituito. E questo, ecco, è ancora un burrus, una ferita all'interno della Chiesa, ma anche all'interno del cuore di Cristo e di Maria Santissima. E dunque dobbiamo pregare e lavorare perché tutti possono conoscere Gesù Cristo, il suo Vangelo, riconoscerlo come un buon messaggio, una buona notizia, un buon annuncio, l'accolgano nella fede, accolgano Gesù Cristo nella fede e nel battesimo, e poi crescano in questa vita cristiana usufruendo e partecipando e condividendo anche gli altri sacramenti e la vita morale che il Signore Gesù ci propone. C'è posto per tutti, ma ci è ritrovato anche un posto lassù, in Paradiso. La Madonna di Pompei, la Madonna di Lourdes, la Madonna sempre, ecco, guardando a lei, guardiamo anche a quel cielo, a quel Paradiso in cui ella è stata assunta anima e forza, per stare anche noi insieme con Lui, insieme con lei, con Maria, e tra di noi per sempre. Oltre al posto ci prepara anche un cibo, un pane che è il mio stesso, prendete, questo è il mio corpo. C'è un legame tra questo posto e questo cibo. Il posto, per occupare il posto e per lavorare in questo posto che il Signore ci ha assegnato, abbiamo bisogno di un alimento, di un cibo, come anche il nostro corpo, per poter svolgere determinate attività, funzioni, ha bisogno di un cibo. E così, appunto, anche in questa situazione, per essere nella Chiesa, collaborare nella Chiesa, nella missione, all'opera che Gesù ci ha affidato, abbiamo bisogno di un alimento, ed è Gesù stesso, è il suo corpo, è il suo sangue. Abbiamo bisogno, dunque, per vivere anche la comunione tra di noi, per essere capaci di amare il nostro prossimo come lo ama Dio, da soli non possiamo farcelo. Ecco che allora il Signore ha provvenuto a darci un cibo che ci possa alimentare questo amore verso il nostro prossimo nella Chiesa e al di fuori della Chiesa. Abbiamo bisogno di questo cibo per poter vivere e per poter attuare la missione, quel posto che il Signore ci ha assegnato, quella missione, quel lavoro, quell'attività che il Signore ci aspetta da noi. Prendete questo il mio corpo, prendete e mangiate. Questi due doni, il posto e il cibo, sono ciò che ci serve per vivere, sono il vite e l'alloggio definitivi, entrambi ci vengono dati nell'Eucaristia, cibo e posto. Qui Gesù ci prepara un posto qua giù, perché l'Eucaristia è il cuore pulsante della Chiesa, la genera, la rigenera, la raduna e la porta. Ma l'Eucaristia ci prepara anche un posto lazzù, nell'eternità, perché è il pane del cielo, è il pane della vita eterna. Su questo abbiamo riflettuto soprattutto quando abbiamo fatto i nostri esercizi spirituali via internet nel mese di marzo scorso. Viene da là, è l'unica materia su questa terra che sa davvero di eternità e che ci immerge già e ci fa pregustare un po' di questa eternità. Rimpio un po' per l'appropondimento a quelle catechesi che voi anche, penso, troviate già in internet sul sito appunto della Catechesi della Diogenes. Nel pane come cibo riconosco l'inizio nel senso di principio di sussistenza dell'uomo. Il pane infatti è da sempre in tutti i linguaggi e le culture metafora del cibo. Così che per l'uomo non aver pane significa non aver cibo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. È il cibo sui materiali, ma è soprattutto il cibo eucaristico. Ciò da cui dipende il poter vivere o il dover morire per mancanza di nutrimento. Anche questo purtroppo oggigiorno succede per tanti anche bimbi, per tante persone che muoiono a causa della fame, della mancanza di cibo. Come purtroppo ci sono anche altri che muoiono perché mangiano troppo, a causa appunto di un nutrimento regolato. Il pane e le mani dell'uomo. Se nel testo di tutti gli italiani si parla di lavoro dell'uomo, l'originale latino utilizza l'immagine assai più concreta di Ocadis Manus Omenum. Opera delle mani dell'uomo. Facendo delle mani dell'uomo lo strumento primo e intostituibile del suo lavoro. Nel caso specifico del pane, poi, le mani svolgono un compito fondamentale nella sua preparazione. Le mani non solo impastano la farina e l'acqua, ma plasmano la forma del pane. Ancora oggi molti, prima della cottura, tracciano sulla forma una croce che al tempo stesso, teo cristiano, è in fronte delle mani di chi lo ha fatto. Scusate un minuto, ma voglio verificare una cosa. Ecco, mi sembrava infatti che queste le avessimo già appunto presentate e quindi è vero che le Petite Alluva, le cose ripetute, possono essere utili. Però, avendole già presentate, andiamo allora avanti. L'incontro di due azioni. Scusate ancora un attimo. 117, sì. Anche questo 117 è fatto. Ecco, partiamo da qui. Il pane, il numero 56 del significato. Il pane, la mangiatoia ed eccellente. Vediamo un attimo questa relazione che esiste tra pane, mangiatoia ed eccellente. Qui anche mi riallazzo alla Catechesi del mercoledì di Papa Francesco, del dicembre dell'anno scorso. E Papa Francesco disse così. La parola presepe letteralmente significa mangiatoia. Mentre la città del presepe, Betremne, significa casa del pane. Presepe, mangiatoia, Betremne, casa del pane. Mangiatoia e casa del pane. Il presepe che facciamo a casa, dove condividiamo cibo e affetti, ci ricorda che esso è il nutrimento, il pane della vita. Lui che alimenta il nostro amore, è lui che dona alle nostre famiglie la forza di andare avanti e di perdonarci. Dal presepe, sempre Papa Francesco ci dice, possiamo cogliere infine un insegnamento sul senso stesso della vita. Vediamo scene quotidiane, i pattori con le pecore, i fabbri che battono il ferro, i mugnai che fanno il pane, scene quotidiane che normalmente nel presepe tradizionale vengono rappresentate. E anche con una particolarità di immagini, di interventi e anche di operazioni, di azioni che appartengono un po' alla vita quotidiana. A volte si inseriscono paesaggi e situazioni anche che rispecchiano i nostri territori. È giusto, perché il presepe ci ricorda che Gesù viene nella nostra vita concreta. Gesù viene nell'eucaristia, nella nostra situazione concreta. Viene nelle nostre chiese, nei nostri quartieri, nei nostri paesi, nelle nostre città, dove c'è il ministro di Dio, un merco, un sacerdote e c'è l'eucaristia, lì viene il Signore Gesù. Si rende presente. Anche questo forse non pensiamo purtroppo troppe volte, anzi poche volte ci pensiamo, e cioè che in ogni luogo dove si celebra l'eucaristia, con o senza fedeli, lì si rende presente, si rende presente su questa nostra terra, nelle nostre chiese, nei nostri quartieri, nelle nostre città, si rende presente il Dio in una maniera reale e sostanziale, corpo, sangue, anima e divinità, in una maniera tutta particolare e speciale, è lì che dovremmo appunto pensare. E poi il bello è che terminata l'eucaristia lui non se ne va, lui rimane e continua a rimanere in mezzo a noi, giorni e notti, anche 24, nei nostri tabernacoli. Anche questo è una realtà stupenda, che molte volte ci dimentichiamo e per cui lo lasciamo, molte volte, anche troppe ore da solo, non gli facciamo compagnia. Lui però ci fa compagnia, rimane con noi, durante il giorno, durante la sera, durante la notte, in ogni momento e in ogni giorno dell'anno, purché appunto ci sia un tabernacolo con la presenza eucaristica di Cristo. Vedete che tipo di Dio, ma giustamente già l'Antico Testamento non aveva a disposizione questo gran ben di Dio, che è l'eucaristia, ma già allora però il profeta vi poteva dire quale nazione ha un Dio così vicino, quale popolo ha un Dio così vicino come il popolo cristiano. Quale nazione, quale popolo, quale gente può dire ho un Dio che è realmente presente, che vive in mezzo a noi, H24 e che è sempre disponibile, sia per essere accolto dai malati, sia per essere adorato da noi, sia per essere ascoltato o per ascoltare a noi quello che noi abbiamo da dirgli, attraverso questa presenza sostanziale. Certo che il Signore mi ascolta anche in cima a una montagna, certo che mi ascolta anche vivo al mare, certo che mi ascolta anche nel silenzio della mia stanza, del mio cuore. E' anche vero che Gesù non era contento di questo modo di essere presente in mezzo a noi, che fino a quel momento Dio aveva realizzato, già con la creazione, con l'Antico Testamento, e poi anche con il popolo ebraico, e poi quando è venuto il Figlio di Dio sulla terra, Gesù, prima di salire al cielo, non ha voluto lasciarci orfani, solo, ha edificato l'Eucaristia. Grande, grande, stupendo Dono! Gesù viene nella nostra vita concreta, nelle nostre case, ce lo porti tu quando hai fatto la comunione in modo degno, e ce lo porti per le strade della tua città, ce lo porti nelle case, almeno con una presenza eucaristica che perdura, noi, almeno quelle che ci dicono gli esperti, che dura dentro di noi per quei 8-10 minuti, e comunque portiamo sempre poi in Sua grazia il frutto della Tua presenza eucaristica appena viceduta. E questo è importante, ci dice Papa Francesco, fare un piccolo presente a casa, a sedere, perché è un ricordo che vi è venuto da noi, nato da noi, ci accompagna nella vita. Lui si riferisce al presente, noi qui lo possiamo applicare all'Eucaristia. È un uomo come noi, si è fatto un uomo come noi. Nella vita di tutti i giorni non siamo più soli, egli abita con noi. E la Chiesa è il segno che ci richiama in campanile campane, ci richiamano, ci ricordano questa presenza di Cristo in noi e con noi. Egli abita con noi. Non cambia magicamente le cose, no, ma se lo accogliamo ogni cosa può cambiare. Anche questa ultima frase ci deve far riflessi, non è una presenza magica. Lui chiede anche sempre la nostra collaborazione, nell'accoglierlo e anche nel darci da fare per migliorare la nostra vita interiore, quella delle persone che ci stanno vicine, ma anche con tutta la Chiesa e con tutta l'umanità. Altro significato, altro elemento, la grandezza di Cristo pane. Giovanni Battista ci invita a riconoscere la grandezza del Cristo. Sono io che devo ricevere da te il Battesimo, Vangelo di Matteo. Verrà uno che è io, verso il quale io non condegno neppure di sciogliere il legatto dei sanguini. San Gregorio Nati Antieno, Vestolo, a tale riguardo osserva. Così dice, la lucerna al sole. La lucerna Giovanni Battista, ma anche ciascuno di noi. Lucerna rispetto al sole. La voce alla parola. Colui che è il più grande tra i nati di nonna a colui che è il primo genito di ogni creatura. Colui che nel ventre della madre sussustò di gioia. Giovanni nel grembo di Elisabetta, a colui che ancora nascosto nel grembo materno ricevesse la sua adorazione. Colui che percorreva e che avrebbe ancora percorso, a colui che era già affasso e sarebbe nuovamente affasso a suo tempo. I due quadri, Giovanni Battista e Gesù. Ma nel quadro di Giovanni Battista possiamo un po', seppure tenendo presente delle dovute relazioni e analogie, potremmo un po' anche metterci un po' tutti quanti noi. Ciascuno di noi. Un pari dagli effetti speciali. Scrive a questo riguardo il cardinale Giovanni Bona di Mondovi nel 1600, nel suo libro Meditazione su scurte famiglie. L'Eucaristia dice, ci dice, ha il potere di, guardate quanti aspetti positivi ha l'Eucaristia, ha il potere di preservarci dal peccato, aumentarci la grazia, infonderci il distacco dalle cose terrene, elevarci il cuore ad amare le cose divine. Questa è chiamata un po' la grazia sacramentale che l'Eucaristia ha gli effetti che l'Eucaristia, la celebrazione della mezza Eucaristia, provoca e procura ciascuno di noi. Ci preserva dal peccato, ci dà la forza di lottare contro il peccato, di rinsalzarci una roccia, così che possiamo affrontare il peccato, affrontare anche il maligno, il diavolo che ci tenda e dunque ha questo potere, questa forza l'Eucaristia, di equipaggiarci ben bene, così che possiamo essere attaccati alla roccia che è Cristo Signore e pertanto i venti che toffiano o le tempeste che imperventano non distruggono, non abbattono quella canna, perché è ben radicata, ben infondata e bene equipaggiata. Aumentarci la grazia. Quale grazia? La grazia santificante che abbiamo già ricevuto nel battesimo, ma con l'Eucaristia, con la mezza, ci viene arricchita, ci viene aumentata e poi la grazia sacramentale, e cioè l'aiuto, la grazia di amare sempre di più il Signore e amare anche il nostro prossimo come Dio lo ama. Infonderci il Stato, farci capire l'importanza delle realtà del cielo, farci incontrare, pregustare queste realtà del cielo e quindi anche distaccarci un po' dalle cose di questo mondo. Il che non significa che dobbiamo disimpegnarci, no, perché i nostri piedi voltano sulla terra. Anzi, proprio nei vettori di questa sera, in una delle preghiere, nelle invocazioni alla fine, è stato detto che quanto più ci uniamo a Cristo, tanto più ci sentiamo impegnati a lavorare per il suo Regno, a compiere la missione, il compito che Lui a ciascuno affida e da ciascuno Lui si attende. E dunque, non è vero per niente che il Cristiano, pensando al cielo, si disimpegna sulla terra, piuttosto riceve dal cielo quella luce, quella forza, avendo il cuore attaccato a Cristo, alimentato dal sangue di Cristo, trova anche la forza di impegnarsi e di camminare sulla terra come il Cristo anche ce lo chiede. Lui stesso ce l'ha detto, non colui che dice il Signore e il Signore entreranno nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio, e la volontà del Padre suo è quella che noi ci impegniamo, a collaborare con Lui nella missione di trasformazione in bene, in meglio, in massimo, in ottimo, le nostre realtà quotidiane e terrene. E quindi sponderci in distanzo dalle cose terrene, elevarci il cuore ad amare, a conoscere, ad apprezzare, ad amare e a percepire, a cercare di realizzare le cose divine. E poi ne aggiunge, illuminarci l'intelligenza, suscitarci i sentimenti devoti, donarci la purezza dell'anima e del corpo, nonché la pace della coscienza, elargendoci infine anche la gioia e l'unione fedele con Dio. Vedete quanti, già attraverso questa testimonianza di questo Cardinale del 1600, come già allora erano ben coscienti, forse questa coscienza, forse in noi, si è un po' assievolita, assottita, e allora abbiamo bisogno di risvegliarci, perché effettivamente l'Eucaristia è qualcosa di grande, di immenso, il dono più grande, ve l'ho detto tante volte, ma in sette sacramenti l'Eucaristia è il principale. Qui avete successo a un piccolo incidente, vediamo un attimo, eccolo, scusate ma ogni tanto quando si tocca un tasto che non va toccato può succedere appunto. Allora illuminarci l'intelligenza, in fondo porta alla nostra intelligenza e luce anche per comprendere meglio la sua parola, per approfondirla, per motivarla sempre meglio, ma anche per annunciarla sempre meglio, trovando le parole adatte, trovando il momento adatto a secondo del destinatario, dei destinatari a cui annunciare questa parola. Dico sempre ai miei catechisti, certo è importante che voi vi prepariate approfondendo i contenuti dell'incontro che andrete a presentare ai vostri ragazzi, come pure anche agli insegnanti di religione, è importante che si conoscano questi contenuti, le loro motivazioni, le loro fonti, però è anche importante che abbiamo a capire come parlarne, come presentare questi contenuti, come annunciarli, utilizzando quale immagine, quali parole, trovando quale momento più profizio per usare quell'immagine, quella parola per essere più avvincente e convincente di fronte ai nostri destinatari del nostro annuncio. E come faccio a saperlo questo? Sì, certo, la mia ragione mi può aiutare, l'esperienza pure, ma perché non metterci davanti al Signore, a Lui Eucaristia? E allora dico sempre anche ai miei insegnanti di religione e anche ai miei catechisti, se dovete fare un'ora di catechese o di insegnamento della religione nella scuola, non dimenticare di trascorrere un'ora davanti al tabernacolo per comprendere, per farvi illuminare nella vostra intelligenza, nella vostra metodologia, nei vostri modi operativi, per essere appunto capaci di presentare nel modo migliore quei contenuti. Quindi è importante i contenuti, è importante la metodologia, è importante la didattica, ma per noi cristiani non si parla di andare ad annunciare matematico o scienze o storia di, per noi è anche importante andare a presentare Gesù Cristo, proporre Gesù Cristo, e allora se non attingi alla fonte che è Lui e nel modo che Lui ha voluto rendersi presente in mezzo a noi, e cioè in modo eucaristico, come parli, come pretendi di, e poi anche per suscitarci sentimenti devoti di devozione, di adorazione, di lode, di ringraziamento, donarci la purezza dell'anima e del corpo. Quell'occhia bianca, ricordiamocelo, è segno della purezza del nostro pensiero, della nostra parola, del nostro sguardo, delle nostre mani, del nostro cuore, di tutto noi sessi. Quel sandore, quel pianto dell'occhia consacrata richiede dunque che io mi accocci a comunione, ma sì, oggigiorno anche con mani pure, ma non è questa la preoccupazione principale per un cristiano, è soprattutto la purezza interiore, la purezza del cuore, la purezza dell'anima, la purezza del corpo. Anche perché San Paolo ci ha detto, e ci ha avvisato chiaramente, chi mangia indegnamente il corpo di Cristo mangia la propria condanna, mangia la propria condanna. E dunque la pace della coscienza, ecco perché quante volte ho raccomandato, appena si riapriranno le chiese con le dovute appunto rispetto delle norme sanitarie, ecco riprendiamo anche il sacramento della riconciliazione della confessione. Noi in cattedrale non abbiamo mai sospeso chi appunto ha potuto accedere in queste settimane, in questi mesi alla cattedrale, ha sempre potuto vedere e provare un sacerdote, anche per celebrare, nel rispetto delle norme sanitarie, questo sacramento. È importante, soprattutto se facciamo la comunione, tante volte l'ho detto, tutte le domeniche a maggior ragione, almeno una volta al mese, ci vuole la pace della coscienza, la purezza della nostra anima, un bel lavaggio da quelle che possono essere le nubi, la polvere, la nebbia che è causata nella nostra coscienza, nella nostra anima anche dai peccati degli anni. La gioia anche, l'unione fedele con Dio, che ci viene larghita proprio con questo sacramento. Dunque, sono effetti veramente stupendi, meravigliosi, come quelli indicati da questa scheda, come anche da questo assaggio, e vale la pena allora di rileggere, riservarci dal peccato, aumentarci la grazia, infonderci il distacco dalle cose terrene, elevarsi il cuore ad amare le cose divine, illuminarsi l'intelligenza, suscitarsi i sentimenti devoti, donarci la purezza dell'anima e del corpo, nonché la pace della coscienza, rilargendoci infine anche la gioia, l'unione fedele con Dio. Bene, mi fermerei qui perché il tempo anche a mia disposizione vedo che è esaurito.

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