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07 - Pane_ Significati [N.19 al N.22] (192kbit_AAC)

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The main ideas from this information are: - The importance of bread in ancient times and its significance in Christianity - Bread is a sign of God and represents divine gifts, the Paschal mystery, and unity with Christ and others - The Eucharistic bread symbolizes both our weakness and the power of Christ - In the Eucharist, Christ offers himself as nourishment through his word and his body and blood - The Eucharist is a humble and unexpected presence that transforms us and teaches us to trust in God's power - Our role is to imitate the sower and sow the seed, leaving the harvesting to God - God reveals himself in the ordinary and small things, respecting our freedom to accept or reject him - God prefers the gentle whisper of a breeze to spectacular displays in revealing himself - We should respect God's will and not impose our own expectations on how he reveals himself to us. SUMMARY: Bread has various symbolic meanings in Christianity, representing God Allora, come al solito facciamo un po' un riepilogo delle puntate, dei significati del pane eucaristico che abbiamo fatto nei mesi scorsi. Abbiamo visto anzitutto l'importanza del pane nell'antichità, con l'avvento del cristianesimo ci sono altri significati che qui appunto vi ho indicati. Il pane è segno di Dio stesso, il pane è segno di ogni dono divino, il pane richiama il mistero pasquale, il pane richiama l'unione con Cristo e tra di noi, il pane richiama lo status del pellegrino, il pane richiama alcuni aspetti dell'amore, l'ospia bianca segno di purezza, richiama l'incarnazione, è frutto della terra e del lavoro dell'uomo, il pane dato a tutti, la prefigurazione nella manna dell'Antico Testamento, il buon profumo, il pane del cielo, pane e azimo perché, Cristo ticco di grano, due pani, due mense però l'unità complementare delle due, il pane per essere mangiato e adorato, il pane eucaristico indica l'insufficienza del pane materiale. Eravamo dunque arrivati a questo punto nel discorso che adesso proseguiamo. Il pane è il segno della nostra debolezza e nello stesso tempo però segno della potenza di Cristo. Nel cibarsi del corpo di Cristo si evidenzia da una parte la nostra debolezza, ma nello stesso tempo anche la potenza di Cristo. Nei pasti comuni l'uomo risulta il più forte in quanto è lui ad assimilare il cibo facendone un alimento della propria realtà corporea. Quando noi mangiamo appunto siamo noi che assimiliamo il cibo che mangiamo e quindi lo rendiamo alimento per il nostro corpo. Nell'Eucaristia invece avviene esattamente l'opposto. Il centro è Cristo che ci attira a sé. È lui che ha istituito questo pane eucaristico ed è lui che ce lo offre, è lui che ce lo propone. È opera sua, è lui sesso, è il suo corpo e il suo sangue con cui lui desidera nutrirci, vuole nutrirci. Pensiamo al nutrimento anzitutto con la sua parola, la parola di Cristo che è nutrimento per la nostra anima, per la nostra vita, per le scelte quotidiane che siamo chiamati a fare durante la nostra giornata e questa parola anche ci robustisce, ci rende più forti, più sicuri, ci dà la certezza e la forza perché insieme con la parola lui ci dona anche la sua grazia per mettere in pratica questa parola. Questo avviene sia con Cristo che ci offre e ci dona la sua parola, è la mensa della parola, e sia anche però con il suo corpo il suo sangue. Lui ci attira a sé, ci nutre, ci robustisce con il suo corpo e ci fa uscire da noi stessi, ci fa uscire dalle nostre case per andare in chiesa, ma nello stesso tempo ecco questo andare, uscire da noi, dalle nostre case, dalle nostre occupazioni e accogliendo l'invito che lui ci rivolge, ci becchiamo appunto alla sua mensa, alla messa in cui lui ci offre sé stesso, per fare di noi una cosa sola con lui e con gli altri. L'abbiamo detto già anche varie altre volte, lui unendoci a sé ci unisce anche tra di noi e più che i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre azioni, i nostri gesti, questa unione ancora più profonda, più intima e più anche completa proprio perché avviene attraverso Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo. L'Eucaristia dunque giace in difesa, muta e spoglia in milioni di tabernacoli in tutto il mondo. Qui vediamo l'umiltà, il segno dell'umiltà, della umiliazione anche di Cristo Signore, che accetta di stare chiuso in un'ostia consacrata e in un tabernacolo e magari rimane lì da solo ore e ore, qualche volta anche giornate in tetere. Esta c'è e si esprime col silenzio e con l'offerta di sé. L'Eucaristia però c'è e esprime, ci dona sé stessa col silenzio e offrendosi al Padre per noi in offerta gravita a Dio e a noi. L'Eucaristia con la propria presenza disarmante e inattesa, il tipo appunto di presenza e di azione che Gesù Cristo mette in atto, qui viene indicata come una presenza disarmante e inattesa, disarmante perché nessuno di noi poteva mai immaginare una cosa di questo tipo e neanche lontanamente poterla immaginare. E quindi ci prende proprio anche un po' all'astrovista e nello stesso tempo anche nessuno di noi poteva attendersi un dono di questo tipo, di questa intimità, di questa eccellenza. Ci insegna come operare anche oggi nel mondo, fidandoci della potenza di Dio, affidandoci a Lui al quale nulla è impossibile e non di noi. I Salmi già nell'Antico Testamento ci avevano anche messi in guardia dal porre la nostra fiducia in noi stessi o negli altri, e ci invitavano già ad affidarci solo a Dio che non delude, non ci inganna, non si sbaglia. Il Signore Gesù ci vuole incontrare e risanare in un contesto di disarmante normalità, quale è quella ad esempio di un banchetto che Lui ci offre, di una mensa che Lui ci offre, di una disarmante normalità. Pensate anche a quel pezzetto di ostia che è di una presenza disarmante, molto normale, e però sappiamo che in quell'ostia, in quel pezzetto appunto di pane azzimo, c'è niente meno che il Figlio di Dio, Cristo stesso. E Lui vuole dialogare con noi, vuole farti ascoltare anzitutto da noi, e poi vuole anche dialogare, ascoltare che noi ascoltiamo Lui e Lui ascolta noi, e trasformarci in Lui attraverso la feriale quotidianità, come fa il seminatore nel suo gesto normale di gettare il seme. Un gesto molto sereno, molto tranquillo, direi anche questo un gesto disarmante, e però il seminatore sa quanto sia importante sia il gesto e sia anche il seme, il seme buono che consegna alla terra, perché poi la terra lo faccia marcire e poi da lì cresca la stiga. Gesù non ama lo spettacolare, questo già anche mentre era qui sulla terra, anche sappiamo bene che i miracoli che Lui ha compiuti, che pure potevano offrirsi anche a una spettacolarità, però Lui non ha mai amato questa spettacolarità, anzi molte volte di fronte a certi miracoli era comandato di non dire niente, di non farlo sapere in giro, questo diventava un po' impossibile e però Lui lo raccomandava e l'ha raccomandato anche frequentemente, perché la sua presenza eucaristica possiede un suo inarrestabile dinamismo interno di crescita e di diffusione. Senza spettacolarità, però, la sua presenza realizza ciò che appunto il Signore desidera e quindi attraverso questa azione, questa presenza, che agisce il Figlio di Dio dentro di noi. E' questa la logica del piccolo picco di grano che germoglia e diventa una stiga rigogliosa. Più volte ripeto che il nostro compito è quello di imitare un po' il seminatore, e cioè il compito di seminare, non tanto di raccogliere. Sì, certo, ognuno di noi vorrebbe anche vedere il frutto del suo lavoro, e però il Signore ci dice guarda che i tuoi tempi e i tuoi modi non sono i tempi degli altri e soprattutto non sono i tempi e i modi di Dio. Ecco, quello che è importante per ciascuno di noi è di seminare bene, scegliendo il momento adatto, scegliendo il seme adatto, scegliendo anche il terreno adatto, predisponendo anche il terreno perché quel seme possa essere accolto e possa trovare appunto una rispondenza in tutto questo. E poi lasciamo al Signore il raccogliere quando e dove vuole Lui. E' questa la logica di Dio che già aveva adottato nell'Antico Testamento. Si legga ad esempio il primo libro dei Re, capitolo 19, Ci fu un vento impezzuose, gagliardo da spaccare i monti, e spezzale le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Quindi vedete come anche qui la parola di Dio dell'Antico Testamento evidenzia che Dio non sceglie cose mastodontiche per rivelarsi, per farsi conoscere. Perché? Perché i motivi sono tanti, ma uno dei motivi è perché Lui vuole rispettare fino in fondo la nostra libertà e quindi non vuole costrinderci con lo straordinario, con lo spettacolare, ma vuole rivelarsi e comunicarsi a noi nelle cose piccole, nel quotidiano, nel segno anche insignificante, in modo che abbiamo la possibilità di esercitare la nostra libertà, di dirgli sì accogliendo la sua proposta, oppure anche di dirgli no. Questo è uno dei motivi per cui Dio non sceglie la via dello straordinario nel rivelarsi e nel parlare, nel comunicare con noi. Altrimenti è come quando noi volessimo guardare il sole di mezzogiorno in una giornata splendente di agosto e senza un cielo, senza nubi. Ecco, se volessimo guardare quel sole con i nostri occhi semplici per fissarlo per qualche minuto, il sole poi ci renderebbe incapaci di vedere poi le cose semplici e ordinarie che ci circondano. Verremo talmente abbagliati che non siamo più capaci di vedere e quindi anche con rischio che i nostri occhi subiscano delle lesioni anche molto gravi. Ecco, il Signore allora dice io mi rivelo a te nell'umiltà, nel nascondimento, in una situazione disarmante, in una situazione piccola, quotidiana, proprio perché voglio anche lasciarti la libertà di accogliermi, di rispondermi positivamente, oppure di non accogliere la mia proposta e quindi di rispondere con il no. Dopo il fuoco ci fu il sussurro di una prezza leggera. Come ludì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. Ed ecco venne a lui una voce che gli diceva che cosa fai qui Elia, il profeta Elia. E pertanto ecco il Signore in questa maniera ha voluto anche lì già nell'Antico Testamento farci comprendere che lui preferisce il sussurro di una prezza leggera piuttosto che il fuoco o il terremoto o altre manifestazioni macroscopiche, e preferisce dunque rivelarsi a noi in una dimensione quotidiana. Certo, capita di incontrare molte persone che esprimono il desiderio che Dio possa rivelarsi a loro in maniera straordinaria e così allora dicono che accetterebbero la fede e crederebbero, ma non so se proprio le cose stiano in questa maniera. D'altra parte però non possiamo certo imporre a Dio il nostro modo di vedere o il nostro modo di incontrarci con Lui, dobbiamo rispettare la sua volontà e la sua volontà è quella di rivelarsi nelle cose ordinarie, quotidiane, nel piccolo, nel seme che appunto va sottoterra e marcisce anche. Altro aspetto che vorrei evidenziare, il chicco dalla e alla famiglia. Cosa voglio dire? Io sono il chicco di grano caduto in terra per amore, fatto Eucaristia, ci potrebbe dire il Signore. Per essere mangiato e per moltiplicarsi in ognuno di voi, come fa appunto il chicco che poi se muore e poi germoglia dà origine alla sfiga, ricca di molti chicchi di grano. Io sono il pane di vita, ci dice Gesù. Il chicco di grano seminato nel solco viene da una famiglia di chicchi. Il singolo chicco prima apparteneva una sfiga, la sfiga era formata e formata da tanti chicchi di grano. Ecco quindi il chicco di grano, ci viene detto, viene, proviene da una famiglia di chicchi e chiede di donarsi per creare una nuova famiglia di chicchi. Anche questa immagine del chicco di grano mi sembra che sia appunto molto opportuna, perché ci fa toccare un po' con mano che il chicco viene da molti e poi il chicco va verso i molti. Viene da una famiglia di chicchi per formare a sua volta un'altra famiglia di chicchi di grano. Non muore, ma si moltiplica morendo, donando la vita. Anche questa è un'immagine che appunto può illustrare, può ben dire anche quale sia un po' anche la nostra situazione a cui siamo chiamati. La vita che si dona non è solta, ma trasformata. Il chicco, donandosi alla terra, si trasforma moltiplicandosi in altre vite. Scompare la sua forma precedente e nel donarsi riappare moltiplicato. Entra da solo nel solco per riapparire poi come spiga e come famiglia di chicchi. Vedete come questa immagine appunto sia anche, mi sembra ben illustrante, quale deve essere anche la nostra impostazione, la nostra relazione di vita. È un chicco che si trasforma moltiplicandosi in tanti chicchi, proprio perché si trasforma. Perde la sua forma precedente, ma donandosi, morendo, riappare moltiplicato, arricchito. Ogni chicco della nuova famiglia chiede a sua volta di donarsi per crearsi una sua nuova famiglia. Il solo dunque non esiste, non vive e non ha senso se non si dona. Qui il solo, diciamolo, intendiamolo anche come il solitario, il chiuso in se stesso, colui che, ecco perché il Signore anche ci dice che se non doniamo la nostra vita la perdiamo, e cioè non realizziamo quello che è il senso, il valore, la pienezza della nostra vita. Nessuno vive per se stesso come nessuno muore per se stesso. Questa forma di chiusura, di egoismo, non certo appunto favorisce e non certo è gradita al Signore. Ogni individuo nasce e cresce propeso alla reciprocità, alla relazione con e per, anzitutto l'altro che è Dio, con la maiuscola, e poi l'altro con e per l'altro, con la minuscola, che appunto è il nostro prossimo. Nasce da una famiglia e può vivere solo formando famiglia. Naturalmente qui intendiamo anche la famiglia spirituale, ad esempio le persone, noi persone consacrate, che non abbiamo una nostra famiglia naturale, umana, però siamo chiamati a servire, a donarci alla grande, a una famiglia ampliata, a una famiglia più grande che ci viene appunto affidata. Chi mangia di me vivrà per me, quel per me indica come causa, a causa di me, grazie a me, ma indica anche una finalità, vivrà per lui, per Dio, come fine. Da me abbraccio è vita eterna, quel vivrà per me, già qui e poi nell'altra vita, dopo la nostra morte, potremo vivere per sempre insieme con lui. Da me abbraccio è vita eterna e in sovrabbondanza, da donare a sua volta ad ogni prossimo. Già qui in questa vita Dio ci arricchisce mediante il battesimo, mediante la cresima, mediante per molti di voi il sacramento del matrimonio, per quanti come me che è sacerdote col sacramento dell'ordine, ma poi abbiamo altri due sacramenti preziosissimi che ci arricchiscono e che ci abbiamo a disposizione tutti i giorni, e cioè il sacramento dell'eucaristia e il sacramento della riconciliazione, della confessione. Ora, sono doni che Dio ci fa per arricchirci così che possiamo poi anche noi essere dono per gli altri, riceviamo un dono per farne un dono agli altri, e non per chiuderci in noi stessi. Finché in questa comunione, in questo dono eterno di amore scambievole, tutti gli uomini saranno l'uno. Saranno una cosa, questa è la preghiera anche che Gesù ha fatto prima di salire al cielo, la famosa preghiera cosiddetta sacerdotale. Prego Signore per questi che tu mi hai affidato, ma anche per quelli che crederanno in me, perché tutti siano uno, come tu Padre e io siamo una cosa sola nello Spirito Santo. Vedete che dunque il modello della Trinità diventa il modello per anche per ciascuno di noi, per vivere la nostra vita in una certa maniera. Diventeranno dunque la famiglia di Dio, famiglia di Dio in virtù del Battesimo, con il quale diventiamo figli di Dio, adottivi. Famiglia di Dio è anche la famiglia umana, in virtù del fatto che ogni essere umano è creato a immagine e somiglianza di Dio, e quindi già anche da questo punto di vista costituiamo la famiglia umana. Certo, chi poi è battezzato sa bene che entra a far parte, mediante il Battesimo e la Fede, entra a far parte appunto della famiglia di Dio che è la Chiesa, la famiglia dei battezzati. Chi resta solo scompare nel becco degli uccelli, viene mangiato dagli uccelli. Moltiplicandosi si difende dai rapaci, l'unione fa la forza, la difesa è garantita dalla solidarietà, dall'unione. Non ci sarà mai fame sulla terra finché c'è un chicco di grano che vuole donarsi. Mi sembra anche questo belli affermazioni che ci fanno riflettere. Se il chicco di grano, ci dice Gesù nel Vangelo, vedete che dunque questo confronto col chicco di grano non è una scelta arbitraria da parte nostra, ma corrisponde anche alla scelta fatta da Cristo, che ha preso appunto il chicco di grano come esempio, come modello per le sue parabole. Se il chicco di grano caduto in terra non si dona, resta solo. Se non muore, se non si trasforma, resta solo. Ma se dona la vita, e cioè se perde se stesso per amore, si trasformerà e rivivrà in mille altre vite da donare. E dunque vita chiama vita, dono chiama dono, e tutto questo fa sì che si sviluppi questa dimensione dell'uno che si moltiplica per tornare a essere uno, per riunire poi il tutto. E tutto questo avviene grazie alla potenza dello Spirito Santo e grazie alla fede in Gesù Cristo. Chicco spiga, simbolo di fertilità. Mi manterrei ancora su questo livello di confronto con il chicco, la spiga, proprio anche per indicare questo simbolo di fertilità. La spiga dorata, che al suo interno racchiude i preziosi chicchi di grano, è sempre stata fin dall'antichità il simbolo della fertilità della terra. Sempre la persona ha colto un po', da quando ha cominciato a coltivare così il grano, ha sempre colto questo aspetto che è veramente importante e meraviglioso. Da un chicco derivano molti chicchi e dunque è segno di fertilità, è la fertilità della terra. Infatti da un solo chicco di grano, grazie al fenomeno dell'accessimento, possono crescere decine di spighe e migliaia di granelli. Da un solo chicco di grano possono appunto nascere decine di spighe, migliaia di granelli. Chi si giva di Cristo viene reso secondo della sua presenza, amicizia, missione. Ecco, prendiamo questa affermazione di chi si civa di Cristo. Cristo si offre a noi nell'Eucaristia anzitutto come cibo con la sua parola, non di solo pane di dell'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Cristo, del suo Figlio. E dunque già questo ci dice quanto sia importante questo momento della liturgia della parola nell'Eucaristia, nella Messa, con la quale il Signore si offre a noi come cibo per la nostra vita, con la sua parola, e dunque offre a noi questa opportunità di essere illuminati, rincuorati, rafforzati e soprattutto incoraggiati da quella che è la sua stessa parola. E questo, ci dice, è una presenza sacramentale durante, mediante la sua parola, durante la celebrazione dell'Eucaristia, perché è sempre lo stesso Cristo che si dona a noi prima con la sua parola e poi con il suo corpo e il suo sangue, ma è sempre Lui che si dona a noi. E quindi qui possiamo anche rispondere all'obiezione che qualche volta qualcuno ci rivolge e cioè se io non posso fare la comunione al corpo di Cristo perché non ho le disposizioni d'animo che sono necessarie, che senso c'ha che io vada a Messa la domenica se poi non posso fare la comunione al corpo di Cristo? Beh, questo significa che non abbiamo capito bene, se uno pone una domanda di questo tipo, significa che non comprende quali sono i valori significati d'importanza della Messa nei suoi vari aspetti e nei suoi vari contenuti, e quindi dimentica che la Messa anzitutto, nella Messa Cristo, si offre a noi, si dona a noi anzitutto con la sua parola, che è un alimento per la nostra vita, che è una parola che realizza, che attua ciò che significa e ciò che indica. E poi, ecco, è una presenza anche questa della sua parola che è una presenza che è quanto mai importante e significativa, soprattutto durante la Messa, una presenza poi che esprime l'amicizia che lui ha verso di noi, ci rende suoi amici, non ci chiama più servi, o ospiti, o turisti, o stranieri, ma ci chiama amici, ci chiama figli di Dio, Gesù ci chiama suoi fratelli. Tanto vedete che tipo di relazione si instaura proprio già anche con l'ascolto della parola di Dio durante la celebrazione eucaristica. Poi, certo, questa parola anche costituisce una missione nei nostri confronti, è una parola che ci invia, che ci manda a vivere fuori di chiesa quello che in chiesa abbiamo ascoltato, quello che abbiamo celebrato, quello che abbiamo sperimentato. Già tutto questo avviene con la prima parte della Messa, con la liturgia della parola, che purtroppo qualche volta qualcuno di noi trascura, magari arrivando un po' in ritardo e quindi perdendosi anche un po' i riti di introduzione, fra cui anche la richiesta di perdono che insieme rivolgiamo a Dio, e poi anche si perde magari una parte della prima lettura o tutta la prima lettura, forse anche purtroppo la seconda. Dio non voglia anche il Vangelo, perché allora c'è da chiedersi un po', a meno che non ci siano state delle ragioni gravissime, c'è da chiedersi se quella celebrazione sia valida o no. Capace di fecondità, chi si ciba di Cristo diventa capace di fecondità nei confronti degli altri, donando e condividendo il Vangelo con gli altri, annunciando e comunicando la gioia, la bellezza del Vangelo anche con gli altri. Del resto, come possiamo ottenere per noi una verità, una gioia che ci viene da Cristo, dall'incontro di Cristo, e non farne anche partecipi qualora fossimo bene veramente convinti che è un grande dono questo accogliere Cristo con la sua parola e poi anche con il suo corpo e il suo sangue? Se comprendessimo quale gioia il Signore ci dona proprio accogliendo la sua parola, accogliendo il suo corpo e il suo sangue, come facciamo a non condividere con gli altri questa gioia, a non rendere partecipi anche loro di questa gioia? Soprattutto le persone, a cominciare dalle persone che amiamo, perché non condividere, perché privarle di questo dono? Se tu le ami, perché privarle di un dono, di una gioia che tu sperimenti dentro di te e non la vuoi condividere con quelle persone che tu ami, con le quali che tu incontri, con le quali tu vivi la tua giornata. Quindi ecco, il Signore ci renda fecondi, ci rende fecondi ogni qual volta noi partecipiamo all'Eucaristia, dandoci appunto la capacità, la forza, la gioia di portare anche agli altri quello che abbiamo sperimentato, come gioioso, come bello, come grande, condividendo dunque la propria fede, donando il proprio tempo e le proprie cose anche agli altri. L'opera di volontariato scaturisce appunto anche dall'Eucaristia ed è sostenuta dall'Eucaristia. Certo, ci possono essere anche volontari che non sono cristiani e non sono spinti dalla loro fede cristiana. Certo, già dal legame umano, da quello che dicevo poco fa, dalla famiglia umana scaturisce un legame tra di noi e quindi questo legame si può appunto esprimere, si deve esprimere anche in una donazione del nostro tempo, delle nostre capacità, agli altri. A maggior ragione noi, batteggiati cristiani, che siamo legati tra di noi anche da questo vincolo ecclesiale, vincolo familiare, vincolo divino, che è appunto l'essere figli di Dio e membra di questa famiglia di Dio che è appunto la Chiesa. Pertanto ecco l'esigenza di poter donare agli altri un po' del nostro tempo, delle nostre competenze, dei nostri talenti, delle nostre capacità, dei nostri soldi, dei nostri beni, condividendo appunto anche con gli altri quanto abbiamo ricevuto e quanto soprattutto siamo anche. Sì, io insisterei anche su questo essere. Sei intelligente, sei capace, sei dotato di grandi doni, di talenti, ecco questi questi doni, questi carismi, questi talenti, queste buone cose di cui il Signore ti ha dotato, sappi che il Signore te le ha donate perché tu anche le faccia dono, le condivida anche con gli altri e così anche si arricchisce, si allarga la propria famiglia. Il grano anche, voglio terminare, mi ruba ancora qualche minuto, il grano anche è segno di ricchezza. Un uno ricco è uno che ha, si dice, tanta grana, grana da grano, tanta si dice anche un po', penso dalle vostre parti come dalle mie parti, quello ha tanta grana. Cristo è colui che ti arricchisce, che ti consente di avere tanta, tantissima grana, ti arricchisce donandoti se stesso, ma che vogliamo di più? E' questo che molte volte andiamo ricercando, accontentandoci di molto meno, di cose interiori, dimenticando il gran bene invece che il Signore appunto ci mette a disposizione, che è se stesso, la sua parola, il suo corpo e il suo santo. Il chicco di grano diventa il simbolo del Cristo che si sacrifica sulla croce per noi, per arricchire tutti noi, muore per donarsi a noi. Diventa anche il simbolo dell'uomo che è sollecitato a rinunciare a se stesso per farsi dono agli altri, per condividere con gli altri quello che sei e quello che hai. Non pensiamo solo ai soldi, pensiamo anche al tempo, alle capacità, ai talenti che ognuno di noi, alle competenze che ognuno di noi ha. Perché non mettere a disposizione degli altri anche solo un'ora della tua giornata, un'ora alla settimana, con cui metti a disposizione gratuitamente, al di fuori però un po' della propria cerchia familiare e parentale? Perché il rischio è che ci chiudiamo un po', genitori che mi dicono, che dicono, mi dono ai figli e dunque che vuoi di più? Oppure zii, parenti, nonni che dicono, ci dedichiamo ai nipoti e che vuoi di più? Ecco, dovremmo un po' anche essere capaci, senza nulla togliere naturalmente alle esigenze familiari, parentali, ma aprire un po' il parco, aprire un po' il cerchio. E questo il Signore l'apprezzerebbe molto, uno. Seconda cosa, offriremo anche un buon esempio anche alle persone che ci stanno vicine, ai nostri familiari. Dall'aprirci portiamo anche nuova linfa all'interno dei nostri parenti, delle nostre famiglie e dunque il dialogo, la donazione, l'accoglienza degli altri porta anche ad avere nuove capacità, nuovi talenti che entrano e che arricchiscono il nostro dialogo intrafamiliare e intraparentale. Un tema questo che viene ripreso nei Vangeli frequentemente. Nel famoso passo del Vangelo di Giovanni il Cristo dice testualmente, se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto. Eccoci, grazie, vi ho rubato qualche minuto, vi chiedo scusa, ma così avevo anche da chiudere un po' questo file, e così a voi adesso la parola con cui anche arricchite anche me e mi aiutate anche ad ampliare un po' la mia visione e anche in questa maniera fate dono anche delle vostre competenze e delle vostre capacità, dei vostri talenti. Grazie.

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