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In this transcription, the speaker is summarizing the importance of bread in Christianity and its connection to the Eucharist. They discuss how bread symbolizes God's presence, divine gifts, the paschal mystery, unity with Christ and others, and the pilgrimage of believers. The speaker also highlights the miracle of the multiplication of the loaves and how it foreshadows the institution of the Eucharist. They emphasize that through the shared bread, Jesus creates a new type of communion and society based on spiritual unity. The speaker also mentions how bread was historically used to exclude the sick, but Jesus's presence and sacrifice changed the perception of suffering and death. They emphasize the inclusive nature of the Eucharist, which brings people together regardless of language, culture, or age. The speaker discusses the significance of manna in the Old Testament as a prefiguration of the gift of Jesus's body and blood. They draw parallels between the Israelites' journey in the E allora, riprendiamo la nostra Catechesi, attraversiamo presentando sempre l'Eucaressia, Un attimo, che volevo anzitutto riassumere ciò che abbiamo fatto già le volte scorse. Abbiamo parlato dell'importanza del pane e dell'antichità, poi l'avvento del cristianesimo ha portato significati nuovi. Il pane come segno di Dio stesso, il pane il segno di ogni dono divino, il pane che richiama il mistero pasquale, il pane che richiama l'unione con Cristo e tra di noi, il pane che richiama lo status del pellegrino, il pane richiama alcuni aspetti dell'amore, l'ostea bianca richiama la purezza, il pane eucaristico richiama l'incarnazione, il pane è frutto della terra e del lavoro dell'uomo. Eravamo arrivati qui la volta scorsa, adesso facciamo il punto 10, il pane che è dato a tutti. Nel miracolo della moltiplicazione dei pani che precede, è importante questo miracolo perché subito dopo Gesù fa l'annuncio che avrebbe istituito l'Eucaristia e quel famoso discorso in cui lui dice io sono il pane di vita, chi mangia di me vivrà per me. E dunque ecco, quell'annuncio poi certo ha scioccato i presenti che prima si erano sfamati cinquemila uomini, tutti ben ricordiamo quel miracolo, cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini con pochi pani e pochi pesci moltiplicati da Gesù e poi Gesù però lo vogliono far re, perché se ci ha moltiplicato, dato da mangiare così abbondante senza pagare niente e allora lui dice ma io ho un altro pane ancora migliore e quelli gli dicono ma daccelo questo pane e allora fa l'annuncio dell'Eucaristia, io sono il pane di vita. Lo ribadisce, lo ripete più volte, lo amplia questo dono, tant'è vero che sciocca un po' tutti i presenti i quali pian piano pian piano lo prendono un po' per matto e quindi lo lasciano, se ne vanno, rimane lui solo con i suoi discepoli e allora ecco la famosa frase che Gesù rivolge ai suoi apostoli, volete andarvene anche voi? Prego! E allora salta su Pietro che dice, per fortuna, signore noi voi che andiamo noi, solo tu hai parole di vita eterna. Ecco dunque il miracolo della moltiplicazione dei pani che è estremamente legato a questo annuncio dell'Eucaristia, attraverso il segno del pane dato a tutti, Gesù si presenta a tutti come costruttore di un nuovo tipo di comunione e di società, non più semplicemente legata all'aspetto fisico, materiale, corporale, pure importante, ma a un tipo di comunione più intima, più profonda, spirituale, soprannaturale e che crea anche un legame tra coloro che partecipano a questo pane e cioè crea il legame maggiormente, anche qui, profondo, spirituale, soprannaturale, il legame ecclesiale, il legame dei figli di Dio che si cibano del corpo e del sangue del figlio di Dio. Nell'antichità infatti i malati erano di fatto degli esclusi da tutto e da tutti, beh era anche una forma precauzionale, li segregavano, li mettevano un po' in quarantena, proprio perché la loro malattia non si divulgasse, non si diffondesse e quindi non diventasse un'epidemia a livello che contagiasse anche gli altri e tuttavia certo era una salvaguardia per i sani, ma per i malati era metterli un po' tutti insieme in un ghetto e quindi lasciati un po' a loro stessi, esclusi un po' da tutti e da tutto, soprattutto quando si trattava della famosa malattia allora diffusa della lepra. Vuoi per motivazioni dunque igieniche, per evitare il possibile contagio, vuoi per motivazioni religiose, la malattia era considerata come opera degli spiriti cattivi o come castigo di Dio. Certo Gesù che venendo fra noi, adempiendo la missione e la volontà del Padre, ci salva proprio attraverso la sofferenza, ci salva appunto attraverso la sofferenza, la passione, la morte e la risurrezione, cambia radicalmente anche la concezione della sofferenza e della morte stessa. Con il segno del pane dato a tutti Gesù supera di fatto questa situazione e invita a vedere un altro mondo, un mondo dove l'essere, l'uno accanto all'altro, l'uno insieme all'altro, l'uno unito all'altro, perché accomunati dalla stessa condivisione di uno stesso pane, sia la vera alternativa. Quindi questo modo di essere che è radicalmente cambiato, diverso, dove non è l'uno contro l'altro o sopra l'altro, superiore all'altro, ma l'uno accanto all'altro, insieme, unito, con, per, l'altro. Quindi vedete che cambia radicalmente, quello che accomuna e che affratella in questa situazione è proprio il pane, il pane che viene dato a tutti, senza distinzione di lingua, di cultura, di età. E dunque, sia questa una vera alternativa, perché accomunati dalla condivisione di uno stesso pane, una vera alternativa dunque al mondo della separazione, della disperazione, al mondo della negazione della fraternità, o al mondo della sua limitazione solo ai sani e a quelli che stanno bene. Quindi ecco, questa dimensione eucaristica anche che noi viviamo ogni giorno, almeno ogni domenica, ecco, riflessiamoci anche, è la stessa celebrazione che accomuna, che affratella, che unisce, ed è proprio questo pane offerto a tutti. Naturalmente per poter accedere alla Santa Comunione ci vogliono determinate condizioni interiori, ma almeno alla Messa tutti possono partecipare, tutti battezzati, tutti figli di Dio, anche se poi qualcuno non può fare la comunione, però è già accomunato anche dallo stesso pane della parola di Dio. E dunque anche questo è quanto mai importante, perché ci fa comprendere quanto sia veramente costruttivo e sia anche impegnativo questo partecipare alla stessa mensa della parola di Dio e del suo corpo e del suo sangue, del suo figlio. Altro elemento, altro aspetto della celebrazione eucaristica e dell'aspetto del pane è la prefigurazione. Pane e manna. Noi sappiamo che nell'Antico Testamento c'è stato questo dono che Dio ha fatto nel deserto al suo popolo, quando era tutto affamato e non trovava nulla da mangiare, ha fatto questo miracolo del dono della manna e quindi la manna diventa per noi anche una prefigurazione di quello che è il dono che il Signore Gesù ci fa del suo corpo, del suo sangue. Stando ai diversi racconti biblici, ad esempio l'Esodo capitolo 16, Numeri capitolo 11, la manna di cui si nutrirono gli ebrei corrisponde più o meno alla sostanza prodotta dalla corteccia della tamerice mannifera, una pianza tipica della steppa mediterranea ancora oggi usata dai veduini come dolcificante e cibo supplementare. Si pensa che sia stata una cosa di questo tipo. Ben oltre il valore però botanico-biologico della manna, quindi a noi questo ci interessa relativamente, nell'abbondanza straordinaria di questo alimento, qualitativamente incomparabile rispetto agli altri cibi materiali, il popolo riconobbe il segno dell'inetauribile provvidenza di Dio. Anche questo aspetto, sì, il fatto che sia apparsa, sia stata ritrovata in una maniera così sovrabbondante da sfamare tutto un popolo che si trovava in un deserto e per diverso tempo, beh, questo sta all'aspetto straordinario e quindi anche l'aspetto miracolistico, miracoloso di questo dono e di questa manna in cui il popolo stesso, ebreo, ha riconosciuto l'intervento straordinario di Dio e il segno dunque della sua amore provvidenziale e dunque di un Dio che si occupa e preoccupa del suo popolo perché non manchi degli elementi fondamentali, essenziali per la loro sopravvivenza anche fisica, materiale. Inoltre il collegamento del pane con la manna ci ricorda anche il telegrinaggio di Israele nel deserto. L'ostia è la nostra manna con la quale il Signore ci nutre. È veramente il pane del cielo mediante il quale Egli dona se stesso a noi durante questo nostro pellegrinaggio sulla terra. Come per gli ebrei, come per il popolo ebreo che era pellegrino nel deserto dalla schiavitù, passando dalla schiavitù egiziana alla terra promessa, ecco, è stato alimentato con la manna donata da Dio, da Yahweh, così anche noi durante il nostro pellegrinaggio terreno, questo richiamo alla manna ci richiama che siamo pellegrini qui sulla terra in cammino, anche noi, in cammino verso la nostra vera patria che è il cielo, verso il paradiso. E dunque abbiamo bisogno, come il nostro corpo, in questo cammino terreno su questa terra, ha bisogno di un alimento, così anche la nostra vita spirituale, la nostra vita di sede, l'essere figli di Dio, Dio ha provveduto e provvede anche a darci questo alimento spirituale che è niente meno che il pane che è il corpo e il sangue del suo figlio. Quindi vedete che in questa dimensione abbiamo la dimensione del pellegrino, abbiamo la dimensione del cibo, dell'alimento che ci è indispensabile per poter proseguire nel nostro cammino verso la Patria Eterna. Sant'Ambrosio scrive così è mirabile che Dio abbia fatto piovere la manna per i padri e che si nutrissero con un alimento quotidiano disceso dal cielo. È qualcosa di mirabile, lui dice, giustamente. Per cui fu detto l'uomo mangiò il pane degli angeli. Questo è nel Salmo 77, Salmo che è uno dei libri della Bibbia dell'Antico Testamento. Ma quelli che mangiarono quel pane morirono tutti nel deserto. E aggiunge Sant'Ambrosio, invece questo alimento che tu ricevi, questo pane vivo disceso dal cielo, somministra il sostentamento della vita Eterna, ci alimenta della vita Eterna e chiunque ne avrà mangiato non morirà in Eterno perché è il corpo di Cristo. Qui Sant'Ambrosio cita appunto Giovanni, l'Evangelista, il Vangelo di Giovanni, al capitolo 11. Ora, fa attenzione, se sia più eccellente il pane degli angeli mangiato dagli ebrei nel deserto, oppure la carne di Cristo, la quale è indubbiamente un corpo che dà la vita. Quindi Sant'Ambrosio in pratica ci dice, ecco, pensi che sia più importante e più eccezionale e più miracoloso il fatto della manna, oppure non è forse più eccezionale, più importante, un miracolo ancora più grande, non è forse il fatto che addirittura il Figlio di Dio ci dà se stesso come cibo, come bevanda, ci dà il suo corpo, ci dà il suo sangue, è indubbiamente un corpo che dà la vita. Quella manna veniva dal cielo, questo corpo di Cristo è al di sopra del cielo. Quella era del cielo, questo corpo di Cristo è del Signore dei Cieli. Prima è dal cielo e poi del cielo. Quella, se si conservava per il giorno seguente, si guastava la manna. Questo, il corpo di Cristo, è alieno da ogni corruzione. Chiunque lo gusta con sacra riverenza non potrà soggiacere alla corruzione. Hai conosciuto ciò che vale di più, è migliore la luce dell'ombra, l'ombra, la manna, migliore la verità della figura, migliore il corpo del Creatore, migliore della stessa manna del cielo. Ecco, vedete come è anche già Sant'Ambrosio e pensiamo che siamo nel III-IV secolo. Dunque, come aveva ben chiaro anche l'importanza, lo splendore, la superiorità di questo grande dono che il Signore ci ha fatto e ci fa, del dono del pane, del vino, che sono il corpo e il sangue di Lui stesso. Il Cardinal Martini commentò il Capitolo VI del Vangelo secondo Giovanni, il 22 aprile 1988, alla Convocazione Nazionale del Rinnovamento dello Spirito. In tale circostanza mise in evidenza l'invito di Calebrano a transitare il guado della fede, ossia passare dalla manna all'Eucaristia, dai doni del Signore al Signore dei doni, che offre la sua vita per noi. Ecco, mi piace anche evidenziare questo passare dai doni del Signore al Signore dei doni. È quello che dovremmo ricercare un po' di fare nelle nostre preghiere, nella nostra relazione con Dio, dove molte volte noi chiediamo un dono al Signore. Sarebbe già bello se chiedessimo un dono del Signore, uno di quei doni speciali, spirituali più che materiali, che Lui è ben contento di metterci a disposizione. Però qui il Cardinal Martini ci invita a fare un ulteriore passo, e cioè, più che a chiedere doni del Signore o doni al Signore, di chiedere il Signore dei doni. E dunque l'accentuazione è sul Il Signore. È Lui il dono per eccellenza, a cui poi Lui si accompagna con i Suoi doni, ma è Lui anzitutto a cui dovremmo dare la priorità, la centralità. È la Sua persona, è il Suo essere, è la Sua opera, è il Suo essere con noi, per noi, è l'essere Lui il dono dell'Eucaristia. Ecco, questo mi piace appunto sottolineare. Molte volte chiediamo doni al Signore, dimenticandoci di chiedere ciò che è veramente più importante ed essenziale, e cioè Lui stesso, che è il dono per eccellenza. Lui, la Sua presenza, il Suo stare con noi, il Suo essere con noi, per noi, il Suo entrare dentro di noi. È questo che dovremmo, soprattutto quando partecipiamo all'Eucaristia, dovremmo cercare di vivere, di riscoprire e di attuare. Il Signore dei doni. Perché se Lui viene, poi, allora porta con sé anche tutti i Suoi doni. Quando invece gli chiediamo un dono, un dono al Signore o del Signore, allora può essere che riceviamo solo un aspetto, un dono, e non riceviamo tutto Lui, e tutto è Lui con tutti i Suoi doni, che ritiene importanti e necessari per la nostra vita spirituale. Egli invitava dunque, Cardinal Martini, a passare dalla manna al pane del cielo, nel senso di sapere andare oltre i primi gradini della lettura della parola di Dio e della meditazione discorsiva. Qui, naturalmente, il pane del cielo, Martini, essendo un grande biblista, è stato Arcivescovo di Milano e prima ancora Rettore dell'Università Ecclesiastica Pontificia la Gregoriana, ecco lui qui evidenzia soprattutto il pane del cielo che è la parola di Dio e quindi ecco, saper andare oltre i primi gradini, quando noi ascoltiamo la parola di Dio come pane del cielo, dalla lettura della parola di Dio e della meditazione discorsiva, che rimarranno sempre necessari e utili, ma che non eserciteranno il loro dinamismo, ci dice Cardinal Martini, se non giungeranno al pane celeste dell'orazione interiore, alla contemplazione evangelica, al guardare con adorazione e affetto colui che è stato trafitto. Ecco questo che ci invita appunto anche, partendo dalla dimensione della manna, ci aiuta a riflettere il Cardinal Martini e cioè pensiamo alla parola di Dio che viene annunciata, che viene proclamata soprattutto durante la celebrazione eucaristica come il pane del cielo, è Dio stesso che ci dona la parola del suo Figlio, che è il verbo di Dio, la parola di Dio, e dunque noi per questo diciamo che l'eucaristia è la mensa della parola e la mensa del corpo e del sangue di Cristo. Mensa, banchetto della parola. E qui Cardinal Martini, dunque, quando ascoltiamo questa parola, ecco, cerchiamo di passare dai primi elementi di questa parola che è la sua comprensione, sia letterale sia anche più profonda, spirituale, ecco dalla comprensione che pure dice è indispensabile, è necessaria, però ecco, cerchiamo di passare a una comprensione più profonda e cioè che è l'orazione. Dall'ascolto, dalla comprensione passo al pregare con la parola di Dio e cioè la parola che ascolto deve suscitare in me il desiderio di entrare in comunione con Dio e cioè di parlare, ascolto Dio che mi parla e io parlo con Dio, cioè prego. Ecco, dovremmo essere capaci proprio anche, e questo dovrebbe essere anche l'impegno, la missione del sacerdote durante l'omelia, che non è solo quello di spiegare la parola per comprenderla meglio, le letture che sono state proclamate, ma suscitare, muovere il cuore, insomma, in modo che quello che ascoltiamo lo trasformiamo in preghiera, in preghiera di lode, in preghiera di ringraziamento, in preghiera di contemplazione evangelica, cioè una contemplazione fondata che scaturisce dal Vangelo, dalla parola di Dio dunque, e fissiamo dunque il nostro sguardo, il nostro pensiero, il nostro atteggiamento, lo fissiamo appunto in Dio. Lui guarda me e io guardo lui, partendo e meditando, riflettendo e gustandoci quella parola che abbiamo ascoltato. Dovremmo cercare appunto di realizzare questo passaggio dalla manna al pane dell'Eucaristia, e dunque dalla parola che alimenta la nostra vita spirituale, ci illumina, ci conforta, ci sostiene, a quello che è poi il movimento del cuore, la preghiera, l'adorazione, la contemplazione, e dunque questo atteggiamento che deve caratterizzare la nostra relazione con Dio. Altro elemento, altro significato, è il buon profumo del pane. Come chi entra a digiuno ad esempio al mattino da un fornaio, a tutti noi ci sarà senz'altro capitato, e che viene investito piacevolmente da un buon profumo di pane fresco che si diffonde un po' nello stesso negozio, ma anche nella via abbiacente, così il credente che si accosta con fede all'Eucaristia può percepire il buon profumo di Cristo, chi si accosta con fede all'Eucaristia. E gustare nell'anima il sapore della sua dolcezza. Il Salmo appunto 34, 33, 9. Gustare il buon profumo di Cristo. Ecco, non dimentichiamo anche il buon profumo di Cristo che viene dato quando noi riceviamo il sacramento della Cresima. Noi sappiamo ad esempio che quel sacro Crisma con cui anzitutto veniamo batteggiati, ma poi soprattutto veniamo Cresimati, quel sacro Crisma è formato da olio di oliva misto con profumo, col balsamo, e che è consacrato dal Vescovo durante la Settimana Santa. E allora ecco perché Gesù Cristo ha voluto che il Crisma, che all'olio che ha tanti significati positivi e tanti effetti e risvolti positivi, si venisse anche aggiunto, venisse anche aggiunto il profumo. Perché Gesù Cristo ha voluto questo? Perché appunto qui, come dice l'Apostolo Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, è anzitutto Cristo il buon profumo, il profumo per eccellenza. E allora lui Cristo vuole effondere il suo profumo su di noi, vuole coprirci, invaverci con il suo profumo, perché noi, a nostra volta profumati da Cristo e di Cristo, possiamo diffondere questo nostro profumo alle persone che noi incontriamo durante la nostra vita. E per questo anche, vedete, che attraverso appunto il profumo, il buon profumo che si diffonde, che si affondi attorno, viene richiamato una delle missioni, una delle finalità che la Cresima appunto ci dona, e cioè quello dell'essere testimoni gioiosi, coraggiosi di Cristo. Un tempo si diceva chi riceve la Cresima diventa soldato di Cristo, per dire che diventa uno che difende la propria fede nei confronti di chi l'attacca, o di chi la nega, o da chi la offende, ma soprattutto è uno che porta agli altri, che dona agli altri questo grande dono che il Signore ha fatto a lui, il dono della fede, il dono del Vangelo, il dono della conoscenza di Dio. Ecco, il buon profumo, richiamando Cristo, richiama appunto questa missione che noi riceviamo, che Dio ci affida, proprio e soprattutto col Sacramento della Cresima, con il quale appunto il Signore ci dice ecco io ti affido la mia parola, il mio Vangelo, il mio messaggio, il mio amore, la mia presenza, i miei sacramenti, perché tu, li viva tu, ma anche li condivida con le persone che tu incontri durante la tua giornata. E dunque il profumo richiama proprio questa missione che il Signore ci affida. E notiamo bene, già che parliamo della Cresima, che insieme a questo Sacramento il Signore ci dona, ci dona a se stesso, il suo profumo, il profumo del Signore Gesù, ma nello stesso tempo ci mette a disposizione anche i Suoi famosi sette doni dello Spirito Santo. Donandoci lo Spirito Santo ci dona la comunione con Dio in pienezza, che è lo Spirito Santo, comunione d'amore, e insieme ci dona appunto quei famosi sette doni dello Spirito Santo, e poi ci dona anche i dodici frutti di cui San Paolo parla appunto sempre all'interno di questa, della lettera ai Galati. Pertanto come si fa a dire di no al Signore, a questo Sacramento della Cresima? E come si fa? E come fanno alcuni genitori che dicono ai propri figli, quando sono in età di ricevere il Sacramento della Cresima, quindi da ragazzi, dicono beh non ti preoccupare, se vuoi la potrai fare anche più tardi quando te sposi, se te sposi in Chiesa, e quindi non è così necessaria, non è così indispensabile. Ecco, significa che non conosciamo un discorso di questo tipo? Significa che non conosciamo questo grande dono? Pensate che è uno dei sette Sacramenti istituiti da Gesù Cristo, e poi torna a dire, insieme con Lui, col buon profumo di Cristo, ti viene dato lo Spirito Santo, ti vengono dati i sette doni, ti vengono dati i dodici frutti, e dunque come fai a dire di no a tutto questo ben di Dio, a dire beh puoi anche vivere anche senza questi doni? Certo che puoi vivere anche senza, ma che tipo di vita è senza questi doni importanti che il Signore ti vuol regalare? Qui è questione molte volte di ignoranza, e cioè di non conoscere abbastanza sufficientemente questo grande dono che il Signore ha voluto metterci a disposizione istituendo il Sacramento della Crescima. È importante, genitori, e tutti noi anche, che ci impegniamo a far conoscere di più questo Sacramento, con i suoi aspetti positivi. È il Signore che ha fiducia in te, che ti chiama a condividere con Lui l'impegno della testimonianza, dell'annuncio della Sua Parola. Pensate un po', il Signore che ci chiama a collaborare con Lui. Certo che Lui potrebbe fare anche tutto da solo, però non ci sentiremmo importanti se la persona più importante del mondo venisse a chiedere il nostro aiuto, la nostra collaborazione nel compiere una particolare compito, missione. Qui abbiamo addirittura il Dio, il Signore del Cielo e della Terra, il Creatore di tutto e di tutti, che ha bisogno di te, che ti chiede il tuo aiuto, che ti chiama a collaborare con Lui, che ti innalza questa grande dignità di essere collaboratore con Lui nel condividere con gli altri, nel portare agli altri anche, oltre che nel vivere tu, te stesso, e questo grande dono della Sua presenza, della Sua vicinanza, dell'Eucaristia. Possimo consapevoli maggiormente di tutto questo e dovremmo cercare di esserlo sempre di più. Scusate se mi soffermo un po' su questo aspetto del buon profumo che è legato appunto al sacramento della Crescima, perché purtroppo anche qui da noi sento molte volte i genitori che dicono non è importante, una volta fatta la prima comunione puoi anche tralasciare questo sacramento della Crescima. E allora c'è molti ragazzi che rinunciano, non sollecitati sufficientemente anche dai genitori a riprendere il cammino, e quindi rinviano la Crescima a chissà quando. Poi arriva il momento in cui si sposano, si ricordano che non hanno la Crescima e allora devono fare tutto un corso supplementare e dunque c'è il pericolo di fare un'indigestione e quindi di non maturare con calma e con profondità questo grande dono. Comeppure anche poi quando nasce un bimbo e vogliono fare da padrino, da madrina a quel bimbo, si accordano allora di non avere la Crescima e allora ecco che chiedono corsi accelerati, ma anche questi corsi accelerati offendono la dignità del sacramento, oltre poi a offendere anche la dignità della persona che fa un'indigestione, che è costretto a corsi eccessive che non ti consentono di motivare, approfondire, conoscere in profondità e di macinare dentro, di gustare dentro e di digerire dentro quello che ti viene proposto con la catechesi su questo importante sacramento che è il sacramento della Crescima. E' estrettamente legato anche all'Eucaristia il sacramento della Crescima, perché viene celebrato ad esempio durante la Messa e perché? Perché appunto il dono dello Spirito Santo viene fatto da Gesù, è il giorno stesso della sua risurrezione e quindi è frutto questo dono, è stato pagato a caro prezzo il dono dello Spirito Santo da parte di Gesù con la sua passione, con la sua morte, con la sua risurrezione, la sera di Pasqua che Lui effonde lo Spirito Santo dicendo ricevete lo Spirito Santo. E dunque il sacramento della Crescima è nato nel giorno di Pasqua, ecco perché normalmente viene anche celebrato durante il tempo pasquale, dalla Pasqua in poi. E dunque è un dono preziosissimo, se Gesù per guadagnarci, per ottenerci questo dono ha sosserto, è morto ed è risorto, significa che è un dono preziosissimo. Ecco è questo che dovremmo cari genitori, cari catechisti, cari fedeli che mi ascoltate, dovreste cercare di spiegare la bellezza, la grandezza, la profondità, l'altezza e l'estensione di questo dono che il Signore ci fa. E' qui che dovremmo veramente capire, comprendere e cercare di convincere, di condividere anche con gli altri. Non si tratta di imporre niente, ma si tratta di aiutare le persone a comprendere, a capire questo grande dono del profumo di Cristo. Sì, usiamo pure anche i profumi materiali, ma non dimentichiamo che col sacramento della Crescita siamo stati investiti da questo profumo di Cristo, ed è il profumo delle nostre buone opere, che noi dovremmo appunto attraverso le nostre buone opere, la nostra testimonianza, il nostro buon esempio di vita cristiana, diffondere questo buon profumo di Cristo, aiutare gli altri a scoprire la bellezza dell'essere cristiani e a ricevere anche questi sacramenti dell'Eucaristia e anche della Crescita, proprio attraverso la nostra testimonianza, il nostro buon esempio di vita cristiana, il nostro esempio dell'applicazione delle virtù, nel vivere le virtù della vita cristiana. Ecco, scusate se mi sono soffermato un pochettino di più su questo aspetto, ma ritengo che sia importante, soprattutto nel contesto di oggi, anche qui nella nostra diocese, nelle nostre parrocchie, dove vedo che diminuiscono sempre di più quelli che celebrano i ragazzi che dopo aver fatto la prima comunione abbandonano, aumentano sempre di più questi ragazzi che abbandonano la catechesi, in vista proprio anche perché non ritengono importanti, e qui sono i genitori su cui dobbiamo lavorare maggiormente, non ritengono importante continuare la catechesi in preparazione alla Crescita. E se uno ti venisse a dire ti voglio fare un gran regalo, un regalo di un miliardo di euro, e tu gli dici no, guarda, aspetta quando ne sposo, aspetta quando sarò più grande. È la non conoscenza di questo gran regalo che mi preoccupa. Perché ne parliamo anche poco? Perché lo testimoniamo anche con poca convinzione e con poca gioia? Mi raccomando. Comunque, se volete intervenire su questo argomento, grazie, io mi fermo.