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E riprendiamo dopo la pausa natalizia, riprendiamo questa Catechesi del venerdì, l'abbiamo dedicata da ottobre all'Eucaristia e in particolare l'Eucaristia nell'aspetto di cibo di vita eterna. Se vi ricordate, da ottobre a Natale abbiamo cercato di approfondire un po' il significato dell'Eucaristia, anzitutto come cibo e poi come il vino, che è l'alimento che Gesù Cristo ha voluto che venisse utilizzato nell'Eucaristia e poi abbiamo incominciato in dicembre anche a parlare un po' del pane, altro alimento che è indispensabile per poter celebrare l'Eucaristia, pane e vino. E questo alimento del pane abbiamo incominciato ad esaminarlo, vedendo i vari significati, le varie importanze, anzitutto l'importanza del pane nell'antichità e poi con l'avvento del Cristianesimo ecco alcuni significati che dal momento che Gesù Cristo l'ha assunto, questo alimento, il pane, come alimento eucaristico, ha voluto anche donare al pane alcuni precisi significati che sono propri, che provengono e che illuminano l'Eucaristia e provengono dalla fede cristiana. Il pane dunque abbiamo visto come segno di Dio stesso, il pane segno di ogni dono divino, il pane che richiama il mistero pasquale, il pane che richiama l'unione con Cristo e tra di noi, aspetti su cui già abbiamo riflettuto nel mese di dicembre anche solo sinteticamente, naturalmente, e poi avevamo iniziato a esaminare l'aspetto del pane che richiama lo status del pellegrino. Vorrei continuare ancora un po' su questo aspetto del pellegrino, già abbiamo visto come nell'Antico Testamento già appunto Dio, attraverso la figura di Abramo, ha offerto questo cibo, questo alimento e Elia, anche quest'altro il profeta Elia, che trova accanto alla sua testa la focaccia, simbolo anch'esso del pane eucaristico, perché Gesù Cristo ha offerto il suo corpo per noi, affinché noi avessimo la sua forza, la sua fede, la capacità di portare, come ha fatto Elia, a compimento il cammino terreno, attuando la missione stessa che lui ci ha affidato. Tutto questo era chiuso nelle parole che l'angelo dice ad Elia, nel Primo Libro dei Re dell'Antico Testamento, alzati e mangia. Una bella espressione che non ha solo, e così, il significato immediato materiale, ma soprattutto il significato spirituale. Alzati dalla tua situazione di peccato, dalla tua situazione di indegnità, mangia il pane che Dio stesso ti offre e che ti consente di vivere in un livello e in una dimensione senz'altro superiore. Abbiamo bisogno del corpo e del sangue di Cristo per alzarci. Abbiamo bisogno di nutrirci di questo pane, non una volta soltanto, ma continuamente, come anche il nostro corpo, d'altra parte, ha bisogno di un alimento continuo, così edicasi pure anche di questo pane spirituale che ci viene appunto dato, il pane eucaristico, per la nostra vita spirituale. Perché spesso noi siamo tentati di sederci, di addormentarci, di dimenticarci dell'amore infinito che Dio ha per noi. Sì, è sempre un po' la tentazione e il rischio che possiamo avere, in cui possiamo incorrere, e cioè che appunto quello di sedimentarci, sederci, e mentre invece il Signore ci dice coraggio, alzati, ti do una nuova giornata, ti do una nuova possibilità perché tu cresca, perché tu ti purifichi, perché tu possa crescere sempre di più nella mia intimità, nel mio amore. Questo è quello che avvenne a Velia e avviene puntualmente anche a tutti noi. Solo partecipando dunque all'Eucaristia e nutriendoci del suo corpo, del corpo di Cristo, possiamo camminare, come ha fatto Elia, i famosi, scusate, i famosi 40 giorni e 40 notti, simbolo anch'essi dei giorni del nostro cammino terreno, per arrivare all'Oreb, a quell'incontro con il Signore, alla fine della nostra vita, al momento della nostra morte, allorquando appunto ci incontreremo con Lui. E' bello vedere appunto anche la morte come l'incontro di Dio con noi faccia a faccia e l'incontro anche nostro con Dio. L'Eucaristia ci ricorda che non siamo creature autosufficienti e che tutti i giorni abbiamo bisogno di nutrirci. Il cammino è faticoso, il cammino richiede appunto un continuo nutrimento. Era un pane regalato per l'umanità, invece è stato mangiato solo da qualcuno, e l'amore non può sopportarlo. Il cibo non è proprietà privata, ma provvidenza da condividere con la grazia di Dio. Solo l'Eucaristia è in grado di saziare la fame d'infinito e il desiderio di Dio che anima ogni uomo, anche nella ricerca del pane quotidiano. Questa è una catechesi appunto di Papa Francesco del marzo dell'anno scorso. Nel cosiddetto pane quotidiano, quello che noi chiediamo, invochiamo continuamente ogni qualvolta ricitiamo la preghiera del Padre Nostro, dacci oggi il nostro pane quotidiano, non intendiamo semplicemente il pane materiale che alimenta il nostro corpo, anche questo certo è importante, ma intendiamo anche e soprattutto il pane eucaristico, perché ogni giorno abbiamo bisogno di questo continuo alimento che solo l'Eucaristia è in grado di saziare quella fame d'infinito e quel desiderio di Dio che è presente e che anima ogni uomo. Altro aspetto su cui vorrei soffermarmi in qualche istante, il pane richiama alcuni aspetti dell'amore. Quali? Gesù è venuto come pane perché voleva amarci e ha voluto appunto rimanere con noi sotto le specie del pane perché voleva amarci. Personalmente, attraverso il fatto della comunione sacramentale, lui ci incontra uno a uno personalmente, addirittura si fa mangiare da noi, vuole essere una cosa sola con noi, tanto che San Paolo esclamerà non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me. E quindi ecco, vuole amarci personalmente, individualmente, ognuno di noi è un essere, figlio di Dio, in quanto battezzato e quindi è in questa relazione speciale, unica, originale, tipica che appunto quella dell'incontro di Dio con ciascuno di noi. Vuole anche amarci da dentro, entrando in noi, lasciandosi mangiare da noi, anche questo è un aspetto che senz'altro ci fa riflettere e non si accontenta solo di qualcosa di esteriore, che d'altra parte è questa una dimensione che è consentita solo a lui, perché anche nell'intimità più perfetta e più in sintonia che si possa realizzare fra due persone, pensiamo all'intimità per esempio coniugale tra un uomo e una donna, però rimane sempre l'uno esterno all'altro, e invece qui attraverso la comunione sacramentale abbiamo un Dio che entra in noi, che ci trasforma in lui e che si lascia dunque mangiare da noi. Altro aspetto, l'ossia bianca richiama la purezza. Come già vi avevo anticipato, quando avevamo iniziato a parlare dell'Eucarestia e di questi vari aspetti, la mia intenzione è solo di offrire degli spunti, offrire dei agganci, delle piste di approfondimento, lasciando poi a voi la possibilità di riprenderli e di svilupparli maggiormente e di rifletterci sopra, di meditarli e quindi anche di approfondirli di più. Siccome sono molti questi aspetti e sono più di quasi un centinaio, allora ecco che vorrei presentarli in una dimensione abbastanza sintetica per offrire a voi poi la possibilità di riprenderli e di approfondirli volta di quando, attraverso la vostra preghiera, la vostra meditazione. L'ossia bianca richiama purezza. L'ossia è bianca, indica dunque purezza, candore. Sono le caratteristiche con cui dobbiamo ricevere l'Eucarestia. Purezza di cuore, ottenuta soprattutto con il sacramento della confessione. Toglie la polvere anche dei peccati deniali. E' importante a questo riguardo, e qui dovremmo veramente un po' tutti darci da fare, è importante che se tu fai la comunione tutte le domeniche, beh almeno, almeno dico, una volta al mese una bella lavata col sangue di Cristo dei nostri peccati ci vuole. Anche dei peccati deniali. E' vero speriamo di non avere peccati mortali, ma certo è che di peccati deniali ne abbiamo parecchi. Tant'è vero che la stessa Bibbia, nel Libro dei Proverbi dell'Antico Testamento, ci dice che il più santo sulla terra pecca almeno sette volte al giorno, e noi sappiamo che il numero sette significa molte volte, e pertanto ecco è giusto che arrivando puntuali alla Messa noi possiamo iniziare sempre la Messa battendoci il petto, riconoscendoci peccatori, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni. Ecco, se noi riflettessimo anche solo su quest'ultima parola, omissioni, cioè il bene che avrei potuto fare e non ho fatto, beh qui di peccati a voglia che ne commettiamo, peccati di omissione. Il bene che avrei potuto fare alla mia anima, il bene nei confronti di Dio, il bene nei confronti delle anime dei nostri cari, dei nostri familiari, qui quanto e quanto potremmo e dovremmo fare di più. Il bene anche che possiamo fare per le persone vicine, colleghi di lavoro, condomini e tante altre persone che incontriamo. Effettivamente c'è da battersi il petto e riconoscersi peccatori. Ora, il sacramento della confessione appunto, il Signore l'ha istituito, è uno dei sette sacramenti e l'ha istituito perché possiamo avere il perdono dei peccati compiuti dopo il battesimo. E il Signore desidera proprio anche lavarceli questi peccati anche veniali, pertanto non è certo possibile che qualcuno di noi possa dire io sono senza peccato. Chi dice di essere senza peccato, la Bibbia ci dice che è un cieco, oppure è un bugiardo, oppure ecco, come ho citato prima, è un bestemmiatore. Perché? Perché dava il bugiardo a Dio, perché Silvia che appunto Dio, che ci ha detto già nell'Antico Testamento che il più santo pecca almeno sette volte, Silvia che Dio è un bugiardo a dire così. E se io dico di essere senza peccato, dov'è il bugiardo a Dio? E pertanto commetto una bestemmia. E pertanto è giusto e doveroso che ognuno di noi si riconosca peccatore e abbia appunto a ricorrere al sacramento della confessione. Certo, anche ai nostri giorni, guardando nelle nostre chiese, si vede che ci sono lunghe file di quanti accedano alla comunione, ma ancora i confessionali, anche qui nelle nostre parrocchie, io non vedo le lunghe file davanti ai confessionali. Il che veramente, ecco, mi preoccupa perché se uno fosse veramente santo e si comporterebbero come tanti santi che riconoscono di essere gran peccatori pur anche commettendo i minimi peccati deniali, però essendo vicini alla luce di Dio, alla grande luce di Dio, vedono che la loro situazione interiore è macchiata anche dai più piccoli peccati deniali. E quindi ci sono stati tanti e ci sono santi che anche oggi ricorrono frequentemente, magari anche ogni giorno, alla confessione o ogni settimana, ma non perché commettano peccati mortali, ma perché avvertono che ogni minimo gesto, ogni minima parola di omissione o di azione, ecco, la sentono come un'offesa nei confronti dell'infinito amore di Dio. Più sono vicino alla luce e più vedo. Se io entro in una stanza, frequentemente faccio questo esempio, se io entro in una stanza ed è completamente buia, io non vedo nulla di quello che c'è di ordinato, di disordinato o di pulito, di sporco in quella stanza. Ma se io a un certo punto comincio ad accendere un fiammifero, comincio a vedere qualcosa. Se accendo una lampada, vedo molto di più. Se accendo dieci lampade, vedo molte, molto di più. Se accendo cento grossi fari, noto ogni minimo piccolo sporco che c'è. Ecco allora, più sono vicino alla luce di Dio, più questa luce mi illumina, la luce di Dio, e quindi più anche avverto quali sono appunto le mie pecche, i miei peccati, e di questo chiedo appunto perdono a Dio. Ecco, è questo che dovremmo un po' percepire. Poi c'è un altro aspetto, che anche solo brevemente accenno. Ogni qualvolta noi andiamo a ricevere il sacramento della confessione, ci viene data anche una grazia supplementare. Non solo ci vengono perdonati i peccati, ma Dio ci fa un regalo di una grazia particolare, che noi chiamiamo la grazia sacramentale, cioè la grazia propria di quel sacramento della confessione. Ed è un aiuto speciale che Dio ti dà, non solo per evitare maggiormente i peccati, ma anche per crescere nella positività della fede cristiana, nelle virtù cristiane, e quindi anche ti dà la possibilità di migliorare la tua vita spirituale. Ecco pertanto che tante altre cose sarebbero da dire sul sacramento della confessione, che è un grande dono che il Signore ci ha istituito e ci ha messo a disposizione, e varrebbe veramente la pena ecco che lo celebrassimo frequentemente, e anche bene. E su questo bene permettetemi che faccia qui anche un richiamo, perché non è certo una cosa opportuna che uno si confessi durante la Messa Domenicale. Due cose non le puoi fare bene insieme. La Messa Domenicale merita tutto il tempo, tutto il rispetto che essa richiede, come pure anche la confessione. Quindi il sacramento della confessione va celebrato, va attuato al di fuori soprattutto della Messa Domenicale. Quindi mi raccomando in modo che possiamo celebrarlo con calma, con fede, e a questo riguardo ecco ringrazio anche tutti i sacerdoti che si mettono a disposizione e con pazienza, con costanza, stando nel confessionale, ore durante la giornata, a disposizione dei fedeli, mettendo fuori anche il cattello in maniera che i fedeli sappiano in quali orari possono trovare il sacerdote in quella Chiesa, e possano quindi celebrare con calma, con fiducia e con grande fede questo grande dono che il Signore ci ha messo a disposizione del perdono, del lavaggio dei nostri peccati, anche dei peccati veniali. Altro aspetto che mi sembra rilevante e importante, il pane eucaristico richiama l'Incarnazione, anzi direi che è un prolungamento dell'Incarnazione, è un prolungamento del Natale. Abbiamo appena vissuto da pochi giorni e stiamo ancora vivendo il tempo del Natale e dopo domani celebriamo la festa del Battesimo del Signore che è un po' la conclusione del periodo natalizio e qualche giorno fa abbiamo celebrato lunedì la festa dell'Epifania, e dunque ecco in che senso appunto il pane eucaristico prolunga e richiama l'Incarnazione. Il farsi pane da parte di Cristo è possibile perché il Figlio di Dio si è fatto uomo. Certo Dio e il suo Figlio avrebbe potuto anche inviarcelo e donarcelo in tante altre maniere, ma Lui ha seguito, Dio Padre, ha seguito la via dell'Incarnazione nel grembo della Vergine Maria e quindi Lui si è fatto uno di noi nel mistero appunto del Natale, è venuto fra noi è vissuto come noi e tutto uguale a noi eccetto che nel peccato. D'altra parte il peccato non poteva certo essere qualcosa che potesse intaccare appunto il Figlio di Dio. Sant'Agostino commenta dunque così. Chi se non Cristo è il pane del cielo? Ma perché l'uomo potesse mangiare il pane degli angeli, il Signore degli Angeli si è fatto un uomo. E aggiunge ancora Sant'Agostino, se tale non si fosse fatto non avremmo il suo corpo, non avendo il corpo proprio di Lui non mangeremmo il pane dell'altare. Ecco, penso che dobbiamo riflettere un po' anche sul termine corpo. Noi utilizziamo la stessa parola corpo per indicare il corpo fisico di Cristo, ma lo stesso termine corpo noi lo utilizziamo per indicare il corpo eucaristico, l'eucaristia, e non dimentichiamo che lo stesso termine corpo noi lo utilizziamo anche per indicare la Chiesa, la famiglia dei battezzati, che è chiamata il corpo di Cristo, di cui Cristo è il capo di questo corpo. Ora noi abbiamo lo stesso termine che indica tre realtà diverse, ma che si richiamano e si completano a vicenda. Il corpo fisico di Gesù, quel corpo che è stato assunto nel grembo del Vergine Maria, concepito per opera dello Spirito Santo, il corpo eucaristico, l'eucaristia istituita da Gesù Cristo, e il corpo, appunto, ecclesiale. Ora, questa realtà del corpo, che in senso analogico indica queste tre grandi realtà, ognuna di queste realtà, dunque, ha un aspetto visibile, però anche un aspetto invisibile. L'aspetto visibile, pensiamo, al corpo fisico di Gesù. Beh, lo toccavano, lo vedevano faccia a faccia, stavano con Lui, e dunque, però, esso anche richiedeva una dimensione invisibile, e cioè, alcuni lo riconoscevano semplicemente come il figlio del Palename, figlio di Maria, altri invece lo riconoscevano non solo come figlio di Maria, figlio del Palename, ma come figlio di Dio. E quindi questo aspetto visibile e invisibile era reso possibile il collegamento attraverso la fede. Già anche con i contemporanei di Gesù si richiedeva a loro la fede, per vedere in quel corpo fisico la dimensione invisibile che è quella del figlio di Dio. Quindi il corpo fisico di Gesù era l'elemento materiale, visibile, concreto, che però richiedeva, per essere riconosciuto nella sua dimensione invisibile, richiedeva la fede. Non vi sembra che questo anche avvenga nel corpo eucaristico di Gesù? Noi vediamo qualcosa di concreto, anzi, addirittura quando andiamo a fare la comunione sacramentale, noi sentiamo, noi non solo vediamo una forma, un colore dell'ostia, anche gustiamo un sapore che è puramente materiale. Ma nello stesso tempo chi per il credente sa che quello non è semplicemente pane, quello è la specie, gli aspetti esteriori sono dati dal pane, ma quello che in realtà è, nella sua essenza, nella sua sostanza, è il corpo di Cristo. Ma per riconoscere questo corpo di Cristo che è presente in quelli aspetti esteriori del pane, beh, ci vuole la fede. Ed è come nel corpo fisico, ci vuole il corpo fisico di Gesù, ci vuole la fede per riconoscere in lui il figlio di Dio, così nel corpo eucaristico ci vuole la fede per riconoscere in quegli aspetti che sono puramente esteriori, che compongono il pane, per riconoscere che la sostanza è il corpo di Cristo. Non è semplicemente un segno, ma è sostanzialmente corpo di Cristo. Così pure dicaci anche per quanto riguarda la Chiesa, la famiglia dei battezzati. Ecco, noi vediamo gli aspetti istituzionali, gli aspetti visibili della Chiesa, Chiesa non solo come architettura, come mura, ma Chiesa soprattutto come persone, persone battezzate. Noi vediamo le persone, vediamo l'istituzione Chiesa attraverso il Papa, i bilescovi, i sacerdoti, i fedeli laici, i catechisti, i ministri straordinari, gli operatori caritativi, gli animatori oratoriani, insomma vediamo tante tante persone, tanti oggetti anche che compongono la Chiesa e tante anche realtà che compongono la Chiesa, però per vedere la dimensione invisibile della Chiesa, non visibile della Chiesa, ci vuole la fede, e cioè per vedere la Chiesa, famiglia dei battezzati, come popolo di Dio, come corpo di Cristo, avente come capo Cristo stesso. Per vedere e accogliere la Chiesa come Tempio dello Spirito Santo, noi queste dimensioni non le vediamo, non le tocchiamo con le mani, però le attingiamo con la fede. Ecco, vedete come sia nel corpo fisico, sia nel corpo eucaristico, sia nel corpo ecclesiale, ci siano elementi in comune che sono dati da alcuni dati fisici, biologici, concreti, visibili, e però ci sono anche elementi che non si vedono e che però sappiamo che sono presenti e che si possono accogliere appunto solo attraverso la fede. Anche dunque la fede ci unisce all'incarnazione, ci unisce all'eucaristia, ci unisce alla Chiesa. A questo riguardo ecco, vorrei anche dire una parola su questa Chiesa, e cioè non guardiamo solo agli elementi esteriori, cerchiamo di andare un po' al di là, perché se tu ti fermi solo agli elementi esteriori e soprattutto magari forse ti fermi agli elementi peccaminosi, agli elementi che sono deficitari, che presentano le persone di Chiesa, beh, facciamo difficoltà accogliere allora la santità della Chiesa. Eppure noi ogni qualvolta professiamo il credolo, diciamo, credo la Chiesa una, santa, cattolica, e cioè universale, e apostolica, e cioè fondata sugli Apostoli. Papa in comunione con i Vescovi, i Vescovi in comunione con il Papa, successori degli Apostoli. E dunque questi elementi, anche e soprattutto la santità della Chiesa, sì, con tanti misfatti compiuti da uomini di Chiesa, da donne di Chiesa, e i giornali ce li sbattono anche in prima pagina, e delitti anche compiuti e veramente gravi da persone di Chiesa, ecco, molte volte facciamo difficoltà ad andare al di là di questi aspetti negativi per cogliere la santità della Chiesa. La Chiesa è santa, ma anche ciascuno di noi in virtù del battesimo è santo, e poi certo deve manifestare questa santità nella vita quotidiana. Purtroppo il peccato tende a essere presente prevalentemente e anche a diffondersi sempre di più, e viene sbattuto anche in prima pagina. Sappiamo tutti quell'antico proverbio, che dicono che sia cinese, non so se è cinese o meno, che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Tante persone, tanti cristiani vivono bene, con semplicità, con umiltà, con dedizione, con santità di vita, molti anche dando testimonianza quotidiana della propria fede a Gesù Cristo e agli altri, e però non vanno a finire sui giornali. Difficilmente i giornali se ne parlano, invece certo se c'è un vescovo, se c'è un prete, se c'è un fedele cristiano che fa un grave errore, un grave peccato, un grave delitto, beh in questo caso facilmente va in prima pagina. Pertanto ecco non lasciamoci troppo affascinare anche da questa realtà negativa, cerchiamo di non vedere solo quella, cerchiamo di non generalizzare dicendo che sono tutti così, cerchiamo di andare al di là e di cogliere quell'aspetto positivo, quella santità, quella presenza del bene che pure tanto e tanto c'è, anche ai nostri giorni. E comunque, certo, ci vuole anche qui uno sforzo, un impegno, un andare al di là di quello che vediamo, per vedere anche, pur in mezzo a tanto male, qualche lume, qualche luce di bene che pure c'è. Ecco, e qui, torna a dire, ci vuole una certa capacità e ci vuole anche una certa fede. Con questo non voglio scusare i certi delitti, non voglio scusare i gravi peccati, i gravi misfatti, concluti soprattutto anche da uomini e da donne di chiesa, persone consacrate. Certo, una cosa veramente grave, ma nello stesso tempo, ecco, non fermiamoci solo a quello, cerchiamo appunto di guardare con altri occhi anche il tanto e il tanto bene che pure è presente ed è diffuso anche ai nostri giorni. E allora, il pane è frutto della terra e del lavoro dell'uomo, altro aspetto, ed è quello che noi al momento dell'offertorio ripetiamo, il sacerdote ripete, e in ogni celebrazione eucaristica. Il pane è frutto di collaborazione, certo, anche questo, ecco, un aspetto che mi piace evidenziare. Collaborazione di gratuità e dono della terra. Il piccolo seme che viene gettato nel terreno fecondo, buono, beh, pian piano, siamo nel tempo invernale, ecco, marcisce, viene coperto anche magari dalla neve e poi, pian piano, in primavera sboccia, fiorisce nello stelo e poi nella fioritura del grano. Tutto gratuitamente, è un dono veramente della terra, noi diciamo è dono di Dio che rende capace certo anche questo è un miracolo che se uno ci riflettesse un pochettino sopra deve rimanere incantato. Purtroppo anche la realtà del contadino non è così diffusa come era un tempo. Il contadino aveva la possibilità di sperimentare questo ogni giorno, come la terra produca spontaneamente tanti e tanti. Noi oggi, vivendo in gran parte nelle città e non occupandoci, pochi occupandosi della terra e dell'agricoltura, ecco, andiamo nei negozi compriamo i prodotti ma non seguiamo il processo naturale di crescita di quel prodotto. Il contadino invece che lo semina, poi lo concima, poi aspetta, poi pian piano lo vede crescere, lo vede spuntare, lo vede crescere e poi lo vede fare frutto, beh certo, lui comprende questa gratuità che viene appunto dalla terra ma dalla terra come dono di Dio, dalla terra appunto che è stata appunto pensata e voluta da Dio che fosse a servizio dell'uomo, dono dunque della terra, dono gratuito della terra. Ma nello stesso tempo anche non c'è solo l'aspetto di gratuità ma c'è anche l'aspetto di lavoro, di fatica e quindi c'è questa collaborazione tra Dio e l'uomo, tra la terra e l'uomo e il lavoro dell'uomo, anche e soprattutto per certi frutti o per certi alimenti e quanto lavoro. Pensate ad esempio all'uva, ai vigneti, qui siamo anche immersi noi piatrascati in questa realtà e se uno pensa a quanto lavoro richiede un vigneto e anche nel periodo invernale che va potato, poi quanto lavoro comporta l'uva per poter arrivare poi all'uva e per poter poi arrivare al vino. Ecco, è frutto sì, è dono certo sempre della terra e di Dio ma nello stesso tempo è frutto e anche di fatica, di fatica umana. Poi forse arriva improvvisamente un temporale, una tempesta e tutta quella gratuità, quel lavoro è disperso, va perso e allora ecco anche lì che tipo di reazione l'uomo può avere di fronte anche a catastrofi di questo genere. S'aspettava un alimento per se stesso, per la sua famiglia e purtroppo cinque minuti di un temporale, di una grandinata, giunge a distruggere anche certe coltivazioni. Anche questo certo purtroppo sono rischi e sono situazioni a cui finché siamo su questa terra siamo continuamente soggetti, di lavoro, di fatica, di impegno costante da parte dell'uomo. Ecco, è il frutto di questa collaborazione di terra e di uomo e richiama anche qui e nello stesso tempo è frutto e collaborazione naturalmente di Dio. Per noi cristiani è giusto dunque che rendiamo l'ode e grazie a Dio anche per tutti i doni della terra e conserviamola questa terra. A questo riguardo io vi inviterei ad andarvi a leggere un po' quella scheda che trovate anche sul sito della Diocesi, diocesifrascati.it, e lì andando sul sito della Diocesi nella rubrica che cura direttamente il Vescovo, in evidenza c'è appunto la scheda che è intitolata il creato. Però in questa scheda, che è un pochettino lunga, sì, però è sempre fatta in forma dialogica, ecco, ho voluto mettere in relazione il creato con la persona umana e con Dio. Qual è la relazione fra i tre? Ecco, è quello che anche dovremmo cercare di vedere e così comprenderemo meglio anche l'Eucaristia, perché nell'Eucaristia c'è appunto questa collaborazione tra il creato, che è dato dal pane, dal vino e dalle tante cose, dalle mura della chiesa e dalle sutellette, dai banchi, da tante cose, e poi c'è la fatica, il lavoro, l'impegno, chiamiamolo l'impegno, la gioia dell'uomo, della persona umana che partecipa all'Eucaristia, che parte da casa, lascia tutto per andare a incontrare il Signore che l'aspetta nell'Eucaristia, e ci vuole anche qui un impegno, anche e soprattutto perché in certe situazioni, e soprattutto anche per i nostri giovani, sentono l'attrattiva di tanti che dicono ma che vai a perdere tempo ad andare a Messa a sentire un prete, ma che vai a divertirti, dormi maggiormente, dedicati alle escursioni al mare, in montagna e via da già, ma che vai a perdere tempo ad andare a Messa, e qui allora ci vuole fatica, ci vuole impegno, ci vuole anche andare controcorrente, è l'impegno appunto dell'uomo, che invece resiste a queste tentazioni e decide invece, no, oggi è domenica, vado a Messa e voglio andare a Messa a incontrare il Signore perché Lui mi aspetta, perché Lui vuole parlarmi, perché Lui vuole incontrarmi, ecco, è l'impegno che ci vuole anche qui dell'uomo, e poi il grande dono di Dio è il Dio che ti fa dono ogni domenica di se stesso, del Suo Figlio, dello Spirito Santo, proprio nella celebrazione della Messa, e non c'è una preghiera, non c'è un'azione che possa superare la Messa da un punto di vista cristiano. Tra i sette sacramenti, l'abbiamo già letto, lo diremo tante e tante altre volte, tra i sette sacramenti l'Eucaristia è il principale, è il sacramento insuperabile, fonte e culmine di tutta la vita sacramentale cristiana, e pertanto, effettivamente, è frutto di tutta questa collaborazione. Dio che ti offre il Suo Figlio, la Terra stessa che partecipa, che ti offre tanti e tanti elementi di se stessa, nella celebrazione, e ci vuole anche il tuo impegno. Questa collaborazione è evidenziata nella scena miracolosa, ad esempio, della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che precede immediatamente l'annuncio dell'Eucaristia, nel discorso di Gesù che fa nella sinagoga di Caparno poi l'annuncio dell'Eucaristia. La collaborazione perché? Perché Gesù poteva fare il miracolo anche senza i pani e i pesci che un ragazzo aveva, pochi pani e pochi pesci, e però ha detto no, no, portatemeli. Ma che sono? Sono pochi pani e pochi pesci di fronte a 5.000 uomini senza contare le donne e i bambini. E lui dice no, no, voglio la collaborazione. Ecco, è questo che anche non dovremmo mai dimenticare. Dio aspetta anche la tua di collaborazione. Gli puoi dare un minuto, gli puoi dare mezz'ora, gli puoi dare un'ora, gli puoi dare mezza giornata, e che è? Di fronte al mare delle necessità del mondo. Dagliela quel minuto, quella mezz'ora, quell'ora, quella mezza giornata, quella giornata. Dagliela al Signore, con fiducia, con umiltà, e lui saprà poi far diventare quella mezz'ora, fecondandola e attraendo grandi e grandi frutti, come ha fatto quella moltiplicazione dei pani e dei pesci. In tale scena, ha detto Benedetto XVI, viene segnalata anche la presenza di un ragazzo che, di fronte alle difficoltà di sfamare tanta gente, mette in comune quel poco che ha. Cinque pani e due pesci. Giovanni, capitolo sesto. Il miracolo non si produce da niente, ma da una prima modesta condivisione di ciò che un semplice ragazzo aveva con sé. Gesù non ci chiede quello che non abbiamo, ma ci fa vedere che se ciascuno offre quel poco che ha, può compiersi sempre di nuovo il miracolo. Dio è capace di moltiplicare il nostro piccolo gesto di amore e renderci partecipi del suo dono. Pane e vino sono segno frutto quindi di questa collaborazione tra Dio, uomo e natura. Dio è l'autore della vita e di tutto ciò che dà la vita, compreso pane e vino. Per avere il pane, sono necessari il sole e l'acqua, così come indispensabili i lavori degli uomini che insieme liberano le potenzialità della terra e del picco di grano. Per avere il pane, materia indispensabile per l'Eucaristia, si deve seminare, coltivare, mietere, trasformare con sudore e fatica il grano in farina. Ecco, vedo che sono andato un po' oltre il tempo a mia disposizione, ma volevo un po' ultimare questo aspetto che mi sembra molto bello e molto anche interessante, anche per le vostre eventuali riflessioni.