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The speaker continues discussing the various meanings and implications of bread in the Eucharist. Bread is a sign of every divine gift and represents the abundance and presence of God. It is also a symbol of the eschatological feast and the mystery of the passion of Jesus. The bread represents the union of Christ with us and among ourselves, emphasizing the importance of unity and solidarity. The process of bread-making highlights the work of humans and the collaboration of nature. Sharing the Eucharist calls us to work towards unity and solidarity in our relationships and communities. The speaker concludes by emphasizing the power of the Holy Spirit in transforming the bread and wine into the body and blood of Christ. Bene, allora riprendiamo il discorso che stavamo facendo sul pane nell'Eucaristia, vari significati, varie relazioni del pane con Cristo e con noi, con la Chiesa e con l'umanità e col mondo, e allora voglio continuare questo discorso. Sono parecchie queste modalità di relazione, questo anche significato e anche implicanze del pane nell'Eucaristia con risvolti sulla, su Cristo stesso, con risvolti anche su di noi, sulla Chiesa, sull'umanità e anche su tutto il creato. E dunque vediamo di esplicitare ancora, anche in questa catechesi, alcuni di questi risvolti, di queste relazioni, di questi agganci che ci aiutano appunto a comprendere sempre meglio l'importanza dell'Eucaristia e la relazione dell'Eucaristia con Cristo, con noi, con la Chiesa, con l'umanità e con il creato. Il pane è segno di ogni dono divino. Il Signore tuo Dio ormai sta per farti entrare in una terra fertile, dove mangerai pane a volontà, e dove non ti mancherà nulla, dal libro del Deuteronomio dell'Antico Testamento. E dunque qui il pane diventa segno di ogni altro dono che il Signore erargisce al suo popolo, segno che non mancherà nulla di ciò che è essenziale per far contento il suo popolo. Ed è del resto in questo senso che il Signore Gesù ci invita a pregare per chiedere quel pane quotidiano, che non si riduce al pane materiale. Nella preghiera che innalziamo, che ci ha insegnato Gesù, che innalziamo Dio Padre, chiediamo dacci oggi il nostro pane quotidiano. Non si riduce certo al cibo materiale, ma a tutto quanto è necessario per condurre una vita adeguata, dignitosa, non solo da un punto di vista fisico, materiale, ma soprattutto da un punto di vista spirituale. Così infatti interpretano molti padri della Chiesa l'originale greco. Così la mancanza del pane, sul lato opposto, esprime l'assenza di Dio e di ogni altro bene. Ecco, io tolgo a te Gerusalemme la riserva di pane, mangeranno il pane a razione e con angoscia, e berranno l'acqua a misura in preda all'affanno. Quindi l'abbondanza del pane è segno di presenza e di abbondanza di ogni ben di Dio. La mancanza, l'assenza del pane è segno dell'assenza di Dio e di ogni altro bene. Pertanto ecco, vedete come anche nell'Antico Testamento questa realtà del pane assuma un significato, un ruolo, se è presente in una maniera, se è assente in un'altra maniera. Il pane è anche il simbolo del banchetto escatologico, cioè dell'eterna festa che il Signore ha riservato ai Suoi eletti alla fine dei tempi. Il pane prodotto dalla terra sarà abbondante e sostanzioso, Isaia capitolo 30. Altro elemento, altro legame, altro significato del pane, il pane richiama il mistero pasquale. Nel pane, fatto di chicchi di frumento, di grano macinati, si cela e si manifesta il mistero della passione di Gesù. La farina, il grano macinato, presuppone il morire e il risuscitare. Muore il grano quando viene macinato e risuscita in farina, e risuscitare quindi del chicco. Il chicco muore, essendo attraverso la macina, per risuscitare in farina. Gesù stesso espresse tale fatto quando disse, in verità, in verità vi dico, se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto. Un chicco di grano e siamo proprio anche nel tempo invernale in cui appunto sottoterra il chicco muore per poi produrre molto frutto, molti chicchi, la spiga e poi in seguito appunto anche il frumento, il grano che diventa farina, che diventa pane. Nell'essere macinato e cotto il pane porta in sé ancora una volta lo stesso mistero della passione. Vedete come in queste immagini, in queste parole, abbiamo quasi una personificazione del chicco di grano, del pane, che appunto proprio per diventare pane ha bisogno di essere macinato, diventare farina, morire al suo essere chicco per poi risorgere ad essere farina. E poi deve essere anche cotto e quindi anche qui c'è una seconda morte proprio per essere poi, una volta cotto, essere poi mangiato. Solo attraverso il morire ci fa capire questa immagine del pane. Solo attraverso il morire arriva il risorgere, arriva il frutto e la nuova vita. Ancora una volta comprendiamo attraverso l'immagine appunto dell'Eucaristia e di questo pane. Comprendiamo come aveva ragione il Signore Gesù quando ci diceva e ci dice, se vuoi seguire prendi la tua croce e seguimi. Altro elemento, il pane richiama l'unione con Cristo e tra di noi. L'unione di Cristo con noi e tra di noi. Uniti in Cristo, un solo corpo, come ci dice San Paolo. Poiché c'è un solo pane, noi pur essendo molti siamo un corpo solo. Come c'è un solo pane, così noi pur essendo tanti, molti, diveniamo un corpo solo. Tutti infatti partecipiamo dell'unico pane. La famosa prima lettera ai Corinzi che San Paolo indirizza appunto agli abitanti di Corinto duemila anni fa. Siamo un solo corpo, Cristo con noi, tra di noi, perché c'è un solo pane, perché partecipiamo di quest'unico pane. La Dottrina dei dodici Apostoli, un libro composto intorno all'anno cento, riporta nelle sue preghiere l'affermazione, come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola, così la tua chiesa dai confini della terra venga radunata nel tuo regno. Vedete come anche qui c'è questa bella immagine di questa relazione, di questo rapporto tra il pane sparso sui colli. Qui naturalmente si indicavano le spighe da cui poi si ricava il pane. Queste spighe, questo pane che era spezzato, era sparso sui colli, raccolto, macinato, impastato, cotto, divenne una cosa sola. Così la tua chiesa venga radunata. Qui è un notativo, è un desiderio, è una preghiera, è un impegno. Qui chiesa naturalmente intendiamo tutti i battezzati, quindi anche tutti quanti noi, da ogni parte del mondo, di ogni età, di ogni cultura, di ogni famiglia, di ogni nazione, venga radunata nel tuo regno. Il valore di segno del pane eucaristico non è pertanto dato solamente dal nutrimento, ma anche dalle caratteristiche della panificazione. Grazie alla terra, al sole, all'acqua, al lavoro dell'uomo, la molteplicità dei chicchi di grano macinati in farina diventa una cosa sola sulle nostre tavole. C'è implicato il tutto, diventa segno del lavoro dell'uomo, ma anche della terra, frutti della terra. Ma qui terra si intende anche dell'opera del sole, dell'acqua, e naturalmente anche del lavoro dell'uomo, che ha seminato quel pane, che l'ha raccolto, l'ha poi macinato e via del genere. Diventa il tutto una cosa sola sulla tavola eucaristica, ma pensiamo anche sulle nostre tavole, le tavole anche nostre familiari. Ogni qualvolta mangiamo un pezzetto di pane, pensiamo anche a tutto il lavoro che c'è dietro del pezzetto di pane, ma anche alla partecipazione di tutto il creato, di tutta la natura, che ha reso possibile quel pezzo di pane sulla nostra tavola, da condividere con gioia e serenità e non da sprecare dunque, ma da rendere l'ode e grazie al Signore per ogni pezzetto di pane da mangiare con serenità, con gioia, e da condividere anche con chi non ne ha. Il pane racchiude un evento di unione. Noi stessi, dai molti che siamo, dobbiamo diventare un solo pane, un solo corpo. Così il segno del pane diventa insieme speranza e compito. Nella festa del Corpus Domini, Benedetto XVI nel 2006. Diventa speranza perché? Perché ancora abbiamo tutti da fare un cammino, perché possiamo essere un solo pane, un solo corpo, essere maggiormente uniti, solidali, collaborativi, gli uni con gli altri. E diventa appunto una speranza e un compito, un impegno concreto. Il fatto che condividiamo e partecipiamo all'unica Eucaristia, all'unico pane, questo richiama anche la nostra missione di lavorare perché effettivamente ci possa essere più unità, ma non solo a livello umano generale, a livello di tutto il mondo, ma cominciando anche nel nostro piccolo, al nostro livello. E cioè fra marito e moglie, fra genitori e figli, fra fratelli e sorelle, fra vicini di casa, fra persone della stessa comunità parrocchiale, fra colleghi di lavoro. Insomma abbiamo tutti da che riflettere, su che riflettere e anche su che lavorare, perché questa unione che noi poi realizziamo ed esprimiamo e attuaiamo in Chiesa la possiamo poi vivere anche maggiormente e sempre di più fuori di Chiesa. Abbiamo tutti un compito e una speranza da poter realizzare. San Gaudenzio, un vescovo che è vissuto, è stato vescovo di Brescia tra il 1612 e il 1672. Il pane, così ha scritto in questi trattati, il pane è considerato con ragione immagine del corpo di Cristo. Corpo di Cristo che siamo noi, che è la Chiesa, la famiglia dei battezzati, la famiglia di Dio. Il pane infatti risulta di molti grani di frumento. Essi sono ridotti in farina e la farina poi viene impastata con l'acqua e cotta con il fuoco. Vedete quanti passaggi per poter arrivare al pane anche sulla nostra tavola, la tavola eucaristica. Da grani di frumento, farina, impastata con l'acqua, cotta con il fuoco. E poi aggiunge, così anche il corpo mistico di Cristo è unico, qui la Chiesa, ma è formato da tutta la moltitudine del genere umano, portata alla sua condizione perfetta mediante il fuoco dello Spirito Santo. Veniamo cotti con il fuoco dello Spirito Santo. L'acqua richiama il battesimo, ad esempio. Il paraclito esercita sul corpo mistico che è la Chiesa la stessa azione che esercitò sul corpo fisico di Cristo. È sempre l'azione dello Spirito Santo, che noi sappiamo anche nell'Eucaristia è per la potenza dello Spirito Santo che quel pane diventa il corpo di Cristo, quel vino diventa il sangue di Cristo. Non è la santità del prete, non è la bravura del prete, non è neanche la sua fede, è la potenza dello Spirito Santo. Però Dio attraverso il suo Figlio ha affidato questa responsabilità al sacerdote, al vescovo prima e poi almeno al sacerdote. E dunque, certo, al vescovo, al sacerdote è richiesta la fede, è richiesta la devozione, l'attenzione, la santità di vita, e però sono elementi che non vanno a condizionare quella che è la potenza dello Spirito Santo che trasforma quegli elementi materiali, il pane e il vino, nel corpo e nel sangue di Cristo. Ma questo anche, meno male che avviene così, perché se dipendesse dalla santità, dalla fede, dalla bravura del vescovo o anche del sacerdote, quando io vado a ricevere il corpo e il sangue di Cristo, vado a fare la comunione, come faccio a essere certo che quello non è semplicemente pane o vino, ma il corpo e il sangue di Cristo, se il tutto dipendesse dalla devozione, dalla santità, dalla bravura del prete o del vescovo, il Signore dice io il prete e il vescovo li voglio, senza di loro non si può far niente dell'Eucaristia. Anche se ci unissimo cento miliardi di persone, ma non c'è un vescovo o almeno un sacerdote, non combineremmo niente, anche se ci mettessimo tutta la concentrazione, tutta la santità di ognuno. Per cui certo è indispensabile il vescovo o almeno il sacerdote, però poi se il Signore dice, e dice al vescovo, al sacerdote, guarda che è la potenza del mio spirito che fa il miracolo di quella che noi chiamiamo la transustanziazione, il miracolo del memoriale della Pasqua, il miracolo della trasformazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo, nel miracolo del sacrificio che il Signore appunto attualizza morendo e risorgendo nei segni sacramentali. Papa Francesco, nel 2013, commentando il brano del Vangelo in cui Gesù moltiplica i pani e i pesci, annota così. Gesù dice ai discepoli di far sedere la gente a gruppi di cinquanta. Non è casuale questo, perché questo significa che non sono più folla, una folla sconosciuta fra di loro, composta da persone che non si conoscono fra di loro. Ecco, evidenzia Papa Francesco questo aspetto in maniera interessante. Perché gli ha fatti sedere Gesù a gruppi di cinquanta? Perché certo erano cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini, ma come è possibile anche solo guardarsi l'un l'altro negli occhi, come è possibile parlarsi, intendersi, spiegarsi a livello di migliaia di persone? E pertanto ecco che Gesù fa la scelta di suddividerli in piccoli gruppi, gruppi di cinquanta, dove lo scambio di sguardo di parola diventa più semplice, più facile, e quindi si supera l'anonimato, si supera la dimensione di folla per essere persone riunite insieme. Ma diventano comunità nutrite dal pane di Dio. Più che una moltiplicazione è una condivisione. Bello anche questo elemento che Papa Francesco mette in risalto, in quel miracolo della moltiplica che è comunemente citato come il miracolo della moltiplicazione dei pani dei pesci, ecco Papa Francesco ci invita a non usare il termine moltiplicazione ma piuttosto il termine condivisione, il miracolo della condivisione. È una prospettiva direi anche questa molto interessante e molto anche importante. Diventano comunità in quanto nutrite dal pane di Dio. Anche questo è importante che lo evidenziamo. Loro creano legame tra di loro cibandosi del pane che Gesù e dei pesci che Gesù offre per loro, condivide con loro. Animata, una condivisione animata dalla fede e dalla preghiera. E qui allora ci trasferiamo all'interno della celebrazione eucaristica dove appunto ecco diventiamo comunità e siamo comunità non per le nostre buone azioni, buone parole, buoni segni che ci scambiamo fra di noi, ma diventiamo comunità perché partecipiamo tutti dall'unico pane, prima del pane della parola di Cristo che si fa nostro cibo, nostra bevanda, offrendoci la sua parola, i suoi insegnamenti e poi offrendoci anche il suo corpo, il suo sangue. E questo dovremmo evidenziarlo e tenerlo presente sempre di più anche nelle nostre celebrazioni. È importante che cogliamo l'aspetto di dono che viene dall'alto, dono di Cristo, dono di Dio, che abbiamo a cogliere l'aspetto che diventiamo uno, non tanto per i nostri buoni gesti, buone parole e strette di mano o via del genere, ma perché Lui ci rende uno con l'ascolto della sua parola, cibandoci anzitutto della sua parola e poi con la celebrazione, la partecipazione all'unico sacrificio che Cristo offre durante appunto l'Eucaristia al Padre per noi, per la nostra salvezza, per farci essere e rientrare nella comunione con Dio e nella comunione fra di noi. E dunque qui ci vuole fede e ci vuole tanta e tanta preghiera. Questo che forse anche dovremmo recuperare nelle nostre celebrazioni. Maggiore fede, maggiore preoccupazione di crescita nella fede e maggiore preghiera. Come la farina non si amalgama in un'unica massa pastosa, ne diventa un unico pane senza l'acqua. Anche qui la simbologia dell'acqua nella Bibbia è molto e molto vasta. Pensate alla simbologia dell'acqua come un qualcosa che fa bene, ma anche l'acqua che procura anche danno. È un'acqua che purifica, che ci lava, ma è anche un'acqua che ci nutre. Non dimentichiamo che gran parte del nostro corpo è formato di acqua e dunque l'acqua stessa ha una ricca simbologia e per questo il Signore anche l'ha utilizzata e l'ha fatta diventare la materia del sacramento del battesimo. Ma anche nell'Eucaristia c'è la presenza dell'acqua. L'abbiamo visto un po' nei nostri primi incontri di ottobre, in cui al momento dell'offertorio il sacerdote aggiunge nel calice alcune gocce di acqua come segno della nostra partecipazione. Lì quelle gocce di acqua rappresentano, significano, simboleggiano noi stessi, la nostra vita, le nostre gioia, le nostre sofferenze, le nostre azioni, che vengono unite a quelle di Cristo. Perché lui le trasforma in sé, tutta la nostra vita venga trasformata. E dunque vedete anche come la simbologia dell'acqua è molto ricca e non è adesso opportuno che la approfondiamo, ma direi che vale anche la pena che ciascuno di noi anche ci dedichi un po' di tempo ad approfondire questa simbologia dell'acqua che viene utilizzata nel battesimo, ma anche nell'Eucaristia. Così neppure noi, moltitudine disunita, potevamo diventare unica Chiesa in Cristo Gesù senza l'acqua che scende dal cielo. Qui è Santireneo contro le eresie, Santireneo Vescovo, anche lui dal secondo, terzo secolo. Vedete come anche già allora, già nei primi secoli era ben chiaro questa visione, questa dimensione appunto di simbologia molto ricca, molto esplicita del pane, dell'acqua e come appunto questo richiami e investa la nostra vita, l'azione di Cristo, l'azione dello Spirito Santo, l'azione di Dio Padre e quindi l'azione di tutta la Trinità e anche la partecipazione nostra, ma anche dell'umanità intera e poi anche dello stesso creato, della stessa natura. Altro elemento, il pane richiama lo status del pellegrino. Il pane ci ricorda anche l'alimento abituale del pellegrino di chi compie un viaggio, forse oggi un po' di meno, ma nel passato senz'altro era un alimento indispensabile che non poteva mancare nello zaino e nella borsa del pellegrino. Anche noi siamo pellegrini su questa terra e quindi lo stesso pane ci ricorda questo status, questa situazione di essere pellegrinanti. In viaggio, verso dove? Beh, verso la nostra vera e definitiva patria, che è il cielo. Forse ce lo dimentichiamo molte volte, forse siamo anche un po' troppo attaccati a questo valle, in questa valle di lacrime, a questo esilio, e dimentichiamo invece che siamo di passaggio, siamo temporanei, siamo degli esiliati, siamo dei pellegrini che ha bisogno, appunto, di camminare verso la nostra vera patria. E ogni giorno della nostra vita è un cammino verso quella patria, quella patria dove il Signore Gesù, salendo al cielo, è andato a prepararci un posto. Sappiamo benissimo, Lui il Signore ci desidera tutti insieme con Lui. Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, ci vogliono, ci desiderano con loro per sempre. Però deve essere voluto anche da noi, e questo voluto da noi significa che deve essere, appunto, attuato questa nostra volontà, deve trovare riscontro, attuazione nelle nostre scelte quotidiane, nelle nostre opere, così che possiamo essere e camminare, appunto, seguendo la parola e mettendo in pratica la parola di Cristo, e quindi possiamo in questa maniera camminare verso la nostra vera patria, il cielo. E il Signore ha voluto offrirci un cibo per questo nostro pellegrinaggio. Il nostro corpo ha bisogno di un cibo quotidiano, o almeno, o almeno settimanale. Al nostro corpo non possiamo dire, ti ho dato da mangiare un mese fa, un anno fa, vivi di rendita. Il nostro corpo richiede costantemente un alimento. Il principio che ben sappiamo per il nostro corpo è quello del un po' di tutto, poco di tutto, e così pure anche per la nostra anima. Questo parallelismo come il nostro corpo ha bisogno di un cibo quotidiano, così anche la nostra vita spirituale, la nostra vita di fede, la nostra relazione con Dio, con gli altri, con il creato, ha bisogno di un alimento continuo, quotidiano. In quel dacci oggi il nostro pane quotidiano risuona proprio questa esigenza, che è un'esigenza appunto di camminare senza vivere di rendita, ma offrendo al nostro corpo, al nostro spirito, sempre qualcosa di nuovo, qualcosa che non sia semplicemente di rendita del passato, ma qualcosa che viene offerto, viene proposto e viene appunto continuamente portato avanti proprio attraverso appunto questo impegno quotidiano del pane. Cibo per questo nostro pellegrinaggio, ma non un cibo qualsiasi, bensì un cibo straordinario il Signore ci offre, eccezionale. Chi l'avrebbe mai potuto immaginare? Chi l'avrebbe potuto pensare che il Signore si sarebbe fatto nostro cibo, nostra bevanda, Lui stesso? Avrebbe potuto fare come ha fatto un po' nell'Antico Testamento, che ha fatto miracolosamente comparire un cibo che era appunto la manna, che erano le quaglie, che era appunto anche l'acqua? Si sarebbe potuto limitare appunto a questi doni pure importanti, pure miracolosi, eppure anche così determinanti nella vita come sono stati nella vita del popolo ebraico. Però tutto questo non bastava a Dio. Ha voluto andare oltre e ha voluto dunque offrire a noi niente meno che Dio Padre ha voluto offrire il Suo stesso Figlio, e ha voluto offrire che diventasse nostro cibo, nostra bevanda. Poteva anche limitarsi a offrire se stesso, morendo e risorgendo. Invece prima del Venerdì Santo ha voluto compiere il Giovedì Santo l'istituzione dell'Eucaristia, l'istituzione della diaconia, del servizio, l'istituzione del sacerdozio. Sono tre grandi avvenimenti che caratterizzano appunto la celebrazione del Giovedì Santo. Prima del Venerdì ha voluto darci un cibo straordinario, eccezionale, niente meno che se stesso, il Suo corpo e il Suo sangue. È stato un dono insperato che non si poteva certo immaginare, non si poteva neanche lontanamente pensare, desiderare, poter appunto pensare che un Dio venisse fra noi e si facesse nostro cibo, nostra bevanda. E questo in qualunque parte del mondo dove c'è un Vescovo, un Sacerdote che celebra l'Eucaristia, beh, il Signore che obbedisce a quel Vescovo, a quel Sacerdote, e dunque si fa nostro cibo, nostra bevanda, obbedendo, sì, proprio così. Utilizzo questa parola perché ci fa un po' percepire a quale segno di umiltà Dio anche arrivi, ad obbedire alla parola di un uomo e a farsi nostro cibo, nostra bevanda. È il grande mistero di umiltà e di dono che l'Eucaristia appunto ci presenta, ci offre. Siamo pellegrini invitati a mangiare il pane disceso dal cielo, niente meno che il pane disceso dal cielo, per diventare a nostra volta pane per la vita dei fratelli. Come il nostro cibo materiale per il nostro corpo ci consente poi di avere una relazione con i nostri fratelli, con il creato, di poter lavorare nutriti dal pane materiale, così anche, ecco, il pane disceso dal cielo ci fa diventare a nostra volta pane che possiamo donare la vita per la vita dei nostri fratelli, donare il nostro tempo, le nostre intelligenza, le nostre capacità, noi stessi essere appunto dono per gli altri e con gli altri. Esiste dunque un profondo legame tra il pellegrinaggio terreno e il centro della vita cristiana che è appunto l'Eucaristia, questo profondo legame che è dato da Cristo Signore pane di vita eterna. Il pellegrino è colui che accetta di fidarsi completamente di Dio. Quando uno diventa pellegrino anche in un luogo sconosciuto si fida di una guida, si affida a una guida, soprattutto se devi attraversare zone che non conosci, che offrono difficoltà, presentano difficoltà, pericoli, ti affidi a una guida. Ecco, il Signore ha voluto che anche lui stesso si facesse nostra guida, come Adramo, il padre della fede, che fidandosi di Dio si mise in cammino, esci dalla tua terra e vai. Ti teniamo presente che allora non era così semplice fare un viaggio, diventare pellegrini in terre completamente sconosciute. Si fida di Dio, si affida a Dio e si mette in cammino. Così ognuno di noi, nella propria ricerca di Dio e della verità, si fida di Dio e alimenta la propria vita in Cristo con l'Eucarestia. Sì, effettivamente è un mistero di fede, di fiducia l'Eucarestia. È Dio che anzitutto si fida di noi, si affida a noi, e affida a noi, Dio padre, affida a noi il suo figlio, la parola del suo figlio, e affida a noi il sacrificio del suo figlio, affida a noi la presenza reale del suo figlio, affida a noi il corpo e il sangue del suo figlio, affida a noi. Pur sapendo che noi molte volte abbiamo una fede molto limitata, abbiamo una capacità di devozione molto deficiente, abbiamo una capacità di azione anche e di reazione molto lenta, e molte volte anche contraddittoria, che contraddice quello che celebriamo in chiesa. Eppure lui, il Signore, ogni volta obbedendo, torna a dire al comando del Vescovo, del Sacerdote, si fa nostro cibo, nostra bevanda. Per noi pellegrini, con la sua parola torna a dire ecco l'importanza anche dell'ascolto, dell'arrivare puntuali alla celebrazione, in maniera che già con la parola di Dio possiamo essere ben disposti, ben attenti, e non andando ancora a ricercare un posto in chiesa, mentre viene proclamata la parola di Dio. È Cristo che si fa, che si dà come nostro cibo, come nostra bevanda. Come il popolo di Israele, nel suo pellegrinaggio durante i quarant'anni nel deserto, ricevette da Dio la manna, la manna è stata una prefigurazione, un anticipo, una esplicitazione già con il popolo di Israele di quello che sarebbe stato un dono ancora più grande, che appunto quello di Cristo Signore. Così noi, nel nostro cammino verso il cielo, abbiamo a disposizione la nostra manna, che è l'ossia con la quale il Signore ci nutre, che è il vero pane del cielo, cioè il suo corpo e il suo sangue. Certo Gesù ha preparato noi attraverso anche appunto queste situazioni. Elia poi trova accanto alla sua testa la focaccia, simbolo del pane, ecco un altro simbolo del pane eucaristico, perché Gesù Cristo ha offerto il suo corpo per noi affinché noi avessimo la sua forza, la sua fede, la capacità di portare a compimento il cammino terreno, attuando la missione che Lui stesso ci ha affidato. Tutto questo era chiuso nelle parole che l'angelo dice ad Elia, nell'Antico Testamento sempre, alzati e mangia, e poi rimettiti in cammino, riprendi il tuo cammino. E qui alzati dalla tua casa, ci direbbe ogni domenica soprattutto il Signore. Lascia la tua casa, alzati, va nella mia casa, va nella chiesa dove il Signore ti aspetta e dove vuole nutrirti con la sua parola, con il suo corpo, con la sua presenza reale e con l'amore infinito suo. E poi dove anche incontri i tuoi fratelli nella fede, così che il Signore li faccia diventare tutti un solo corpo. Abbiamo bisogno del corpo e del sangue di Cristo per alzarci, per alzarci dalle nostre difficoltà, dai nostri peccati, per alzarci dalle nostre delusioni, dagli nostri abbattimenti, dalle nostre confusioni. Abbiamo bisogno di nutrirci di questo pane, non una volta soltanto, che può essere Natale e Pasqua, ma continuamente, perché spesso siamo tentati di sederci, di addormentarci, di dimenticarci dell'amore infinito che Dio ha per noi. Questo è quello che avvenne ad Elia e avviene puntualmente a tutti noi. Mi fermerei qui perché vedo che il tempo a mia disposizione l'ho già un po' oltre passato.