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26 marzo 2024. Sulla natura della Compassione. Prima pratica di Tong Len

26 marzo 2024. Sulla natura della Compassione. Prima pratica di Tong Len

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The speaker introduces the topic of compassion and its importance. They discuss the definition of compassion as the desire to alleviate suffering and the actions that accompany it. They pose the question of whether compassion exists in the moment of pain or in the right action taken. The speaker then suggests a practice of combining compassion and kindness through visualization. They guide the listener through a meditation exercise, focusing on breathing and visualizing the release of negative energy and the cultivation of joy and relief. The practice is meant to alleviate present, past, and future suffering. The speaker concludes by encouraging the listener to stay connected to their motivation for practicing compassion. Ecco, oggi continuiamo, pensavo di continuare con voi a ragionare sulla compassione, che è un tema così importante, soprattutto in questo momento, ma è sempre stato importante. Quindi volevo proporvi anche una pratica che poi faremo. Ma prima volevo riprendere un po' quello che ci siamo detti, abbiamo detto, di cui abbiamo discusso l'ultima volta. Perché, anche per qualche minuto, senza perdere tanto tempo, ma volevo sentire anche voi cosa ne pensate di questa cosa. Perché, per capire, esattamente, per capire, per collocare la compassione, questo concetto che è così diffuso, di cui si parla tanto, in tanti contesti. Io credo che forse sarebbe bene averlo chiaro. Almeno si può vedere in tanti modi, ma secondo me è bene scegliere un modo in cui vederlo. E in questo senso, abbiamo detto anche altre volte, la compassione come si può definire? Si può definire come il desiderio di togliere la sofferenza. Questa è proprio la definizione più semplice, no? Un desiderio di togliere la sofferenza che si accompagna a un'azione. Quindi, vediamo un attimo qual è il flusso, la catena. C'è la sofferenza, che è una caratteristica che sperimentano tutti gli esseri sentienti. C'è il desiderio, a sua volta naturale, di toglierla. Quindi, contemporaneamente alla sofferenza, il desiderio di toglierla, di superarla, che si esprime in un'azione. Questa azione può essere, diciamo, funzionale, o meglio possiamo anche definirla come la definirebbe il Buddha, giusta. Giusta nel senso che effettivamente toglie la sofferenza. Oppure non funzionale, non giusta. Ci sono tanti esempi, per esempio, ne farete voi qualcuno. Per esempio, ho sete e sento questo bisogno di, diciamo, questo scompenso, questo bisogno di riequilibrare. E quindi, al tempo stesso, mentre lo sento, questo sentimento si traduce nel bere un bicchiere d'acqua. Questo è funzionale. Se invece c'è molto caldo, non so, io bevo un bel po' di vodka ghiacciata, non so se sia tanto funzionale a togliere la sete. Questo è un esempio, ce ne possono essere tantissimi. In ogni momento della nostra vita noi abbiamo queste esperienze. Ora, la domanda che vi faccio è, secondo voi, la compassione sta nel momento in cui sorge il dolore e c'è quindi il desiderio di toglierlo, oppure sta nell'azione giusta? Perché questo è un punto abbastanza importante. Ve lo chiedo non perché sia una domanda, non è un'interrogazione, perché voglio discuterne con voi, voglio capire, secondo voi, dove si colloca? Si colloca all'origine o è già un'azione, diciamo, giusta? Esatto, era questo che volevo... Questa è un po' l'impostazione che non è così ovvia, perché guardate che, secondo me, questa è un'impostazione che non si trova tanto, che spesso si corre in avanti, danno della compassione e delle interpretazioni. Adesso, comunque, volevo proporvi una pratica e vi introdurrei sempre sulla pratica, sempre sull'autocompassione, ancora per oggi. Insomma, comunque, già cominciamo a muoverci. Vi propongo una pratica che viene tratta dal Tongleng che voi conoscete, forse tutti voi lo conoscete, immagino, forse Roberta non se te lo ricordi, forse l'abbiamo anche praticato ma non te lo ricordi. Tongleng è un'antica pratica, diciamo, tibetana che si basa su una visualizzazione abbastanza antica, non è originaria del Buddha. Il Buddha aveva un'altra concezione di Karuna che poi si è sviluppata nei millenni. Quindi, va bene, partiamo subito, facciamo un po' di lavoro, di pratica insieme. Quindi stacco... Diamo ai nostri occhi il permesso di chiudersi, troviamo la nostra posizione, troviamo il nostro respiro, ci collochiamo, ci aggiustiamo nella nostra posizione seduta o sdraiata. In questa pratica combineremo compassione e gentilezza. Come? Proveremo ad evocarli, ad evocare questi stati. E cominciamo, anzitutto, a lasciare che sorga in noi una motivazione per la nostra pratica. Perché se siamo qui a praticare è perché desideriamo superare una sofferenza molto anche diffusa, vogliamo approfondire, vogliamo sapere, vogliamo conoscere, vogliamo dissolvere le nebbie che a volte ci avvolgono. E quindi osserviamo come anche questo momento di pratica si fonda già di per sé sul desiderio di togliere dolore, lo sconforto, la paura, l'impetubile, il dubbio, anche la preoccupazione, l'ansia, la tristezza. Già solo sederci e rivolgere l'attenzione all'interno di noi stessi ci connette a questa motivazione. E mentre ci connettiamo a questa motivazione sappiamo che tutti condividono questo impulso naturale di stare bene, di evitare la sofferenza, di avere chiarezza, di avere luce. E quindi cominciamo il nostro respiro, sentiamo come arriva, va e lo seguiamo. Sentiamo come ha la capacità di portarci calma, come se scendessimo in una piacevole vasca di acqua calda che ci avvolge, ci abbraccia, ci conforta. E ora portiamo alla mente qualcosa della nostra vita di ora, che ci preoccupa, ci inquieta, qualcosa che consideriamo difficile nella nostra vita di questi giorni, un ambito, una persona, qualcosa che dobbiamo fare o che stiamo facendo, che ci impegna, ci inquieta, che ci rende tesi, che sappiamo che il nostro pensiero va sempre lì, che dovremmo risolvere nel migliore dei modi. E quando ce l'abbiamo, questa situazione, usiamo l'ispirazione come momento di compassione, inspiriamo e assorbiamo dentro di noi la difficoltà di questa situazione, come fosse un fumo denso, nero, scuro, una nebbia pesante. Ogni volta che inspiriamo, togliamo questa nebbia, questo fumo dalla situazione e la portiamo dentro di noi, nel nostro cuore. Immaginiamo che questa energia negativa entri nel nostro cuore e si dissolva come nuvole che evaporano al sole. Ogni volta che inspiriamo, questo fumo nero esce da quel contesto difficile, entra nel nostro cuore e si dissolve nella luce. Guardiamo la fonte della sofferenza con fiducia, senza paura, perché sappiamo di avere un cuore che può dissolverla. Continuiamo ad ispirare, osservando questa energia negativa che esce dalla situazione, nel nostro cuore, e viene trasformata in una luce chiara. E ora aggiungiamo la gentilezza. Ogni volta che espiriamo, immaginiamo di mandare felicità e serenità sotto forma di luce. Una luce pura, gentile. Inspiriamo questo fumo nero che piano piano esce sempre di più dalla situazione. Dal contesto che ci inquieta, si trasforma nel nostro cuore e torna verso quel contesto sotto forma di luce. Osserviamo se il respiro si è modificato nel frattempo. E ora, per un momento, ancoriamoci ai nostri punti di contatto. E cambiamo scenario. Ora portiamo alla mente un evento nel passato, un passato prossimo o anche remoto, che per noi è stato difficile o che ricordiamo con difficoltà, con sofferenza. E quando ce l'abbiamo nella mente o nel ricordo, inspiriamo quella sofferenza come fosse un fumo nero. La portiamo nel nostro cuore, dove si dissolve, e quando espiriamo mandiamo gioia, conforto e sollievo a noi stessi nel passato. E immaginiamo noi stessi nel passato mentre riceviamo questa luce di sollievo e di gentilezza. Potremmo anche immaginare noi stessi davanti a noi, in quella situazione del passato, mentre siamo inquieti e addolorati, e immaginare di ispirare tutto quel dolore e di mandare verso noi stessi luce, sollievo, gentilezza, conforto. E ora facciamo un altro cambiamento e portiamo davanti alla nostra mente. Nella nostra memoria una situazione è futura, qualcosa che deve succedere potrebbe succedere, che ci porta ansia, preoccupazione, qualcosa che dobbiamo affrontare. Potrebbe essere qualsiasi cosa. Immaginiamo noi stessi in quella situazione e ancora una volta inspiriamo tutta la nostra sofferenza ed espiriamo luce, tutta quell'energia negativa che si manifesta sotto forma immaginaria di un fumo nero entra nel nostro cuore che può accoglierla e può trasformarla e che può prestituirla con l'espirazione sotto forma di luce e di conforto e di fiducia. E se arrivano pensieri, distrazioni, va bene. Portiamo di nuovo alla mente la nostra motivazione di togliere dolore e restituire gentilezza e ci colleghiamo, tocchiamo con mano questa nostra capacità. Ora tra poco suonerà la campana e lasceremo che il respiro stesso ci porti fuori gentilmente da questa pratica. Diamo agli occhi il permesso di aprirsi quando sono pronti e osserviamo quello che c'è attorno a noi.

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