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Intervista all'eroe Ulisse

Intervista all'eroe Ulisse

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Ulisse, the epic Greek navigator, recounts his adventures to a group of curious individuals. He reveals how he used his intelligence and bravery to survive dangerous situations and make his way back home to his loved ones in Itaca. From tricking the Trojans with the wooden horse to facing giants, cannibals, and seductive sirens, Ulisse overcame numerous challenges. After a long journey, he finally returned home to find his palace invaded, but he fought back and was reunited with his wife Penelope and son Telemaco. Ulisse's story teaches us the value of family, love, and gratitude. The interview concludes with gratitude for Ulisse's insatiable curiosity and thirst for knowledge. Amici di Radio Pirandello, salve a tutti, vi diamo il benvenuto alla nostra intervista alla storia. Per fare questo abbiamo raggiunto la più famosa isola greca che la letteratura abbia mai citato, Itaca. Siamo qui per intervistare il più epico e improbabile personaggio della Grecia, un navigatore che tutti conoscono per le sue avventure straordinarie. Bene amici, abbiamo qui con noi Ulisse. Chi siete voi che vi manda su questa perduta isola? Signor Ulisse, noi siamo quattro ragazzi che da lontano giungiamo qui spinti dalla curiosità di parlarvi, conoscervi. Ecco signor Ulisse, noi siamo qui per raccontare di lei, delle sue avventure. Ricordo perfettamente quello che volete conoscere. Ecco, volevamo appunto approfittare dell'occasione per capire come è stata quella che oggi tutti chiamiamo Odissea. Va bene ragazze, allora udite bene. Da principio io fui re di Itaca, figlio di Laerte, uno degli eroi Achevi, cui tanti versi scrisse il grande poeta Omero nell'Iliade e nell'Odissea. Fui un guerriero forte e coraggioso, un uomo di grande assozio e intelligenza che sfruttò la sua genialità per sopravvivere a molte pericolose avventure con l'obiettivo di fare finalmente il ritorno in patria dai miei cari. Olle Penelope, mio figlio Telemaco e l'anziano padre Laerte. Dopo dieci anni lei riussì a penetrare la città di Troia con il suo trucco più famoso, il cavallo di Troia. Ebbene sì, io consigliai i greci di abbandonare le spiagge di Troia e lasciare su di essi un cavallo di legno per placare gli dei durante il ritorno. Ma era una stratagemma, il cavallo di legno era pieno di soldati Achevi. I troiani non sospettando nulla portarono il cavallo dentro le mure di Troia. Di notte, mentre i troiani dormivano, i greci uscirono dal cavallo e aprirono le mure di Troia facendo entrare i soldati. Troia fu data alle fiamme e io partì per Itaca vincitore. Mi direi innanzitutto verso Ismara, capitale del regno dei Ciconi, per cercare le provviste necessarie per il viaggio. Io e i miei uomini saccheggiammo e distruggemmo le città uccidendo molti guerrieri ciconi e facendo prigioniere le loro donne. I miei uomini, mentre consumavano le carni e il vino rubati, furono sorpresi da un esercito cicone radunatosi per contraattaccare. Le donne dei ciconi poterono così mettersi in salvo, mentre fui costretto a salpare dopo aver perso i sei uomini per ognuna delle dodici navi e poi allora, subito dopo, cominciarono le perdite. Quando io e i miei compagni ci trovammo spinti dalla tempesta nella terra dei lotofagi, essi mangiarono il fior di luto. Così dimenticarono il desiderio di tornare in patria, ma, con la forza, riuscì a costringere i miei compagni a tornare sulle navi e a partire. Fuggendo da quelle terre, noi sappiamo che approdasse sull'isola dei ciclopi, giganti con un occhio solo. Ma cosa successe realmente in quella grotta? Ci addentriamo nella grotta di Polifiemmo, perché ero curioso di vederlo, ma in mostra non si rivenò per nulla ospitale e divorò alcuni dei miei uomini. Organizzai poi un piano, accecai il gigante con un ramo di ulivo arroventato e uscii con i miei compagni legandomi al ventre degli arieti. La navigazione prosegue. Odisseo e i compagni arrivano all'isola del Dio dei venti, Eulo, che accolse Ulisse e i suoi compagni e donò loro un otre contenente i venti contrari alla navigazione, offrendogli anche la possibilità di tornare in patria. Durante il viaggio, però, i compagni di Ulisse pensarono che l'otre contenesse dei tesori. Essi lo aprirono scatenando una terribile tempesta che li scaraventò in mare. Ulisse giunse con tutte le sue navi in una terra sconosciuta, ma andò allora molto prudentemente in rincognizione tra i suoi compagni. Essi scoprirono che quella terra era abitata da dei giganti, i Lestrigoni. Uno di loro, infatti, fu divarato vivo dal re Antifate. Gli altri due riuscirono a scappare, ma furono inseguiti. I Lestrigoni cannibali attaccarono le navi, ne distrussero moltissime e molti compagni fecero una fine orrenda e spaventosa. Solo Ulisse, con pochi compagni, riuscì a scappare con la sua nave. Riprese così messamente il viaggio. Ma cosa si dice della maga Circe che di lei si innamorò? Io e i miei compagni giungemo nell'isola di Ea, dove lei viveva. La maga trasformò i miei compagni in porci. Il dio Hermes, però, mi offrì una pozione e utili consigli per non cadere nei suoi tranelli, riuscendo così a salvare i miei compagni. Sul consiglio della maga Circe scesi nell'Averno, il regno dei morti. Qui incontrai Tiresia, che svelò il mio futuro, nonché il ritorno a Itaca. Andrei col cavo al mare, vedi le sirene dal canto omicidiale. Ma come feci a fuggire al loro suave canto? Preavvertito da Circe, ordinai i miei uomini di tapparsi le orecchie con la cera. Volevo sentire il loro canto e quindi chiesi ai miei uomini di legarmi all'albero maestro, vetandoli di slegarmi qualunque supplica avessi chiesto loro. Odisseo sopravvive anche alle sirene, che con il loro suave e dolce canto fanno naufragare i naviganti di passaggio e sfugge a Scilla e Cariddi, due terribili mostri marini, che ingoiano imbarcazioni e marinai di passaggio nel loro stretto di mare. Ma dopo la terribile tempesta di Zeus, dove naufragaste insieme ai suoi compagni? Giungemo all'Isola del Sole. I miei compagni si cibarono dei buoi sacri e morirono durante la tempesta in mare scatenata da Dio Sole. L'uomo dall'agile mente ci racconta che fu l'unico sopravvissuto e naufragò sull'Isola di Ogigia, dove rimase per ben sette anni, trattenuto dalla linfa Calipso. Il settimo anno, però, per l'intervento divino, Ulisse poteva tornare a Ithaca con una zattera. Calipso non lo ostacolò perché era volontà degli dèi che egli tornasse in patria. Quest'ultimo viaggio lo condusse alla regia dei Reaci. Ci racconti, Ulisse, del drammatico approdo? Finito, mi addormentai. Nausicaa, avvertita in sogno da Minerva, si recò con le amiche alla riva del fiume e, dopo aver lavato le vesti, giocavano a palla. Con le loro grida, mi svegliarono e, coperto con un fulto ramo, andai verso le donne. Tutte fuggirono, tranne Nausicaa, alla quale rivolsi parole gentili, chiedendo il suo aiuto. Nausicaa manifestò un profondo senso di ospitalità e fu pronta ad aiutarmi. Mi portò così alla regia paterna. Alla fine di questo lunghissimo peregrinare, ormai invecchiato e stanco, riuscì ad entrare in patria, dove trovai il mio palazzo invaso dai Bruci, che, credendomi morto, erano pronte a sposare Penelope e a sedere sul trono al mio posto. Mi accinsi, quindi, all'ultimo inesorabile scontro e, finalmente, a tanto attiso abbraccio con mia moglie e il mio adorato figlio Telemaco. Che dire, ragazzi, questa è la mia storia che tanti poetici in versi hanno cantato. Bene, ragazzi, la nostra storica intervista si conclude qui. Non possiamo che ringraziare quest'uomo dall'inestinguibile curiosità, dall'irresistibile sete di esperienza e di conoscenza. Grazie per averci insegnato che il viaggio più bello è quello verso casa, che la responsabilità della famiglia, l'amore coniugale, l'affetto e la riconoscenza per i padri, così come l'amore e la speranza per i figli, sono valori inegualiabili.

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