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Le alunne della seconda S escolgono il monologo tratto da Medea, di Euripide. Se tutto va male, chi può negarlo? Ma la cosa non finirà così, non lo pensate. Vi dono ancora pericoli per questi novelli sfochi e non piccoli affanni per il tuo ospero. Se vi forse che l'avrei plandito, se non per mio vantaggio o per qualche strama, non gli avrei nemmeno parlato, altrimenti, e non l'avrei giustificato con queste mani. E lui è arrivato tanto sotto il testa, che pur potendo sventare i miei piani, cascandovi da questa terra, vi consenti di restare per questo giorno, in cui slenderò cadaveri tra i miei nemici, il padre, la figlia e il mio marito. Questa è la propria dimossa, non tommica, è passato da un romano per prima. Se darò le fiamme a mia animale nonziale, o piazzerò loro nel servizio di una fara filata, penetrando silenziosamente nel loro senso valente. Questo è un pericolo. Se verrò sofferta dentro il tenebro della casa, a fondo nel mio piano, sarò uccisa e delita degli energi. Allora è meglio la via diretta, di cui sono espertissima per natura, ucciderli col veleno. Ecco, sono morti. Ma voi quale sistema mi accoglierà? Quale ospite offrendemi la mia terra, come figlio, e la sua casa, come rifugio, mi proteggerà? Non ce n'è. Ma restando ancora per poco, se me li appaio, mi valgo, guardo, sono sicuro, e se dovessi morire io stessa, li ucciderò entrambi, per una cosa esatta. No per la signora che venero sopra tutte, e ci ho scelta come collaboratrice, per Ecate che abita nei recessi del mio popolare. Nessuno riscaldore potrà abstracchiare il mio cuore. Amare nozze preparerò loro, e un'amara parentela e un festivio per me. Tu dunque non rischiamare nessuna delle arti che conosci, Medea. Decidi a chi esci. Nuove è la cosa tedibile e ora è il momento del coraggio. Vedi quello che ti fanno, e tu non devi far ridere gli sposi. Giatone è la discendente di Sistipo. Tu, figlia di un nobile padre, dell'assiste del sole, sei sapienta.